Capitolo 0: Prologo - L'inizio della fine
Oggi, 03/09
Città di San Diego
Sento qualcosa di umido bagnarmi la fronte, prima che la dolce voce di mia sorella mi riscuota del tutto dal mio sonno agitato. Rimango immobile, fingendo di dormire, mentre la sento spostare il lenzuolo nero per potersi sedere sul mio letto. Si siede e comincia ad accarezzarmi i capelli; non resisto più e allungo le braccia, stringendole attorno al suo petto.
Adoro abbracciarla e poi riuscire a sentire sulla mia pelle il suo profumo di pesche.
La sento emettere un piccolo e debole urlo di spavento e poi la tiro giù assieme a me: in un attimo ci ritroviamo sdraiati uno accanto all'altro; lei con il corpo fuori dalle coperte e le mie braccia che la tengono stretta e me, mentre io sono con il petto nudo a farle compagnia oltre il lenzuolo e le mie gambe nascoste dal tessuto nero come la pece.
Inizia a ridere e io mi perdo, solo un momento, ad ascoltare la melodia che crea la sua incredibile risata, seguendola subito dopo.
Il nostro rapporto è sempre stato così: risate, complicità e tanto affetto nei confronti dell'altro.
Inizia a ribellarsi, senza fermare la sua risata, ma sa bene che con me non ha scampo e si arrende presto, accoccolandosi sui miei pettorali nudi.
Il battito del mio cuore è più accelerato del solito, spero non lo noti.
"Andiamo a fare una passeggiata?" Mi chiede e resto in silenzio a lungo, non aspettandomi questa sua voglia di uscire ancora prima dell'alba.
La nostra passeggiata mattutina è già stata fatta sabato scorso, quando abbiamo mancato la pioggia di pochi minuti.
Avrei tanto voluto vederla ballare sotto la pioggia.
"Non manca un componente alla nostra squadra?" Chiedo, mentre mi stringo ancora di più a lei e fingendo di dimenticarmi della settimana appena trascorsa.
Ci sarà un motivo se mi ha proposto tutto questo e io voglio scoprirlo a tempo debito.
La sento rispondermi che Alex oggi non può e che lei vuole passare del tempo con me; risposta che accresce il pensiero che mi stia nascondendo qualcosa. Per quanto sia forte la curiosità di scoprire che cos'ha in mente la mia unica sorellina, la voglia di rimanere in questo letto, abbracciati è più forte, così mi lamento.
Per una volta penso di poter essere io quello pigro.
Eppure, non ho fatto i conti con la sua testardaggine che, alla fine, mi porta a uscire completamente dal lenzuolo e mostrarmi coperto da un attillato boxer grigio. Cosa alla quale è abituata e mi osserva entrare nel bagno che condividiamo.
Mi chiudo la porta alle spalle e osservo il mio sorriso allo specchio che mi accoglie appena accendo la luce della stanza; sorriso che accresce quando la sento gridarmi dietro di muovermi.
"Ciao mamma, ciao papà!"
Salutiamo i nostri genitori con i sorrisi sulle labbra e un mio braccio sulle spalle di mia sorella; so quanto odia sentirsi bassa, ma la sua espressione è così buffa quando si arrabbia che non posso evitare di farlo.
Mamma ci fa un occhiolino, o lo fa a mia sorella per dirle qualcosa che io non riesco a capire, anche se mi diventa tutto chiaro quando intravedo la rossa chioma di Alexandra nel ripostiglio che si è appena aperto.
Quanto la capisco: manca l'aria lì dentro.
Oggi è il giorno del mio diciassettesimo compleanno e immagino che vogliano prepararmi una festa a sorpresa visto che l'anno prossimo sarò a Yale, o almeno, lo spero.
Olly si chiude la porta alle spalle e lascia cadere il mio braccio, incastrando, subito dopo, le nostre dita come se fossero tutte parte di un'unica mano.
"Da quale parte andiamo oggi?"
Alzo lo sguardo, fissando le nuvole e inspirando l'aria fresca del mattino in questa giornata di inizio settembre che sta già iniziando a schiarirsi. Faccio lo stesso ogni mattina che usciamo tutti insieme, sempre dopo la domanda di Olly, come se fosse un rituale.
Lei e LexLex sono convinte che io cerchi e senta una risposta dal cielo, ma l'unico motivo per cui lo faccio è per vedere dove le nuvole sono più nere: un ballo sotto la pioggia vorrei poterlo fare assieme a lei prima di partire.
Camminiamo a lungo e, mentre parliamo e ridiamo di cose che solo noi riusciamo a capire, anche se la vedo molto attenta a quel che ci circonda; quasi come se ogni cosa le fosse nuova o stesse cercando qualcosa in particolare.
La vedo cominciare a saltellare e tirare la mia mano verso una via vietata al traffico di autoveicoli e capisco che la mia seconda ipotesi era quella corretta.
Una volta giunti proprio al centro di quell'isola pedonale, mi porge un oggetto incartato con un fiocco rosso che ha preso dalla sua borsetta. Un bigliettino sul quale c'è la scritta "sbloccami", la quale cerca di nascondere il suo telefono e sorrido, alzando gli occhi su di lei.
Vedo i suoi capelli, chiusi nella solita coda di cavallo altissima che porta sempre, seguire il movimento del vento e alzarsi e ballare attorno al suo viso, mentre lei cerca di tenere a freno alcune ciocche ribelli che le danzano sul volto. I suoi piedi si muovono frenetici, in attesa di incominciare a ballare, come ho imparato a conoscere nei quindici anni che lei ha trascorso a danzare in ogni momento della sua vita.
Torno a osservare il cellulare, privandolo della sua copertura e seguo le istruzioni che trovo sui bigliettini che seguono il primo; mi manca un solo bigliettino, il quale mi chiede di far partire la canzone intitolata "Bajo la lluvia", quando sento le labbra di mia sorella premere contro la mia guancia priva di barba e poi sussurrarmi degli auguri di compleanno.
La voglia di lasciar cadere il telefono per prendere i suoi fianchi è molta, ma mi trattengo e le regalo l'ennesimo sorriso della mattinata.
La musica comincia e seguo i suoi movimenti con interesse, mentre la fame di vita che lei sta raccontando nei suoi passi cresce a dismisura dentro di me, assieme all'affetto che provo nei suoi confronti.
Solo la mia Olly avrebbe potuto regalarmi una coreografia basata su una canzone che parla della pioggia.
Sento una lacrima solcarmi la stessa guancia scaldata, poco prima, dalle sue labbra e l'asciugo chiudendo gli occhi.
Quando li riapro, però, sento i sudori freddi lungo tutto il corpo.
«Olly, attenta!» Grido verso di lei, spaventandola.
L'automobile non si ferma, nonostante veda delle persone sulla sua traiettoria e il divieto di transitare all'interno di quest'area e così, capendo che la vita di mia sorella è in pericolo, mi lancio su di lei. La spingo via, lontana dall'impatto che a breve avverrà.
Chiudo gli occhi un secondo prima di sentire il contatto con l'auto e lascio che i miei pensieri vagano verso l'unica persona che conta per davvero nella mia vita.
"Ti amo Olly. Ti amerò sempre, qualunque cosa accadrà."
Avevo già scritto di questo momento e per chi conosce già "Come una goccia d'acqua su un incendio" questa scena non è nuova.
Eppure, scrivere di nuovo di questo, scriverlo dal punto di vista di Sergio, mi ha distrutta psicologicamente e le lacrime che continuano a scorrere sulle mie guance non vogliono smetterla di lasciare i miei occhi.
Ebbene, dopo le mie riflessioni da scrittrice fin troppo emotiva, sono qui a darvi ufficialmente il benvenuto in questa nuova storia!
Come? Tanto nuova non è visto che ci sono dei personaggi che già conoscete? È vero, ma la protagonista non sarà più Olive, bensì Sergio.
Un personaggio che ho amato più di qualunque altro di mia invenzione e con una storia tutta da raccontare.
Ho deciso di iniziare dalla sua fine perché se "Come una goccia d'acqua su un incendio" è nato come un esperimento per mettermi alla prova sul finale, questa volta voglio farlo sull'inizio.
Non ho mai cominciato scrivendo dalla fine e voglio vedere se riesco a incastrare bene poi tutto il resto della storia.
Ok, lo so che già mi state lanciando addosso pomodori, ma voglio comunque provare.
Detto questo, io vi invito a lasciarmi qualunque tipo di feedback se il capitolo è di vostro gradimento e ci vediamo con il prossimo capitolo.
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