CAPITOLO 10 (4/4)

- Signore, dove vuole che la porti? - disse Andrea al vecchio. - Se non le dispiace, potrebbe arrivare fino a via Roma n.7? Abita mia figlia lì. - rispose, e Andrea annuì. Attraversammo la strada principale, almeno sembrava di esserlo, poiché era più affollata, e da essa partivano altre stradine secondarie. Dopo un po' questa strada finiva nei pressi di una statua circondata da una rotonda, che più o meno vidi in lontananza, e si divideva in tre strade più piccole di cui una di campagna. Le case erano piuttosto semplici e potevano sembrare uguali, divise dal marciapiede, dove vi erano alberi ogni due o tre metri, e dall'asfalto. Quasi tutte avevano anche un balcone. Non vi erano molti bambini, ma neanche adulti: sembrava quasi un paese disabitato, tuttavia passava spesso qualche macchina, altre si trovavano parcheggiate accanto al marciapiede. Brus non riuscii molto ad affascinarmi. Andrea conosceva bene quel posto, infatti non ebbe molti problemi a giungere nella via dettata dal mendicante. Il camper si fermò. Era un condominio a tre piani, a tre passi da una grande Chiesa, in cui si entrava attraverso un portone, in legno massiccio con quadrati simmetrici e in rilievo, abbellito da un arco che lo circondava. Accanto era collocata una cassetta delle lettere fissata al muro, e a un metro circa di distanza, davanti, era sospeso un sacchetto dell'immondizia attaccato a un filo, collegato al secondo piano. Nei pressi di quel condominio c'era anche una panchina di legno impolverata, e un lampione spento. Due ragazzini passarono di lì ma non fecero molto caso a noi. - E' questa. Si, adesso mi ricordo bene: è questa! Grazie di tutto - disse il vecchio alzandosi immediatamente dal piccolo divano, dove stava seduto. Diede una mano ad Andrea, piegando leggermente la testa, in segno di gratitudine (gli scesero anche due lacrime, che cercò di nascondere), poi ci salutò e scese per suonare al campanello del portone. Prima di partire, stemmo a guardare per assicurarci che il vecchio ritornasse a casa. Nessuno rispose. Il mendicante però non si arrese e risuonò: niente da fare, nessuno era in casa. Riprovò un'altra volta, senza risultato. Per la rabbia, premette ripetutamente il campanello, ciò tuttavia non ebbe nessun effetto. Il padre dei ragazzi scese dal camper, e noi continuammo a guadare dai finestrini preoccupati. - E' sicuro di avermi detto l'indirizzo giusto? - domandò Andrea, con la faccia di uno che lo avrebbe aiutato di nuovo volentieri. - Non lo so! Non so niente: so solo che rimasto un povero stupido vecchio senza più una figlia, e senza soldi. - disse, sicuro e depresso. Stremato, in lacrime, con le mani, deboli e magre, sulla faccia, si accasciò sulla panchina vicino al portone, mentre Andrea lo guardò con tenerezza. Passò un minuto circa. Sara fece cenno al marito, assorto in suoi pensieri, cercando un modo per tirar su di morale il mendicante, che si stava facendo tardi. Due donne, improvvisamente, uscirono dalla porta della casa accanto, e sembrò riconoscessero il vecchietto. - Giuliano! Che ci fai qui? Come sei riuscito a venire? - esclamò una donna. - Ma è tuo papà o sbaglio? - continuò rivolgendosi alla sua compagna, che rispose di sì correndo verso quel mendicante. Lo abbracciò con delicatezza, facendo attenzione a quelle braccia delicate, e pianse di gioia. Tre si fermarono a osservare la scena, chiacchierando tra di loro. Altri alzavano lo sguardo dal marciapiede opposto. - Signor Johnson! Da quanto tempo! - disse l'amica della figlia, avvicinandosi. Il vecchio finalmente riuscì a sorridere. Tutti lo andarono a salutare. - Signore, aspetti! Aspetti! - gridò Greta uscendo dal camper, prima che Andrea rientrasse. - Si è dimenticato il suo libro! C'è persino il suo nome: Giuliano! - esclamò, attirando l'attenzione dei vari passanti, che si girarono a guardarla. Il vecchio prese il suo libro, e guardò la bambina, con un'espressione timida e felice, come per dire "grazie". - Piccola bambina, io ti ringrazio! Comunque il mio nome è presente perché sono stato io a scriverlo. Perdonami se non mi sono presentato fin dall'inizio. Mi chiamo Giuliano Johnson. - disse, e tese una mano, che Greta strinse dolcemente. Si formò immediatamente un gruppetto di persone, tutte sorprese, che lo riempirono di domande. Io pensai sbalordito che era stato lui lo scrittore del libro che mi aveva consigliato mia mamma, tuttavia non compresi come uno così famoso era diventato un mendicante. Fu Greta a chiederlo al mio posto, quasi incredula delle parole del vecchio. - Semplicemente non guadagnavo abbastanza per vivere. Avevo scritto tre libri, a venticinque anni circa, diventati piuttosto popolari, soprattutto in paese, ma pochi li compravano e non riuscivo a permettermi di vivere una vita modesta. - disse, e alzò gli occhi al cielo - Il mio errore fu quello di trasferirmi in una città, per cercare di vendere di più: a quel tempo ci andai in treno. Nessuno comprò i miei libri. Provai anche a farmi un orto, ma ormai ero solo, povero e senza nessuno: senza più voglia di vivere. - continuò. - E poi? Alla fine cosa hai fatto? - domandò uno incuriosito che si era fermato lì ad osservare. - Ho continuato a scrivere. - rispose Johnson. - Ho continuato ciò che mi piaceva fare. Poi ho perso pure la mia casa in città, e desideroso di ritornare qui, mi feci prestare qualche soldo da alcuni miei amici, e pagai un taxi. Non mi portò mai a Brus. Brutto maledetto! Mi lasciò in strada, dicendo che aveva altro da fare, nonostante lo avevo pagato prima, e non ritornò più. - concluse, guardò avanti, chinò gli occhi, e trattenne le lacrime. Sara sembrò emozionarsi, e prese un fazzoletto dalla sua borsa, per asciugarsi gli occhi. Il gruppo formatosi attirò l'attenzione di altre persone, diventando sempre più grande, tra i "wow" e i "che triste storia". Dopo un po' Andrea e Greta lo salutarono, felici di averlo conosciuto, e risalirono nel camper. Subito agitammo le mani per salutarlo dai finestrini, e subito dopo partimmo. Fu lui il tema dei successivi discorsi durante il breve viaggio. Dico breve perché durò due minuti al massimo e poi ci fermammo davanti un cancello, dietro il quale si vedeva una bella casa dal tetto a spiovente.

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