CAPITOLO 4 (1/2)

Era una grande casa, con un giardino intorno, che annidava un barbecue un po' arrugginito, un'altalena, che qualche volta, spinta dal leggero venticello che passava di tanto in tanto, si muoveva dolcemente, un'amaca penzolante, attaccata a due alberi poco distanti, e una bicicletta, forse di Jason. La casa, da fuori, sembrava abbastanza accogliente e dalle tre finestre che si vedevano sul lato frontale si intravedeva una camera da letto e la cucina; la terza era oscurata dall'interno dalle tende e non permetteva di osservare nulla. Accanto alla casa c'era anche un garage, e probabilmente la famiglia possedeva anche una macchina: insomma, una tipica casa da benestanti. Il mio sguardo curioso, attento ai particolari, si concentrò su due ragazzi, che uscirono dalla porta: Jason era il primo, l'altro Spaventa-Buio. Spaventa-Buio era il soprannome del vicino di casa di Jason, ma anche mio compagno di scuola di nome Colin. Il perché di questo soprannome derivava dal fatto che tutti avevano paura di lui, tranne Jason, poiché loro due erano molto amici, a causa della sua faccia, come dicevano gli altri, "da cattivo", malcurata, con i primi peli della barba, per la sua altezza, ed era molto più alto di me, poiché era stato bocciato due volte, la prima in quarta elementare e la seconda in quinta. E adesso era lì che, dopo aver visto una lucertola nel giardino, iniziò a correrle dietro, per cercare di ucciderla con un bastone di legno trovato per terra. Jason invece restò a osservare quella intrepida missione, ma dopo qualche secondo, rientrò in casa di fretta, come se avesse dimenticato qualcosa, e ritornò prendendo il suo zaino della scuola. Io invece approfittai di quel suo breve rientro per nascondermi dietro un grande albero lì vicino, di fronte alla casa e al giardino, in modo che potessi guardare cosa facessero senza essere visto. Non so perché ero interessato a farlo, forse semplicemente per vedere come giocano due amici, e mi sarebbe piaciuto unirmi a loro, ma sapevo bene che mi avrebbero deriso. E visto che, inoltre, mi ero annoiato a camminare da solo, ma probabilmente era stata quella distrazione a farmi cambiare idea, preferii restare a guardare che continuare la mia passeggiata. - Vieni, ho una cosa da farti vedere - esclamò Jason, chiamando Spaventa-Buio, che si diresse verso di lui, abbastanza curioso, aspettandosi una cosa importante che giustificasse l'interruzione della sua "ricerca della lucertola", che nel frattempo era scappata fuori dal giardino, inoltrandosi verso le case dei vicini, poi in mezzo a dei cespugli: da quel momento in poi non riuscii più a vederla. Jason aprì il suo zaino, e mostrò una marea di merendine, e talmente erano tante che qualcuna sbucò fuori, cadendo a terra. - Queste merendine sono di Ciro: anzi erano, perché adesso sono tutte mie, no? Povero quello scemo. E' anche fifone e asociale: non ha amici a dieci anni: è destinato a restare solo tutta la vita, ma a me non interessa, perché ho le sue merendine ogni giorno - disse Jason, accompagnando le sue parole con una piccola risata, che, rimbombando nel dolce silenzio, mi distrusse. Mi sentii a pezzi, che non riuscii a ricomporre, come un puzzle difficile da risolvere. Caddi a terra, e fu doloroso il suono delle mie ginocchia che si accasciarono al suolo, sparso di piccole pietre, e mi provocarono un ulteriore dolore. Strinsi forte, con quella poca forza che mi era rimasta, l'albero dietro al quale mi nascondevo, come per poter scaricare la tristezza sul suo fusto, che, innocente, ne subiva le conseguenze, ma bisogna considerare che l'albero era grande e imponente, e ci sarebbe voluta una forza enormemente maggiore per abbatterlo. Piansi: le lacrime bagnarono qualche fogliolina per terra, che gioirono per quell'acqua, muovendosi leggermente da un lato all'altro, e poi si fermarono gradualmente. E' difficile descrivere una situazione come questa, e, anche se fosse presentata nei minimi particolari, non si potrebbe mai comprendere quel dolore, il dolore di un bambino a cui viene detto che resterà solo per sempre: la felicità viene negata. Credo che questa sia diritto di ogni bambino che nasce, e la contraddizione è data da coloro che non l'hanno mai avuta, e la condannano agli altri come per vendetta: questo ormai è un dato di fatto, ma è triste.

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