10.1

«Ma voi ne sapevate qualcosa della profezia?» domandò Morag, in un turbine di emozioni che non sapeva distinguere nemmeno lui: principalmente aveva paura per il suo destino, messo a repentaglio dallo spettacolo della sera precedente, e sentiva poi che non gli era stata detta del tutto la verità. Perché non avevano svelato prima la profezia? Perché continuare a tenerla nascosta?

Si stavano dirigendo all'oikarion della famiglia del capo, dove avrebbero fatto il punto della situazione, in realtà già abbastanza chiara a tutti. Kairos, in testa, era silenzioso e avvolto nei suoi pensieri, e gli altri tre fratelli erano a loro volta turbati, come anche Em e, sorprendentemente, Spiro.

«Te lo giuro, assolutamente niente!» esclamò subito Hermit.
«Ve lo avremmo detto altrimenti» lo seguì Sofia.
«Il papà non ci dice sempre tutto» spiegò Iulius, per poi ipotizzare: «Forse non vi ha voluto rendere partecipi del vostro futuro per non farvi credere che vi avessimo salvato solo per questo. Ve lo avrebbe certamente detto più avanti».

Morag però non era dell'umore giusto per notare come anche loro fossero rimasti sconvolti dalle parole del futuro capo del clan: tutto ciò che continuava a frullargli in testa era l'astio di chi si sente sbattuto ai margini della società senza una ragione.

«Prima ci accogliete, poi ci trattate come se fossimo traditori...» iniziò a considerare il giovane: appena giunti a Tou Gheneiou non si erano neanche posti la questione che quella gente potesse o meno accettarli; vinto il sospetto iniziale, si erano affidati completamente a loro, credendo in una sostanziale benevolenza da parte del popolo ospitante. Tanto che i racconti di Anita, che Mijime non aveva perso l'occasione di riferire anche ai suoi compagni, non li avevano minimamente toccati, essendo così lontani dalla loro realtà. Ma questa sorte, alla fine, inesorabile come la morte, era giunta, per di più nel momento peggiore, quando avrebbero dovuto preoccuparsi soprattutto per la minaccia di Zarkros.

Astio e rabbia ribollivano in lui e continuavano a fomentargli pensieri che diversamente non avrebbe mai concepito; e più pensava, più queste due emozioni si intensificavano, in un processo che non poteva che sfociare in una risposta eclatante: «Non siete altro che un mucchio di approfittatori!» urlò, mentre con gli occhi sgranati e dissennati squadrava i tre più piccoli, che si erano allontanati da lui, stringendosi vicini. «Ci avete portati qui, facendoci credere di volerci ospitare, così che noi potessimo abbassare la guardia e, non appena avete potuto, ci avete scaricato addosso tutte le responsabilità che, da quando siamo qui, voi sapete ci sarebbero toccate. Ma non l'avete detto subito, no, quando eravamo ancora in tempo per scappare e andare a cercare il tesoro per conto nostro. Voi ci sfrutterete da adesso in avanti, con quella vostra bella scusa: i neoteroi sono traditori. Come se un Gheneiou non potesse impazzire a un tratto e voler ammazzare o tradire tutti i suoi compagni. No, questa è una prerogativa di noi, miserabili, aberranti, orrendi...»

«Basta così».
Morag si voltò all'improvviso, sentendo una mano che si era posata sulla sua schiena: Kairos era dietro di lui e sul suo volto non si leggeva alcuna traccia della sua distintiva allegria; alle spalle del ragazzo Em, carica di biasimo e con gli occhi biechi. Il giovane fu portato a considerare di nuovo se stesso, come si era velocemente trasformato, come aveva reagito... D'un tratto si sentì profondamente pesante e subito si pentì della reazione che era scattata in lui.

Kairos sospirò, riprendendo il suo discorso: «Non conosco i motivi per cui non vi abbiano detto la verità da subito, ma non è solo per sfruttarvi che il mio popolo ha deciso di tenervi: mia sorella, come al solito, ha dato una visione solo parziale della situazione, la sua. Mio padre non la pensa così e vi posso assicurare che chi è indifferente nei vostri confronti non ha alcuna ragione per volervi schiavizzare e vedervi soffrire. Sarete anche neoteroi, ma sia noi che voi siamo umani: le restrizioni imposte da Genew sono solo per precauzione. Noi in ogni caso dobbiamo attenerci alle regole dei daimona, che a te sembreranno assurde e che forse non hai ancora compreso. Ma te le rispiego: sei asebés* se uccidi un membro del tuo clan, se lo tradisci, in ogni modo, e se manchi di rispetto a un dio. Finito. Questo è ciò a cui tutti coloro che abitano sull'isola devono attenersi, anche se a volte è difficile». Le iridi cristalline che guardavano verso il basso confermavano quell'ultima affermazione: le regole imposte dalle creature dell'isola erano poche, ma non semplici da rispettare sempre, in particolare per quei ragazzi che dovevano essere dilaniati dalla consapevolezza di essere membri del clan e allo stesso tempo figli di una neotera.

«Se ogni clan stesse separato, vivrebbe sempre in concordia: i neoteroi, si è visto, portano solo turbamento all'interno del clan» ammise il giovane, a malincuore. «Però in questo sono d'accordo con mio padre, che so per certo vi abbia accolti non solo per il motivo che ha detto Genew: eravate in pericolo e dovevate essere aiutati. E allo stesso modo aveva tratto in salvo, a suo tempo, mia madre. Se una persona ha bisogno di aiuto è giusto che la si aiuti, indipendentemente dai premi che si possono ottenere, dai precetti forniti dalle divinità».

Kairos emetteva grandi respiri, come se quel discorso gli fosse costato un'enorme fatica: aveva appena sputato fuori tutto ciò che pensava, che in un qualche modo discordava dalla concezione di chiunque gli stesse intorno, ma al contempo si era tolto un peso opprimente.

«Dovete andare, voi tre?» chiese il fratello maggiore, rivolgendosi ai più piccoli, che, ancora toccati da tutti gli avvenimenti di quella mattina, annuirono appena.

«Fate quello che dovete: l'avete sentita Genew, loro non verranno più a giocare con voi» continuò Kairos, lapidario, per poi prendere una leggera spinta e proseguire verso l'oikarion della sua famiglia con un'andatura ben più veloce del solito.

Morag si sbrigò a seguirlo, lasciandosi alle spalle i piccoletti, imitato dagli altri due neoteroi. Il peso del suo animo, diviso tra l'ira che ancora gli bruciava le viscere e la consapevolezza di aver sbagliato, diventava, liana dopo liana, sempre più gravoso. Perché aveva reagito così? Certo, aveva buone, ottime ragioni per essere arrabbiato, ma si era espresso nel modo più sbagliato, accusandoli in primo luogo di essere degli approfittatori, quando loro stessi per tre settimane non avevano fatto altro che comportarsi da parassiti.

L'ansia che provava si trasformò a un tratto in angoscia: e se per quella sua sciocca e irrazionale reazione si fossero separati da loro anche Kairos e i suoi fratelli? In quel caso sarebbero stati soli: quella prospettiva era molto più spaventosa di ogni tortura che Genew poteva organizzare per loro.

«Scusami, Kairos» disse in fretta il giovane, non appena si fu di nuovo affiancato al ragazzo: scusarsi subito era di certo la scelta migliore, se non l'unica strada che potesse percorrere per non struggersi troppo sui sensi di colpa. «Ho esagerato. Mi sento così amareggiato per questo trattamento che ho scaricato, a torto, il mio rancore contro di voi, che non c'entrate niente». Parlava velocemente, mentre Kairos lo stava ad ascoltare, senza che la sua serietà venisse meno. Ma l'espressione spenta del ragazzo non lo fermò: «Alla fine non è né colpa vostra né dei Gheneiou: anche tua sorella, in realtà, sta solo cercando di proteggere il suo popolo. È giusto che noi veniamo in secondo piano. E poi ha ragione: tralasciando ciò che è successo ieri, è comunque da tre settimane che viviamo qui senza far altro che divertirci».

Morag aveva iniziato a ragionare davvero, cercando di reprimere il più possibile i sentimenti che lo spingevano a combattere ancora per i diritti che quel popolo non voleva lasciargli.
Per quanto la situazione non fosse più così florida come all'inizio, era evidente ciò che aveva appena affermato; era difficile, ma doveva immedesimarsi in Genew. Posto che si fidassero ciecamente gli uni degli altri, era chiaro che fossero spaventati da una possibile minaccia esterna, costituita da loro neoteroi e lei, che era il capo, doveva prevenirla a ogni costo. Allo stesso modo era ovvio che li avessero tenuti con loro per un'effettiva utilità ed era giusto così: volevano liberarsi di Mortino e questo implicava trattenere degli estranei all'interno della loro pacifica realtà.

Loro neoteroi non erano in una posizione per trattare e nemmeno per costringere gli orgogliosi abitanti di quel clan ad adattarsi a loro e alle loro esigenze: era il contrario che doveva avvenire. E così sarebbe stato: almeno da parte sua, i Gheneiou avrebbero trovato una totale obbedienza alle loro regole tale che, quando fosse entrato anche lui all'interno del clan, non avrebbero faticato ad accettarlo come uno di loro, pur proveniendo da una realtà tanto diversa da quella dell'isola.

«È ora che ci diamo una svegliata e iniziamo a lavorare» affermò infine, mentre i suoi occhi risplendevano già di una determinazione fortissima per l'impegno che avrebbe impiegato in questa causa.

Kairos dovette notare quel cambiamento, poiché subito la sua aria tesa si allentò. Il ragazzo, che aveva continuato incessantemente a spostarsi di liana in liana, si fermò, volgendosi verso i neoteroi dietro di lui.

Dopo aver fissato a lungo i giovani e in particolare Morag, sospirò, stringendosi nelle spalle: «Scusami anche tu: non dovevo scaldarmi. È solo che finora era andato tutto così bene, non sembrava quasi foste giunti. Invece avreste dovuto sentire i commenti di ieri sera all'Oikìa... Quell'odio che avevo già sentito contro mia madre era ricomparso nelle loro parole... Io non volevo che finisse in questo modo». Le sue frasi erano sconnesse, come doveva essere anche il suo pensiero: era abbattuto anche lui, per quanto il trattamento stabilito da sua sorella contro i neoteroi non lo toccasse direttamente.

«Tranquillo, Kairos» sorrise Morag, poggiando una mano sulla spalla del ragazzo. «La nostra amicizia ad ogni modo non cambierà».
Gli angoli delle labbra di Kairos si piegarono a loro volta all'insù, rivelando appena gli incisivi resi ancor più bianchi dal contrasto con la pelle scura. Ma dietro quella manifestazione di serenità si nascondeva una ben più radicata preoccupazione, lontana dalla faccenda dei neoteroi.

«Bene, avete finito di litigare?» disse a un tratto Em, guardando storto i due amici appena riappacificati: lo sforzo compiuto per stare dietro a quell'uragano di Kairos non era certo da poco! E Spiro non era riuscito a prevenire quel momento di tensione con una delle sue solite idiozie: proprio allora, quando serviva, aveva deciso di rinchiudersi in se stesso, guardando in continuazione verso il basso e non proferendo parola!

«Eh?! Non stavamo litigando!» esclamarono i due all'unisono, staccandosi in fretta l'uno dall'altro, completamente rossi, e tornando a muoversi sulle liane per non incrociare lo sguardo di Em.

«No, certo che no. Tu hai solo avuto una sfuriata d'ira e tu giustamente ti sei difeso, ma va bene così» commentò questa, sempre più acida: per poco quell'idiota di Morag non li aveva inimicati anche ai loro unici alleati. Come se la situazione non fosse già abbastanza tragica: erano guardati da tutti con sospetto e dovevano iniziare a lavorare! Quella era la parte davvero peggiore; per tre settimane era riuscita a esimersi da ogni compito - la sua incapacità sulle liane era diventata un'ottima scusa - ma ormai non poteva più farlo per molto: non aveva assolutamente intenzione di essere scrutata ancora dagli occhi glaciali della giovane Genew. E soprattutto per questo aveva deciso di non iniziare una qualsiasi polemica: ci teneva ancora, alla sua pelle, cosa che evidentemente a Morag non importava più di tanto.

«Sì, Em, lo so, scusa, ma...» Morag aveva iniziato a scusarsi, con un fil di voce, ma l'altra, già abbastanza seccata, proseguì, rivolta a Kairos: «Piuttosto, tua sorella ha detto che dobbiamo iniziare a lavorare: fare... cosa?» chiese, tentennando: era riuscita ad accettare quella - sgradita - prospettiva completamente contro i suoi valori e le sue tradizioni, ma non l'idea che le dovesse toccare una mansione disgustosa. Cosa potevano fare di simile nel clan: sgozzare meranghi? Scuoiare apirei? Improvvisamente capì che seguire talvolta i ragazzi al centro del villaggio per veder svolgere i lavori più basilari non sarebbe stata una cattiva idea, almeno per prepararsi al futuro che l'attendeva.

Il giovane stava per iniziare a rispondere, ma qualcosa balzò repentinamente sulla sua testa.

«Kairos!» esclamò una scattante Rose, che non la smetteva di ridacchiare per lo scherzo ben riuscito, manifestato dal balzo che il fratello aveva fatto sulla liana. La tunica era di nuovo quella sporca e dismessa che portava di solito e i capelli, puliti e pettinati la sera prima, avevano ripreso a essere un groviglio disordinato: la graziosa ragazzina che era in lei era stata di nuovo abilmente nascosta. «Non dirmi che ti sei spaventato».
«Ben svegliata, sorellina» biascicò il giovane, togliendosela di dosso e avvicinandola a un'altra liana, perché si aggrappasse a questa. «Sei sfuggita alla chiacchierata con Genew, grazie alla tua pigrizia».

Rose strinse le labbra, trattenendo una risata: doveva essere abbastanza insolito vedere Kairos così irritato.
«Uh, che umore nero» commentò, accompagnandosi con un fischio sorpreso.
«Puoi dirlo, non si è neanche accorto di me» aggiunse un'altra voce alle sue spalle.

Kairos non era il solo a non averla notata; i tre neoteroi si girarono subito verso la giovane mora e dalla pelle ambrata, su cui spiccava un ampio sorriso provocato dalla vista del figlio di Genew, su cui puntava i suoi occhi scuri.

«Oh, Raya. Scusami» disse il ragazzo, che si avvicinò alla nuova arrivata con un'espressione dispiaciuta, che fece subito posto a una elettrizzata non appena i loro corpi si toccarono. Kairos la abbracciò teneramente da dietro, restando appeso alla liana con una mano sola, mentre il suo viso andava a cercare il collo dell'altra sotto la chioma mossa.

«Magari dovresti presentarmi, non credi?» ridacchiò Raya, divertita dall'improvvisa dose di affetto ricevuta davanti a dei perfetti sconosciuti.
«Esatto, Kairos, evita di deliziarci con queste smancerie da voltastomaco» confermò Rose, manifestando, come era ormai noto a tutti, il suo disgusto per ogni genere di effusione d'amore.

«Ho capito, ho capito». L'irritazione di Kairos balenò per un istante, sentendo la voce della sorellina, ma non appena i suoi occhi si incrociarono di nuovo con quelli della ragazza da lui abbracciata un sorriso trasognato riprese a caratterizzarlo. Sentendo ancora il risolino di Raya, si riscosse e si precipitò a dire, d'un fiato: «Neoteroi, questa è mia moglie, Raya».

«Ma non erano sei?» bisbigliò la giovane nell'orecchio del marito, mentre gli altri erano completamente attoniti a quella notizia: che Kairos, pur avendo solo diciassette anni, avesse già una moglie, lo sapevano, ma venire a contatto con questa stranezza non poteva che lasciarli di stucco.

«Bellatrix e Mijime sono andati dalle maghe e Germanico...» Kairos interruppe bruscamente la spiegazione, ancora scosso da prima. «Poi ti racconto».
«Quindi devono essere rimasti Em, Morag e Spiro. Piacere!» esclamò la ragazza, rivolgendo un sorriso espansivo ai tre giovani di fronte a lei, che si ritrovarono a fingere espressioni analoghe per nascondere l'ancora pregnante stupore.

Terminati i saluti di cortesia dall'una e dall'altra parte non si seppe più cosa dire. Em spronava con delle occhiate Morag - Spiro era ormai irrecuperabile, socialmente - perché parlasse ancora, senza però esporsi con domande scomode e anche tra Kairos e Raya stava avvenendo uno scambio di sguardi per determinare il prosieguo della conversazione.

«Che silenzio imbarazzante» borbottò a un tratto Rose, calandosi da una liana che si trovava in mezzo alla coppia e ai neoteroi. «Uff, toccherà a me l'impresa di romperlo. Il mese scorso, poco prima che arrivaste, le due cocorite qui ci hanno dato la "bella notizia"» concluse, scuotendo con vigore la testa, come a voler far uscire un brutto pensiero.
«Sì, lo sapevamo, Rose» ricordò Em.
«Allora cosa c'è da essere scandalizza-». Rose non terminò la frase che si accorse subito con orrore che aveva appena dato il la alla coppia, parlando della "bella notizia": il fratello aveva appoggiato delicatamente una mano sul ventre dell'amata, su cui i segni della gravidanza non avevano ancora iniziato a palesarsi, cogliendo l'occasione per scoccarle un veloce bacio sulle labbra.

«Kairos, ti ho detto di smetterla!» proruppe Rose, fiondandosi sul fratello e allontanandolo subito da Raya, suscitando una certa ilarità negli spettatori, che risero insieme di gusto.
Mentre il ragazzo cercava di liberarsi dalla sorella, che non smetteva di elencare gli innumerevoli motivi per cui non avrebbe mai dovuto essere così orgoglioso del suo stato di marito, Raya, vinto l'imbarazzo di poco prima, si rivolse ai neoteroi: «Kairos mi ha parlato molto di voi; sarei venuta a presentarmi prima, ma in questi giorni ho lavorato più che potevo: è il periodo in cui cuociamo tutti i vasi prodotti in questi tre mesi e non si finisce più. Quando si avvicinerà la nascita di nostro figlio non potrò più lavorare allo stesso modo, quindi è giusto che dia il massimo adesso».

«Bene, le presentazioni sono finite e hai spiegato il tuo amato mestiere...» Rose era già tornata, interrompendo il discorso che Em aveva iniziato ad ascoltare con un certo interesse.
«In realtà non an-» provò ad aggiungere Raya, ma senza che Rose le desse il tempo per parlare: «Lo hai fatto, quindi Kairos ci può spiegare cosa aveva da ridire Genew».

Il giovane fece roteare gli occhi, contrariato dalla scelta dell'argomento: «È meglio se te ne parlerò stasera, adesso non abbiamo tempo: se Genew mi becca che non ho ancora portato a termine i suoi ordini...» lasciò in sospeso, allargando soltanto gli occhi, in cui guizzò un brivido.
«Che fifone» scosse la testa Rose.
«Cosa ti ha ordinato?» chiese invece Raya, appena seccata per il solo nominare della sorella maggiore. Em ricordò solo in quel momento i racconti dei figli di Genew: tra la sorella e la moglie di Kairos non correva buon sangue, a causa dei pregiudizi che la prima aveva nei confronti dell'altra. Prima la madre, poi la cognata... da ciò che aveva osservato nemmeno i fratelli le andavano a genio: era incredibile come quella giovane fosse così estraniata dalla famiglia di appartenenza, in quella realtà in cui il nucleo familiare sembrava il secondo fondamento più importante dopo il clan stesso.

«Di trovargli dei lavori al più presto: avevo pensato che potessero iniziare tutti e tre il Percorso». All'affermazione di Kairos i giovani sgranarono gli occhi e persino Spiro risorse dal suo stato catatonico: il Percorso? Intendeva proprio il Percorso dell'Onore? «Già sono malvisti, se dovessero intraprendere altri incarichi, gli Anziani e la classe guerriera avranno altri motivi per rendergli la vita difficile: sai tu stessa come considerano gli altri lavoratori...»

Dopo diversi istanti di silenzio, in cui Em aveva iniziato a respirare freneticamente, fu Morag a proferire di nuovo parola: «Poteva andare peggio. Con tutta la prefazione di tua sorella mi immaginavo lavori estremamente logoranti».
"Poteva andare peggio?!" avrebbe voluto gridare Em: la prospettiva di scuoiare un apireo, immergere le mani nella sua carne morta, annusare i liquidi usciti dal suo corpo ora le pareva estremamente allettante. Non poteva diventare una guerriera, di qualsiasi livello! Già era incapace nel movimento sulle liane, se si fosse trovata nelle basse mangrovie infestate di animali feroci non ne sarebbe uscita viva! Era davvero quella l'unica sua possibilità?
Ma la giovane trattenne tutte le sue preoccupazioni dentro di lei, limitandosi a tenere gli occhi sbarrati: "Prima o poi se ne accorgerà qualcuno e troverà un'alternativa".

«È per evitare questi che voglio provare a farvi entrare almeno tra i Cacciatori, una carica pericolosa, di certo, ma che vi permetterà di essere visti un po' meglio dagli altri del clan e di non rompervi la schiena a trasportare oggetti pesanti» spiegò Kairos, riprendendo il discorso di Morag, continuando però a mostrare una certa incertezza in merito alla sua proposta. «L'unico problema è la preparazione: la prossima Cerimonia delle Nomine sarà tra soli otto giorni e in così breve tempo mio padre dovrà valutare se siete adatti a diventare Cacciatori».

«Spiro e Morag sanno già usare l'arco: Hermit e Sofia volevano fare le gare di tiro al bersaglio e così hanno imparato» lo informò Rose. «Per andare a caccia di meranghi non serve molto altro, no?»
«Ah». Kairos era rimasto abbastanza sorpreso da quella notizia, che gli portò però una certa dose di entusiasmo. «Ma chi lo sapeva! Allora sarà una cosa da nulla darvi quattro dritte per insegnarvi a usare la lancia».

«Però, Kairos, non penso che a lei questa tua idea vada bene» disse Raya, distogliendo il marito elettrizzato dal suo progetto: con un cenno del capo gli fece notare come Em riuscisse a stento a non ribaltarsi dalla pianta su cui si reggeva, tanta era la preoccupazione.
«Ehm... io so a malapena muovermi sulle liane» ammise quella, ma Raya non tardò a rassicurarla con uno di quelli che erano i suoi frequentissimi sorrisi: «Tranquilla, il Percorso dell'Onore non è certo l'unica strada percorribile. Io non ho mai voluto iniziarlo ed eccomi qua, sono ancora viva. Anzi, felicissima del mio lavoro!»

«Soprattutto grazie ai commentini di Genew e dei suoi seguaci» borbottò Rose.
«Ma taci un po'!» esclamò l'altra, tirandole uno scherzoso colpo dietro la nuca. «Da quando c'è vostro padre noi vasai non siamo mai stati meglio: lo dicono tutti».
«Non oso immaginare con la nonna, allora...»

«Però c'è un problema, Raya,» si aggiunse Kairos, perplesso. «Avevo pensato di affiancartela nel lavoro dei vasi, anche se non penso che Genew ne sarà entusiasta... Però poi mi sono detto che è infattibile: insomma, ti servirà molto tempo per istruirla, ma tu sei così occupata in questo periodo».
A ogni parola che il ragazzo aggiungeva, il volto di Raya si colorava sempre più di un'espressione divertita. «Kairos, che stai dicendo?» fece la moglie, quando il giovane ebbe terminato, trattenendo una risata. «Abbiamo finito con la cottura dei vasi: te l'ho detto ieri sera...»

L'altro avvampò all'improvviso, provando poi ad aprire la bocca per giustificarsi ma non riuscendo a dire nulla.
«Non voglio sapere a cosa stessi pensando» scosse la testa la moglie, senza che il divertimento l'abbandonasse.
«No, nemmeno io...» le fece eco Rose. «Altrimenti...»
«Lo sappiamo, Rose, lo sappiamo che la tua pancia è debole: non serve che ci rinfreschi la memoria ogni singola volta» commentò Raya, alzando il tono della voce per far intendere alla ragazzina che non se ne poteva più dei suoi soliti commenti: quella, avendo raggiunto il suo scopo, si ammutolì con un sorrisetto compiaciuto.

«Be', per i prossimi tre mesi sono libera» iniziò a considerare Raya. «Ah, no, scherzavo: fino al prossimo anno a questo punto! Ho tutto il tempo per dedicarmi a lei. Un'apprendista! E chi se lo aspettava che ne avrei avuta una da così giovane!» Si spostò con un movimento cauto verso Em, prendendola per mano e mostrando tutto il suo entusiasmo. «Dai, vieni con me: iniziamo subito».

Così dicendo, la esortò a salire - sarebbero andate all'oikarion suo e di Kairos - mentre iniziava a raccontarle ogni cosa le passasse per la mente in merito al suo amato mestiere. Ma Em si era ormai focalizzata solo su un aspetto di quella ragazza, che sicuramente l'avrebbe resa la persona più tollerabile in mezzo a quella moltitudine di sbandati: finalmente aveva trovato qualcuno che non si affrettava su quelle dannate liane!

~

Spazio autrici.
Sì, lo sappiamo, questo capitolo è osceno, ma per ora non sappiamo come migliorarlo e vogliamo proseguire con la revisione: due settimane siamo state su questo e direi che sono abbastanza. Perché così tanto? Be', anticamente lo scorso e questo formavano un capitolo unico e questo sarà stato formato sì e no da 300 parole totali: le riflessioni dei personaggi in merito a un evento grave come quello che è successo se ne erano rimaste nell'anticamera del cervello. Sì, insomma, ai nostri neoteroi viene annunciato che per il loro popolo ospitante sono solo degli sporchi e schifosi traditori e loro: "Ok, ci sta bene". Capirete anche voi che dovevamo sistemare, ma senza che una loro reazione andasse a sconvolgere troppo il prosieguo. Che fatica, ma alla fine abbiamo finito! E abbiamo introdotto anche un nuovo personaggio: Raya, la moglie di Kairos, che mette così a disagio i neoteroi e rende un ebete totale il suo marituccio, come potrebbe affermare Rose. Dai, alla fine sono carini 🥰 (anche quella trombona di Rose lo pensa, anche se non lo ammetterà mai). Che ne pensate di lei e della loro coppia?
Un'ultima precisazione, poi potrete andare in pace: se vi sembra che in questi capitoli stiamo trascurando il tesoro, non preoccupatevi. Capirete anche voi che adesso tornare nell'Exo non è più il problema principale, quindi dobbiamo concentrarci su altre cose... Ma non ci siamo dimenticate del tesoro, assolutamente no! Tornerà, tornerà 😉
E con questo, ci vediamo al prossimo capitolo!
Adiòs!
~ 🐼🐢

*asebès (al plurale asebeîs): "empio" (il suo contrario è "pio", con la connotazione di "rispettoso della legge divina", e viene detto eusebès).

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