capitolo 3-Sull'Olimpo

Le rivolsi un'occhiata interrogativa. "Cosa vuoi dire?"
Clelia non rispose subito; fece qualche passo in circolo, con le mani giunte dietro la schiena. Infine, mi si accostò e mi afferrò il polso destro. "Guarda" m'impose. Ubbidii e notai che la voglia era. ..era. ..verde. Un verde scuro, della stessa tonalità dei pini. "Come. ..cosa..." non riuscivo ad articolare una frase di senso compiuto. Ricordavo bene lo strano rito a cui la dea mi aveva sottoposto; il polso era divenuto del medesimo colore. Ma quello era un sogno...
"Lo era, sì. Però era reale" Non mi accorsi di averlo detto ad alta voce finché lei non mi rispose.
"Reale? In che senso. ..reale?"
Era impossibile. Un sogno, per quanto fosse verosimile, non poteva accadere nella realtà.
Clelia si lasciò andare ad un sospiro. "Ciò che ti è accaduto nel sogno. ..ha avuto effetti anche nella realtà, come hai potuto constatare." Disse accennando al polso.
Io ero allibita. Ciò che avevo vissuto, il ragazzo, l'isola, il tempio e la dea...era tutto vero? Non era dunque frutto della mia immaginazione? Era pur vero che durante il sogno avevo avuto la percezione che esso non provenisse dal mio subconscio...ma ciò non implicava che fosse tutto reale.
Eppure. ..eppure la mia voglia verde era una prova  della veridicità delle parole di Clelia. Non potevo ignorare questo dato.
"Clelia. ..cosa sta succedendo?" La vidi sciogliersi la coda e passare le dite tra le ondulate ciocche ramate. Commetteva sempre quel gesto quando era nervosa.
"Clelia" la richiamai. "Voglio la verità." Il mio tono era deciso e severo. Era ormai chiaro che lei conoscesse molto di più di quanto mi avesse rivelato.
Lei si morse il labbro inferiore.
"Diana...tu sei...sei. ..non sei chi hai sempre pensato di essere."
Sbuffai. Sbattei un piede a terra, lanciandole un'occhiata torva.
"Non parlare per enigmi!" Mi spazientii. "Sii chiara!"
Lei, con mio sommo stupore, m'abbracciò. "Promettimi che rimarremo amiche, qualunque cosa accada."
"Ma certo" le rivolsi un'occhiata incerta.  Queste premesse così. ..sentimentali, non alludevano a nulla di buono.
Clelia si staccò, fece un respiro profondo e s'apprestò a parlare. "La verità è che tu..."
Un battito d'ali-piuttosto vicino, a giudicare dal rumore-catturò la nostra attenzione. Quando volsi lo sguardo verso l'alto, fu mia grande sorpresa scoprire che non appartenevano a un animale, bensì a qualcuno. Più precisamente, ad un ragazzo.
Questi scese lentamente a terra, ponendosi proprio di fronte a noi.
Alto e snello, indossava una tunica blu, simile a quella di un viandante, che arrivava all'altezza delle ginocchia. Sul capo,sormontato da una massa di riccioli biondi, portava il petaso,un cappello di latta dotato di due ali laterali. Ai piedi invece calzava i talari, sandali anch'essi alati. In mano reggeva il caduceo, bastone dorate sula cui sommità erano intrecciati due serpenti.  Da questi  elementi compresi che il ragazzo era Hermes, il messaggero degli dei, nonché dio dei viandanti e dei ladri. Dunque, non era certo il dio più affidabile.
"Diana, sei attesa sull' Olimpo." Annunciò in tono asettico.
"Olimpo? Il monte su cui vivono gli dei greci?Ma è solo un mito!"
E
Hermes sorrise divertito. "Ricorda che i miti hanno sempre un fondo di verità."
Inarcai un sopracciglio. Stavo davvero discutendo con un dio?
"Io non credo proprio!"
Nel frattempo, le guance di Clelia s'imporporarono.
"Mi dispiace che tu sia convinta di ciò. Evidentemente, nessuno si è curato della tua formazione in merito" disse, rivolgendo una rapida occhiata a Clelia.
Lei, se possibile, arrossì ancor di più. Mi voltai verso di lei, una domanda muta negli occhi.
La mia migliore amica si limitò ad alzare le spalle. Si conoscevano?
Il dio scosse la testa. "Le ninfe.." sospirò. "Avevo avvertito Zeus che erano inadatte ad un compito simile. Così...sentimentali, pretendono l'esclusività dal loro compagno." Borbottò quasi tra sé e sé.
"Le ninfe sono perfette proprio per il loro romanticismo. Il voto di fedeltà è essenziale in una coppia." Ribattè con stizza Clelia. "Non si può avere la presunzione d'imporre ad un dio.." Giunta all'apice della confusione,  lo interruppi bruscamente. "Ehi, non so cosa sia successo tra voi due ma al momento non mi interessa." Poggiai le mani sui fianchi. "Potrei piuttosto sapere cosa sta succedendo?"
I due mi guardarono allibiti, stupiti che avessi interrotto la loro schermaglia amorosa. Perché oramai era chiaro che avessero avuto una relazione. Dalle loro parole, avevo inoltre intuito che Clelia fosse una ninfa. La mia migliore amica, la persona che stimavo di più al mondo, era una ninfa. Davvero difficile da credere. Come tutto ciò che mi stava capitando, del resto.
Hermes si schiarì la voce. "Sono spiacente che i miei problemi personali abbiano interferito nel lavoro." Lanciò una breve occhiata a Clelia, che però alzò fieramente il mento, volgendo la testa da un'altra parte.
"In ogni caso, non hai possibilità di scelta" disse, rivolgendosi nuovamente a me "devi seguirmi sull' Olimpo."
Ero piuttosto indisposta e non lo nascosi. "Non ho intenzione di prendere ordini da un dio pennuto!" Forse la mia reazione era esagerata ma la situazione era tale da non poter dissimulare la mia immensa frustrazione.
Il dio non si scompose minimamente e schiuse le labbra piene in un sorriso canzonatorio. "Dio pennuto. ..nessuno mi aveva mai definito così prima." Posò entrambe le mani sul caduceo. "Tuttavia devo ammettere che non mi dispiace." Sospirò lievemente. "Hai carattere, ragazzina. Dubito che riuscirò a convincerti della necessità di portarti sull'Olimpo."
"Dunque...ti porrò una sola domanda: ti fidi di me?" Mi tese la mano.
Lo scrutai attentamente. Sebbene il suo splendido e candido sorriso m'apparisse affabile, negli occhi blu zaffiro brillava una luce sinistra, maliziosa ed ingannatrice. Non dovevo dimenticare che era il dio dei ladri.
"No" risposi seccamente.
"Lo immaginavo."
"Ti propongo un patto. Io ti porrò un indovinello; se troverai la risposta corretta, sarai libera di andare. In caso contrario..."
Valutai la sua offerta. Era davvero allettante. "Sarò davvero libera?" Chiesi, socchiudendo gli occhi.
"Libera come una farfalla" Fece un sorriso smagliante, che per il suo splendore risaltò sulla carnagione abbronzata.
"Ci sto" Clelia mi lanciò uno sguardo ammonitore.
"Non ti fidare" m'avvertì.
Mi voltai verso di lei. "Mi dovrei fidare di te? Di colei che mi ha mentito per dieci anni sulla sua natura?" Sbottai. Le guance si arrossarono e gli occhi scintillarono di rabbia. Ormai la mia ira per il suo tradimento mi bruciava nel petto, rendendo il respiro affannoso.
Clelia abbassò gli occhi verso terra, muta.
"Restiamo su questioni più rilevanti." Intervenne Ermes.
"Il mio indovinello è.. ieri lo è stato, domani lo sarà. Cos'è?"
Ci riflettei sopra. "Io ehm. .." mi morsi il labbro inferiore. "Non lo so"
Il dio s'aprì in un sorriso astuto. "Oggi"

"Mi hai ingannata!" Protestai mentre il dio mi cingeva la vita per trasportarmi sull' Olimpo.
Egli sorrise in modo canzonatorio. "Sono il dio dei ladri, che ti aspettavi?" Si levò a mezz'aria.
Lo fulminai con lo sguardo.
"Aspetta" la voce di Clelia, dalla distanza a cui era, mi giunse attutita. "La promessa che mi hai fatto...è ancora valida?"
Nella sua voce, nonché nel suo sguardo di ambra, colsi una nota d'implorazione.
Tuttavia, non ero certa di volerla perdonare. Non ora. Le lanciai dunque un'occhiata incerta ma non risposi.

Il viaggio fu faticoso; l'aria era rarefatta rendeva il respiro affannoso e il freddo-pur essendo circondata dalle braccia di Hermes-penetrava nelle ossa. L'unico aspetto positivo fu lo spettacolo meraviglioso del cielo che, essendo l'alba, trascoloriva nelle sfumature dell' oro e del rosso.
Ad ogni modo, non impiegammo molto a raggiungere la meta che, anche senza le indicazioni di Hermes, individuai da sola. Al di sopra di una grande, candida nuvola s'estendeva una città. ..l'Olimpo.
"M-ma non...non era sul monte Olimpo?" Chiesi sorpresa mentre Hermes mi guidava verso la città.
Il dio fece una risatina. "Quello è un mito umano" spiegò "Originariamente, agli albori della società greca,noi del Dodekatheon vivevamo davvero sul monte Olimpo. Col tempo però, sempre più semidei, ninfe e altre divinità minori chiesero di vivere con noi. Lo spazio disponibile non era sufficiente così Zeus creò un'immensa nuvola su cui tuttora è ubicato l'Olimpo. Essa è vagante; si sposta grazie ad Eolo, dio del vento, permettendoci di vedere il mondo intero senza lasciare la patria."
Annuii. Piuttosto rivoluzionario rispetto alla mitologia classica.
Nel frattempo, ci avvicinammo alla città ed Hermes, con estrema delicatezza, atterrò su una strada battuta.
Si distaccò da me. "Il lavoro mi attende" scosse lievemente la testa. "Tuttavia, ti troverò una guida che ti mostri l'Olimpo"
Stavo per ribattere che non ne avevo bisogno quando Hermes indicò un ragazzo biondo che sostava vicino ad una casa, dall' altra parte della strada. Aveva qualcosa di familiare.
"Morfeo!" Lo richiamò "vieni qui" il ragazzo si guardò intorno spaesato e ci raggiunse."Falle da guida"
Sgranai gli occhi. "Ma io ti conosco!" Esclamai.
Morfeo-ormai il suo nome mi era noto- si grattò la testa, a disagio. Hermes si voltò verso di me poi, dopo aver lanciato una breve occhiata al dio, fece un sorriso in cui s'intravedeva una punta di divertimento.
"Vi lascio ai vostri contrasti" Diede una pacca sulla spalla di Morfeo e volò via.
Inarcai un sopracciglio, incrociai le braccia sul petto e gli rivolsi uno sguardo torvo, in attesa di risposte.
"Io, beh..." le guance gli si colorirono di rosso "non potevo dirtelo" si giustificò.
"Chi te l'ha imposto? Sei un dio, no? Dovresti avere la libertà di agire"
"In realtà no. Tutti gli dei devono sottostare al volere di Zeus."
Sospirai. "Capisco" Lo squadrai rapidamente.
"Hai dissimulato bene la tua natura" osservai
Aveva lo stesso aspetto di quando l'avevo incontrato la prima volta. Perché mai un dio, il dio dei sogni, dovrebbe assumere un aspetto così. ..banale?
"Non amo atteggiarmi come un dio" confessò, rispondendo alla mia domanda implicita.
Sorrise. "Beh, iniziamo questo giro?"
Solo in quel momento maturai la consapevolezza di essere effettivamente sull' Olimpo.
"È reale? Non è una visione che hai creato tu?" Chiesi alludendo al sogno che, ormai ne avevo la certezza, era stato plasmato da lui.
"Naturalmente. Posso comprendere la tua incredulità ma ti assicuro che è tutto vero."
Socchiusi gli occhi. Per quanto si mostrasse affidabile, non potevo fidarmi di lui. Come potevo, dopo che mi aveva celato la sua reale identità?
"Dammene una prova"
Schiuse le labbra in un sorriso enigmatico. "Hai appena confessato che il tuo sogno più recente non proviene da te" fece una pausa "non è essa stessa una prova che tu ammetti l'esistenza di questa realtà?"
Sconfitta, lo seguii.

L'Olimpo era davvero un luogo meraviglioso. Morfeo mi spiegò che la strada lastricata su cui camminavamo era la via maestra, la Nike. Ai lati, si elevavano maestosi edifici di marmo bianco, abbacinante alla luce del sole. Al termine di essa, vi era poi un'autentica agorà greca. Era composta un ampio porticato circolare, sorretto da colonne ioniche. Ai lati, sorgevano alti palazzi-come mi spiegò Morfeo- sede di scambi commerciali, dibattiti filosofici e politici. Al di là della piazza, si scorgeva poi la tipica struttura semicircolare di un teatro.
Al centro dell'agorà invece una vasta gamma di personaggi, tra cui semidei, umani, centauri, fauni e ninfe, conversavano, trattavano o passeggiavano.
Osservavo tutto con gli occhi luccicanti d'ammirazione e, di tanto in tanto, emettevo  gridolini di stupore.
Ad un tratto, scorsi un uomo anziano dalla lunga barba bianca, attorno al quale si era radunato un capanello di ragazzi che lo ascoltavano rapiti. L'anziano gesticolava dunque freneticamente mentre con, voce calma, spiegava un argomento di evidente interesse.
Dalla distanza in cui ero, non potevo conoscere l'oggetto della trattazione; tuttavia, l'uomo emanava un'aria carismatica, intrisa di autorevolezza e serenità al tempo stesso, che t'induceva ad ascoltarlo.
"Chi è?" Sussurrai a Morfeo, indicandolo.
"Socrate"
"Socrate!?" Ripetei. A voce un po' troppo alta, a giudicare dalle brevi occhiatacce che mi lanciò la gente.
"Abbassa la voce" m'impose infatti Morfeo. "Sì, è Socrate. Contrariamente a quanto credono gli umani, coloro che hanno vissuto in modo lodevole-come eroi o filosofi- non vivono nell' isola dei Beati, bensì essi sono stati ritenuti degni di vivere sull' Olimpo"
Ero sempre più esterrefatta. "È meraviglioso"
Mi sorrise. "È l'effetto che fa a tutti coloro che visitano l'Olimpo per la prima volta" il sorriso gle si spense sul volto. "Ora però ti devo condurre al tempio"
Indicò l'altura su cui si ergeva fiero il tempio del Dodekatheon. Il luogo in cui avrebbero deciso la mia sorte.

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