7.2
I neoteroi arrivarono sulla piattaforma esausti, dopo la lunga giornata trascorsa sulle liane a seguire dovunque i figli di Genew. Dopo il breve pranzo di mezzogiorno, sùbito si erano rimessi in moto e non si erano riposati un attimo solo - complice l'entusiasmo dei ragazzi provocato dalla presenza dei nuovi arrivati.
Anche questi ultimi sembravano essersi stancati abbastanza: quando il sole aveva iniziato a calare, la loro energia aveva preso a seguire il moto dell'astro e alla fine avevano convenuto che fosse meglio tornare all'oikarion, dove Anita doveva essere in procinto di preparare la cena.
«Fame! Fame! Fame!» Hermit, Sofia e Spiro approdarono sulla piattaforma con un rumoroso coro e si sedettero sul legno della piattaforma, iniziando a sbattere le mani e i piedi contro di esso, mentre gli altri neoteroi guardavano la scarsa maturità dell'uomo, che non avrebbe mai smesso di stupirli.
«Effettivamente ho un certo languorino anche io» disse Em, scendendo precariamente dalla sua liana e andando a prendere posto tra Germanico e Rose.
«Cosa mangiamo di buono?» si aggiunse Bellatrix, che tra i neoteroi era certamente quella che poneva più domande ai ragazzi, controbilanciando la sete di sapere in merito all'Exo degli altri quattro.
«Stasera carne!» esultò Rose. «Per fortuna...» aggiunse, storcendo il naso al ricordo del pranzo.
«Cosa dici?!» ribatté Hermit. «Molto meglio il pesce!»
«No, è pieno di lische e ogni volta rischio di strozzarmi».
«Ma perché tu sei poco furba...»
«Cosa hai detto?!» scattò la più grande, cercando di assumere un'aria spaventosa, senza grandi risultati. «Ti ricordo che qui in mezzo sono la maggiore!»
«A proposito, Kairos dov'è?» chiese poi Morag, considerando che dopo il pranzo non avevano più rivisto il giovane.
«Eheh... Kairos dov'è?» ripeté Hermit, con un sorrisetto insinuante. «Glielo vuoi dire tu, Rose?»
Un'espressione quasi di terrore si appropriò del volto della sorella, che quasi gridò: «No, è una cosa che mi fa schifo! E lo sai!»
Iulius, con la sua solita pacatezza, chiarì la questione ai neoteroi, che ancora sapevano solo le informazioni essenziali in merito al clan: «Vedete, Kairos è da più di una luna che non vive più con noi, ma in un oikarion da solo con sua moglie, Raya».
Bellatrix sgranò gli occhi, già pronta a dire qualcosa, ma Germanico la precedette, quasi sputando l'acqua che stava bevendo: «Moglie?! La ragazzina che abbiamo incrociato all'Oikìa è... sua moglie?!»
«Lo so...» scosse la testa Rose, fingendo di piangere. «Lo dico anche io che è una cosa orribile. Cosa fanno in quell'oikarion lo sanno solo loro. Bleah! Che schifo che schifo che schifo!»
«Alla sorellona fa schifo come si fanno i bambini» chiarì Sofia, subito trapassata da un'occhiata di Rose.
«Non è che a me faccia schifo: fa schifo a prescindere! E tu non dovresti nemmeno saperlo, tu che sei ancora piccola, carina e...» Hermit si insinuò cauto dietro di lei e, con una mossa scattante, mise le mani sulla bocca della sorella.
Rose, mugugnando, provò a toglierselo di dosso ma la piccola peste non si sarebbe staccata tanto facilmente. Fu Iulius a intervenire: emesso un sonoro sospiro sconfortato, prese Hermit in braccio e lo riposizionò al suo posto.
La questione di Kairos però non era terminata: «Ma, insomma, come è successo?» chiese Bellatrix, incuriosita ma anche stranita da quell'insolita situazione: Kairos era solo un ragazzo, possibile che fosse già pronto per avere una famiglia?
«Non ditemi che non sapete come si fanno i bambini...» Hermit alzò un sopracciglio.
«No, non è questo» si affrettò a dire la giovane, improvvisamente rossa, mentre di fianco a lei avevano iniziato a ridacchiare. «Lo so e lo sappiamo tutti. Spiro, non commentare» lo apostrofò, prima che potesse intervenire anche lui. «Quello che mi chiedo è piuttosto questo: si sono sposati perché lo volevano o perché sono stati, come dire, costretti?» riprovò, cercando di essere il più delicata possibile.
«Sposati?»
«Facciamo prima: come funziona qui per queste cose?» chiese alla fine: solo durante quel giorno aveva appurato come molti concetti elementari nell'Exo fossero totalmente sconosciuti a Tou Gheneiou, dai soldi, alla scuola, alla lettura... Erano ancora una civiltà piuttosto primitiva e per questo forse presentavano una così gradevole spontaneità: non avevano avuto il tempo di essere corrotti dalla fama, dal denaro, da tanti elementi che Bellatrix sapeva portavano alla dissolutezza.
«È semplice» disse Iulius. «Se una donna rimane incinta dice chi è il padre del bambino e i due diventano marito e moglie e stanno insieme per tutta la vita o, se proprio non si trovano bene, finché i figli non hanno compiuto sedici anni, diventando adulti».
«Quindi Kairos, oltretutto, sta per diventare padre?!» I neoteroi iniziarono a tempestare di domande i poveri ragazzini.
«Ci vogliono ancora otto lune, almeno».
«Ma... ma... quanti anni ha?»
«Ne ha compiuti da poco diciassette».
«Così giovane?»
«Be', è adulto».
«E i vostri come l'hanno presa?»
«Bene! Raya è una giovane carinissima!»
«Su questo sono d'accordo» asserì Rose, uscendo dal silenzio in cui era rimasta già per troppo tempo per la normalità. «E proprio per questo da lei non me l'aspettavo! Raya, amica mia, perché?» riprese in fretta il suo finto dramma, strappando qualche risata ai neoteroi.
Iulius tornò a spiegare, per mettere al corrente i giovani anche su questa ragazza: «È l'ultima figlia di una famiglia di combattenti - i suoi genitori sono Sentinelle e uno dei suoi fratelli è addirittura diventato Guerriero - ma, siccome lei a sedici anni ha scelto di fare la vasaia, deviando dal percorso degli altri familiari, quelli l'hanno allontanata».
I neoteroi lo guardarono sorpresi a sentire quella pratica, che aveva adombrato la serenità di quel frivolo discorso: Bellatrix aveva appena considerato che i Gheneiou fossero governati da un'ingenuità priva di malizia.
Iulius si strinse nelle spalle: «È un po' triste ma a volte succede: non tutti sono come il papà, che pensa che ogni lavoro abbia la propria dignità, come in effetti è. Ma come al solito non poteva farci niente: decide all'interno del clan, ma non dei nuclei familiari. Quindi è venuta a vivere da noi - si sapeva che tra lei e Kairos c'era già qualcosa - e dopo un po' di tempo ci hanno dato la grande notizia! Eravamo tutti molto contenti...» sorrise raggiante, per poi aggiungere, con una nota più amara: «Tranne Genew».
«Non hai appena detto che tuo padre l'aveva presa bene?» domandò Em.
«Oh, Genew non è il papà. Cioè, anche, ma io mi riferivo a nostra sorella».
Sul volto di Germanico passò immediatamente un'ombra spaventata, mentre Em e Morag continuavano a interrogare il ragazzino.
«E perché non le andava bene?» continuò Bellatrix, incuriosita e un po' sospettosa di questa nuova figura che era stata nominata.
«Non mi sorprenderò se i figli di quell'oziosa saranno storpi o idioti! Come sempre, moderatissima...» Rose si era fatta improvvisamente seria e aveva smesso di scherzare. «L'unico con cui si comporta con un'occhio di riguardo è nostro padre. Con gli altri è una vera mer-».
«Rose!» la rimproverò Iulius. «Anche se Genew ha un carattere... difficile, devi lo stesso portarle rispetto: un giorno sarà lei il tuo capo».
«Spero che quel giorno non arrivi mai» sentenziò acida l'altra.
«Finiscila; e parla più piano». Il ragazzino abbassò la voce, preoccupato che potesse essere sentito da qualcuno.
«Iulius, sei d'accordo con me che non dovrebbe permettersi di parlare in certi modi con chi non inizia il Percorso dell'Onore e con la mamma. Soprattutto con la mamma».
Tutti guardavano senza fiatare i due fratelli che discutevano: quelli non parlavano più, continuando solo a fissarsi in un clima divenuto troppo teso.
«Io c'avrei fame!» gridò infine Spiro, rompendo involontariamente il muro di silenzio che si era creato; dall'oikarion giunse subito la risposta di Anita, che non poteva non aver sentito l'urlo affamato del bamboccione: «Sì, eccomi, arrivo».
In un attimo sbucò dalla botola con un grande vassoio di legno su cui erano posizionati diversi spiedini con abbondanti pezzi di carne infilati, da cui proveniva un invitante profumo.
«Oh, finalmente» fece Spiro, che già si sfregava le mani mentre la donna appoggiava la tavola al centro del cerchio in cui si erano seduti i giovani. Senza fare molti complimenti, i figli si avventarono sul cibo e i neoteroi non poterono che fare altrettanto, se non volevano vedere tutta la loro cena spazzolata via in pochi istanti.
«Ne avete due a testa» ricordò Anita, prendendo a sua volta la sua porzione. Non aveva idea che avrebbe fatto sorgere un problema di enorme portata.
Spiro, alle parole della donna, tornò all'attacco per accaparrarsi l'altro spiedino che gli toccava, ma trovando il vassoio ormai vuoto.
«Ehi! Ma così io ne ho uno solo!»
«Spiro,» richiamò la sua attenzione Rose, il volto segnato da un sorrisetto maligno, «dovresti essere più veloce». E così dicendo fece ricomparire il bastoncino scomparso, che aveva accuratamente nascosto dietro la schiena.
«Ridammelo, se non vuoi che utilizzi i miei poteri» la minacciò l'uomo, assumendo il tono dei supereroi che vedeva in televisione quando si rivolgono al loro acerrimo nemico.
«È proprio per questo che te l'ho rubato».
«L'hai voluto tu, ragazzina». Spiro con una rapida mossa si alzò in piedi, in una posizione appena piegata in avanti e con le gambe divaricate. Dalla sua bocca iniziò a uscire un rantolo che aumentava di intensità man mano: «Super...» fino a divenire un vero boato! «Saiyan!»
Sembrava dovesse accadere qualcosa di epico, leggendario, ma l'uomo non faceva altro che prolungare all'infinito l'ultima A, senza che succedesse nulla. Bellatrix continuava a guardarlo, basita, vedendo talvolta i suoi compagni che si coprivano gli occhi, Hermit, Sofia e Iulius che ridacchiavano e Anita che osservava anche lei la scena, piuttosto incredula. Ma non ci potevano fare niente, Spiro era così: così imbecille, avrebbero detto in molti.
A un tratto l'uomo smise di urlare e intorno a lui calò il silenzio.
«Sto aspettando...» disse Rose, l'unica che era riuscita a rimanere seria per tutto il tempo.
«Di solito... di solito funziona!» provò a giustificarsi Spiro.
Rose alla fine sorrise, quasi provando compassione, e gli porse lo spiedino: «Su, tieni. Per l'impegno».
Iniziarono finalmente a mangiare, e Morag prese a far considerazioni sul cibo, mentre lo assaporava: «Comunque penso di non aver mai sentito una carne simile. Sembra pecora, ma ha alcune note un po' più dolci».
«Pecora? E cos'è?»
«È un animale dell'Exo, e penso esista anche in altre zone dell'isola» spiegò Anita ai figli, che avevano strabuzzato gli occhi a quella nuova parola, per poi fornire un chiarimento anche ai neoteroi: «Questa invece è la carne di uno dei due animali tipici...»
«Uh!» esclamò subito Sofia, coprendo la voce della madre. «Lo spiego io, visto che da grande sarò una Cacciatora!»
«Una Cacciatrice» la corresse pazientemente Iulius.
«È la stessa cosa» borbottò la piccola, incrociando le braccia offesa, ma riprendendo subito il suo discorso: «Mi sono fatta spiegare tutto tutto da Kairos: allora, ci sono i meranghi e gli apirei. Quelli che stiamo mangiando adesso sono i primi, che sono degli animali grossi tipo così», e allargando le braccia indicò su per giù le dimensioni di un suino adulto, «e hanno il pelo lunghissimo e morbido: un merango adulto dà abbastanza cibo per venti pasti e il suo pelo, dopo essere stato filato e tessuto, forma le nostre tuniche. La parte bassa della foresta è piena di queste bestie ed è molto facile catturarle: sono lente e non molto intelligenti. Il rischio più grande è essere assalito da un predatore mentre si porta il merango al villaggio. Poi, gli apirei sono molto più difficili da catturare ed è tanto se ne prendiamo quattro o cinque all'anno: servono almeno cinque Cacciatori per prenderne uno, sono grandissimi, come tre esseri umani, e saltano da un tronco all'altro come delle rane. Infatti non hanno predatori, perché sia i giaguari che le tigri con le loro sole forze non riuscirebbero ad ammazzarli. La sua carne è più buona di quella del merango, ma quello che conta di più è la sua pelle: non fa passare né l'acqua né il fuoco. Con questa i fabbricanti creano delle sacche che servono per cucinare, delle lanterne rivestite da questo materiale, dei copertoni che coprono gli oikaria quando piove e tante altre cose utili».
Fece appena in tempo a finire il discorso che subito in un sussurro si sentì il commento beffardo di Rose: «Potrei dire che non hai detto nulla che non sapessi anche io, anche se ti sei fatta spiegare tutto tutto da Kairos». Sofia non sembrava essersene accorta, ma Anita aveva già iniziato a voltarsi verso la figlia maggiore, che subito aggiunse, in tutta fretta, per evitare il rimprovero: «Però sono una persona simpatica e ti dico che sei stata davvero formidabile, sorellina».
Sofia sorrise soddisfatta, prendendosi il suo piccolo momento di gloria, ma presto la sua espressione mutò: iniziò a scrutare nel buio oltre la ristretta zona illuminata dalla lanterna sopra le loro teste e si alzò in piedi in un attimo per correre in quella direzione insieme agli altri fratelli, anche loro attratti dall'elemento avvistato dalla piccola.
«Papà!» gridarono in coro, abbracciandosi all'uomo che aveva sì e no appoggiato un piede sulla piattaforma.
Sorpreso dall'improvviso assalto dei ragazzi, Genew esternò una calda risata, mentre cercava di raggiungere una posizione meno in sporgenza sulle travi di legno. «Ciao, ragazzi» li salutò infine, stringendoli tutti a sua volta.
Bellatrix si sorprese a guardare quella tenera scena familare, così lontana da lei ma che riuscì a commuoverla ugualmente per la dolcezza che trasmetteva. Un effetto analogo in realtà si manifestava in lei ogni volta che stava a contatto con loro, facendole rimpiangere quel tepore accogliente e genuino che era rimasto oscurato in un angolo per tanto tempo...
Morag fece per alzarsi e andare a salutare a sua volta e Bellatrix tornò in un attimo alla realtà: perdersi nei ricordi, ma cosa le saltava in mente? Con un cenno fermò il compagno di clan: sarebbe stato un peccato interrompere quel breve momento tra il padre e i figli.
«Non sapevamo saresti arrivato» disse Sofia, abbassando gli occhi.
«Ti avremmo lasciato qualcosa...» mormorò Hermit, dispiaciuto che non fosse rimasto nulla da mangiare per il papà.
«Tranquilli» sorrise Genew, passando una mano tra i capelli dei più piccoli e limitandosi a scambiare uno sguardo di intesa con quelli più grandi, che sapeva avrebbero gradito meno tutte quelle attenzioni affettuose. «Sono solo venuto a salutarvi: devo partire per un po'».
«Partire?» ripeté Hermit, con gli occhi sbarrati.
«Ma se te ne eri già andato a prendere i neoteroi due giorni fa e sei stato via per un giorno e mezzo, e prima ancora sei andato dalle maghe...» elencò Sofia, appena imbronciata.
«Lo so, lo so. Però devo sistemare una faccenda con Ton Korakõn».
«Oh...»
«Dai, tornerò prima del Giorno di Zarkros».
«È tra quasi una luna!»
«Il tempo passerà in fretta: intanto dovete fare compagnia ai neoteroi e questo vi terrà occupati...»
«Però poi, quando torni, io, te e Sofia faremo una gita di un giorno intero alle fonti» disse alla fine Hermit, fissando tutto serio il padre.
«Va bene, troverò il tempo» annuì infine Genew e aggiunse subito: «Promesso».
I due bambini fecero un grande sorriso, mentre i più grandi ridacchiavano senza farsi scoprire dai piccoletti insieme al padre, che finalmente fu libero di accostarsi agli altri sulla piattaforma.
«Buonasera, neoteroi» li salutò, con la sua solita gentilezza. «È solo da ieri che non ci vediamo ma vi trovo molto meglio».
«Infatti è proprio così ed è solo merito vostro» sorrise Bellatrix, sapendo di parlare anche a nome dei suoi compagni, che annuirono o aggiunsero qualche parola alla sua frase. Genew aveva infatti detto la verità: in un solo giorno i neoteroi erano già stati influenzati da quel clima gioioso che respiravano tra le mangrovie e il tesoro, Mortino e ogni altro pensiero erano ormai lontani. Talvolta dai racconti dei giovani della famiglia sfuggiva un particolare compromettente, ma erano consapevoli che non tutto era perfetto.
Soltanto Mijime pareva turbato, rinchiuso in un continuo rimuginare tra sé. Bellatrix non l'aveva mai visto così pensieroso, tanto che non reagiva quasi a nulla: in tutte le conversazioni da dopo pranzo fino ad allora aveva parlato pochissimo, quando invece era solito a infastidirli perennemente con le sue battute. Non che la cosa le dispiacesse - anzi, meno quello parlava meglio era - ma non era una situazione normale: doveva esserci sotto qualcosa. Per quanto lo detestasse, quella sera, quando si fossero trovati soli, gli avrebbe chiesto spiegazioni.
«Figuratevi. Loro si comportano bene?» chiese poi, in merito ai figli.
«Certo, siamo bravissimi!» esclamò subito la minore.
«Sofia, l'ho chiesto a loro. Non so se la vostra parola sia molto affidabile» scherzò poi, osservando la piccola con un finto sguardo di rimprovero.
«Puoi ascoltarli, dicono la verità» affermò Morag.
«Mi fa piacere. Allora vi saluto tutti quanti. Ci rivediamo tra un po'. Anita, potresti...» chiamò la moglie, facendole intendere che dovevano parlare, da soli.
«Sì, certo».
«Non si ferma nemmeno a mangiare qualcosa?» chiese Em, una volta che i due furono entrati nell'oikarion.
«Penso vada a riposare per qualche ora, prima della partenza» spiegò Iulius. «Adesso dirà alla mamma cosa dovremo fare finché non sarà tornato, poi si metterà subito a dormire».
«In generale non sta molto tempo con noi...» disse Hermit, con un sospiro un po' avvilito. «È tanto impegnato e ha tanti doveri».
«Tipo?» lo esortò a proseguire Bellatrix.
«Non sarà breve...» sospirò Rose, prendendo teatralmente fiato per prepararsi a un lungo discorso. «Intanto tutto quello che bisogna decidere all'interno del clan lo decide lui: determinare se una cosa sia giusta o sbagliata, se debbano essere cambiate alcune abitudini imposte dai suoi predecessori, se sia necessario muovere guerra contro altri clan, se coloro che hanno disobbedito alle sue disposizioni debbano essere puniti e come... All'Oikìa discute di questo e molte altre faccende, insieme a Genew, sua figlia, e gli Anziani, che sono per lo più un organo di consiglio formato dai più vecchi del clan e le loro proposte possono essere seguite o meno dal papà. Altri suoi compiti sono nominare le varie categorie del Percorso, eseguire i riti durante le cerimonie dei daimona e andare ad apprendere le profezie delle maghe una volta ogni due cicli lunari. Quando ha tempo lavora aiutando gli altri del clan in qualsiasi mansione, tanto sa fare tutto. A volte accompagna la Squadra di Ricerca nelle sue missioni, anche se da quando Genew è diventata adulta ci va molto meno, e nel caso di battaglia deve combattere insieme ai Guerrieri. Questo però non succede più da diciassette anni, dall'ultima battaglia avvenuta: lui non vede alcun senso nella guerra e ha stipulato degli accordi di pace duraturi e stabili con tutti i clan confinanti, a parte Tou Mortinou, che però finché rimane al nord non ci dà fastidio, visto che non è capace di attaccarci. Adesso, per esempio, deve partire per confermare il patto di non belligeranza con Ton Korakõn».
«Caspita!» esclamò Bellatrix, elencando mentalmente tutti i compiti di cui Rose aveva parlato. «Ha sì e no il tempo per respirare».
«Purtroppo è vero, però è questa la vita del capo e da quando è nato ha sempre avuto, come ogni altro Genew, la consapevolezza che avrebbe dovuto dedicare tutto se stesso al clan, trascorrendo un'esistenza certamente più faticosa di chiunque altro» disse Iulius, con una smorfia di rassegnazione. «Già alla nascita, il futuro Genew viene allevato dal capo in carica e dagli Anziani, e non appena impara a camminare e ad andare sulle liane deve sempre assistere alle riunioni per capire le dinamiche del clan e lavorare il doppio o il triplo degli altri bambini: il capo deve essere un esempio per tutti e per questo deve lavorare di più. Nessun altro oltre a Genew e gli Anziani deve interferire nella sua educazione e anche dopo non starà mai tanto a contatto con la sua famiglia: la sua famiglia è il clan e dovrebbe trattare tutti allo stesso modo. Di solito il capo non ce l'ha nemmeno e prende un compagno o una compagna solo per generare un erede».
«È abbastanza triste. Per lui, ma anche per voi» mormorò Germanico.
«Alla fine per noi neanche tanto:» fece spallucce Sofia, «tutto il tempo che trova lo dedica a noi, anche se è stanchissimo. Però non parliamo di tutto questo quando scende di nuovo la mamma». La piccola mutò improvvisamente espressione e abbassò la voce: «Ha sofferto molto quando è stata costretta a rinunciare alla sua prima figlia per le tradizioni del clan. Dicono che la nonna gliel'abbia sottratta subito dopo il parto».
I neoteroi sbarrarono gli occhi straniti e persino Mijime alzò la testa, come se quel discorso, riguardante in parte la giovane Genew, lo avesse improvvisamente interessato.
«Vostro padre...» provò a iniziare Bellatrix, pur mancandole ancora le parole per il colpo preso da quell'informazione: strappare la figlia a una donna subito dopo il parto era una crudeltà inaudita e non riusciva a figurarsi Genew che restava anche solo a guardare in silenzio un simile scempio.
«Non può» continuò Rose, cupa. «Queste tradizioni sono consolidate all'interno del clan e non possono essere cambiate. O meglio, il papà potrebbe farlo, ma creerebbe soltanto odio inutile all'interno del clan, mentre è importante che ci sia sempre una sostanziale benevolenza tra noi compagni: non possiamo odiarci, altrimenti il clan si autodistruggerebbe. Il compito di mantenerla è a dir poco difficile».
«Però il papà è bravissimo» intervenne Hermit, riportando la conversazione in un'atmosfera amena. «A sentire quello che hanno fatto i capi precedenti, lui è nettamente il migliore e il più saggio, perché sa fare una cosa per niente scontata: risolvere le questioni con il dialogo e con la sua saggezza, senza arrabbiarsi! La mamma lo dice sempre».
«E la cosa più incredibile è che nemmeno si rende conto di quanto sia eccezionale tutto ciò che fa!» continuò a tessere lodi Sofia, attaccandosi al fratello, sotto i volti sorridenti dei maggiori: il discorso precedente sembrava non essere mai avvenuto. «Lui fa tantissimo per tutti, lavora finché non è stanco morto, e pensa comunque di non meritare nulla. Di solito al capo si riserva un reverenziale rispetto, chiamandolo con la formula di rispetto anax o anaxa e applicando un particolare cerimoniale, ma lui non vuole riceverlo: lo accetta solo durante le feste importanti, sempre per le tradizioni che dicevamo...»
«Vostro padre sembra davvero un'ottima persona» mormorò Bellatrix, considerando tutto ciò che avevano detto i ragazzi: già dalla prima impressione gli era sembrato un uomo non comune, ma adesso che sapeva molto di più sul suo conto non sarebbe riuscita a guardarlo ancora con gli stessi occhi.
«Oh, lo è. È il migliore che esista!» esclamò Sofia, tutta fiera di avere come padre un uomo simile.
«Che sonno!» sbadigliò a un tratto Spiro, allungando le braccia dietro la schiena: possibile che fosse sempre in grado di intervenire in modo inopportuno?!
«Effettivamente abbiamo parlato tanto» ridacchiò Iulius. «Se volete andate pure».
«Ma no, non abbiamo nemmeno salutato e ringraziato Anita...» disse Bellatrix, sebbene lei stessa avesse iniziato a sentire, accumulata sul suo capo, una certa stanchezza.
«Iulius, sono tanto stanca anche io» mormorò poi Sofia, avvicinandosi al fratello più grande che la prese in braccio; non dovevano avere più di cinque anni di differenza, ma il ragazzino era già molto responsabile e maturo e si comportava sempre in modo materno e comprensivo.
«Come vedete non siete gli unici provati» sorrise, mentre sorreggeva la testa della bambina che pian piano iniziava a piegarsi in avanti. «Saluteremo noi la mamma da parte vostra. Buonanotte».
~
Non appena i giovani arrivarono all'interno della capanna, si sdraiarono sui propri giacigli, con la pancia piena e i cuori leggeri: non erano certo state le poche interferenze di Genew figlia nei racconti a mutare completamente la serenità di quella splendida giornata.
«Ora che siamo soli è meglio parlare» disse a un tratto Mijime, precedendo le intenzioni di Bellatrix, che subito aggiunse: «Volevo giusto chiedertelo: perché sei così silenzioso?»
Sentì un profondo sbuffo uscire dalle narici del giovane e un brutto presentimento l'avvolse.
«Stamattina ho discusso con Anita, che è una neotera come noi. Non se la passa bene, da quanto ho capito. Solo la sua famiglia le vuole bene, molti nel clan la odiano addirittura. Non mi ha voluto dire cosa le succede».
Nessuno ebbe il coraggio di ribattere sul momento, ma capirono il turbamento che aveva assorbito il loro compagno tutto il giorno.
«Non è un bel segnale...» rifletté Bellatrix, mentre dal profondo sentiva sprigionarsi una voce che la rimproverava: chi le aveva insegnato a comportarsi così da sprovveduta, a fare totale affidamento sugli altri? Se adesso fosse successo loro qualcosa sarebbe stata anche colpa sua, perché non aveva organizzato, preparato o anche solo immaginato un piano di riserva, come invece sapeva che doveva sempre fare. E per l'ennesima volta l'isola le faceva perdere dei colpi, venir meno tutta l'abilità che aveva iniziato ad acquisire da quando era solo una ragazzina. Ma cosa le stava succedendo? Se lo continuava a chiedere spesso, ma non trovava mai una risposta.
«Magari... hai capito male?» azzardò Em.
«No, ho capito benissimo: se non sei un Gheneiou qui non ti vogliono» riassunse Mijime, con lo stesso tono arcigno.
«Ma Genew ci ha accolti...» obiettò Morag: ognuno ormai cercava di convincersi che la prospettiva esposta dal giovane, per quanto molto più realistica rispetto a quella di un'accoglienza incondizionata, fosse soltanto un'idea astrusa, che si scontrava contro ciò che avevano visto. In parte era così, ma non potevano pensare che più di seicento persone avessero la stessa bontà e saggezza di Genew e della sua famiglia.
«Mijime però ha ragione» dovette convenire Germanico, una nota di angoscia nella voce. «Prima che Kairos mi portasse nella foresta vera e propria, ho incontrato anche altri del clan: quelli che mi notavano non mi guardavano tanto bene...»
E questa non era che una prima conferma che non erano bene accetti. Ma allora cosa potevano fare?
«Non ditemi che dobbiamo andarcene di nuovo» si lamentò Em. «Alla fine qua si sta bene: dobbiamo fare da baby sitter ai bambinetti ma non è granché... Posso anche accettare di lavorare così».
«Tu accetteresti qualsiasi lavoro, te lo dico io» la fulminò Mijime e subito quella tacque: qualsiasi cosa gli avessero chiesto di eseguire, loro l'avrebbero fatta senza fiatare. Se fosse bastato solo questo per poter rimanere lì... «E comunque no, non ce ne andremo, finché non ce lo diranno apertamente e potremmo rischiare la vita. Dobbiamo solo diventare Gheneiou a nostra volta. Da quello che ho capito da Anita, non è difficile, basta che le maghe ci concedano il permesso, e la maggior parte delle volte viene dato».
«Anita però non deve averlo ottenuto» considerò Bellatrix: non doveva essere così semplice come diceva Mijime.
«Infatti».
E se lei non c'era riuscita, perché loro avrebbero dovuto farcela? Il fatto che non ci fosse una garanzia conferiva sempre meno sicurezza nei neoteroi.
«Vabbè, proviamo lo stesso a fare questo passaggio» disse infine Em, tutto d'un fiato: si vedeva che era inquieta.
«Già, ma Genew se n'è andato e chissà quando tornerà» osservò Germanico.
«In ogni caso avremmo dovuto aspettare del tempo prima di poterci recare dalle maghe. Forse fino ad allora anche i Gheneiou rimarranno quieti» disse Mijime. Nel buio si sentì che si era sdraiato, quasi avesse decretato chiusa quella conversazione. Anche gli altri seguirono il suo esempio, tenendo i pensieri che non avevano esternato per sé.
«E se...» Nell'oscurità rimbombò ancora la voce di Em, che però non riuscì a terminare la frase. «E se...» riprovò, ma con lo stesso risultato: era la domanda che si stavano ponendo tutti, ma come gli altri non aveva il coraggio di ammettere quella possibilità.
Mijime non rispondeva più, quindi fu Bellatrix a improvvisare qualcosa: «Se non funzionerà, intanto dobbiamo vedere se ci manderanno via e non è detto. Poi dovremo vedere se la nostra situazione sarà davvero così critica. Se potremo sopportarla rimarremo qui. In caso contrario...» si fermò. Nella sua mente rovistava, rovistava a fondo cercando una delle sue idee spettacolari, che li avrebbe salvati e che sarebbe stata una certezza. Ma non trovava nulla. «In caso contrario ce ne andremo e cercheremo di sopravvivere come potremo».
Non era abbastanza, se ne rendeva conto, ma era tutto quello che la sua testa era in grado di formulare in quel momento: possibile che lei, proprio lei, avesse perso quella sua capacità di ragionamento freddo e analitico?
«Ma il tesoro?» continuò Em, la voce sempre più alterata.
Bellatrix non fece in tempo a rispondere che dalla parte in cui era sdraiato Mijime giunse una risata; cavernosa, simile al boato di un tuono, che accompagna il fulmine che d'un tratto rischiara il buio della notte; folle, perché quella dannata isola conduceva solo verso quella strada: «Il tesoro! Il tesoro!» E continuava a ridere.
~
Spazio autrici.
Giuriamo solennemente che questo è il penultimo capitolo poco dinamico, anche se mettendolo dal POV di Bellatrix abbiamo fatto scaturire qualche suo pensiero in più (fateci attenzione, tra le 4700 parole ci sono indizi importanti su di lei 🤫). Continuano invece le spiegazioni dell'isola e conosciamo sempre meglio i cari figli di Genew; questa parte nella versione originale era molto più corta, ma in questa stesura abbiamo voluto prendercela con calma, per venire meglio a contatto con la realtà di Tou Gheneiou e approfondire alcuni personaggi che possono sembrare solo apparentemente marginali. E continuano a scoprirsi particolari oscuri (?) o comunque non graditi ai neoteroi... E adesso non ci resta che scoprire quale sarà la loro sorte. Ci vediamo al prossimo capitolo, belli!
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