Cas, Cal & Con

Branco Pacificae

Castiel, guardava da lontano la sua anima stesa sull'erba mossa dal vento, teneva il viso rivolto verso il cielo immenso e azzurro, gli occhi a mandorla socchiusi leggermente ler via dei pallidi raggi solari che, quella mattina, il sole offriva.
Il suo atteggiamento, mostrava fastidio e disapprovazione, lo si poteva notare dal naso increspato e dalle labbra rosee arricciate. Castiel sapeva fosse colpa sua, complice, la litigata che avevano avuto pochi minuti prima.

Coly, che aveva assistito da lontano, decise di avvicinarsi e accovacciarsi accanto al fratello, seguì la sua traiettoria sbuffando sconcertato, da quell'atteggiamento immaturo.
«Dovresti andare a scusarti.»
Nonostante stesse parlando, non stava guardando il fratello, ma fissava anche lui il più piccolo. Era bello come non mai. La pelliccia a casacca che portava, aveva lasciato scoperte le gambe, toniche e leggermente muscolose, bianche come le braccia che per quanto fossero pallide mostravano diverse venature, incrociate ora dietro la testa.
I capelli fini e neri, avevano coperto completamente le spalle e la fronte, nascondendole come un velo.
Ultimamente erano cresciuti molto, costringendolo a legarli in un codino basso, cosa che in quel momento mancava.
L'odore di rosa selvatica era presente nell'aria, che, appesantita dalla rabbia, faceva storcere il naso alle sue due anime.
«Non devo chiedere scusa a nessuno.»
Il broncio che Castiel mise su nonostante l'età, fece incrociare le braccia al più grande, più grande solo di qualche minuto.
Guardò il gemello con disapprovazione, passando una mano fra i suoi capelli marrone scuro, scompigliando maggiormente quella zazzera accattivante.
«Lo sai, quanto lui ci tenga a queste cose. Non avresti dovuto usare il tono da Alpha, lo hai indispettito, e ora sei qui a marcire nei sensi di colpa, e poi non riesco più ad annusare il suo odore mischiato alla rabbia,mi fa sentire sotto pressione.»
«Nessun senso di colpa.»
Coly socchiuse gli occhi scuri, simili a quelli del fratello, non capacitandosi da dove avesse preso quel carattere scontroso.
Perché, nonostante loro padre Igor, fosse la persona più buona del mondo, pronto a parlare in caso di disguidi, Castiel, era uscito con la lingua lunga e acida, le sopracciglia sempre aggrottate e l'atteggiamento costantemente aggressivo.
Era difficile capirlo, specialmente per Coly, che al suo contrario aveva erditato dal padre buona parte del suo amore per il mondo. Quei due, nonostante fossero gemelli, erano il sole e la luna, due mondi differenti, difficile capire come andassero d'accordo.
Vivevano di litigi, da piccoli le pernacchie e i dispetti volavano a destra e a manca, finchè la dea Luna, aveva deciso di donare ai due, uno dei grattacapi più grandi che avessero mai affrontato.
Un'anima condivisa. Cosa rara.
Esso si era riscoperto come la loro bilancia.
Can, era un perfetto miscuglio dei due, dolce e scontroso al tempo stesso.
Dal corpo tonico e slanciato, il giusto, per renderlo appetibile ai loro occhi.
I capelli neri come la pece e gli occhi scuri altrettanto, liquidi e pieni di vita, allungati leggermente di più rispetto ai componenti di quel branco orientale.
Le labbra rosa e sottili, protese in bronci e sorrisi affilati.
Mai si sarebbero aspettati, qualcosa di più bello e piacevole.

Avevano avuto la fortuna di incontrarsi da molto giovani. All'inizio, si era creata un'amicizia più che stretta, che crescendo li aveva resi consapevoli che essa andava ben oltre. Finché alla fine non si erano reclamati; Creando, nonostante i disguidi, i disaccordi e le litigate, un legame raro da vedere, parecchio invidiato da tutti per l'amore e il rispetto che dimostrava.

Castiel, poggiò la testa sulla spalla ampia di Coly, strizzando gli occhi e lasciandosi circondare il busto con un braccio.
«Sai quanto vorrei aiutarli, ma sono impossibilitato.»
«Lo so Cas, anche io vorrei farlo, ma il rischio è troppo alto, non voglio che il nostro branco soffra come quello dei Magna Coetus.»
Coly si sentiva male, condivideva ogni sentimento con il suo gemello.
Era tutto iniziato tempo addietro, quando, il più piccolo dei tre, Can, aveva assistito ad un episodio di violenza dei Magna Coetus, da cui i Tenebris non davano tregua.

Non appena le sue due anime erano diventate Alpha, dopo la successione, si era impuntato a piedi fermi che voleva aiutare quel branco, che non fosse giusto ciò che accadeva e che stare fermi a guardare faceva di loro brutte persone, il tutto accompagnato da grossi lacrimoni e labbra tremanti che fecero stringere il cuore alle sue metà.

Castiel e Coly, avevano snobbato il tutto, con una grossa scrollata di spalle e qualche coccola, spiegandogli che non potevano fare nulla se non volevano cadere nella stessa tirannia.
Ancora oggi, però, l'argomento usciva di tanto in tanto, esattamente come quel giorno. Quando il piccolo aveva posto nuovamente la domanda.
«Sono sicuro che possiamo fare qualcosa per loro, perché non volete?»
Castiel s'era infervorato e aveva alzato la voce eccessivamente, si sentì ferito per quelle parole, non voleva che Can pensasse che lui non avesse sentimenti.
Non c'era voluto molto a guadagnarsi un'occhiataccia fulminante da parte dell'altro, che poi si era alzato e a grandi falcate si era sdraiato lontano dai due.
«Come fa a non capire che lo facciamo anche per lui? Non voglio che lo tocchino.»
Una lacrima solitaria corse lungo la mascella di Castiel, bagnando la spalla di Coly che, finalmente capì quanto suo fratello si sentisse inadeguato e impotente di fronte a quelle violenze.
Baciò il profilo della sua testa per incoraggiarlo.
«Sono sicuro che lui capisce, ma è troppo sensibile su questo argomento, specialmente dopo ciò che ha visto.»
Entrambi rabbrividirono ricordandosi il piccolo in lacrime, mentre gli raccontava di come un uomo avesse ucciso una donna, violentandola davanti a suo figlio.

Strinsero i denti  nel ricordare di quanto ci aveva messo a superare quel trauma.
Il ragazzo dai capelli corti e scuri si alzò dal masso su cui stavano seduti.
«Andrò da lui.»
Si allontanò occhieggiato fieramente da Coly.

Quando Can sentì dei passi raggiungerlo, sospirò sentendo nell'aria l'odore di pioggia, portato dal suo compagno Castiel.
Sinceramente, non aveva voglia di stare a sentire le sue lamentele.
Appena sentì l'erba appiattirsi sotto il peso dell'altro, si sedette anche lui, portandosi i capelli dietro le spalle senza distogliere gli occhi sottili dall'orizzonte.
«Mi dispiace, Can»
Il cuore del minore sfarfallò un po' a quella parole. Si voltò.
Castiel aveva lo sguardo amaro e le labbra serrate, come la maggior parte delle volte.
Difficile capire cosa pensasse, ma non per Can che, grazie al loro legame aveva imparato a comprenderlo.
Subito intuì la sincerità di quelle parole.
Sorrise leggermente verso di lui, contento di quelle scuse inaspettate.
«Non avrei dovuto urlarti contro, ma vorrei che tu capissi, quanto tutto ciò sia complicato per me, per noi.
La metà del nostro branco pensa che noi non vogliamo fare nulla di fronte a ciò, ma non è così.
Non sai quante volte, vorrei svegliarmi e disintegrare uno per uno quegli uomini, che deturpano le donne distruggendo famiglie, frantumando i sentimenti. Ma non posso, non voglio che altre persone, che la mia gente, per colpa di un mio gesto ingenuo finisca tra quelle grinfie.
So che di nascosto si approfittano anche dei ragazzini più deboli e non voglio che tu venga toccato Can, marcirei all'inferno pur di saperti al sicuro.»
Le mani di Castiel, tremarono impercettibilmente.
«Non sono un ragazzino indifeso Cas, ma comprendo finalmente ciò che provi. Dispiace anche a me per la mia insistenza, però sono sinceramente preoccupato per quel branco.»
Can per fare comprendere a pieno di averlo già perdonato, si sdraiò, portando sul suo petto Castiel che si strinse il labbro fra i denti.
Il lento alzarsi e abbassarsi del petto muscoloso, lo portò a socchiudere gli occhi, sperando che Can lo avesse perdonato davvero.
Quest ultimo accarezzò la sua schiena in lenti movimenti, per diversi minuti, finché non sentì il respiro dell'altro farsi pesante.
Si era addormentato.
Spostò dolcemente i capelli scompigliati, osservando le sue palpebre sigillate e gli posò un bacio sulla fronte, sentendosi meglio con le loro pelli a contatto e le gambe intrecciate.
Amava così tanto il suo dolce Castiel.

Coly raggiunse i due e sedette affianco a loro, poggiò un mano sulla coscia di Can, posando un bacio sulle loro guance.
Scontrò i suoi occhi con il più piccolo e si sorrisero, contenti che, finalmente Cas si fosse aperto un po' di più. Spostarono poi li occhi verso il cielo, dove uno stormo di uccelli volteggiava leggero, si sentiva nel silenzio, il brusio che il loro branco a qualche metro di distanza, produceva.
«Nonostante si faccia vedere burbero, dentro è dolce come il miele.»
Il ragazzo dai capelli di una tonalità più chiara rispetto a Castiel, annuì, ridacchiando silenziosamente.
«Grazie per averlo perdonato ancora.»
«Non devi ringraziarmi,ci apparteniamo, se non ci perdoniamo tra noi, chi altro può farlo?»
«Ti amo Can.»
«Ti amo anch'io Coly.»
Can spostò una mano dalla schiena di Cas, continuando a circondarlo con l'altro braccio. Lo portò dunque su quella di Coly, accompagnandolo giù con loro.
Il maggiore si sentiva rassicurato da quelle parole.

Tra di loro non era cambiato nulla.
' Non posso chiedere di meglio."
Portò un braccio lungo la pancia della sua anima e circondò anche i fianchi di suo fratello, contento di averli nella sua vita.

Quando Bonnie si svegliò, lo fece sulla riva del fiume, ignaro di dove avesse passato le due ore precendenti.
Shakai, aveva rispettato l'accordo con se stesso.
Si guardò intorno sbadigliando e stiracchiandosi leggermente.

Ricordava di essersi addormentato con lui, ma ora non c'era, uno strano vuoto si aprì nel cuore, si scrollò di dosso il sonno e ignorandolo, saltò il fiume, attento a qualsiasi movimento che gli avrebbe riportato addosso l'orso mannaro.
Adocchiò la zona con attenzione, saltando tranquillo fino alla radura dell'erba alta, il posto che più gli piaceva.
Il nome era dato dalla vegetazione alta, in cui riusciva a nascondersi e a mangiare molto.
Ricordava quel posto in maniera frammentata fra i suoi ricordi, suo padre ce lo aveva portato da piccolo per insegnarli ad ascoltare la natura. All'ora, c'erano molti più fiori.
Quel giorno, il caldo rendeva le pietre ardenti.
Ricordava ancora lo sguardo fiero del padre, mentre lo elogiava, quando assorbiva per bene i suoi insegnamenti.
Bonnie si sdraiò per terra, malinconico per quei pensieri, dannando quel branco di orsi mannari per aver buttato giù il suo branco come carta pesta;
Avrebbe dato tutto per riabbracciare i suoi cari, giocare con i suoi amici, stringersi al grembo di sua madre e imparare ancora dal papà, che tanto lo faceva sentire protetto.

In quel momento sentì il bisogno cocente di avere il lupo grigio con lui, era qualcosa di improvviso, come la fame, sentiva uno strano disagio prendergli le ossa.
Bonnie, che aveva sentito parlare poco e nulla di tutta la questione "Anime", non collegava nulla a ciò.
La sua poca interazione con il resto del mondo, che non fossero piante e casini aveva portato a ciò.
Beata ignoranza.
' Che scherzo è mai questo? Perché lo dovrei volere con me?'
Il coniglio rotolò a pancia in sù, cercando di dimenticare tutte le sensazione che il lupo, probabilmente alpha gli donava, tutte le scosse elettriche che gli facevano vibrare il cuore e contorcere lo stomaco.
Lui, non aveva bisogno di quel lupo.

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