CAPITOLO 6 (2/3)

- Sembra una casa molto semplice - dissi - Lo so, ma all'interno, ti assicuro, è molto più bella e colorata - rispose - Allora entriamo? - domandò e io annuii. Entrammo. Inizialmente restai un pò deluso nel vedere un'altra scalinata, ma questa volta molto più alta. - Questa casa non è tutta mia - disse, mettendosi la mano dietro la testa, un pò disagiata per la mia espressione confusa e triste. - Io ho un appartamento. Diciamo che ho una casa dentro una casa! - continuò e sorrise, per cercare di farmi ridere, con quella battuta. E io sorrisi pure ed ero sempre più certo della sua innocenza a scuola. - Ti va di fare una gara? - domandò, - Il mio appartamento è il numero 4, chi arriva prima vince - spiegò. - Non so... - risposi un pò incerto, - Ci potremmo fare male - dissi, ma nel momento in cui pronunciai la frase, mi rattristai nel vedere la sua espressione. - Forse hai ragione...è solo che è da tanto che non gioco con qualcuno...dovrei crescere e smettere di fare la bambina... - disse, con così tanta tenerezza che avvertii il bisogno di abbracciarla. - Lo sai che ti dico? Facciamolo! Anche io non gioco da un pezzo. - affermai. - Grazie - rispose. Mi incuriosii abbastanza per quel "grazie", perché mi sorpresi che bastava così poco per renderla felice. - Allora cominciamo! - proseguì, - 3...2...1...Via! - gridò e iniziammo a correre. Era da tanto, troppo tempo che non correvo, e soprattutto che non mi divertivo. Non so come esprimere la sensazione che si prova quando si trova un amico, amica in questo caso, ma non credo ci sia così tanta differenza, poiché, in fondo, l'importante è che ti faccia sorridere. - Ho vinto! Ho vinto! - esclamai, toccando una porta in cui era impresso un grande numero 4, con una felicità che, credo non avevo mai mostrato. E mi sorpresi per il fatto che anche io ero capace di sorridere. - Bravo! Adesso entriamo. Vuoi un pò di the? Sono molto brava a farlo. - disse con gentilezza. - Si grazie - risposi, aprendo lentamente la porta. Appena la aprii abbastanza per entrare, feci un passo avanti, e avvicinai un pò il viso per vedere meglio: una stanza, probabilmente una cucina, silenziosa: nessun rumore, e apparentemente nessuno era in casa. - Come mai non c'è nessuno? - domandai incuriosito, anche perché abituato alle voci di mia mamma e mio papà. - Mio papà è a lavorare: lavora quasi tutto il giorno, e ha poco tempo libero. Inoltre, in questa settimana è a Foerville per lavoro: mi voleva portare con sé ma, visto che costava molto di più il viaggio e la casa in affitto per due persone, ho preso la decisione di non andarci, e quindi, sarò sola per una settimana: ho fatto questo per mio papà e ne vado fiera. In paese abita pure mia nonna, e vado da lei qualche volta, sopratutto la notte per dormire, perché ho paura a dormire da sola, quindi mia nonna mi fa compagnia in questa settimana - disse, un po' abbattuta, per la mancanza di suo papà. Improvvisamente, la mia attenzione fu attirata da una particolare cornice su un mobile. Mi accostai alla foto, la presi con cautela, e la osservai. - Che bella foto! - esclamai, - Questa è forse tua mamma? - domandai, indicando una signora, che all'apparenza poteva mostrare poco più di quarant'anni - Anche lei lavora tanto? - aggiunsi. - No, lei non lavora più - rispose, dopo qualche secondo, come se non sapesse cosa dire, o come se mi volesse dire anche qualcos'altro.

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