Ricordi

Erano le calende di febbraio, il mese della februa.
La gelida morsa invernale non dava ancora tregua, ma nell'aria, si poteva sentire il leggero stuzzicore del cambiamento.
L'aria era più leggera, tra gli alberi, si notava il cielo meno plumbeo, mentre pungeva la vista con i raggi solari, seppur ancora troppo pallidi per scaldare davvero.

Questo però, non sembrava importare al grande alpha, che sedeva rizzato sulle zampe pesanti. Gli occhi animali e lupeschi, fissavano i marchi in forma triangolare, le tre impronte che Erdinal, Igor e Victor avevano lasciato circa quattordici anni prima.

Ora la neve s'era sciolta, ma queste erano ben marchiate sul terreno, affondando le radici intente a non lasciarlo più, la fragranza dei tre lupi era scomparsa, ma Shakai la poteva sentire, impressa nei ricordi ammalati di periodi lontani.

I rubini si fermarono, perdendosi sulla crepa che era venuta a crearsi il giorno della rottura del patto, l'impronta di Victor giaceva distante.
Si accesero cattivi come lava fondente.
Il cervello creò da solo immagini disconnesse.
La mamma, ormai ripresasi dalla malattia, era in procinto di lasciare il branco a cui aveva giurato fedeltà, piangeva trascinando di qua e di là Shaila la sorella più piccola di qualche anno, dal polso; Lui, allora bimbo e paffutello si aggrappava alla gamba della donna, chiedendole di portarlo con lei, supplicandola con il moccio al naso e i lacrimoni sulle guanciotte di non lasciarlo, ricevendo però, solo una piccola spinta alla spalla per scostarlo, spinta che lo avrebbe successivamente allontanato dall'altra metà dalla sua famiglia.
Emory, era presa a buttare alla rinfusa qualcosa in un sacco mentre urlava isterica al marito, che mai, sarebbe stata al fianco di un uomo così ingiusto e ignobile.
Cosa che lo distrusse in mille cocci.
Parole che al tempo il piccolo Shakai, non comprendeva davvero.
La porta di casa che veniva sbattuta, fu l'eco della porta dell'anima di Shakai che veniva chiusa. Il cuore accartocciato.

Per il resto degli anni viaggiò solo, nell'imbo del suo silenzio, rotto dalle urla di donne e bambini, di urla di guerrieri e urla di nemici.
Le sue orecchie sanguinavano.
I ricordi sopraffarono Shakai, il respiro rotto dai ringhi continui. Erano ringhi diversi dai soliti cattivi.
Erano ringhi sottili di chi soffriva.
Erano ringhi di chi temeva la solitudine.
Shakai, traballò malfermo verso l'impronta di suo padre defunto accucciandosi vicino.
Le orecchie appiattite sulle nuca, in una silenziosa preghiera.
Suo padre non era cattivo, era un valido leader ed un amabile capo famiglia, lui lo sapeva e gli mancava come l'aria.
Casa sua, era diventata irrespirabile senza quelle boccate d'aria che potevano riscaldargli il cuore, dunque aspriva meglio a dormire sull'erba del bosco, carezzato dal vento pungente e da qualche goccia di rugiada.
A niente erano servite le supplice del piccolo Connie.
Sapeva che il branco era preoccupato, ma la sua autorevolezza, non permetteva l'avvicinamento di nessuno, lasciandolo nel degrado di una caduta crescente.
Non aveva piani così oltraggiosi, le none del mese erano ancora lontane,il branco ora era al sicuro e lui, aveva appena finito la sua successione.
Il corpo assimilava il tutto dopo un po' di giorni di ricomposizione, colpa delle ferite del rito, troppo profonde e brucianti.


Odore di pino. Molkov, figlio di Victor, raggiunse Shakai a passo lesto e lungo portandolo sull'attenti, l'aria tesa si arguiva, ad ogni centimetro che tra loro scompariva.
Shakai lo fissava flemmatico, il respiro, ancora regolare e calmo.
Non aveva la forza per inutili battaglie, non ora.
Ossa scricchiolanti e il lupo si trasformò in umano, gli occhi grigi e liquidi, i capelli castani scomposti e la pelle olivastra.
Molkov, era un insieme di bellezza del nord. I muscoli non eccessivi conferivano un'aria atuorevole, da Alpha qual'era, ma Shakai, non trovava motivo per perderci gli occhi ulteriormente, non era ciò che voleva.
Rimase lupo, osservando l'altro avvicinarsi ancora.
«Che ci fai qua? Dovresti goderti la pace del branco finché dura.»
Il ghigno malefico faceva capire a tutti che lo avesse ereditato dal padre. Aveva il canino leggermente storto, conferendone un aspetto trasandato.

Non ottenendo risposta Molkov, roteò gli occhi nell'ambiente circostante. Le tre impronte erano diventate ormai un monumento, il posto non era niente di particolare, gli alberi caduti e l'erba secca non lo facevano sembrare accomodante, esattamente come l'espressione assottigliata di Shakai.
Molkov alzò le mani.
«Calmo, calmo, non sono qui per ucciderti, non oggi. Ho saputo che hai incontrato qualcuno... Pensavo... È stata una mossa azzardata portarlo nel tuo branco. Non credi?»
Si beffeggiò di lui ancora. Shakai gli avrebbe tolto molto volentieri, quel ghigno dal muso a suon di cazzotti e morsi, ma doveva mantenere saldi i nervi.
«Allora? Quando mi presenterai la principessa che ha fatto finalmente battere tanto il tuo cuore corazzato? Sono sicuro che possiamo divertirci un po'»
La sua pazienza aveva però un limite.
Shakai scattò come una molla, all'occhiolino malizioso, fendendo l'aria, come una lancia che spicca con forza grazie all'arco.
I muscoli delle cosce si contrassero per lo sforzo.
L'umano non perse tempo a lanciarsi in aria con un balzo, trasformandosi anch'egli in animale, spalancando le fauci e scontrandole con quelle dell'avversario.
Il rumore eccheggiò tra gli alberi deserti.
I due, per l'impatto, volteggiarono uno sopra l'altro, rotolando tra scheggie e foglie. Bruno e grigio diventarono una macchia indistinguibile.
I morsi volarono, Shakai fu il primo a rimettersi in piedi, attaccò il fianco, mordendo l'aria per l'abile mossa di Molkov che s'era alzato. Continuarono così, la bava aumentava mentre paravano e colpivano, finché, un guaito dolorante ruppe tutto. Shakai aveva morso la coscia di Molkov e nonostante gli scossoni, teneva la presa. Sentiva il sangue scorrere a fiotti in gola, l'odore pungente per il naso scontrato contro la pelliccia bruna e il sapore di carne cruda tra i denti, i canini erano affondati in profondità, recidendo quasi l'arteria che sarebbe costata cara la vita a Molkov.
Qualche centimetro e l'avrebbero fatta finita così, ma Shakai si fermò e si staccò, guardando l'avversario accasciarsi al suolo, girando la testa verso di lui e ringhiando d'avvertimento con occhi annebbiati per lo stentato svenimento.
Strisciò perdendosi tra la boscaglia, un sentiero di sangue dietro di lui.

'Cosa ne sà della mia anima? Se solo prova a sfiorarlo anche solo con gli occhi, sarà la fine del branco Tenebris.'
Shakai barcollò all'indietro trasformandosi.
Scontrò la schiena contro un tronco graffiandosela mentre esaminava i morsi e i graffi sul corpo, il più doloroso era sotto lo zigomo,lo tagliava in due, rendendogli faticoso strizzare l'occhio e allungare le labbra.
'Devo portare il coniglio da me, nonostante sia assolutamente ridicolo farlo ritrovare in una tana di lupi, devo prendermi cura di ciò che è mio.'

Con la mano sul petto dolorante per le botte, si avviò anche lui lontano, doveva organizzare un giro di ronda per scovare il piccolo e portarlo dal branco. Il suo stomaco era contratto dalla paura che, mai aveva provato così intensa.

Antiel, aveva voglia di dire al mondo quanto fosse difficile catturare un coniglio che possedeva l'intelligenza di un umano, l'audacia di un terremoto e la velocità di un ghepardo, a mani nude. Antiel stesso lo comprese quel giorno, ed era davvero, davvero, scioccato.
Correva da almeno un'ora a per di fiato, dietro al batuffolo grigio che saltava senza perdere il respiro da un lato all'altro, era instancabile.
Nonostante fosse grande quanto alla sua testa lo stava facendo arrabbiare come a pochi. Antiel guardò lontano, notando un cipresso, ai piedi, con occhi attenti, si notava una piccola tana. Storse il naso, gli mancava poco per acciuffarlo, una volta entrato là, sarebbe stato difficile farlo uscire.

Antiel maledisse mentalmente Shakai, ancora non capiva perché si trovasse ad inseguire un coniglio che avrebbe potuto tranquillamente mangiare.
Sapeva solo che chi lo avesse trovato lo avrebbe dovuto portare al branco, e se fosse stato ferito l'avrebbe fatta pagare cara a chiunque fosse in dovere.
Il secondo in comando aumentò la potenza dei passi, l'aria sbatteva sul muso per la velocità. Mai aveva visto, un coniglio così veloce.
A pochi centimetri di distanza si lanciò, atterrando davanti alla tana.
'Oh...'
Il coniglio non si fermava, passò di filata  tra le sue zampe infilandosi nel buco, lasciandosi dietro un lupo sconcertato e interrogativo.
'Cos'è successo?'
Il lupo si guardò tra le zampe, allungando così tanto il collo che rotolò, trovandosi a pancia in sù.
'Oh no, è entrato. Io voglio solo andare a casa, ho così tanta fame, e l'odore di questo coniglio non aiuta.'

Mezz'ora dopo, Antiel era ancora davanti a quel dannato cipresso, solo che ora aveva sembianze umane. La nudità non era di certo un problema, non quando non c'era nessuno nei dintorni.
Aveva provato a mettere la mano all'interno della tana, ma era stato morso da dei piccoli denti che avevano reciso la pelle lasciandola sanguinolente.
'No,non può essere un coniglio, è sicuramente un mostro'
Eppure il muso dolce che lo fissava spiare diceva il contrario.
L'uomo passò una mano tra i capelli neri leggermente lunghi, indietreggiando e sbuffando contrariato.
'Cosa dovrei fare?'
Sedette a gambe incrociate su una radice mentre cercava di contattare il suo Alpha.
Shakai rispose subito.
'Che succede?'
'L'ho trovato.'
'Sei al branco?'
'No signore.'
'E Che Aspetti A Portarcelo?'
'Shakai, io ci ho provato, ma questo coniglio è un demonio, si è ficcato in questo buco e mi sta prendendo in giro, penso che mi odi. E io non ho provato a mangiarlo dico dav.."
'Antiel, stai zitto ti prego, neanche un coniglio sai catturare, dimmi dove ti trovi.'
'Sono al grande cipresso.'
Il segnale si interruppe bruscamente, facendo fischiare le orecchie di Antiel che borbottò incrociando le braccia.
'Io sò catturare i conigli, ma questo è proprio strano.'

Bonnie sonnecchiava leggero, tranquillo grazie alla consapevolezza della stupidità di quel lupo.
Sonnecchiava fin quando una grossa mano rientrò, diversa dall'altra. Bonnie morse come prima, ma questa, invece di retrocedere stette nella piccola bocca, stringendo intorno al suo petto e trascinandolo fuori.
Shakai guardava male Antiel, mentre tirava fuori il batuffolo, il morso era una carezza in confronto all'azzuffata precendente.
Il coniglio scalciava come un matto cercando di sgusciare fuori dalla presa forte e rude quando finalmente, si ritrovò faccia a faccia con i suoi rapitori essendo girato di schiena, il primo che entrò nel suo raggio visivo fu il secondo. Lo guardò talmente male che il lupo deglutì pesantemente.
«Ei, non guardarmi così male,non ti ho mica ucciso»

La voce fece stridere il coniglio, che ancora si dimenava mentre veniva voltato verso chi lo reggeva, troppo occupato per captare i segnali.
Shakai sorrise teneramente guardando gli occhi castani della sua anima, che aveva scoperto essere peperino.
Averlo vicino lo calmava, armonizzava perfettamente con la sua mente.
Lo faceva innamorare pazzamente, l'odore di mandorla a mandarlo fuori di testa. Avrebbe voluto chiuderlo in un taschino e portarselo con lui sempre, la sua piccola fonte di tranquillità.
Il coniglio si afflosciò alla vista di due occhi rossi che conosceva molto bene, anche se ora ricoprivano le vesti da umano.
Sfortunatamente, sapeva di non essere indenne a quello sguardo, cosa affermata dalle zampe divenute molli, quindi, si arrese in principio. Con l'orgoglio sotto i piedi, poggiò il mento nell'incavo del braccio, lasciandosi trasportare da qualche parte, stando stretto in quelle braccia calde e muscolose che odoravano di caramello e mistero.
'Che cosa vogliono da me?'

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«Non capisco come tu faccia ad essere il mio secondo, davvero. Male? Un coniglietto così carino?»
La mascella di Antiel quasi cadde a terra all'udire quelle parole.
«Carino? Mi ha morso Shakai, MORSO!
Mi ha fatto aspettare un'ora là davanti, mentre lui dormiva tranquillo,mi ha fatto correre come un pazzo e tu ti lasci abbindolare da questo musetto tenero?»
Si, lo ammetteva, quel coniglio aveva il muso più dolce che avesse mai visto.
'Oh,se solo sapessi  della tempesta che tengo dentro, Antiel.'
I due stavano camminando, sussurravano per non svegliare il coniglio che stranamente si era addormentato, protetto dal petto dell'Alpha, che lo accarezzava pigramente sulle orecchie.
Antiel osservava tutto attentamente
'Che diamine succede? Quindi anche Shakai comportarsi in maniera tenera?  E poi... Chi è davvero questo coniglio?'
C'era uno strano odore nell'aria, sapeva d'affetto, rabbrividì al ricordo delle innumerevoli volte in cui il suo alpha lo aveva gridato, a quanti colpi si era preso durante gli allenamenti e alle occhiate dure e fredde che lanciava a destra e a manca.

Sembrava completamente perso in quel coniglio peloso.
Shakai non rispose, stufo di tutte quelle domande, con lo stomaco sotto sopra dall'emozione, cercava di domare il fuoco che progrediva in lui, mentre a muso duro portava il suo amato al sicuro, con il cuore che piano piano si lisciava dalle mille pieghe, contento di sapere che una parte così importante di lui fosse al sicuro.

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