L'orso e la condanna

Zen sentì qualcosa di insolito mentre attraversavano la terra dei relitti, la terra in cui era proibito mettere piede ai cuccioli.

Sapeva che Bonnie proveniva da essa e non voleva neanche immaginare come fosse vivere là dentro, in quell'oblio abitato solo da elementi senza famiglia, senza branco e troppo violenti.

Un ramo si spezzò facendolo sobbalzare sul posto, sentì un tonfo e in preda al panico si voltò. Bonnie aveva lanciato l'uomo che teneva addosso a qualche metro da loro «Raggiungilo e stai là» sussurrò questo.

Il minore eseguì l'ordine, sentendo l'inconfondibile odore di orso arrivare da loro in maniera spaventosa e osservò da lontano il coniglio stare in piedi, rivolto verso il rumore di rami spezzati.

«Non puoi combatterlo così. Trasformati!» Zen, che si era lasciato scivolare di dosso il ragazzo, si trasformò solo per assicurarsi che il maggiore lo ascoltasse. Sicuramente non voleva vedere come un orso uccideva e mangiava la sua preda.

Come poteva credere di combattere un orso mannaro da umano?

E sudò freddo quando due piccoli occhi neri e luccicanti, fecero la loro comparsa dall'oscurità. Il manto scuro non si distingueva per la notte e poteva essere alto due metri. «Non puoi farcela Bonnie! Sarà alto due metri... Se non di più» gracchiò, piantandosi le unghie nelle cosce, troppo fifone anche solo per pensare di aiutarlo.

Bonnie lo riconobbe come lo stesso esemplare che lo aveva seguito tempo prima e indietreggiò di un passo, quando aprì la bocca per emettere uno dei suoi soliti rugli che tagliavano le orecchie. L'animale partì all'attacco, con i suoi grossi e spessi artigli neri in bella vista. Bonnie lo schivò per poco saltando verso destra, corse alle sue spalle e li saltò in groppa, facendogli sputare saliva dalla bocca per via della rabbia. Le mani ben piantate sulla pelliccia ruvida del collo.

L'orso indietreggiò verso un robusto albero e sbatté violentemente contro il suo tronco la schiena di Bonnie. Lo fece molteplici volte e nonostante l'uomo non urlasse, Zen poteva sentire il rumore di ossa, scricchiolare ad ogni colpo.

«Trasformati Bonnie.» urlò in preda al panico, quando sentì odore di ruggine, tipico del sangue. I due uomini dovevano essere stati colpiti proprio forte per non svegliarsi neanche con tutto quel trambusto e si accertò ancora una volta del loro stato, prima di raccogliere il coraggio con due mani e trasformarsi nel suo lupo.

Corse verso l'orso che ora si era girato verso il corpo di Bonnie che, aveva mollato la presa dal robusto collo. Mezzo steso a terra tossì un grumolo di sangue, spaventando Zen che non perse tempo a mordere con tutte le forze che possedeva il fianco del nemico.

Quest'ultimo si voltò, grugnendo per il dolore. Ora non vedeva altro che il lupo che lo aveva morso.

Zen capì di dover scappare quando questo prese a rincorrerlo. Corse perché sapeva che la sua vita dipendeva da quello, cercò di sviare la strada che portava ai due corpi svenuti e si addentrò nella terra di mezzo.

La terra di mezzo era conosciuta anche come "il labirinto senza fine" per colpa di tutti quegli alberi che facevano sembrare ogni posto uguale, per via dei dirupi che inghiottivano senza via d'uscita e per colpa dei mille angoli chiusi, nonostante all'aria aperta.

Qualunque individuo non abituato a quelle vie, si sarebbe perso e ciò stava succedendo a Zen che senza volerlo, si stava dirigendo allo spiazzo delle pietre, dove lunghe pareti di quel materiale, reso scivoloso dal muschio, creavano quasi una stanza senza tetto.

Quando si accorse di essere imprigionato, era oramai troppo tardi. Con le unghie cercò di arrampicarsi, ma cadde rovinosamente più volte. Con sua somma sofferenza, capì di essere giunto al termine non appena sentì la presenza dell'orso dietro di lui. Rimase voltato verso quel muro, sperando che sarebbe accaduto tutto in fretta, senza inutili sofferenze.

Ma ciò che doveva accadere, non successe. Sentì invece un forte tonfo e molteplici colpi. Trattenne il respiro mentre si voltava, trovando l'orso disteso a terra e Bonnie su di lui, a colpirli il cranio con una pesante pietra che teneva con due mani.

Il sangue schizzava sul suo volto, facendo risaltare gli occhi dorati e spiritati.

«È morto.» si disse con le labbra spalancante, incredulo che Bonnie avesse davvero così tanta forza da riuscire ad uccidere un orso a mani nude, nella sua forma umana. Pensava fosse svenuto anche lui a qualche metro da là... O peggio, che fosse morto

«Che stai aspettando? Muoviti, dobbiamo riprendere quei due e raggiungere il branco prima che compaia qualche altro simpatico essere.» grugnì Bonnie, vedendo Zen ancora bloccato a fissare ciò che rimaneva del cranio smaciullato.

Il lupo saltò il corpo morto, immensamente grato al coniglio di averli salvato la pelle. Entrambi raggiunsero il posto di prima e issarono i corpi ancora stranamente incoscenti su di loro.

Il minore osservava la schiena di Bonnie, avendo chiara l'immagine -grazie alla vista da lupo- dei lunghi e profondi tagli ad aprirli la pelle, alcuni fino all'osso. Il sangue si era portato via la melma in quel punto, ed era colato sino ai polpacci.

Si chiese come facesse ad essere sveglio, come facesse a camminare e soprattutto, come facesse a trasportare quel corpo su di lui, nonostante le gambe tremassero in maniera invisibile di tanto in tanto.

Bonnie aveva davvero ucciso un orso mannaro, nella sua forma umana e con quelle spaventose ferite sulla schiena.

«Portateli alla capanna, ci sta raggiungendo anche Shakai.» sussurrò James, facendo strada ai due che avevano appena varcato i confini del villaggio.

Camminarono per altri dieci minuti in silenzio e oramai la mattina doveva essere molto vicina.

Lasciarono i corpi stesi a terra -sulla paglia a creare un basso strato dal pavimento-, dentro al posto buio e uscirono nuovamente all'aria aperta, giusto mentre Shakai tornava con un vecchio e pesante catenaccio, creato in ferro battuto.

Lo passò nei ganci e bloccò sapiente, la porta a doppia anta.

«Ci daremo i turni fino a domani, inizia tu James, ci vedremo tra qualche ora.» Parlò L'Alpha non venendo però ascoltato da nessuno, in quanto l'attenzione fosse su tutt'altro.

«Perché hai del sangue sulla faccia?» chiese invece il terzo in comando, osservando i lineamenti di Bonnie che parevano piuttosto stanchi. Anche Shakai si voltò, notando solo in quel momento le pessime condizioni in cui riversava il corpo del più alto.

«Chi hai dovuto uccidere?» chiese arreso che le sue parole non fossero state considerate, nonostante le molteplici volte in cui si era assicurato di dirle.

«Non ha ucciso nessuno! Sulla via di ritorno ci siamo imbattuti in un orso mannaro» parlò Zen che nel frattempo era tornato umano «E Bonnie lo ha ucciso con le sue mani in forma umana» terminò, eccitato nonostante la stanchezza.

James fischiò in approvazione mentre Shakai sussultava, impossibilitato dal non farlo, ancora una volta schiaffato dalla realtà di quanto Bonnie potesse essere pericoloso.

Ammutolito osservò gli occhi dorati cercarlo e fermarsi su di lui, quasi in attesa di qualcosa.
Oltre il buio, Bonnie notò il volto dalla bocca rivolta all'ingiù.

Si avvicinò allungando una mano, toccandogli esitante una guancia «Cosa c'è che non va? Non ho ucciso nessuno, Zen sta bene e i due sono chiusi qua dentro.» borbottò, cercando di capire perché Shakai avesse su quell'espressione pensosa. Si aspettava di tutto, ma non venire ignorato così.

Shakai, a differenza del solito, non si scostò da quel contatto prolungato, guardando da vicino il volto sanguigno. Era come se le parole che prima gli aveva riservato, avessero cambiato qualcosa dentro di lui, in maniera invisibile anche a se stesso.

«Io adesso vado e grazie ancora per avermi salvato, Bonnie.» sussurrò in imbarazzo per quell'aria tesa Zen, prima di camminare velocemente via.

«Grazie per esserti preso cura di lui» sussurrò Shakai, facendo finalmente affiorare un sorriso a Bonnie.

«Amico! La tua spina dorsale mi sta salutando in maniera disgustosa» Antiel finse un conato di vomito mentre, pregno di sarcasmo come suo solito, raggiungeva il gruppo. James fece il giro, affiancandolo per osservare anche lui quelle ferite mentre sussurrava di essere grato che avesse rotto quell'atmosfera troppo romantica.

«Come fai a tenerti ancora in piedi?» chiese quest'ultimo, seriamente impressionato dalla pelle sfregiata.

«È stato un incidente di percorso, sono solo graffi.» si voltò verso i due, non tenendo conto di star mostrando la schiena a Shakai che respirò forte, udibile a tutti.

«Graffi? Sei praticamente aperto, devi andare da Atalano.» esclamò pieno di orrore il lupo, sentendo la testa vorticare nel vedere tutto quel sangue. Ora che era fuori dal contatto, poteva percepire l'odore dell'orso su di lui e la preoccupazione proruppe.

«Non ne ho bisogno, guariranno da sole» Bonnie parlò come se le sue ossa non stessero uscendo dalla schiena. Più preoccupato di non far sentire Shakai in pena che altro.

«Lascia almeno che ti disinfetti, potrebbero produrre pus.» ringhiò stizzito l'Alpha incamminandosi verso casa propria, sentendo Bonnie fare lo stesso dietro di lui pochi attimi dopo, sotto li sguardi e gli occhiolini ammiccanti dei due rimasti.

***

«Credo che la tua schiena abbia bisogno di essere chiusa» parlò con una smorfia Shakai, mentre teneva le braccia incrociate al petto. Impressionato a quella vista.

«Guarirà da sola, possiamo limitarci a fasciarla.» borbottò sotto voce Bonnie che, seduto su una sedia in mezzo alla sala del lupo, se ne stava con le mani poggiate sulle gambe e lo sguardo pigro, completamente assuefatto dall'odore di Shakai a circondarlo.

Il ragazzo in questione aveva lasciato da solo il coniglio per andare a recuperare qualche garza, un po' d'acqua e un unguento, sperando che bastasse per quelle poche ore prime di andare da Atalano. Perché si, sicuramente non l'avrebbe lasciato conciato in quel modo. Non sapeva come funzionasse il metabolismo dei conigli mannari, ma se i lupi ricevevano certe ferite, la chiusura sarebbe stata più lenta e in caso peggiore, sarebbe servito anche un aiuto.

«Inizia a ripulirti il volto» Li passò una stoffa pregna d'acqua, invitandolo a levarsi dal collo e dal viso la melma e il sangue, mentre lui si attingeva a bagnarne un'altra e a passarla sulla prima ferita della schiena, tirando via ogni schifezza con una maggiore pressione.

Bonnie non mosse un muscolo nel processo ma sobbalzò quando la stoffa passò su una ferita più profonda, situata sul centro della pelle. Shakai sentì subito il basso ringhio e lo prese come un avvertimento fermando la mano «Scusami.» si assicurò di vederlo nuovamente fermo, prima di avvicinare ancora la stoffa ruvida. Il coniglio non sembrava possedere pazienza e lo dimostrò quando si smosse, ancora più infastidito. Non abituato a quel bruciore intenso.

Ma sta volta il ringhio fu più forte, il polso li venne bloccato e si ritrovò balzato in avanti. Trattenne un sussulto rendendosi conto di trovarsi seduto sulle gambe di Bonnie.

Deglutì sentendo le mani tremare per la vicinanza, la spalla destra premeva sul petto del ragazzo che lo fissava ad un soffio dal suo volto.

«Scusa» disse ancora, cercando di alzarsi, senza successo visto che Bonnie strinse un braccio intorno ai suoi fianchi.

«Lasciami andare.» soffiò, cercando di spostare l'arto, consapevole che Bonnie fosse completamente nudo sotto di lui. Se Bonnie non era abituato alle cure, allora Shakai non era abituato a quel tipo di attenzioni che, spesso e volentieri il più alto li riservava. Starsene seduto in quel modo lo faceva sentire troppo sottomesso, nonostante il braccio intorno a lui aumentasse il senso di protezione.

Li si tinsero le guance di un rosa imbarazzante.

Voltò il capo dall'altro lato, poco prima che il coniglio li toccasse con un dito la carne accaldata. Sentì qualcosa venirgli spinto tra le mani chiuse a pugno.

Guardò giù e trovò la stoffa che prima stringeva l'altro. Lo osservò con la coda dell'occhio, esattamente mentre Bonnie faceva lo stesso.

E perse quella guerra silenziosa, quando iniziò a strofinare al suo posto la pelle sporca. «Sono contento che tu sia tornato.» proruppe la sua voce, mentre tratteneva uno sbadiglio, tirando con l'altro mano i capelli scivolati via dal codino.

Bonnie, strinse appena le dita sopra la pelliccia all'altezza del fianco, socchiudendo le palpebre ai movimenti decisi ma delicati di Shakai. Il suo cuore saltò un battito «Non permetterò che qualcuno mi uccida se questo significa allontanarmi per sempre da te.» quelle parole così profonde non potevano essere uscita dalla sua bocca abituata al silenzio. Eppure erano proprio i suoi occhi nocciola a guardare con una strana luce, quelli rubino dell'altro.

Con una promessa solenne sospesa tra di loro.

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