CAPITOLO 6 (3/3)
In quel momento non parlai, stessi muto, e forse fu l'opzione migliore. Dai suoi occhi iniziarono a scendere delle lacrime, si mise a piangere e mi abbracciò: volevo parlare, consolarla, ma non ci riuscii: non riuscivo a fare niente. Ero come immobilizzato, fermo. Le sue lacrime cominciarono a scendere anche sulla mia maglietta e mi disse di scusarla. Inoltre aggiunse che sua mamma non c'era più. Forse fu quella frase a darmi un pò la forza per muovermi e l'abbracciai pure io, per consolarla, anche se le parole di bocca continuavano a non uscire, probabilmente perché non sapevo cosa significasse perdere un persona cara e non volevo dire qualcosa di sbagliato. Improvvisamente mi scese una lacrima, e non capisco il motivo per cui l'abbia fatto, ma l'abbracciai più forte, per il fatto che quando non sai cosa fare, specialmente in una situazione come questa, ti viene spontaneo fare la prima cosa che ti viene in mente, buona o no che sia. Lo so, forse abbracciarla più forte non fu un'ottima idea, ma non riuscii a fare altro, e infatti mi fermò. - Non mettere troppa forza per abbracciare: non ti preoccupare, non scappo mica! - disse, e fece un sorriso. Lo feci anche io, e allentai un po' la presa. Non so perché, ma quando rideva mi veniva spontaneo farlo di conseguenza: era come se tutto quello che faceva mi stupiva, come se non l'avessi mai visto fare prima d'ora, o a stupirmi era lei: questo non lo so, era difficile comprenderlo, sopratutto quando conosci una persona a malapena. Io l'avevo appena conosciuta, e, chissà, un giorno avrebbe potuto anche deludermi, in un qualsiasi modo, per esempio facendomi piangere. Ma non ci pensavo affatto, anzi, cercavo di non pensarlo, per il semplice motivo che non volevo che succedesse. Avevo trovato un'amica, che mai avevo avuto, e perché mai avrei dovuto pensare che, da un momento all'altro, così, improvvisamente, l'avrei persa? E Forse mi stupiva, proprio per il semplice motivo che non avevo mai avuto fino ad allora un'amica, e per quelle piccole cose viste fare a Greta, pensavo come avessi fatto a vivere senza, poiché anche ricevere un semplice sorriso ti rende felice. - Vi conviene abbassare le armi, Sig.Polo-Sud. Mi sembra una lotta sventata e folle: non so se si rende conto di cosa potrebbe accadere - disse una voce che proveniva dall'esterno. Subito io e Greta, abbastanza titubanti, sentendo quelle parole, ci affacciammo alla finestra per vedere meglio cosa stesse succedendo: c'erano due specie di eserciti, con i comandanti faccia a faccia, più avanti dei soldati, ma non erano dei veri e propri militari, come quelli che si vedono nelle grandi e terribili guerre, ma delle fazioni di una città e ciò si capiva dal tipo di "oggetti da guerra" che impugnavano, principalmente bastoni trovati qua e là o padelle rubate alla cucina e alle mogli, che probabilmente, se avessero saputo come quei soldati avrebbero usato le loro padelle, sicuramente non per cucinare, li avrebbero lasciati immediatamente, poiché quando qualcuno ti distrugge qualcosa a cui sei affezionato, o che ti serve o ti è necessario, ti arrabbi a tal punto da non voler più vedere letteralmente il colpevole dell'omicidio. Inoltre l'abbigliamento che avevano non credo fosse adatto a combattere, intendo a cercare di essere feriti il meno possibile e quindi come protezione, e non penso proprio che quelle magliette e quei pantaloni, indumenti che si indossano anche per dormire, avrebbero evitato di prendere qualche colpo. Forse questi soldati, quella mattina, si erano svegliati con la voglia di combattere, avevano preso la prima cosa che poteva servire per armeggiare, dichiarato guerra ai nemici, e si erano schierati. Né io né Greta sapevamo cosa ci facessero lì quegli eserciti allineati, ma eravamo entrambi curiosi e quindi restammo lì ad ascoltare. - Reclini le armi, e le posi a terra, come segno di perdono, per averci riunito e per averci fatto perdere del tempo prezioso, a parlare di queste sciocchezze, che mai, io, avrei potuto pensare. Non ho intenzione di fare del male a nessuno, io come la mia fazione. - disse il comandante della fazione opposta. - Sig.Polo-Nord, non posso farlo, e lei lo sa benissimo: siamo di fronte a un grande dilemma: salire o scendere, ma la mia fazione non ha proprio voglia di salire. Non possiamo più stare così, essere così diversi, e io, comandante della fazione del Polo-Sud, le dichiaro ufficialmente guerra. La guerra è appena iniziata, e le pedine le stiamo movendo noi, come una partita a scacchi, noi siamo i capitani, e lì ci sono le nostre fazioni. - disse il comandante indicando i suoi soldati - Si comincia - aggiunse, e impugnando il bastone che aveva in mano, più forte di come stava facendo, come per avere più sicurezza e speranza di vincere la battaglia, gridò alla sua fazione di combattere.
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