CAPITOLO 8 (2/2)

Quella lacrima scese dritta su una pagina del libro, aperto. La lacrima bagnò la pagina: in particolare una lettera, che era comparsa immediatamente: "L". Fu la cosa più bella che potessi desiderare in quel momento: il libro si era risvegliato. - Amico, perdonami, per favore...ti prometto che non ti dimenticherò più: è grazie a te che sto cominciando ad essere felice... - dissi, e la mia espressione si fece così commuovente, che pure Greta, nonostante incredula per la comparsa di quella lettera, mi consolò abbracciandomi. Ormai l'abbraccio era divenuto il modo in cui Greta, dimostrava il suo affetto per me, dimostrando che ci teneva. La "A", fu la seconda lettera che comparve, ma subito dopo, apparve la frase "La mamma ha bisogno di te". - La mamma? Cosa vuoi dire Amico? - domandai al libro, dubbioso, perché non capivo che collegamento ci fosse con mia mamma. - Che ne dici di andare a controllare a casa tua? Probabilmente è successo qualcosa - disse Greta. - Io lo farò sicuramente, ma tu...ormai è tardi, ed è ora di cenare - risposi. - Potrei dire a mia nonna che mi hai invitato a casa tua: sarà felice che io abbia trovato finalmente un amico, anche se...forse hai ragione...è meglio che vada: sarà in pensiero per me! - - No, non farlo: ho cambiato idea! Non lasciarmi solo. Ti invito a cena, lo dirò io a mia mamma - dissi, prendendole la mano, prima che se ne andasse: e fu bella, la sua faccia diventar rossa, come un pomodoro: era timida, si capiva. E credo che, poi, anche lei volesse aiutarmi a risolvere il mistero. La convinsi. Dopo una lunga corsa, che era stata anche abbastanza piacevole, arrivammo davanti casa mia: differiva dalle altre principalmente per l'assenza di luci accese: ciò mi preoccupò parecchio, ma la paura fu calcata quando suonai al campanello e nessuno mi rispose; ero spaventato. Subito, preoccupato, come anche Greta, che mi osservava da qualche metro di distanza, domandai al libro dove fossero i miei genitori, e lo aprii su una pagina. - Ciro, devi sapere una cosa: a tua mamma, da diverse settimane, durante un'analisi del sangue, le è stata diagnosticata una malattia, che non ha voluto dire né a te né a tuo padre. Adesso tua mamma è stata portata di urgenza all'ospedale con un'ambulanza: la malattia è grave. Tuttavia, non spaventarti, poiché è ancora viva, anche se vorrebbe vederti. - apparve sulla pagina n.42. E io scoppiai a piangere, dal momento che il pensiero che non avrei mai più visto mia madre mi distruggeva. Non capivo neanche perché tutto mi si rivoltava contro, e cosa avessi fatto per meritarmi una vita così triste. Nel frattempo, Greta, avvicinatasi per leggere quelle frasi, mettendosi anche lei a piangere, decise di intervenire. - Perché la mamma di Ciro non ha voluto dire della sua malattia e l'ha tenuta nascosta? Avrebbe avuto più possibilità di guarire subito! - esclamò Greta rivolgendosi al libro: era molto agitata, probabilmente per il fatto che, parlando della mia mamma, aveva ricordato la sua. - Sua mamma conosceva la situazione di Ciro: sapeva che veniva preso in giro a scuola, e la notizia della malattia lo avrebbe sconvolto, e reso depresso: non poteva permettere ciò. Il padre di Ciro, poi, ha avuto una vita abbastanza faticosa e ha dovuto occuparsi di suo fratello per diversi anni: quest'ultimo era stato vittima di un incidente, restando sulla sedia a rotelle. E fare ciò non era abbastanza semplice, dal momento che ogni settimana vi erano controlli e visite da fargli. La mamma di Ciro non voleva neanche far passare l'intera vita del marito tra gli ospedali, e ha voluto mantenere il segreto. La malattia, con il tempo, si è fatta piuttosto grave: puoi andare a visitare tua mamma, non è difficile. Tuttavia l'ospedale è parecchio lontano e non puoi pensare di raggiungerlo a piedi. - scrisse il libro in due sue pagine. Io chiesi come avremmo fatto ad andarci, e rispose dicendo di andare in una delle campagne, che sorgevano ai piedi del "Ponte di Primavera", dal momento che lì viveva un contadino che ci avrebbe aiutato. Un po' il suo consiglio mi fece stare meglio, ma terrorizzava l'idea di fare questo viaggio da solo. E se mi sarebbe successo qualcosa? Per questa ragione, chiesi a Greta se potesse accompagnarmi. - Ciro, io verrei volentieri, ma se mio papà si preoccupa? Cosa dovrebbe pensare, quando, arrivato da lavoro, non mi troverà in casa? - rispose Greta, triste per non poter essere d'aiuto. Si girò, e si sfogò mettendosi le mani sulla faccia e piangendo. Dopo qualche secondo, come se avesse preso una decisione, fece un sospiro profondo. - Potrei scrivere una lettera a mio papà e lasciarla a casa: così potrebbe capire che non mi è successo niente, e che ti sto aiutando a ritrovare tua mamma. Capisco cosa si prova a pensare di non rivedere più la mamma, e quindi vorrei accompagnarti, perché non voglio ti capiti ciò che è capitato a me. - disse, e asciugandosi le lacrime con la mano, sorrise e mi abbracciò: in quel momento capii veramente che l'amicizia è la cosa più importante che possa esistere. Chiesi al libro se Greta potesse strappare una pagina bianca per scrivere la lettera, e il libro rispose di si. Per fortuna, Greta aveva conservato una penna nella tasca del giubbotto che indossava. Si mise a scrivere la lettera per suo papà, che si sarebbe sicuramente preoccupato, quando, dopo la settimana di lavoro a Foerville, non avrebbe trovato Greta a casa. Dopo aver lasciato la lettera a casa di Greta, andammo da sua nonna e, anche se sapevamo di non stare facendo una buona azione, le dicemmo una bugia, spiegandole che avevo invitato Greta a mangiare a casa mia. Adesso eravamo pronti per andare da quel contadino che ci avrebbe aiutato. Avevamo, però la consapevolezza che ci poteva succedere qualcosa, da un momento all'altro, poiché eravamo solo due bambini che stavamo entrando in un mondo dove la presenza di cattivi era purtroppo sicura. Tuttavia, sapevamo anche che se non avremmo fatto niente, io potevo non vedere più i miei genitori: mia mamma era viva, ma la malattia avrebbe potuto inasprirsi. Erano due scelte difficili, andare o rimanere, ma io puntavo sulla prima, e convinti entrambi di stare facendo la cosa giusta, ci incamminammo verso la campagna del contadino. Quella sera il vento soffiava leggermente, e mentre camminavamo, si avvertiva il suo formicolio indolente sulla faccia. Centinaia di finestre illuminate risplendevano nella sera, accompagnate da diversi lampioni ai bordi della strada, altri invece erano ancora spenti. I bambini si salutavano, e rientravano in casa per mangiare: la mamma li chiamava. C'erano pure vari gatti che si arrampicavano sugli alberi; i cani li rincorrevano. Qualche foglia cadeva dagli alberi dolcemente, e si posava per terra. Spesso si sentiva il rumore delle macchine che correvano sull'asfalto o dei ragazzi in bici. La luna era a spicchio, circondata dalle stelle. Tutto era sereno quella sera. Giungemmo finalmente: Il Ponte di Primavera era davanti a noi, lì, nella sua maestosa costruzione, con il fiume e la vegetazione che gli girava intorno. Si sentivano i grilli cantare, ma non si vedevano. Anche le zanzare erano presenti, e altri insetti. Le campagne erano a pochi metri da noi, e, scendendo una piccola valle, caratterizzata da vari arbusti, alberi di mandorle e di fichi quasi maturi, arrivammo in quella immensa estensione di campi. E non avevamo la minima idea di dove abitasse il contadino in questione.

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