CAPITOLO 6 (1/3)

Durante il tragitto mi rivelò che lei non stava avendo una vita serena alle elementari. Mi raccontò di ciò che subiva a scuola ogni giorno: mi disse che la prendevano in giro, e la allontanavano da qualsiasi festa e uscita tra i suoi compagni. - Mi scarabocchiano tutti i quaderni - asserì e le scese una piccola lacrima. Si vedeva che era triste, era profondamente triste e a me, vedendola in quello stato, mi veniva da dire: "Da domani ci sarò io a proteggerti". Sono molto empatico, forse anche troppo, a tal punto da piangere senza nessun motivo quando una persona è addolorata, perché si, ascoltando quelle parole innocenti mi scesero due lacrime, anche tre, o forse quattro, ma le nascosi, cercavo sempre di nasconderle: non voglio mostrare alle persone di essere debole, e soprattutto, volevo far capire a quella bambina che piangendo non si risolve nulla e solo chi piange sempre non potrà mai migliorare la propria situazione. L'unico modo per poter vincere è sempre provare. Provare a fare cosa? Non lo so, ma almeno si deve cercare di combattere, se non si vuole, in quel caso, essere deriso a vita. Parlavo io, parlavo come farebbe un adulto, io, che venivo preso in giro ed emarginato, e possiamo dire che tra la mia situazione e quella della bambina non c'era molta differenza. Non le ho detto cosa mi facevano a scuola, o al massimo l'ho resa nota solo di una piccola parte, per farle capire che non è l'unica in questo mondo ad essere trattata così. Io sono contro il bullismo, e nello stesso tempo, ne sono una vittima, e l'unica cosa che potei fare in quel momento era quella di assicurare a Greta che tutto, prima o poi sarebbe cambiato. Non ero sicurissimo di questo, ma non riuscivo a vederla piangere, poiché mi rattristava, e, soprattutto, non riuscivo a comprendere come una bambina così indifesa e innocua poteva subire quello che mi diceva. Ci fu un piccolo momento, in cui, fui talmente incredulo, ascoltando quelle parole, che quasi non la credetti, dal momento che mi sembrava mi stesse dicendo una bugia. Ma non credo fosse stato possibile, e allora cambiai idea, e per un piccolo momento, mi sembrò di avere davanti un angelo. - Ormai siamo quasi arrivati - disse, cambiando discorso, asciugandosi sul volto le lacrime scese, poiché la maggior parte si erano depositate in alcune parti del viso, non volendo cadere giù. La sua faccia era infatti diventata abbastanza rossa, ma non per l'imbarazzo di aver raccontato quelle cose, ma per il fatto di essersi sfogata con una persona, e forse era da tanto che non lo faceva, e fu proprio questo pensiero che mi portò a domandarmi se Greta avesse un bel rapporto con sua mamma, dato che la quest'ultima è la persona più affidale e vicina che si possa avere, e, se Greta avesse già raccontato tutto ciò, probabilmente le lacrime sarebbero state di meno. E la prima cosa che mi venne in mente, fu pensare che Greta raccontasse tutto a sua mamma, ma non si sfogasse, perché c'è una bella differenza tra raccontare qualcosa e sfogarsi: probabilmente Greta raccontava i fatti, dando l'impressione che non le importasse molto, sorridendo comunque: io certe volte lo facevo. E' normale farlo, perché hai l'impressione di deludere una persona, che si aspettava che tu saresti rispettato e amato da tutti. Oppure, Greta non raccontava nulla, con la speranza, appunto, che la sua situazione sarebbe cambiata. - Ecco la mia casa! - esclamò, indicando un muro di un azzurro ormai quasi totalmente sbiadito in cui si trovava una porta marrone, sopra un piccola scalinata, di quattro o cinque scalini, che terminava in una piccola base quadrata. La scala era protetta, nel lato che volge sulla strada, da una semplice ringhiera di metallo. Non c'era molto da vedere all'esterno, tranne un vasetto su un gradino, in cui si trovava una piantina ormai cresciuta, che sembrava abbastanza vecchia, o forse era soltanto malcurata.

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