Assenze Che Fanno Rumore
La visione dell'Antica Profezia lasciò un senso di profonda inquietudine nelle viscere di tutti i presenti. Per qualche minuto non si udì alcun tipo di suono attraversare la stanza pregnante di un tenebroso smarrimento generale. I Praetoriani si scambiarono sguardi preoccupati e inquisitori, tesi a rilevare risposte alle molteplici domande che affollavano le loro menti irrequiete.
Ci volle il coraggio sfrontato di uno di loro per poter spezzare quel silenzio spettrale.
"Quindi da dove vogliamo cominciare? Non andremo da nessuna parte guardandoci negli occhi senza dire una parola. È ora di agire, dannazione!" sbatté i pugni poderosi Xenia, il capo della stirpe dei Guerrieri.
"Signorina Xenia, la prego di trattenere il suo animo ardito, per cortesia. Dobbiamo ponderare la situazione con il dovuto raziocinio" ribatté pacato Irwin, il capo della stirpe degli Elfi.
"Balle!" tuonò rabbiosa, guardando l'elfo dritto negli occhi "Se siamo giunti fino a questo punto è perché il vostro popolo ha dormito sugli allori per tutto questo tempo. Il Male è tornato. E se vogliamo sconfiggerlo una volta per tutte servono armi, pugni e calci ben piazzati. La mia gente grida vendetta. È pronta a brandire spade, pugnali e tutto il necessario per farsi strada a suon di legnate! Nessuno di noi ha mai dimenticato quello che è successo dodici anni fa. È bene che ve ne ricordiate anche voi, razza di codardi!" terminò, puntando l'indice verso tutti i presenti.
Xenia Occhiodilince non era certo famosa per la sua diplomazia e i modi di fare cavallereschi. Era piuttosto nota, al contrario, per essere un'impavida lottatrice sempre pronta alla guerra. La sua indole aggressiva e temeraria le aveva fatto guadagnare una ferita profonda e incurabile durante una delle sue battaglie più cruente, avvenuta dodici anni prima.
Quella che poi si sarebbe rivelata essere La Grande Battaglia.
Una guerra clamorosa e sanguinaria che costò la vita ad un numero indefinito di creature magiche, appartenenti ad ogni razza esistente in tutta la dimensione magica. Il suo gran cuore, unito al suo intrepido coraggio, la condusse a trarre in salvo delle vite innocenti a scapito del suo occhio sinistro, il quale venne lacerato con un colpo netto e letale che la rese inevitabilmente cieca. Quell'episodio drammatico le valse l'appellativo di Occhiodilince, proprio perché, nonostante le fosse rimasto un solo occhio utilizzabile, riusciva ancora a scorgere con nitida precisione gli attacchi che le venivano mossi sul campo.
Indossava una benda nera sull'occhio reciso ed era vestita con un'armatura in kevlar tappezzata di borchie appuntite e affilate. Una collana di denti di drago e artigli di grifone adornava il suo collo venoso.
"Pressapoco undici anni fa, quindi" s'intromise una vocina gracile e meditabonda "Il settantasettesimo allineamento dei pianeti...la luna di sangue...avvenne tutto al principio dell'ottavo mese dell'anno. Una bambina venne alla luce in quella notte lugubre, tinta di rosso. La nostra unica possibilità di salvezza, a quanto pare. Xenia, concorderai con me nel ritenere che dobbiamo scovare quella fanciulla e addestrarla con dovizia, accertandoci che apprenda l'arte della magia e ne faccia impeccabile uso. Dobbiamo guadagnarci la sua fiducia e tendere il suo spirito verso la luce. Non abbiamo alternative" concluse risoluto Quinci, il capo della stirpe dei Folletti.
Quinci Dinci era alto poco meno di una botte di vino, i capelli raccolti in un folto intreccio arancione che gli cincegeva il mento spigoloso. Un naso bitorzoluto dalle grosse dimensioni e dalla forma acquilina imbruttiva la sua figura non proprio principesca.
"È solo una bambina. Non parlare di lei come fosse un insulso ricettacolo senz'anima. Mi fai venire i brividi" una voce femminile dal tono asciutto interruppe il folletto di colpo. All'udire quelle parole cariche di disprezzo, Quinci chinò il capo con somma riverenza e tacque immediatamente.
Sembrava stranamente intimorito dalla presenza di quella donna.
"Dolcezza, adoro quando prendi a cuore questioni che gli altri trattano con sufficienza" s'intromise una figura distinta dai capelli ambrati, finemente laccati all'indietro.
"Braxton cuciti la bocca. Non è il momento di fare lo stupido come tuo solito" lo intimidì Nerissa, il sopracciglio inarcato in maniera innaturale.
"Suvvia tesoro, non fare quella faccia. Lo sai che ho l'animo sensibile. Così mi ferisci" rispose Braxton melodrammatico, facendole l'occhiolino.
Nerissa Candida Vane e Braxton Hektor Fury erano due famosissimi Luminari, i più abili cacciatori delle Forze Oscure che popolavano la dimensione magica.
Appartenevano entrambi al Dipartimento Investigativo di Difesa e Protezione del Territorio Magico e ne rappresentavano gli esponenti di maggior rilievo.
Nerissa aveva un grazioso viso a forma di cuore, occhi di ghiaccio e capelli raccolti in una coda alta e stretta sopra la testa. Per metà erano chiarissimi, quasi bianchi, mentre per l'altra metà erano neri come la notte. Indossava un soprabito elegante ma pratico, adatto ad ogni occasione. Una cicatrice sulla spalla destra le ricordava che non vi era mai un buon momento per abbassare la guardia, e che la minima disattenzione in futuro potrebbe costarle più che una brutta ferita.
Braxton era un affascinante quanto borioso mago dalle straordinarie capacità belliche, cosa che lo rendeva alquanto lontano dall'essere considerato una persona umile.
Possedeva una personalità narcisistica e seducente e amava rivolgere tutte le sue attenzioni a Nerissa che, al contrario, non gli negava mai il suo torvo disappunto.
Il suo infallibile charme non era poi così infallibile, dopotutto.
"Miss Vane, non credo che l'idea del nostro piccolo Quinci sia poi cosi sbagliata. Ritengo inoltre che ci siano altissime probabilità che la bambina di cui parla la profezia si trovi ancora nel mondo dei Miscredenti. Il guaio è che non ci risulta si siano verificati eventi magici dall'altra parte, per cui sono decisamente a corto di idee sul come trovarla. Avete ipotesi a riguardo?" domandò Alberic, tamburellando le dita nodose sopra il tavolo cristallino.
Un silenzio spettrale calò nella stanza.
I Praetoriani s'ispezionarono l'un l'altra guardinghi, scrutandosi a vicenda.
Pregarono che qualcuno li distogliesse dall'imbarazzo in cui erano piombati a causa dell'incapacità generale di dare risposta al quesito.
Rimasero in trepida attesa dell'intervento di uno di loro.
Fortunatamente non tardò ad arrivare.
"Bè...mia figlia..." borbottò Clayton sottovoce, ma immediatamente Elwyn lo interruppe, afferrando un'estremità della sua casacca.
"Clayton...Sei sicuro che sia una buona idea? Non mi sembra il caso di coinvolgere dei bambini...Io non vorrei che..." bofonchiò preoccupato, gli occhi spalancati in un'espressione di angosciante disapprovazione.
"Hem Hem" si schiarì la gola Miss Shrill, palesemente scocciata "Si dà il caso che questa riunione sia stata convocata appositamente per condividere proposte, idee ed opinioni, non per coprire le malefatte di qualcuno. Ci vorreste gentilmente rendere partecipi della vostra discussione?" terminò, lisciandosi una ciocca di capelli color topo attorno alle dita tarchiate.
La vocina stridula e prepotentemente fastidiosa di Kitty riecheggiò in tutta la Sala.
Il Custode e l'Elfo si scambiarono uno sguardo preoccupato. Elwyn non credeva fosse una buona idea coinvolgere la piccola Caitlyn in un dibattito così delicato. Ma d'altra parte Clayton sapeva bene che qualunque informazione inerente gli ultimi accadimenti sarebbe potuta risultare utile al fine di comprendere meglio le parole della Profezia. Non voleva in alcun modo indietreggiare dinnanzi ai suoi doveri di Custode.
Il suo marcato senso dell'onore e il suo spirito patriottico ne avrebbero risentito in egual misura.
Optò quindi per rivelare ai presenti ciò che la sua bambina aveva scoperto durante la rocambolesca fuga nell'altra dimensione.
"Dunque...Come stavo tentando di dirvi poco fa...mia figlia si è addentrata nel mondo dei Nati Senza Poteri...Per cercare la bambina di cui parla la profezia. E si dà il caso che..." trattenne il respiro per qualche secondo. Le mani umidicce e scivolose, intrise di sudore. Un'impercettibile gocciolina d'acqua gli percorse pigramente la fronte spaziosa, segnata dalle pieghe della pelle.
"...Ci siano buone probabilità che l'abbia trovata" terminò, con un filo di voce. Il battito del suo cuore arrancava. I brividi percossero il suo corpo rigido, scosso dalla paura.
Era terrorizzato all'idea di poter aver messo a repentaglio l'incolumità di sua figlia.
Sapeva che ci sarebbero state delle ripercussioni in seguito alla sua ultima affermazione, ma non poteva tirarsi indietro di fronte ad una situazione così rilevante.
Vitale per le sorti dell'intera comunità magica.
"Come? Ci stai forse dicendo che tua figlia, una bambina, è riuscita in un'impresa di tale entità? Clayton, amico mio, ti ha dato di volta il cervello?" domando Alberic sprezzante, in un tono così sinistro da lasciar intendere l'ira che si celava dietro le sue parole.
Il Sommo Maestro tentò di trattenere la collera, ma i suoi propositi vennero meno quando le sue mani si contorsero in maniera tale da provocare la rottura della penna d'oca con cui stava giochicchiando un attimo prima.
La spezzò di netto, sotto lo sguardo allarmato dei Praetoriani.
"Signore...Io non so esattamente come abbia fatto ma...Sta di fatto che ha trovato una fanciulla in possesso di un libro...quel libro..." esitò.
A Clayton pareva di impazzire.
Ogni singola parola che fuoriusciva dalla sua bocca lo stava mettendo in una posizione fortemente scomoda.
Pericolosa.
"...La Chiave Perduta" sentenziò.
Un sussulto generale si levò chiassoso nell'aria.
"Impossibile!"
"Non ci credo!"
"Misericordia!"
"Dannazione!"
"Accidenti!"
"Non può essere!"
"BASTA!" tuonò Alberic, incredibilmente furioso. Il suo volto spigoloso s'indurì come acciaio temprato dal fuoco. Quel vociare confuso e distorto l'aveva reso estremamente nervoso.
Immediatamente i Praetoriani smisero di fiatare.
Stolen non godeva di molta stima da parte di alcuni di loro, ma nonostante ciò tutti i presenti sapevano perfettamente che era meglio tacere di fronte alla sua ira.
"Dunque...Ricapitolando...Se fosse vero che la Chiave Perduta è stata rinvenuta...e sottolineo se" proseguì, lisciandosi nervosamente i baffi ricciuti "Non possiamo lasciare nulla al caso" decretò, scuro in volto.
Stette in silenzio per una manciata di minuti. I Praetoriani rimasero zitti e immobili in attesa del verdetto finale.
Alberic aggrottò la fronte, fissando intensamente un punto indistinto da qualche parte nella stanza.
"Bene. La mia decisione è stata presa. E vi anticipo sin da ora che sarà irrevocabile" concluse, ricomponendosi in tutta calma.
Si alzò in piedi, aggiustandosi l'elegante soprabito e dandosi una sistemata al nodo della cravatta.
"Adamantia" sbottò, rivolgendo uno sguardo severo a Miss Directway, che non si scompose minimamente e ricambiò un'occhiata torva "Il tuo compito, da oggi in poi, sarà quello di farti carico di questa bambina che si ritiene essere connessa in qualche modo al nostro mondo. Dovrai essere la sua guida, il suo mentore, la sua ombra. Ti occuperai di istruirla a dovere e la preparerai adeguatamente all'ipotesi peggiore. Non siamo certi di ciò che avverrà in futuro, ma dobbiamo tenerci pronti ad affrontare lo scenario più violento. Catastrofico."
Adamantia impallidì.
Socchiuse lievemente le labbra, un'espressione angustiata si dipinse sul suo volto smarrito.
"COSA?" sbottò "Alberic sei impazzito? Come ti viene in mente di introdurre un'estranea, una bambina per giunta, una creatura innocente nel nostro mondo, stravolgerle la vita è allevarla come carne da macello?! Io mi rifiuto!" strillò Miss Directway, sbattendo il palmo della mano sul tavolo e facendo tremare gli strumenti magici riposti su di esso.
"Adamantia ti prego, non rendere tutto più difficile. Ho già anticipato a tutti voi che la mia sentenza sarebbe stata inoppugnabile. Ti invito a moderare il linguaggio e dare un freno alla tua efferata sfrontatezza. Non sono qui per affrontare le tue perplessità, né per dar voce a giudizi personali inappropriati. Così è deciso, il Sommo Maestro ha parlato" terminò Alberic, rivolgendole un'espressione autoritaria.
Adamantia serrò le labbra stringendo forte i pugni e si costrinse al silenzio.
Si sentiva impotente di fronte all'autorità del Maestro, fortemente contrariata dinnanzi al suo dispotico provvedimento.
Era convinta che non fosse una buona idea sobbarcare una bambina indifesa di oneri così pretenziosi. Non voleva addossarle una responsabilità così gravosa e opprimente, indegna della coscienza umana. Non poteva gettarla di punto in bianco in una questione pericolosissima e intricata, dai contorni indistinti e agghiaccianti, e farle rischiare la vita come se la sua non contasse abbastanza.
Adamantia non voleva renderle la vita un vero inferno.
In preda al turbinio di pensieri oscuri che dominavano la sua mente, diresse uno sguardo abbattuto verso la sedia vuota che occupava un angolino del grande tavolo di cristallo.
Focalizzò la sua attenzione in quel punto preciso, ed un fremito la pervase improvvisamente.
Vi era come una forza magnetica, un'aurea potente e incantatrice che catturò il suo interesse.
Un'assenza.
Una mancanza che produceva più rumore di qualunque presenza.
Un silenzio assordante.
" Se solo fossi qui...."
~~~
Benvenuti amici ad un nuovo capitolo del Libro di Melany! ❤️❤️❤️
Ho voluto dedicare ancora un po' di spazio all'importanza della Profezia e alla caratterizzazione di questi nuovi, folli e stranissimo personaggi!
Spero vi sia tutto chiaro...se avete dubbi o perplessità in merito, fatemelo sapere, perché la storia non mancherà di continui misteri, colpi di scena e new entry!
Spero di continuare ad appassionarvi con le avventure di Melany, Caitlyn e Nathan... Scrivetemi numerosi!
Baci stellariiii💋💋💋
Sciau
M.
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