Benoît

«Cosa c'è che non va Bonnie?» il bambino dai capelli rossi, stava giocando con gli altri bambini, finché con gli occhi verdi, non aveva intravisto Bonnie guardarlo da lontano. Allora si era avvicinato curioso, costringendo il più grande ad abbassarsi alla sua altezza.

Bonnie si limitò a guardarlo negli occhi per un po', prima di fare un piccolo sorriso ricordandosi della sera in cui avevano parlato, dopo essere stato beccato in casa di Shakai.

«Nulla di preoccupante. Non vai a giocare?» fece un cenno verso li altri cuccioli.

Connie scosse la testa, smuovendo i boccoli «Non mi va più.» alzò le spalle.

«Perché non dormi a casa nostra? Shakai non ti vuole?» chiese, ridendo quando gli venne poggiato un buffetto sulla spalla.

«Esattamente. Mi ha costretto a vivere da un'altra parte.» si guardò intorno avvicinandosi all'orecchio del bambino «Ma è questione di poco tempo e Shakai mi vorrà costantemente intorno.»

Si alzò con uno slancio, prendendolo in braccio. «Che ne dici di venire a visitare il posto dove sto? Così puoi venire ogni volta che ne avrai voglia.» propose, già iniziando a camminare. Connie era comunque d'accordo, perché non protestò, poggiando gli occhi oltre gli alberi lontani.

Bonnie lo notò ma non disse nulla.

[...]

La porta sbatté «Bonnie! Connie-» la voce non ebbe tempo di finire la frase che, la bocca venne tappata da una mano e la sua schiena colpì la porta appena chiusa.

Bonnie lo stava guardando da mezzo centimetro di distanza. Il coniglio aveva sentito la nota speziata avvicinarsi alla casa e non aveva perso tempo a raggiungere l'ingresso.

Shakai gli poggiò la mano sul polso e scostò la mano «Perché mi tappi la bocca?» infastidito cercò di scostarlo, ma Bonnie gli compresse il corpo con il suo.

«Connie sta dormendo di sopra» e sorrise quando lo vide tirare un sospiro di sollievo, prima di strabuzzare gli occhi, come se una volta scomparsa la preoccupazione, si fosse davvero reso conto di quel peso contro il suo.

Gli occhi rossi e neri corsero intorno, guardando la sala piccola senza troppi particolari e le scale di legno vecchio.

«Ora... Puoi lasciarmi andare.» deglutì, lasciando il polso che ancora stava stringendo.

«E se facessimo ciò che abbiamo fatto ieri?» chiese l'altro, già con lo sguardo fisso su quelle labbra.

«E se Connie dovesse vederci? Non sono spettacoli da far vedere ad un cucciolo.» Shakai cercò di toglierlo ancora una volta, ma Bonnie gli baciò tenero una guancia, facendolo fermare.

«Connie sta dormendo, te lo posso assicurare» cantilenò, sicuro dato che anche lui era crollato accanto al bambino e quando lo aveva lasciato solo, se ne stava abbracciato ad un cuscino con le palpebre abbassate.

Il lupo non ebbe tempo di pensare, che il coniglio lo baciò subito. Senza vie di mezzo cercò di fare passare la lingua tra le labbra. Gli concesse il permesso con nessuna voglia di resistere, facendo attorcigliare i muscoli bagnati.

Chiuse gli occhi intrecciando le dita in quei capelli lunghi e grigi come l'argento. Bonnie sembrò apprezzare quel gesto, lodandolo con un profondo respiro, con i brividi che gli avevano preso la nuca, dove le dita lo sfioravano.

Il più alto lasciò le labbra dopo averle succhiate e abbassò il volto, seguendo quella scia di odore al caramello fino al collo. Lo baciò, un due, tre volte, prima di morderglielo delicatamente.

Shakai gemette e Bonnie estasiato, chiuse le mani sotto le sue cosce tirandolo su, per essere più comodo nel vezzeggiare quella carne.

Il lupo gli incrociò le gambe intorno alla vita e sbatté la testa contro il muro, quando ebbe l'impulso di gettarla all'indietro. Se ne fregò, perché in quel momento i loro bacini entrarono in contatto, facendogli mordere le labbra per trattenere li ansimi. Bonnie dal canto suo, troppo preso da tutte quelle forti e nuove emozioni, gemeva contro il collo in cui aveva affondato il volto, ripetendo lo stesso movimento, per avere lo stesso sfregamento.

Erano però troppo rumorosi quei gemiti misti ai ringhi e costrinsero Shakai a bloccargli la bocca con un altro bacio, dopo avergli fatto alzare la testa. Intanto si mosse anche lui, andando incontro a quei movimenti che diventarono presto, sconnessi e disordinati.

Shakai gli tappò le labbra con una mano e mentre Bonnie teneva gli occhi lucidi sul suo volto, tornò ad appoggiare la testa contro al muro.

I movimenti che facevano tremare le gambe, erano diventati violenti e la sua testa rischiava di sbattere ad ognuno di essi. Quindi Bonnie, premuroso lo fece aderire maggiormente alla parete, per riuscire a sostenerlo con una mano e portare l'altra dietro la sua nuca, non sentendo neanche il bruciore delle nocche a sfregare sulle travi di legno. Preferiva mettere davanti a sé l'altro.

Passarono i minuti e quando vennero solo grazie a quello sfregamento, Shakai capì indubbiamente, quanto i loro corpi fossero in realtà desiderosi di toccarsi. Così come le loro anime che, una volta ritrovata davanti all'altra, era in grado di fare dimenticare tutte le negatività del momento, tutte le parole dette, annullando completamente il resto per far esistere solo il presente, senza pensieri se non la voglia di star vicino alla propria metà.

Era dura da spiegare, forse anche frustrante per la poca capacità di scelta ma Shakai pensò per la prima volta che poteva andar bene così. Ora che guardava quegli occhi annebbiati, le labbra gonfie di baci e la sola voglia di farsi stringere da lui.

Ad entrambi batteva forte il cuore quando con attenzione Bonnie lo mise giù, assicurandosi che non traballasse più.

Gli accarezzò una guancia, lasciandoli un ultimo veloce bacio «Wow» borbottò con ancora le viscere attorcigliate e l'appiccicume tra le gambe.

Shakai trattenne una risata «Vai a lavarti. Io ti aspetto qua... E non metterci troppo» e dovette staccarlo abbandonandosi alle risate quando Bonnie strinse la presa intorno ai suoi fianchi, senza nessuna voglia di lasciarlo andare.

Erano entrambi puliti ora. Bonnie aveva prestato qualcosa di suo (roba che si era trovato già pronto in quella casa) a Shakai, ed era salito uno strano imbarazzo tra di loro, mentre se ne stavano seduti sul divano un po' rovinato.

«Come mai Connie è qua?» il lupo ruppe il ghiaccio, affondando nei cuscini di piume.

«Posso stare con te?» chiese Bonnie mentre con un sospiro si sdraiava, poggiando la testa sulle cosce di Shakai.

«Siamo già insieme.» Shakai lo guardò dall'alto pettinandogli i capelli. Gli accarezzò anche il naso quando lo vide chiudere gli occhi.

«Intendo... Se posso venire a vivere con te.» si voltò a pancia in su, afferrando quella mano che lo stava toccando. «Vorrei stare vicino a te e dormire con te.» assunse gli occhi dolci, di chi non sapeva mentire.

Shakai rifletté, stringendogli le dita con le sue. L'idea di dormire con Bonnie non sembrava male. Avere qualcuno da abbracciare e specialmente... Avere il suo odore intorno, quell'odore che lo faceva rilassare e infuocare allo stesso momento.

«Va bene.» sussurrò, ancora incerto. Incertezza che scomparve appena notò il volto illuminarsi di una gioia pura.

Bonnie poteva sembrare un duro fuori. Forse per via dei muscoli o del suo portamento che lo portava a sorridere poco, ma Shakai aveva capito che avendo vissuto sempre da solo, bastava poco per farlo contento. Anche solo dare un fondo alla sua curiosità, bastava a fargli illuminare gli occhi. Esattamente come una carezza o una lode.

E probabilmente se n'era accorto persino il suo cuore prima di lui, perché ogni volta che lo guardava, batteva un po' più veloce... Come la sua mente che, involontariamente, perdeva sempre il conto di quando diceva di volerlo lontano.

Oramai erano legati e dopo il bacio era consapevole di non avere più via di scampo. A quei tocchi di febbre che lo cercavano sempre, a quegli occhi innocenti seppur macchiati di malizia, al suo essere che girava sempre intorno al suo.

Shakai non aveva più via di scampo da Bonnie.

Sbuffando arrendevole si appoggiò allo schienale, chiudendo gli occhi, dato che nessuno aveva altro da dire. Prima che dei passi veloci lo facessero ridestare dalla sonnolenza.

Osservò che anche Bonnie fosse mezzo addormentato, esattamente mentre Connie sbucava dalle scale con uno sbadiglio sulle labbra.

L'Alpha lo guardò dolcemente, in quella maniera tutta spettinata e la faccia gonfia dalla dormita. Allungò un braccio, facendo segno di raggiungerli.

Il bambino corse e con poca delicatezza si lanciò seduto sullo stomaco di Bonnie, che sussultò svegliandosi malamente.

Capì subito chi fosse, portando una mano intorno ai fianchi stretti, spingendolo giù dal suo corpo e portandolo a rannicchiarsi accanto a lui, attaccato al fianco di Shakai.

Shakai ridacchiò, tornando ad accarezzare i capelli grigi per farlo calmare e riportare nel mondo dei sogni.

Intanto Connie guardava attentamente quel contatto. Allungò una mano, volendo prendere anche lui una ciocca tra le dita.

Il suo cuore poteva scoppiare di felicità nel vedere le sue due persone preferite interagire così.

«Bonnie viene a vivere con noi.» sussurrò il ragazzo ancora sveglio. Il minore lo guardò «Davvero?» e baciò a Shakai una guancia, sentendosi davvero grato.

«Perché ne sei così felice?» chiese Shakai, baciandogli il capo. Curioso di capire quando i due avessero legato così tanto.

«Perché Bonnie è sempre buono con me. E siamo diventati amici per via della promessa che abbiamo fatto quando...» e si portò una mano sulla bocca, capendo della gaffa quando le sopracciglia di Bonnie si aggrottarono.

Fortunatamente Shakai, troppo occupato a osservare Connie, non se ne accorse «Quando?»

«Non posso dirtelo» masticò le parole «Ma sono contento che venga con noi, perché gli voglio bene.» sussurrò giocando con le sue stesse dita «E se voi due vi mettete insieme, possiamo diventare una famiglia vera!» sbottò nuovamente con gioia.

Shakai arrossì violentemente, non perdendosi le guance di Bonnie che si tiravano grazie al sorriso nascosto.

Loro... una famiglia?

Quel pensiero lasciò tutti e tre con uno strano sentimento dentro. Si sentivano meno soli, si sentivano apprezzati e... Amati.

E forse, a vederli in quella posizione, con lo stesso sentimento a legarli, una famiglia potevano sembrarla davvero.

Shakai stava guardando i confini, appostato sopra al casaio (che aveva ospitato il suo primo bacio con Bonnie) esattamente come faceva ogni giorno per diverse ore. A molti abitanti rimembrava il loro vecchio Alpha, Erdinal, che attendeva al crepuscolo, l'entrata dell'uomo che aveva rovinato il branco. Nessuno ne capiva davvero il motivo, se non i guerrieri, che erano già stati avvertiti di prestare attenzione per un attacco improvviso.

Bonnie si avvicinò a quelle spalle al caramello. Gli poggiò una pelliccia addosso, coprendo la pelle scoperta, prima di abbracciarlo, stringendogli le braccia intorno alla vita.

In quella settimana non si erano mai spinti oltre a quei baci che sembravano creare dipendenza ad entrambi. Il branco aveva notato il loro avvicinamento improvviso, nessuno aveva detto nulla, ma avevano capito che c'era più di un'alleanza sotto.

Specialmente se vedevi Bonnie uscire dalla casa di Shakai, dove a nessuno era permesso entrare.

La convivenza non era stata una cattiva idea. Anzi, Shakai amava davvero stringersi al petto di Bonnie e farsi abbracciare stretto sotto le pellicce, lasciando volare baci volanti prima di chiudere gli occhi.

Amava quando Bonnie gli si buttava addosso appena lo vedeva a rilassarsi sul divano, giusto perché "mi sei mancato" nonostante si vedessero oramai dall'alba al crepuscolo.

Amava quando lo trovava a litigare come un bambino con Connie, anche per cose stupide... Nonostante, dopo appena un'ora si sedevano a terra, a giocare insieme a qualcosa che il piccolo aveva appreso nella sua giornata scolastica, voglioso di fare vedere quanto bravo fosse.

E specialmente, amava quando Connie entrava in camera, preso da uno dei suoi soliti, tristi incubi e si infilava in mezzo a loro due. Lasciandosi stringere fino a cadere nuovamente nel mondo dei sogni. Meno irrequieto grazie alla protezione che sentiva intorno al suo corpo. E lui e Bonnie finivano con il guardarsi negli occhi, senza riuscire davvero ad esprimere ciò che provavano.

Oltre a questo però, c'era sempre quella preoccupazione che lo seguiva perennemente, costringendolo a vegliare il suo branco, sperando che nessuno spezzasse l'equilibrio che era riuscito a creare nella sua vita in così poco tempo.

Che nessuno spezzasse quel sentimento di felicità che oltre a lui, né Connie né Bonnie, sentivano da troppo.

Toccò le mani intrecciate sul suo stomaco. Bonnie allentò la presa, permettendogli di rigirarsi per abbracciarlo.

«Dovresti rilassarti. Non sei da solo, lo sai.» gli sussurrò, passando la mano sulla schiena in una lenta carezza. «Hai Antiel, James, Zacary, Atalano, i tuoi guerrieri. E specialmente, hai me. E io non permetterò che succeda qualcosa di brutto. Combatterò anche al costo della mia vita per te.» strofinò il naso nei capelli scompigliati e quando sentì il corpo tremare, lo scostò.

Sussultò alle lacrime sul suo volto. Gli occhi erano spenti e rossi e le labbra tremavano «Non piangere mia Anima.» e a quelle parole vennero fuori anche i singhiozzi. Bonnie semplicemente se lo strinse addosso, guardando il profilo degli alberi. «Sono stato io a uccidere il mio branco.» borbottò con il cuore pesante.

_Flashback_

«Non sono sicuro di poterlo fare papà.» il bambino parlò insicuro. Guardando il forte uomo che lo fissava a sua volta dall'alto. Il padre si inginocchiò, accarezzandogli quei particolari capelli grigi, che non aveva ereditato da nessuno in famiglia.

La radura del branco era tranquilla quella sera. Erano solo loro due in quel posto e il fratello minore del bambino. Che, con i capelli rossi acquisiti dalla mamma, gli alzò il pollice in su.

«Ascoltami bene Benoît» il padre dagli occhi castani aveva la voce intrisa d'orgoglio per il suo pargolo di appena undici anni. «Tu sei un coniglio mannaro. E questo avvenimento avviene una volta ogni cinquanta anni. La Dea luna ti ha donato questi grandi e incredibili poteri per proteggere il tuo branco, quando sarai il futuro capo di tutta la nostra gente.»

Benoît conosceva quel discorso nei dettagli, dato che gli veniva ripetuto almeno dieci volte al giorno, da quando aveva sette anni appena compiuti. Era stato Émerick, il saggio del villaggio a scoprire cosa fosse il figlio del capo.

È appena ne era venuto a conoscenza, tutto il branco si era sentito immediatamente più leggero a quella notizia. Sapere che i loro figli, una volta soli, non sarebbero morti per qualche attacco di predatori meschini era sicuramente un sollievo. Quel bambino particolarmente silenzioso, sarebbe stato il miglior capobranco che potessero chiedere.

Il padre lo aveva messo subito in allenamento, per insegnargli a mantenere il controllo dei suoi poteri, troppo forti per un bambino ma che sarebbero usciti comunque in maniera completa, al compimento dei suoi dodici anni.

Per allora, Benoît sarebbe dovuto essere stato in grado di armeggiare con destrezza la sua forza. In fondo era sotto responsabilità del padre che si era rifiutato di uccidere il suo amato figlio, nonostante il saggio gli avesse detto degli enormi rischi in cui correvano. Quelle informazioni non era mai state udite alle orecchie di nessun altro.

E così sarebbe dovuto essere per sempre. Perché Benoît, sarebbe stato in grado di contenersi. Quel bambino con quegli occhi dolci che giravano sul colore del caramello, non sarebbe mai stato in grado di fare del male.

Quindi Benoît si era deciso a fare la sua prima trasformazione, rassicurato dal padre. Non successe nulla, ebbe la forza di contenersi e quando venne sommerso di complimenti, si sentì così appagato da credere di potercela fare.

Anche la mamma sarebbe stata orgogliosa, esattamente come suo fratello Fidèle che aveva battuto tutto eccitato le sue piccole mani.

***

Bonnie era davvero convinto di poterlo fare, di potersi tranquillizzare.

Era sicuro che tanto nessuno sarebbe rimasto ferito e quindi andò a letto tranquillo, esattamente come tutta la sua famiglia, con il solo pensiero di dover festeggiare l'indomani.

E fu per questo che, quando la notte del suo compleanno scattò e si svegliò con il sangue che ribolliva, non riuscì davvero dare un senso a ciò che sentiva nel corpo.

Le ossa scricchiolarono, così forte che fu udito dalla mamma che accorse.

Ella cercò di avvicinarsi di corsa, chiamando la sua anima quando il bambino cadde a terra, in prenda agli spasmi e alle urla di dolore che svegliarono tutto il branco.

Ma quando arrivò anche il padre fu troppo tardi.

Suo figlio era appena stato inglobato in un mostro di forse due metri. Gli occhi erano cattivi, niente più traccia di valore. E i denti affilati come lame.

La sua famiglia fu la sua prima vittima.

E quando Benoît si risvegliò alla sera del giorno dopo. Non ricordava altro, se non gemiti e urla di dolore di persone differenti, a rimbombargli in testa, tanto da farla quasi esplodere. Non ricordava altro che il sapore del sangue. Quel sangue che ora macchiava il suo corpo ancora acerbo.

E non vedeva altro che la sua gente, squartata per la sua stessa terra. Morta in maniera umiliante.

Stava respirando affannato, piangendo come un bimbo con la voglia di essere stretto e svegliato da un incubo, quando vide anche il piccolo corpo di suo fratello.

Corse fragile da lui, ma non lo toccò. Lasciò solo uscire un urlo, un urlo potente, un urlo pieno di dolore, quando vide gli occhi del piccolo completamente vitrei.

Da quel giorno Benoît si trasformò in Bonnie. Un semplice coniglio senza identità che non meritava altro che la morte e l'abbandono.

Un coniglio senza età, senza nome e senza identità, che non voleva neanche essere visto da sé stesso.

Il suo branco era stato sterminato. Da nessun predatore se non da chi avrebbe dovuto proteggerli in futuro.

Da quel giorno, Bonnie si ripromesse che mai sarebbe tornato umano, mai sarebbe tornata quella bestia indomabile.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top