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Un vento lieve soffiava su una fitta foresta, ingiallita dalla corsa dell'estate che andava mutandosi sempre più in autunno. Con il suo dolce respiro staccava una foglia dall'albero che le aveva dato vita, e le lasciava compiere il suo ultimo viaggio prima della finale caduta sul suolo. E la foglia iniziò a danzare, insieme ad altre sue sorelle, cercando di rimanere il più possibile tra le rassicuranti braccia dell'aria, quasi non accettasse la sua prossima scomparsa.
Vagava, cullata dal Maestrale ancora leggero, che di lì a poco avrebbe scatenato le rigide tempeste, annuncio del trionfante arrivo dell'inverno. Vagava, osservando le compagne già cadute, che tappezzavano il morbido terreno con lo sfolgorante tripudio del rosso e del giallo, non ancora deturpato dalle piogge violente d'Ottobre, e quelle che ancora agghindavano gli alberi genitori, a cui si ancoravano, strenue e tenaci, illudendosi di poter scappare a quel destino ineluttabile. Vagava, evitando il tappeto caldo della terra, e si posava infine sulla testa ricciuta di una figura che, come lei, andava vagando per la foresta.
Bellatrix afferrò il delicato elemento che aveva sentito cadere leggermente sulla sua testa, prendendolo dal picciolo e portandolo davanti ai suoi occhi per ammirarlo. Quella semplice foglia racchiudeva l'essenza della stagione in corso, un declino che era solo la fase precedente alla rinascita: da sempre era così e sempre lo sarebbe stato. Ma quella foglia non era morta: pur essendosi staccata dalla pianta madre, in sé aveva ancora un importante segno di vita.
La giovane continuava a osservarla, emozionandosi a ogni sfumatura che le passasse sotto gli occhi, a ogni nervatura irregolare e mai simmetrica alla sua gemella dall'altro lato della lamina, ma soffermandosi soprattutto sulla forza che sprigionava. Una foglia normale, dopo la sua caduta, avrebbe fornito il nutrimento necessario al sottobosco, affinché si rinvigorisse e potesse tornare a splendere alla seguente primavera, nel ciclico susseguirsi della natura. Ma quell'angolo di foresta non prevedeva un solo, immutabile destino per gli elementi che la componevano.
Ogni cosa al suo interno e nei suoi dintorni era intrisa di una naturale magia, grazie a cui avrebbe avuto nuova vita e non si sarebbe limitata a compiere il ciclo della terra. Ma questo solo tramite l'intervento e la volontà di qualcuno che fosse capace di cogliere quell'aspetto occulto ai più; e quel qualcuno era Bellatrix.
Nella foglia che ora teneva in mano sentiva che la natura aveva deciso di immettere più magia della solita quantità distribuita quasi equamente al resto della flora, della fauna e dei minerali. Cosa mai sarebbe nato da quel piccolo bagliore che ora vedeva soltanto in nuce? In che modo si sarebbe trasformata, da semplice foglia che era? La giovane sorrise pensando alla miriade di possibilità che avrebbero potuto esserci e che presto avrebbe scoperto.
Un soffio di vento un po' più freddo la spronò ulteriormente a smettere di concentrarsi sulla bellezza della foglia. La colpì alle spalle e le fece provare un brivido che percorse tutto il suo corpo. Com'era arrivato presto l'autunno. Oppure era lei che aveva perso la concezione del tempo?
Guardò attentamente le betulle che l'attorniavano, simili tra loro solo all'apparenza, capendo al volo dove l'avessero condotta i suoi vagabondaggi. Non troppo lontano, per fortuna: non sarebbe trascorso tutto il meriggio, prima che fosse tornata al proprio rifugio e avesse finalmente iniziato a sperimentare i poteri della foglia.
Mosse qualche passo, sapendo di dirigersi verso Oriente, e, sentendo il crosciare del torrente un po' in lontananza, con la mente arrivò sulle sue sponde: a occhi chiusi ammirava la valle dominata a Ovest da una foresta maestosa e circondata da alte montagne dai cui ghiacciai scorrevano veloci ruscelli che andavano a confluire nel fiumiciattolo che le dava vita. La sua valle.
Tempo prima un istinto irrefrenabile l'aveva condotta fin lì, e finché le sue labbra non avevano toccato le limpide acque del fiume per dissetarsi, quel bisogno così urgente non si era estinto. Poi si era sentita, finalmente, a casa.
E ogni elemento esterno era diventato superfluo: aveva dimenticato di essere stata una spia anche rinomata, di essere stata catapultata su un'isola lontana da ogni logica e razionalità, di dover trovare un tesoro per poter tornare nel mondo da cui proveniva. Tutto ciò che le importava era la sua valle, le sue bellezze che guardava con gli occhi di una bambina curiosa.
Continuava a camminare tenendo gli occhi ben chiusi, per non smettere di pensare a quelle immagini che le scaldavano tanto il cuore: i ghiacciai sulle cime dei monti, che brillavano fino ad abbagliarla quando risplendevano sotto i raggi del sole, lo scintillio delle onde del fiume, i colori che prendevano gli alberi durante l'alba o il tramonto, i morbidi fili d'erba che presto sarebbero stati coperti dalla neve, il tappeto rosso di foglie nel sottobosco. Mijime.
Dovette arrestarsi, riaprendo gli occhi per scacciare quell'immagine, il solo elemento del tempo precedente al suo approdo in quel paradiso sicuro che le tornasse sovente alla memoria. Ma, non appena quel profilo gentile varcava le soglie della mente, a fatica riusciva a confinarlo di nuovo tra i ricordi dimenticati. Ed era solo sofferenza.
Sospirò rigirandosi tra le dita la foglia.
Se solo lui fosse qui...
Se lo ripeteva spesso, immaginando il bel viso del giovane, i suoi occhi profondi, i folti capelli corvini, le membra che l'avevano abbracciata con dolcezza, le labbra... Solo allora la sua valle non era abbastanza, mancava di qualcosa: serviva Mijime a renderla perfetta.
Ogni volta che il suo pensiero volava a lui il cuore le batteva un po' più forte e il respiro si mozzava improvvisamente, mentre il suo corpo avrebbe potuto gustarsi un caldo tepore anche durante una fredda folata di Tramontana: non aveva mai provato una sensazione simile, ma non aveva tardato a capire di cosa fosse foriera.
Prese la foglia e la strinse: doveva concentrarsi su essa, sulla magia, sull'ambiente circostante. Come accadeva sempre, presto il suo desiderio si sarebbe affievolito, pur non passando mai del tutto.
E dire che aveva sempre pensato di essere immune a quel sentimento, invece il fanciullo portatore di frecce dorate aveva sfruttato anche lei come bersaglio, centrandola in pieno petto. Altrimenti perché, svegliandosi un giorno, aveva all'improvviso avvertito l'esigenza di averlo vicino, di stare abbracciata a lui, di sentire le sue mani sul proprio corpo? Perché a un tratto era esplosa questa sua voglia, quando l'aveva sempre sentito mancarle solo per parlare insieme o sbirciare talvolta i suoi bei lineamenti? E perché, perché proprio allora, quando lui non c'era? Eros, avresti potuto aver maggior tempismo, giocando con lei una volta che fossero stati insieme. E invece i suoi sospiri le riempivano giornate altresì liete e spensierate.
"Non ci pensare" si ripeteva, invano, anche in quel momento, con la mente già satura delle belle immagini del giovane. "Devi solo aspettare: prima o poi riuscirà a trovare i suoi poteri, come è successo a te. Ce la farà e arriverà". Ma più sentiva quelle frasi più temeva che ciò non potesse accadere. E se invece, una volta che si fossero rincontrati, lui l'avesse rifiutata?
"Non ci pensare, non ci pensare" continuava ad ammonirsi, quando all'improvviso la raggiunse un suono inimmaginabile: un ringhio minaccioso alle sue spalle. Era impossibile! In quel luogo non esistevano bestie feroci: aveva più volte visto orsi o lupi, ma l'avevano ignorata, percependo la sua affinità con il resto della valle.
Si girò lentamente, consapevole che scappare sarebbe stato peggio: davanti a lei si era piazzato un lupo di piccole dimensioni ma con le fauci spalancate, che la squadrava con occhi aggressivi. La giovane sbiancò: non aveva una sola arma con sé - a cosa le servivano, sapendo che la natura era benevola nei suoi confronti?
Non sapeva più in cosa sperare, se in un aiuto da parte della sua valle o in qualsiasi altro intervento, ma il lupo intanto continuava ad avvicinarsi lentamente, con il corpo abbassato verso terra. Con un balzo le si avventò contro, facendola cadere a terra e avvicinando il muso sempre più vicino alla sua faccia, finché...
«Poda, per favore. Ti sembra il modo di trattare un'amica?» Una voce fin troppo familiare giunse chiarissima alle sue orecchie: se fosse stata in circostanze diverse non avrebbe avuto attenzioni che per quella. Invece ogni suo senso era proiettato contro il lupo che aveva appena smesso di ringhiare e si era scostato di malavoglia.
Bellatrix si mise subito seduta, con il cuore che batteva ancora forte per lo spavento e che continuava con questo ritmo irregolare, ma per ben altra cosa. Era alla ricerca della sua figura, ma ovunque si voltasse non lo vedeva. Eppure... era proprio quel tono beffardo.
«Ti vedo inquieta, mia cara. Hai perso qualcosa?» Di nuovo! Si girò in fretta, come a non volerselo lasciar scappare, e si trovò davanti agli occhi un maestoso lupo dal folto manto nero, che pareva quasi sorriderle. L'inconscio timore che potesse assalirla si impossessò per primo di lei, ma all'istante notò che tutta la schiena era coperta da una camicia lacera, mentre le zampe anteriori da pantaloni neri, anch'essi piuttosto mal ridotti. Non poteva più avere dubbi neanche sulla voce.
«M-Mijime?» balbettò, ancora incredula, con gli occhi sgranati e un sorriso che andava ingrandendosi sulle labbra.
«In persona» riprese a parlare il lupo, con un tono allegro che la giovane non ricordava. «Be', forse "in persona" non è la perifrasi corretta».
«Li hai trovati!» gridò Bellatrix, dall'euforia che stava provando, quasi dimenticando di star parlando con un animale.
«Hai mai dubitato delle mie capacità?»
«Io no, sei tu l'idiota che lo faceva» lo rimproverò scherzosamente, non perdendo tempo e correndo ad abbracciarlo. «Dio mio, quanto mi sei mancato!»
Non fece nemmeno in tempo ad assaporare quel momento, che un leggero movimento provenne dal corpo del lupo, come se le sue forme stessero cambiando. Senza trattenere la curiosità di capire cosa fosse successo, davanti ai suoi occhi rivide la chioma nera che sovrastava il viso del giovane, stranamente attorniato da una barbetta di qualche giorno, che la mandò talmente in subbuglio da dover distogliere lo sguardo. Ma la visione successiva non fu meno emozionante: involontariamente i suoi occhi caddero ancor più sotto, sulla camicia oltre la quale si intravedevano i muscoli asciutti del petto e dell'addome. Non si sarebbero staccati, se Mijime non avesse preso l'iniziativa, affrettandosi ad abbracciarla a sua volta.
La pelle di Mijime attaccata al suo orecchio. Bellatrix rabbrividì, e intanto una sensazione calda iniziava a diffondersi per tutto il suo corpo, fino a infiammarla. Avevano annullato ogni distanza tra loro. "Mancherebbe solo..." No! Doveva trattenersi. Lo aveva appena ritrovato e la sua mente non riusciva a non proiettarsi tra le sue braccia, in modo ben diverso. "Sono scandalosa" si redarguì: non avrebbe permesso che quel momento tanto atteso fosse rovinato dalla sua irruenza. Magari un giorno sarebbe accaduto ciò che sperava: doveva solo lasciare che il tempo facesse maturare le intenzioni e i sentimenti suoi e dell'altro giovane. Ma intanto sfiorava il suo torace con una guancia, le sue mani gli cingevano i fianchi, ancora coperti da quella camicia che avrebbe solo voluto strappargli di dosso.
«Allora, che mi racconti?»
Bellatrix trasalì, staccandosi repentinamente da lui. Si era accorto della sua eccitazione? Si meravigliava di come l'avessero posseduta così in fretta quegli istinti carnali? Era deluso da quel cambiamento?
Ci volle qualche istante prima che comprendesse il significato della frase e si calmasse un poco. "Ha solo posto la classica domanda per iniziare una conversazione".
«Io?!» esclamò, sperando che Mijime non notasse il pigmento assunto dalle sue guance. «Tu, piuttosto! Devi raccontarmi tutto». E solo pronunciando queste parole si rese conto di quanto gli interessassero le vicende che lo avevano accompagnato per tutto quel tempo. «Questa nuova forma, come hai fatto a ottenerla? Ti puoi trasformare in altri animali? Capisci il linguaggio di tutti gli esseri viventi, ora? Cosa-».
«Intanto dovresti ricordarti di prendere fiato». Il volto di Bellatrix prese di nuovo fuoco: poteva farcela a portare avanti un normale dialogo con lui o le sue emozioni l'avrebbero sempre condizionata a tal punto? Il sorriso indulgente di lui la tranquillizzò in breve.
«Considera che è solo da quattro giorni che ho scoperto, casualmente, quale fosse il mio potere e non ho avuto modo di approfondirlo: sono subito partito alla ricerca delle tue tracce». La sua espressione si fece in un attimo irrisoria. «Sai, mi mancava troppo tirarti uno scherzetto innocuo. Come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio».
«E a me mancava il tuo umorismo pessimo» biascicò l'altra, nascondendosi il volto tra le mani. Intanto però un pensiero ben più lieto le stuzzicava la mente: "È partito subito per cercarmi".
«A proposito di lupi». A un tratto la voce del giovane si fece più accesa e i suoi occhi scattarono alla ricerca di qualcosa dietro di lei. «Devo presentarti un amico». Ma alle sue spalle non c'era niente. Subito Bellatrix realizzò: «Ah, quella specie di lupo» commentò, acida, non sapeva nemmeno lei se perché poco prima l'avesse aggredita o perché gli occhi di Muzan, parlando di lui, si erano illuminati persino di più che quando l'aveva rincontrata. "Sono davvero gelosa di un lupo?! No, basta, devo tornare normale!"
«Ehi, un po' di rispetto» la rimproverò scherzosamente l'altro. «Poda è un lupo a tutti gli effetti e ha tante qualità, anche se... poco visibili». Bellatrix non doveva essere riuscita a nascondere quanto fosse scettica in merito, perché subito proseguì: «E non guardarmi in quel modo! A parte il nome, che so che è orribile - ma non è colpa mia! È quello con cui si è presentato lui - lo conosco da un mese e mezzo e posso confermare ogni buona parola spesa sul suo conto».
«Guarda che novità: Mijime che tiene a qualcuno e lo difende anche» sogghignò Bellatrix, sorniona: ora che aveva scoperto un suo punto debole, lo avrebbe sfruttato al massimo!
«È proprio così» replicò l'altro, senza scomporsi. «In ogni caso, ora è andato a farsi un giretto - probabilmente vorrà esplorare il territorio. Be', quando lo ritroveremo, te lo presenterò. Intanto,» cambiò argomento, spostando ogni attenzione su di lei, «non mi dirai che ho ottenuto i poteri prima di te».
Quell'interessamento la riscaldò di nuovo, mentre il pensiero del lupo guastafeste già l'abbandonava. «Mentirei dicendoti così. Ho fatto... qualche progresso».
«Ho tutto il tempo per ascoltarti».
Bellatrix balzò in piedi, impaziente di andare alla sua caverna per potergli mostrare tutto: chissà cosa avrebbe detto, chissà se lo avrebbe stupito. «Bene, allora ti porto al mio rifugio, intanto provo a spiegarti».
Mijime la imitò e, mentre procedevano, la giovane gli mostrò la foglia che aveva trovato prima.
«Noti qualcosa? O meglio, percepisci?»
Il compagno, pur essendo un po' incerto di quella richiesta, provò a sforzarsi di concentrare la propria attenzione sulla foglia.
Dopo qualche istante le rivolse un'occhiata interrogativa. Bellatrix sorrise. «Allora mi confermi che lo sento solo io. Vedi, tutti gli elementi della valle in cui ci troviamo sono magici, quali di più quali di meno. Con questo non intendo che gli alberi parlano o il fiume prende sembianze umane, o cose di questo genere. La magia di cui parlo è piuttosto l'essenza di tutti questi elementi, che io sono la sola a percepire e che posso poi tramutare in una forza concreta. Ti faccio un esempio perché tu possa capire meglio:» aggiunse subito, vedendo sul volto del giovane un'espressione confusa, «questa foglia è diversa da una che puoi trovare in un'altra foresta, perché in sé ha un'essenza con un potere. Se mischiato con altri provenienti da cose diverse, poi, può creare un filtro con altri poteri ancora».
«Tipo?»
«Be', sono ancora in una fase sperimentale: con tutto ciò che c'è qui potrebbe volerci una vita intera a scoprire anche solo tutte le essenze allo stato puro. E ancora più tempo ci vorrà per capire cosa possono fare se mischiate con altre. Quello che so, per ora, è che per estrarre le essenze siamo necessarie io e l'acqua del torrente: senza che io lo voglia, infatti, la magia che impregna ogni oggetto della foresta non riesce a scaturire. Molte foglie possono cadere nel torrente, ma non per questo sprigionano il loro potere. Capito?»
«Sta iniziando a diventare abbastanza chiaro. Certo che potevano capitarti dei poteri un po' più semplici da spiegare». Bellatrix si strinse nelle spalle, arrossendo un poco. «Comunque non mi hai ancora detto che tipo di magia caratterizza queste essenze».
«Di solito, quando sono da sole non hanno ancora un potere vero e proprio: al massimo sono coloranti, come quella di una pietra bianca che sprigiona un piacevolissimo azzurrino, oppure rendono l'ambiente caldo, come quella della sabbia del torrente, oppure ancora profumano». Per la prima volta parlava con qualcuno della sua magia e non poteva non notare come fosse totalmente presa da essa: forse Mijime non aveva ancora ottenuto il primato, tra i suoi interessi.
«Diventano interessanti solo quando vengono unite tra loro: per esempio, l'ultimo filtro che ho creato mi fa passare la fame. Creare pozioni vere e proprie però non è così immediato come estrarre le essenze pure: per capire cosa succede miscelandole, faccio diversi esperimenti o sulla natura o su alcuni animali. Il più delle volte il mio istinto mi porta a creare qualcosa di non dannoso ma ogni tanto mi capita di sbagliare» concluse, elusiva: non aveva proprio intenzione di raccontare della piccola esplosione avvenuta unendo l'essenza della terra del fiume e quella dei rami delle betulle!
«Va bene, allora non ti chiederò se hai fatto saltare in aria il tuo rifugio» fece Mijime, malizioso. «Anche se, dal colore delle tue guance, posso dedurre una risposta affermativa».
E arrossiva ancora! E lui l'aveva anche notato! Sarebbe arrossita ancora di più, se dalla bocca di Mijime non avesse iniziato a diffondersi una risata genuina, che contagiò presto anche Bellatrix.
«Ti vedo bene, proprio bene» commentò infine lui: nessuna punta di ironia nella sua voce. «Sei spontanea, tranquilla, immersa solo in questo tuo mondo. Oserei dire felice».
«È così: mi sento davvero in pace con me stessa da quando sono qui. Stare a contatto con questa natura stupenda è così... Non so descriverlo... So solo che ormai sono parte di lei».
Avrebbe potuto parlarne a lungo, senza trovare le parole giuste - che non pensava esistessero - e continuando a esitare ogni volta perché le venisse almeno quella più calzante. Ma oltre gli alberi che si ritrovava davanti iniziò a scorgere un verde rigoglioso: una forte emozione l'assalì.
«Siamo quasi arrivati!»
Con una piccola corsa, uscì dalla foresta e si ritrovò sulla pendice della montagna: come ogni volta, il panorama le riempì il cuore di meraviglia.
«Ecco, Mijime. Questa è la mia valle».
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«... c'è anche un villaggio, ma l'unica volta che mi sono attentata ad avvicinarmi è stato per prendere in prestito una coperta di lana senza farmi scoprire, per uscire quando fa freddo».
«Non so se "prendere in prestito" sia l'espressione più adeguata» commentò Mijime, all'ennesimo aneddoto che ascoltava, mentre cercava di trovare una posizione stabile sulle rocce su cui erano appena saliti.
«E invece sì!» ribatté, voltandosi verso di lui per fulminarlo con lo sguardo dall'alto della sua posizione. «Sto lavorando a un filtro che non mi faccia sentire freddo. Una volta che avrò trovato gli elementi per crearlo gliela restituirò. Oh, adesso siamo arrivati davvero» annunciò infine, senza che Mijime lo immaginasse: attorno a lui continuava a vedere lo stesso paesaggio roccioso con qualche cespuglio qua e là, innestatosi incredibilmente tra i vasti prati delle montagne. Bellatrix, invece che salire ancora, sgusciò dietro una roccia, dietro la quale si apriva l'antro di quello che chiamava "rifugio".
Varcata la soglia, Mijime fu dapprima avvolto da un profondo tepore, in contrasto con il clima asciutto e freddo della montagna. Ma, cercando di guardarsi attorno, non riusciva a distinguere nulla nell'oscurità. Qualche passo veloce provenne da dove si trovava Bellatrix e, dopo pochi istanti, la rivide, come vide anche tutto ciò che l'attorniava, appena illuminato dalla fievole lanterna che la giovane si era premurata di accendere.
Mijime sbatté più volte le palpebre, incredulo: altro che la spelonca vuota e selvaggia in cui aveva vissuto lui! Al centro della caverna dell'amica notò un recipiente che pareva un minuto calderone, di un colore indefinito, e tutt'intorno se ne trovavano sparsi altri, della stessa tonalità ma di dimensioni più piccole, sempre diversi e irregolari. Sembrava proprio l'abitazione di una maga.
«Hai arredato tutto a modo» commentò, continuando a guardarsi intorno: ma dove aveva trovato tutti quegli oggetti? «Non avevi detto che avevi preso in prestito dai tuoi vicini di casa solo la coperta di lana?»
«Te lo giuro!» si indispettì l'altra. «Loro non sanno nemmeno della mia esistenza, e non devono saperne nulla. La loro reazione sarebbe imprevedibile e non vedo il motivo di rischiare» concluse, con l'aria di non voler tornare sull'argomento.
«Allora...» incalzò Mijime e la risposta della giovane non tardò ad arrivare, accompagnata di nuovo dal suo sorriso.
«Ho creato tutto io!» esclamò, visibilmente fiera. «Unisco la polvere che si trova fuori dalla caverna con una particolare terra rossa, e poi ne metto una buona dose in acqua. Inizialmente sembra un liquido normale ma, prendendolo in mano, è già modellabile. Riesce poi a mantenere la forma che gli viene data per qualche minuto, dopodiché torna a essere di nuovo un liquido. Per tenerlo solido ho quindi distillato un altro filtro, da alcune rocce bianche che si trovano poco prima dei ghiacciai. Ed ecco che ho realizzato tutto quello di cui ho bisogno».
Gli occhi di Mijime erano ancora persi tra gli oggetti creati dalla giovane: solo quella capacità gli aveva tolto ogni parola di bocca.
«Certo, mi serve una giornata intera per fabbricare venti fialette,» proseguiva intanto Bellatrix, «quindi preferisco non approfittarne e creare solo lo stretto indispensabile. Ma adesso basta guardare i miei strumenti». Sorprendendolo, lo agguantò per un braccio, trascinandolo davanti al piccolo calderone. «Ti mostro qualcosa di ben più interessante».
Si sedette e Mijime la imitò. Dentro al recipiente era già presente una consistente quantità d'acqua e la giovane non fece altro che immergere al suo interno la foglia.
Non appena i due elementi si toccarono, un leggero suono prese a diffondersi per l'ambiente, talmente impercettibile che Mijime si avvicinò un poco al calderone. E proprio mentre concentrava ogni suo senso sul fenomeno, le increspature create dalla foglia si colorarono di un rosso luminoso e dalla lamina iniziarono a propagarsi piccole scie arancioni, che regalarono la loro luce calda a tutta la caverna.
Mijime era incantato davanti a ciò che si verificava sotto i suoi occhi: il suono, la luce, i colori l'avevano catturato. Eppure, dopo vari istanti di piacere, generato dalla contemplazione di quella magia, distolse lo sguardo, senza neanche pensarci, e lo posò su qualcosa che gli fece mutar giudizio sull'esperienza appena precedente: non era più meravigliosa l'armonia che continuava a sentire, non lo era più il policromo specchio d'acqua, e non lo era nemmeno la caverna, con i suoi svariati oggetti, che riflettevano lo stesso potente arancione che ancora si sprigionava dalla foglia. Quella definizione poteva addirsi solo alla giovane al suo fianco, al cui confronto tutto il resto sfigurava.
"Tu sei meravigliosa, Bellatrix".
Ma quell'incanto finì troppo presto: la luce si affievolì, fino a sparire e a lasciare, come ultima traccia della sua presenza, solo l'eco del suono magico. Anche Bellatrix si mosse, andando a recuperare la foglia, scura e anonima. Mijime la imitò, cercando di focalizzarsi sui movimenti quasi meccanici della giovane e sperando che, così assorta com'era, non si fosse accorta del suo sguardo insistente.
«Ecco, ora puoi vedere anche tu la sua essenza» disse, un guizzo di eccitazione le attraversò le iridi nere, mentre indicava l'acqua vivacemente colorata. «Chissà a cosa mai potrà servire... Non avevo ancora estratto la magia dalle foglie». Facendo le sue considerazioni, si avvicinò a un mobiletto, da cui estrasse alcune fiale, tutte diverse per forma e dimensioni, e risiedette a fianco di Mijime.
«Certo che così mi fai sentire un vero incapace» scherzò lui, mentre l'amica riempiva i piccoli contenitori. «Mentre tu fai tutto questo, io non so nemmeno con quale meccanismo sia riuscito a trasformarmi».
«Non lagnarti» sbuffò lei, concentrata. «Intanto, ci vogliono tempo e impegno, per capire e padroneggiare la propria magia. Secondo, ti stai lasciando influenzare dal fascino di questo meccanismo, ma ti ricordo che non ho fatto nulla. Il bello arriva quando mescolo due o più essenze, non a caso, ma seguendo i loro criteri, che pian piano sto iniziando ad apprendere, e da queste si forma un filtro con dei poteri veri!»
«Anche quello che hai appena fatto era bellissimo» mormorò di rimando. "Tu eri bellissima". Ma si morse la lingua prima di dar voce ai suoi pensieri: era abbastanza sicuro che Bellatrix, tutta orgogliosa nel mostrare le sue nuove capacità, avrebbe trovato alquanto inopportuno quel commento.
«Prima o poi riuscirò a farti cambiare idea» si propose, gettandogli un'occhiata di sfida. «Ma ancora stiamo parlando di me! E tu non mi hai detto nulla su quello che ti è successo in questi due mesi». Mijime aveva già aperto la bocca, quando fu interrotto di nuovo. «E non provare a svignartela con qualche "niente di ché", perché non ci credo che tu non abbia fatto niente per tutto questo tempo. Ci siamo lasciati che eri tutto irrequieto per paura di non ottenere i poteri: qualcosa deve essere cambiato, se ora sei un prodigioso mutaforma».
«Prodigioso mutaforma» ripeté Mijime sogghignando. Ma il suo riso si smorzò in fretta: ecco che si ripresentava il problema, affrontare il suo passato. Aveva avuto successo una volta, ma non era certo di riuscirci ancora. Eppure era necessario. Quella era l'ultima prova da superare: solo così avrebbe dimostrato che aveva accettato pienamente ciò che era stato e poteva continuare a tracciare la sua storia.
«Ho preso coscienza di me stesso, partendo dall'analisi del mio passato» iniziò, vincendo per l'ultima volta quel timore. «L'ho ripercorso tutto, da quando ne ho ricordo fino ad ora. Adesso, per quanto mi faccia ancora male, l'ho superato e accettato».
Bellatrix chiuse anche l'ultima fiala e si avvicinò un po' più a lui, guardandolo intensamente: la sua curiosità non sarebbe stata fermata da nulla. Così Mijime trovò una posizione comoda e iniziò a raccontare, ripercorrendo una seconda volta tutta la sua vita, senza nasconderle niente, né di ciò con cui avrebbe potuto commiserarlo né di ciò per cui avrebbe potuto disprezzarlo, evitando solo di entrare nei particolari più scabrosi.
Rialzò gli occhi. L'espressione di Bellatrix era a metà tra lo spaventato e l'affranto, e Mijime si sentì in colpa: portarla in uno stato di turbamento era l'ultimo dei suoi desideri.
«Così» si accinse a concludere, con una nota sarcastica, per rimediare all'atmosfera drammatica che aveva creato, «ho rubato quei famosi cento milioni per una scommessa fatta con un mio superiore, mi sono imbarcato sulla stessa nave da crociera su cui lui avrebbe trascorso le vacanze, che per disgrazia è affondata e mi ha trascinato su un'isola maledetta, sulla quale sono tutt'ora, in compagnia di colei che aveva giurato mi avrebbe sbattuto in cella».
Sorrise, incoraggiandola a fare lo stesso: se non era un problema per lui, a maggior ragione non doveva esserlo per lei. Un po' a fatica, anche gli angoli della sua bocca si piegarono all'insù e gli mostrò il suo sorriso, ciò che più gli era mancato in quei due lunghi mesi.
Mijime non fece nulla per nascondersi, mentre l'ammirava di nuovo, comparando quell'immagine con quella incantevole di prima, quando il suo volto minuto era stato colorato d'arancio e gli occhi avevano brillato, riflettendo i bagliori dell'acqua. Ma nemmeno ora, con i riccioli che si adagiavano morbidi sul petto, che si muoveva con un respiro tranquillo, era una vista poco piacevole.
All'istante il suo cuore si riempì di contentezza.
Era contento di essere naufragato sull'isola, di aver trovato quei disgraziati dei suoi compagni, di essere incorso in tutti quei problemi col primo clan che li aveva ospitati, che avevano spinto lui e Bellatrix alla ricerca dei poteri. Era contento di aver affrontato mille disavventure, che li avevano uniti come null'altro sarebbe stato in grado. E soprattutto era contento di aver ricordato e di aver scoperto di diventare un lupo. Di qualsiasi potere, dal più meschino al più grandioso, avrebbe gioito: ciò che importava era averlo ottenuto, insieme alla possibilità di ritirarsi da quella solitudine che mai gli era stata così stretta. Ormai gli era chiaro: stare accanto a Bellatrix, mentre sorrideva, era l'esperienza migliore che riuscisse a immaginare.
O forse no?
Un improvviso desiderio si mosse dalle viscere, portandolo ad avvicinarlesi sempre più, quando il sorriso di lei si spense. Mijime si allontanò repentinamente, interrogandola con un'occhiata.
Quella scosse il capo. «Ora scherzi, ma io non immaginavo... Se avessi saputo non mi sarei lamentata di quello che è successo a me...»
«No, no» la precedette il giovane, prima che iniziasse a rammaricarsi. Il passato non avrebbe più dovuto gravare su di loro, mai più. «Entrambi abbiamo avuto una vita dolorosa ed entrambi abbiamo brancolato nell'oscurità per la maggior parte di essa: non è una gara a chi ha sofferto di più, la quantità non conta a nulla».
Bellatrix assentì, ma era ancora pensierosa, persa in chissà quale considerazione. Appoggiò la guancia a una spalla di Mijime, guardandolo solo talvolta di sottecchi.
«Sei stato molto coraggioso» affermò: doveva essere la sua sentenza finale.
Il giovane sorrise, avvolgendole la vita con un braccio e attirandola ancora un poco a sé. Sentiva il battito del suo cuore accelerare di secondo in secondo: il proprio non doveva differire molto.
«Forse» replicò, preparandosi a esternare i suoi più reconditi pensieri, talmente poco consapevoli, che fino a poco prima nemmeno lui li aveva compresi, e che forse neanche ora riusciva a capirli fino in fondo. Però non poteva nasconderli a Bellatrix: era lei l'oggetto di quel continuo rimuginare.
«Ma l'assurdità è che io non sono coraggioso, per niente. In qualsiasi altra condizione, ciò che ho fatto non sarebbe stato possibile, neanche immaginabile: non avrei mai permesso che un simile dolore potesse scaricarsi di nuovo sulle mie spalle; non pensavo che, in realtà, mi sarei liberato del più gravoso dei pesi. Bellatrix». Le sfiorò la guancia con una mano, ormai respirava il soffio leggero che usciva dalle sue narici. «Non sarebbe stato possibile, se non avessi avuto un obiettivo. Se non ci fossi stata tu».
L'incontro delle loro labbra sancì la fine di ogni altra parola, e di ogni dolore. Non c'era più posto per esso nell'esiguo spazio rimasto tra loro, che andava restringendosi di momento in momento.
La mente di Mijime si svuotò da ogni pensiero, libera e semplicemente appagata dall'estrema vicinanza con Bellatrix. Come ogni volta in cui la serenità aleggiava nel suo cuore, si lasciò coinvolgere dalla musica che iniziò a suonare nella sua testa: era, ancora una volta, il suo amato notturno, la sua parte finale, ma non si arrestò, stonando, poco prima che il brano si concludesse. Incredibilmente aveva ricordato. Vennero le cadenze, le note dolcissime e l'ultimo arpeggio, che cancellava tutta la tristezza espressa prima, proiettando davanti un futuro lieto, costellato di baci, carezze, sorrisi. Non era rimasto davvero più spazio per il dolore.
La musica poté finalmente cambiare e ad accompagnare l'evolversi della loro passione fu un valzer giocoso e allegro, che proprio in quel momento era riaffiorato dal baratro della memoria: Je te veux, Erik Satie.
Quasi come se il pezzo lo stesse spronando, la strinse ancora di più a sé, i loro corpi schiacciati nella morsa insaziabile del desiderio. Liberi, in un groviglio di dita, braccia, lingue. Chissà, magari avrebbero trovato uno spazio per la felicità.
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E così siamo giunti alla fine. Aaaaaaaaaa non ci credo!!! Il primo libro è davvero concluso! Mi sento come Mijime che sente finalmente finire il notturno, rimasto incompleto per tutto questo tempo (off topic, spero abbiate colto il suo significato e il parallelismo tra Mijime e questo brano)! Ora che siamo giunti a questo punto (contenti??? Non so da quanto tempo aspettavate il primo bacio tra questi due) è inutile tediarvi con i miei soliti spiegoni. Ho inserito tanti richiami ai capitoli passati, e in particolare agli ultimi, e spero siano tutti chiari, ma non starò qui a sottolinearli. Ci tengo piuttosto a ringraziare con tutto il cuore chi ha deciso di arrivare fino in fondo alla prima parte di questa avventura, che non ha desistito nonostante i capitoli chilometrici, i miei tempi da lumaca e tutte le problematiche che abbiamo incontrato. Davvero, GRAZIE!!! ❤️
E ora non ci resta che dirci arrivederci! Vi aspetto di nuovo, ne
Il mare dell'eternità // L'ascesa degli eleuthereforoi (Il sottotitolo è incapibile come al solito, ma questa è la parte più bella dei composti delle parole greche... capirete cosa significherà, in ogni caso)
Al secondo libro, amici!
~🐼🐢💕
P.s. non vi rubo un solo minuto, ma ci tengo a specificare che non è per negligenza che in quest'ultimo capitolo, dove si dovrebbero tirare le somme di tutta la storia nel suo insieme, i due protagonisti non pensano minimamente al resto del loro clan e a quello ospitante. Mi sarebbe piaciuto inserire un riferimento anche all'arco narrativo parallelo, ma non avrebbe avuto senso: il pov è di Bellatrix e Mijime, a nessuno dei quali interessa di quello che sta succedendo ai loro compagni. Neanche immaginano che hanno rischiato la vita, durante la guerra, ed evitano di pensare che possa accadere loro qualcosa, più in generale, e che quindi sarebbe meglio che si sbrigassero a tornare. Ma li avete visti poco fa... Hanno intenzione di separarsi da questo piccolo idillio che hanno appena trovato? Non mi sembra proprio. Lasciamoli tranquilli, finché potranno. E detto questo vi lascio veramente ❤️
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