Capitolo 2: Io sono il Mostro

Tre anni prima, 26/01
Città di San Diego

La notte è fredda, ma questo non mi ha impedito di rimanere sul balcone della mia camera a osservare le stelle, un'abitudine che ho acquisito quando non riesco a dormire.
Un'abitudine che mi ha instillato Olly con le sue mille domande per saperne di più su quelle sfere di elio che brillano nel cielo.
Il piumone nel quale ho avvolto il mio corpo l'ho preso dal mio letto e ora, questo nero si confonde con quello della notte; intanto, i miei pensieri viaggiano alla stessa velocità delle ricerche che sto continuando a fare.
Eppure, niente e nessuno riesce a darmi nessuna buona notizia; qualunque risultato trovi mi bolla sempre come un mostro.
Chiudo l'applicazione e lancio il telefono all'interno della camera, stizzito contro il mondo, ma soprattutto contro me stesso.
Alzo ancora gli occhi al cielo e pongo delle domande alle stelle, a chiunque si trovi più in alto di me; chiedendogli come ha potuto permettermi di iniziare a provare qualcosa di così diverso dall'affetto fraterno per mia sorella.
La mia dolce e piccola Olly!

Guardo il cielo e non mi accorgo di avere compagnia, finché un paio di mani mi oscura la visuale e mi io mi giro, inconsapevolmente, verso la persona che è arrivata. Sento una risata soffocata e il mio cuore perde un battito.
Parli del diavolo, e arrivano le corna.
«Fammi indovinare: sei un ladro con cattive intenzioni e dovrei provare a scappare per aver salva la vita?»
A questo punto, mia sorella non riesce più a trattenere le risate e si lascia andare, togliendo anche le sue mani dai miei occhi per potersi tenere la pancia.
Non pensavo facessi così tanto ridere, sinceramente.
Si avvicina a me e mi lascia un bacio sulla guancia, prima di sedersi e poggiare la testa sulla mia spalla, spostando i suoi meravigliosi occhi color cioccolato sulla volta stellata.
«Anche tu chiedi alle stelle dei consigli, fratellone?»
Vorrei risponderle, ma la parola "fratellone" che, effettivamente mi definisce ai suoi occhi, mi blocca; riportandomi indietro di vari minuti quando l'unica parola che mi sento addosso è "mostro". Rimango in silenzio anche quando, dopo aver notato che lei stia tremando per il freddo, allargo il piumone e ci avvolgo anche lei, lasciando che il mio caldo corpo venga a contatto con il suo freddo pigiama.

«Anche io ci parlo spesso, sai?» Dice lei, dopo lunghi minuti di silenzio; durante i quali ognuno dei due ha dato uno sguardo ai propri pensieri.
«Con le stelle, ovvio.» Continua, forse non aspettandosi una vera risposta dal sottoscritto.
Vorrei chiederle tante cose; tra cui, quali problemi la affliggono, così che io possa affrontarli al posto suo e lei sia felice. Continuo, però, a rimanere in silenzio.
Sento dei movimenti all'interno della grossa coperta nera e sposto lo sguardo, dalle stelle, torno a guardare lei e i suoi bellissimi capelli scuri lasciati sciolti per la notte.
«Si è fatto tardi; è meglio che io vada a dormire, altrimenti rischio di addormentarmi durante la tua partita.» Mi sorride, illuminando la mia intera nottata e torna dentro la sua stanza.
Alzo gli occhi al cielo, per l'ennesima volta in questa notte e lascio che il sorriso di mia sorella prenda il posto delle stelle. Chiudo gli occhi e mi addormento.

Corro sul campo come se scappassi da qualcosa che mi insegue, anche se i problemi che mi perseguitano sono solo dentro di me e scanso ogni avversario che vedo.
Fischi di incoraggiamento e applausi entrano da un orecchio ed escono dall'altro; dentro di me scorre solo la rabbia che provo verso me stesso e verso i sentimenti che ho capito di provare.
Non riesco a darmi pace: non posso amare mia sorella, non in quel senso!
Arrivo alla linea di touchdown e schiaccio la palla a terra, senza mai aver passato la palla ai miei compagni che, ora, mi guardano con sguardi a metà tra l'arrabbiato e la contentezza.
Non hanno tutti i torti: oggi non ci sono con la testa e sto facendo tutto da solo, proprio come non dovrei fare.
Chiedo scusa ai miei compagni e vado in panchina, visto che ora dobbiamo difendere e sento le urla di Alex e Olly chiamare il mio nome.
Non merito i vostri elogi, non li merito proprio.
Tengo gli occhi fissi sul campo, ma non riesco a vedere neanche le azioni che i miei compagni creano o perdono e rimango in silenzio anche quando decretano la nostra vittoria.
Sono un mostro.

Esco dallo spogliatoio tra le pacche dei miei compagni e ancora parole di rabbia nei miei confronti che dico a me stesso, come se fossi in trance. Cosa che si spezza quando due paia di braccia si arpionano su di me e dei capelli mi finiscono in bocca.
Due volte in due giorni, potrei partecipare al guinness dei primati se continuano così.
«Bravissimo, Sergio! Sei stato grande!» È Alex a parlarmi, mentre mia sorella rimane in silenzio a osservarmi, senza sciogliere l'abbraccio. Le sorrido come muto ringraziamento e sciolgo il contatto con Olly, dirigendomi verso il resto della mia famiglia, pronto a sentire la ramanzina di mio padre perché non ho fatto gioco di squadra e i tentativi di mia madre di calmarlo.
"Un militare non può pensare di lavorare da solo, altrimenti morirai!" Le stesse parole, ancora e ancora, convinto già del fatto che io voglia diventare come lui.
Alzo gli occhi al cielo quando lui si volta per raggiungere la macchina e Summer, la mamma di Alex, mi prende a braccetto per farmi i complimenti.
Con la coda dell'occhio, noto il viso spento di mia sorella, subito accorsa dalla nostra migliore amica che cerca di confortarla.
"Che ti è successo, piccola Olly?"

Mi rabbuio anch'io al solo pensiero che mia sorella sia triste e lascio che le due madri inizino a parlare tra di loro per poter sgattaiolare verso le due ragazze più importanti della mia vita.
«Vedrai che non è niente e tutto tornerà a posto tra te e lui.»
Il cuore si ferma all'interno del petto, sentendo le parole che Alex sta rivolgendo a mia sorella e, senza accorgermene, fermo i miei passi, lasciandomi superare anche da loro.
Mia sorella è interessata a un ragazzo. E quel ragazzo non sono io.
Scuoto la testa, cercando di levarmi certi pensieri dalla testa e solo ora riesco a notare un volantino appeso al palo della luce al mio fianco.
Yale.
Un volantino per quelli del senior year e la possibilità di scelta tra le varie università.
Yale, che è dall'altra parte del Paese rispetto a qui.
«Corsi di medicina, giurisprudenza o scienze.» Leggo, ad alta voce la scelta dei percorsi che offre questo college rinomato.
Yale è la mia soluzione.

Eccoci qui, un altro giorno e un altro capitolo!
Condividete i pensieri di Sergio? O voi credete che l'amore sia amore in ogni forma in cui si manifesta?
Quale pensate che sia il ragazzo che interessa alla nostra vecchia conoscenza, Olly?
E vi aspettavate che fosse questo il motivo per cui l'università dei sogni di Sergio fosse Yale?

Se volete e la storia vi sta piacendo, lasciatemi un feedback o una stellina.
«Fate felice una pseudo scrittrice!
Una stella e un commento sono tutto quel che dovete far!»
Ok, lasciamo perdere e con questo possiamo ufficialmente dire che anche il mio ultimo neurone si è suicidato.

A presto

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