CAPITOLO 4 (2/2)
La mia faccia diventò rossa, a causa del lungo piangere, come mai avevo fatto. Il libro, che lo avevo sistemato accanto a me, immediatamente si aprì; me ne accorsi, e malgrado la situazione mi girai per guardarlo. - Sei davvero sicuro di non aver bisogno di me? - apparve sul mio amico, che ormai unico era restato, e questo pensiero un po' mi risollevò, poiché non ero davvero solo. - Io mi rimangio ciò che ho detto ieri notte. Ho davvero bisogno di aiuto, e visto che tu sei il solo a potermelo dare, ti scongiuro, di aiutarmi. Non so come potrei ringraziarti, ma un giorno, in un modo o nell'altro, lo farò. - dissi e osservai pazientemente la pagina in attesa di una risposta. - Guarda chi c'è: Ciro! Cosa ci fai qui? Piangi? Oh, povero piccolo bambino! Vieni qua! - esclamò Jason, camminando verso di me, poiché mi aveva visto, seguito da Spaventa-Buio, che gli venne incontro, mentre mangiava delle ciliegie. - Alzati - replicò Jason, e io, che ero in ginocchio davanti l'albero, con la faccia piena di lacrime, rimaste bloccate, che non riuscirono a cadere, obbedii, tremando dalla paura. Feci ciò perché non potevo fare altrimenti, e chissà cosa avrebbero fatto. Inoltre, Jason lo dire in un tono così arrabbiato e spregevole che la voce che ne risultò fuori fu così orribile, che la mia risposta fu immediata. Mi alzai silenzioso, lasciando il libro per terra, cercando di non farglielo vedere, facendo attenzione proprio a non fare rumori, nella convinzione che ogni minimo movimento superfluo sarebbe stato decisivo ad alterarle il loro atteggiamento in una sfumatura così dispregiativa che l'aggettivo ripugnante non sarebbe bastato per descriverlo. Spaventa-Buio, mangiando in un sol boccone tutte le ciliegie che aveva in mano, mi tenne il braccio, come per assicurarsi che non scappassi. Jason iniziò a camminare verso la sua casa, e a me toccò seguirli. Entrammo attraversando un portone di legno. All'interno non c'erano altre persone, almeno per quelle poche stanze in cui passammo, e alla fine, giungemmo in una grande camera. Quattro grandi e alte pareti blu scuro circondavano un immenso disordine: giocattoli, vestiti e libri erano gli oggetti che più si trovavano per terra: il disordine dominava la stanza, e questo pensiero mi diede un pò di orgoglio per il fatto che, io, invece, avevo cura delle mie cose. Nella parete a sinistra della porta era situato un letto, con una coperta che sembrava molto soffice e morbida, arancione, che scendeva ai lati assumendo una tonalità sempre più gialla, che si abbinava con il pavimento, di un color marrone chiaro. Sul letto c'erano: un libro di storia tutto stropicciato, un trenino, un fumetto, e un altro libro con la copertina strappata a metà, che non mi diede l'occasione di capire cosa leggesse Jason. Un immenso armadio, rosso, di un intenso color pomodoro, era stato lasciato aperto davanti una sedia vicino alla scrivania, in fondo alla camera, che ospitava un computer, altri libri, una stampante, una lampada, una tastiera, e un mouse per il computer. La parete a destra della porta, invece, era abbellita con diversi poster di cartoni animati molto infantili, almeno per me, poiché non li vedevo da un pezzo. - Puoi sederti sul letto - disse Jason e sorrise: quel sorriso, però, non mi piacque, e gli conferì una grande cattiveria. Mi accostai al letto, e piano piano, mi accomodai. Non so perché ma in quel momento mi sembrò di essere nella scena di un film horror: io avevo paura. Questi film li avevo visti solo in compagnia dei miei genitori, e non mi azzardavo mai a guardarli da solo, perché sapevo che la notte non sarei riuscito a dormire. Con i miei genitori, invece, la paura andava un po' via, probabilmente per il fatto che mi sentivo al sicuro con loro. E purtroppo, in quella circostanza, essi non erano lì, ma lo avrei tanto voluto. Jason diede un'occhiata all'armadio, come se volesse cercare qualcosa, mentre Spaventa-Buio mi chiese se volessi un biscotto, ma io rifiutai. - Cosa volete fare? Perché siete cattivi con me? - domandai, con la speranza di ricevere una risposta che mi avrebbe reso felice, che ribaltasse quello che Jason mi aveva detto precedentemente. Quest'ultimo, però non rispose, e prendendo una scatola di cartone, forata ai quattro lati da diversi buchi, la aprì: il contenuto fu vomitevole: insetti che camminavano, si arrampicavano, ragnatele di ragni di diverse dimensioni, piccole lucertole che fuoriuscivano dalla scatola e un gruppetto di mosche morte in un angolo. In quel momento volli scappare, e mi alzai di scatto dal letto, con le lacrime che ricominciarono a scendere, per la paura di quello che avrebbero fatto. Jason, tuttavia mi spinse sul letto, costringendomi a restare lì. - Chiudete quella scatola! Per favore! - esclamai con pietà: avevo paura. Quelle frasi furono ignorate, e Jason, prendendo un piccolo ragno, me lo depose sulla spalla. Era piccolo, la mia reazione poteva essere esagerata, ma gridai a più non posso; speravo di ritornare a casa. Jason rise: ciò dava la conferma che aveva un cuore di pietra, tuttavia mi fu data un'ulteriore dimostrazione: una lucertola strisciava per terra, Jason la prese con una rapida mossa, e, prendendomi una mano, la posò sul palmo. Lo guardai, con gli occhi lucenti che quasi brillavano, le lacrime che venivano giù, bisognoso di un fazzoletto per il mio naso che colava, ma niente fu sufficiente a eliminare quel sorriso inumano dalla sua faccia. - Basta! Smettila! - gridò Colin disgustato: non voglio più chiamarlo con quello stupido soprannome dopo quelle sue parole, poiché mi scaldarono il cuore, e mi fecero capire che in fondo non era così cattivo. Colin continuò la sua ribellione, e prendendo la scatola, la buttò in faccia a Jason, che iniziò a piangere, e proprio non capisco il perché quest'ultimo mi aveva fatto spaventare con quegli insetti, se anche lui ne aveva paura. - Scappa! Fai presto! - gridò Colin voltandosi verso di me, e io lo ascoltai. Uscii dalla casa, e mi diressi verso l'albero dietro al quale mi ero prima nascosto; volevo riprendere il mio libro. E lo trovai, in mezzo a delle foglioline, con dei fiori che penzolavano sopra le sue pagine. C'era scritto: "Da adesso in poi, puoi contare sul mio aiuto." E io fui felice, dimenticando tutto quello che mi era successo.
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