Capitolo 28: Sogniamo solo la libertà
Due anni prima, 01/09
Città di San Diego
La luca entra prepotente nella stanza e sono costretto a voltarmi mille volte, prima di riuscire a infilare la testa sotto il cuscino per non venirne accecato, ma qualcuno me lo tira via di dosso e inizia a sbraitare nelle mie orecchie.
«Ma insomma! Ti eri dimenticato che oggi vi avrei dovuto portare in spiaggia? Muovi quelle chiappe sode che ti ritrovi e preparati immediatamente!»
Mugugno qualcosa e mi porto le mani sulle orecchie, in un tentativo di eliminare questa voce dalla mia testa e inabisso ancora di più il viso nel materasso per nascondere i miei occhi alla luce del sole. Per qualche secondo non sento voci, né tentativi di buttarmi giù dal letto, così apro un occhio, fissando il buio materasso sotto di me e volto la testa di poco: sembra non esserci nessuno nei dintorni; recupero il lenzuolo alla base del letto e lo porto oltre la mia testa, girandomi nuovamente a pancia in su.
Chiudo di nuovo gli occhi e cerco di tornare nel mondo dei sogni dal quale sono stato brutalmente strappato, ma non faccio in tempo a ricordare la bellezza del panorama newyorkese che mi viene tolto il lenzuolo in un gesto secco e un peso si posa con delicatezza all'altezza del mio inguine.
Apro gli occhi di scatto, ritrovandomi il viso di mia sorella che torreggia su di me.
Come se non avessi già dei problemi di mio.
Mi guarda con quei suoi grandi occhi dolci da cerbiatta e il sorriso che le illumina il viso più di quanto già faccia i raggi solari che entrano dalle finestre lasciate scoperte dalle tende scure. Dimentico ogni problema che mi affligge e le sorrido di rimango, stropicciandomi gli occhi per poter mettere a fuoco per bene il suo viso.
«Buongiorno dormiglione.»
Le sue mani ai lati dei miei addominali sono come fiamme vive che danzano sul mio corpo e riscuotono le mie membra dal riposo dal quale sono state svegliate. Allargo il sorriso e fisso per qualche secondo le sue labbra, immaginando come il risveglio sarebbe stato infinitamente migliore se si fossero poggiate sulle mie.
«Buongiorno a te, principessa.»
Le sue guance si imporporano e una piccola risata le sfugge, liberandosi dalla gabbia in cui la teneva prigioniera per invadere questa stanza e allietare i miei sensi.
«Oh, basta con queste smancerie da diabete! Buttalo giù dal letto che altrimenti non facciamo in tempo!»
Mi volto e vedo Alexandra appoggiata sulla scrivania che ci osserva con cipiglio severo, quasi come se fossimo noi quelli in torto e non lei che sta cercando di buttarmi giù dal letto.
«LexLex, sono solo le sette e mezzo; ci vuoi portare in un altro stato che dobbiamo partire ora?»
In risposta ci lancia un'occhiataccia e sbuffa, uscendo dalla mia camera e sbattendosi la porta alle spalle; io e Olly ci scambiamo un'occhiata a metà tra il divertito e il confuso.
«Meglio che vada a prepararmi o sarebbe capace di ucciderci entrambi.»
Scosto Olly da sopra i miei boxer e mi alzo dal letto, recuperando quelle poche cose che mi servono per andare in spiaggia.
«Ricordati le scarpe da trekking, LexLex ha detto che sono importanti.»
Entro in bagno, mangiandomi un'imprecazione piuttosto colorita e mi chiudo la porta alle spalle.
La discesa è stata veloce, anche se ci ha permesso di spaziare con lo sguardo per tutta la spiaggia e l'oceano che la bagna placido. Arriviamo alla fine della scalinata e Alex si ferma sul primo gradino, voltandosi verso di noi e guardandoci con uno sguardo che mi pare così pieno di malizia da farmi paura.
«Benvenuti a Black's Beach!»
Il nome mi ricorda qualcosa che mi è stato raccontato da qualche ragazzo della squadra, ma non riesco a concentrarmi perché vedo la nostra amica dai capelli rossi levarsi i vestiti e rimanere completamente nuda. La bocca si spalanca e cerco di distogliere lo sguardo dal suo corpo, ma non riesco a non farle una radiografia completa; partendo dal suo collo sottile e chiaro, passando per le sue braccia esili e giungendo a quel seno non troppo grosso, ma nemmeno troppo piccolo. Mi incanto per qualche attimo su quelle sfere tonde e perfette e poi gli occhi scivolano, inevitabilmente, lungo la sua pancia piatta e il suo tesoro in mezzo alle gambe, nascosto da una rara peluria rossa che richiama in tutto e per tutto i suoi capelli rossi lasciati sciolti dietro alle spalle.
Per un secondo, un infinito secondo, quando torno sul suo volto illuminato dalla gioia di essere libera anche dai suoi eccentrici vestiti, immagini di me e lei insieme mi invadono la mente. Penso a come sarebbe stato facile essere innamorato di lei, poterle confessare i miei sentimenti, essere ricambiato, poter uscire insieme e baciarsi quando ci viene voglia; penso a come sarebbe bello non dover reprimere i miei istinti carnali nei suoi confronti e potermi fare avanti, avanzando con le mani nel toccare la sua pelle e sussurrarle all'orecchio i pensieri che detta la mia lussuria.
E, per un solo ed eterno secondo, mi ritrovo a pregare Dio di farmi innamorare di Alexandra Smith.
L'urlo di mia sorella Olly, mi riporta alla realtà e sposto i miei occhi oltre la figura della ragazza di fronte a me e li fisso sull'acqua che abbraccia la spiaggia per pochi attimi, per allontanarsi e correre di nuovo dalla sua vecchia e cara amica sabbia.
«Alex! Che cosa stai facendo? Ricopriti immediatamente!»
Non le ascolto più e porto tutto il mio peso sulla mano poggiata contro la balaustra in legno al bordo delle scale per colpa dei pensieri che mi hanno colto alla visione del corpo nudo della migliore amica di mia sorella. E la mia.
Sento la rabbia montarmi nel petto perché, per quanto sia difficile, a tratti impossibile, convivere con me stesso, non voglio rinnegare i miei sentimenti nei confronti di mia sorella; né vorrei mai essere innamorato di qualche altra ragazza.
Anche se sarebbe facile, infinitamente più facile e la mia guerra interiore avrebbe fine.
Ascolto l'ira che scorre nelle mie vene e mi infiamma i muscoli e mi libero della canotta nera, lasciandola cadere a terra; il sole è caldo sopra di noi e scalda il mio corpo, ma questo non è abbastanza per superare quel che si agita dentro di me. Mi abbasso e sciolgo i nodi alle scarpe, liberando i miei piedi anche dai calzini e torno in posizione eretta, iniziando a sentire il mio spirito più libero di quanto sia mai stato. Mi rendo conto di quanto sia liberatorio spogliarsi di abiti che sono solo la metafora delle maschere che siamo costretti a indossare ogni giorno della nostra vita.
Aggancio le dita al bordo del costume e a quello dei boxer scuri sotto di esso e, in un unico movimento, mi libero anche dell'ultima barriera che mi ero costruito. L'aria colpisce il mio intero corpo e, per sentirla maggiormente contro di me, allargo le braccia e chiudo gli occhi. Mi godo questa sensazione di libertà per qualche secondo, poi delle risate si mescolano alla musica del vento e torno alla realtà come se fossi stato bombardato con una secchiata di acqua gelida.
Mi imbarazzo subito per quel che ho deciso di fare e faccio il possibile per riprendere i vestiti che mi ero levato per indossarli nuovamente; mia sorella mi passa accanto e mi regala un occhiolino. Sento le guance andarmi a fuoco, ma la rabbia che covavo dentro è del tutto sparita.
Buongiorno cuoricini!
La spiaggia, la Black's Beach, esiste davvero e per accedervi bisogna realmente una scalinata nella roccia ed è davvero una spiaggia per nudisti, anche il costume si può tenere.
Come vi è sembrato questo capitolo? Ammetto di sentire che c'è qualcosa che forse manca, ma non riesco proprio a capire che cosa.
Avete compreso i pensieri di Sergio? E la sua rabbia verso se stesso?
Ci vediamo presto
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