Il letto di fiori
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It's the first real one in weeks »
[Cope with that - Cut song in EPIC: The Musical]
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C'è silenzio, attorno a noi. Una brezza quieta e assonnata, che trasporta i petali lucenti contro l'immensità del cielo, per trasformarli in un mosaico sfarfallante di occhi socchiusi.
I fiori si inchinano e oscillano. Si appoggiano gli uni sugli altri, come bambini che si assopiscono dolci sotto il bacio di un sole tiepido. È una morte silente, di palpebre che crollano e annullano il mondo nella nebbia di sogni più lieti; nient'altro che una bugia nascosta dietro il sapore caramellato di un bocciolo sciolto sulla lingua, fino a dimenticare che ogni altro sapore sia mai esistito.
C'è silenzio, attorno a noi, mentre il mio mantello sventola a vuoto tra i fiori dischiusi e un uomo ci si perde con semplicità terrificante, rannicchiato e dormiente ai miei piedi, come un infante ridente e ignaro del fuoco che divora le mura.
Accogli il mondo a braccia aperte.
I mangiatori di loto si rifugiano pigolando tra gli steli. Sento i loro occhioni languidi scrutarmi senza vedermi. Sento i loro sguardi violacei e appannati ammiccare da oltre la fitta foschia che li divora.
Accogli il mondo a braccia aperte.
Polite mi guarda da lontano, un brillio triste di occhiali argentati perso nei baluginii dei fiori e nei vortici di nuvole. Ma non parla, gliel'ho vietato, mentre la mia attenzione si schiantava contro Elpenore, immobile a pugni contratti davanti a me, e contro Perimede, a terra, il cui sorriso è premuto come un bacio contro la carezza dei fiori.
– Forse dovremmo lasciarlo – Elpenore lo ripete, a voce più decisa, sfidando il mio sguardo con fierezza.
– Perché? – la parola evade dalle mie labbra piatta e chiara, nell'accenno vibrante di una provocazione.
Elpenore stringe le labbra, la mano che balena, in un gesto esausto, verso la figura dell'uomo addormentato in mezzo tra noi.
– Capitano, guarda come dorme – nell'osservarlo, il suo sguardo si ammorbidisce lievemente, il respiro incerto come una serie di rapidi singhiozzi aridi – Il suo sorriso... è il primo da settimane. Non lo conoscevi come lo conoscevo io – continua lui, frenetico, prima che io possa ribattere – e lo so che potresti non capire, ma se sapessi come lo nascondeva, come soffriva... – gli si mozza il respiro, mentre si inginocchia lentamente a terra, nel letto di fiori, e le sue dita tozze, le stesse che avevo visto coprirsi di sangue, accarezzano con tenerezza il capo dell'amico assopito. Alza con durezza lo sguardo verso di me – Era depresso, capitano. Non stava bene da tempo.
Accogli il mondo a braccia aperte.
Il peso dello sguardo di Polite sembra schiacciarmi a terra.
Guardo Perimede, la tranquillità calata come un velo morbido sul suo volto inaridito dalla guerra, e il mondo sembra ribaltarsi.
Seicento uomini sotto il mio comando e, forse, non ne conoscevo davvero nemmeno uno.
Non lasciare che convinca te e gli altri uomini.
Mi immobilizzo.
Un brivido di famigliare gelo mi raggiunge, come una mano lunga e ghiacciata emersa dai miei stessi errori per stringere dietro al collo, e non lasciare la presa. La freddezza nella voce, alta e inflessibile come il canto di una civetta, affonda tra le costole come un pugnale.
Atena, ma...
Se iniziano a credere che questa sia una scelta, quanti pensi che ne perderai?
La presa sulla pelle si inasprisce. Il fiato mi si fossilizza in gola.
Dura un istante, il tempo di prendere un respiro, di cogliere una lacrima sbocciare tra le ciglia di Elpenore e sentire sul volto il solletico di una ciocca di capelli sfuggita al nastro di pelle. Il tempo si attorciglia, si contorce come il tronco di un vecchio ulivo e annichilisce nel vuoto il battito del mio cuore.
Poi Atena svanisce.
Alzo le spalle, gli occhi due spade in cui sento ancora riflesse le fiamme di una città che cade in cocci.
– E quindi? – la mia voce si prosciuga di clemenza – Dovremmo abbandonare chi è ferito? Lasciarli indietro e vederli bruciare quando le parole non intaccano le loro convinzioni?
– No – Elpenore ricambia lo sguardo, sconvolto. Si alza in piedi, scavalca con attenzione l'amico sdraiato e mi fronteggia, le labbra irrigidite in una smorfia di orrore – Dovremmo supportarli, però – risponde, fermo – Dovremmo permettere loro di essere felici.
Il vento si alza, strattonando il tessuto pesante del mio mantello e addossando i fiori in una distesa uniforme di alabastro. I mangiatori di loto mormorano nel fruscio compatto, ci attorniano in un disco di nebbia, levando preghiere che non so ascoltare.
Accogli il mondo a braccia aperte.
Ci sto provando, Polite, penso con amarezza, impedendomi con violenza di voltare la testa verso di lui. Se incrociassi il suo sguardo, crollerei a terra in una culla di petali e sogni, e forse non saprei rialzarmi più, Sto provando a salvarvi tutti.
– Il mio lavoro non è renderlo felice – faccio un brusco passo indietro per guardare Elpenore dritto negli occhi. Indico con severità la distesa del mare blu, oltre l'orizzonte, e il mantello sbatte nell'aria come una bandiera imperiosa. Itaca, il profumo di oliva, il calore di un bacio. Contraggo la mascella – Il mio lavoro è portarlo a casa!
Una breve risata isterica emerge come una scarica dalla gola di Elpenore.
– E cosa vuoi saperne, tu? – mi pungola, gli occhi scuri trafitti da lacrime di rabbia – Tu non l'hai visto rifiutare il cibo e il sonno per giorni! Non l'hai visto spegnersi lentamente rimanendo impotente! – me lo sputa addosso, il dolore a striargli le guance di sale – Casa sua l'ha trovata, adesso, e non puoi costringerlo ad andare via!
Lo guardo, il sangue che mi scoppia nelle tempie. La voce cruda di Atena lotta contro le suppliche mute di Polite.
Spietatezza.
Accoglienza.
Una bandana rossa che ondeggia quieta sopra un sorriso che sa di fiducia; un elmo che taglia la pelle del viso e indurisce gli occhi in coltelli di metallo imbrattato di sangue.
Stringo i pugni e alzo il mento contro il vento.
– Forse allora sono un mostro.
Un occhio trafitto che esplode di sangue.
Occhiali abbandonati a terra, ridotti a una ragnatela di crepe.
Una bandana annodata attorno alla fronte con dita instabili, mentre trattengo le lacrime, e le urla dei compagni si attutiscono in un silenzio scandito dal battito esausto e terrorizzato del mio cuore.
Un ciclope prova rimorso?
– Forse sono io nel torto – sibilo tra i denti stretti mentre Elpenore, allarmato, si ritrae.
Una risata che sa di tempesta. Vortici di onde grandi come navi, che trascinano uomini nel buio fitto dell'oblio.
Urla annientate dalla crudeltà di un dio assetato di vendetta.
Mi affaccio sull'abisso e non posso salvarli. Una mano premuta sulla bocca mentre sgorgano lacrime bollenti contro il gelo dell'anima. La bandana mi stringe le tempie pulsanti di orrore.
Un dio è spaventato di stare sbagliando?
Levo bruscamente le braccia verso l'alto, la bocca distorta in una smorfia di frustrazione bruciante.
– Forse il problema sono io!
Un lampo di occhi dorati. Ammiccano dalla terra dei desideri perduti. Ho il cuore alimentato da poteri che non so controllare, gli uomini persi forse per sempre tra le mani provocanti di una dea che ha imparato a uccidere.
Una strega può impazzire?
– Il problema sono io e non ve ne siete accorti!
Adesso sto urlando. I mangiatori di loto si ritraggono, spaventati, dove i fiori si infittiscono. Sento il cuore precipitare sempre più giù, strattonato da mani invisibili e contrapposte, che non sono nemmeno mie.
Una voce che riecheggia nelle viscere dell'Ade, dove i morti si affannano e artigliano gli scafi delle navi chiamando giustizia.
Un cappuccio che oscilla sopra occhi ciechi.
Maledizioni prosciugate di senso che mi si abbarbicano attorno fino a strapparmi la pelle, la ragione, il passato.
La bandana si spezza e si perde nei crepacci, tra anime dimenticate, mentre gli Inferi mi guardano risorgere ricoperto di sangue.
Quando la ragione diventa una colpa?
– Sì, forse sono schiavo delle mie ambizioni – le unghie affondano nei palmi delle mani fino a scavare lunette rosse sulla pelle.
Perimede dorme, sereno, ignaro. Bambino destinato a cadere nell'oscurità mentre la guerra imperversa.
Zanne grandi come uomini si chiudono spietate sulle loro vite innocenti. Li trascinano giù, negli stessi abissi da cui avevo desiderato salvarli e che adesso mi scavano una voragine al centro del petto, in cui anniento ogni certezza.
Luci di torce divorate dal buio.
Luci che si estinguono dentro di me una a una, fino a lasciarmi smarrito.
Non siamo uguali, io e te?
– Un prigioniero del desiderio, anche!
Elpenore ha gli occhi sgranati e la bocca semichiusa, mentre io continuo a urlare per sovrastare il caos delle voci che si sovrappongono nella mia testa.
Il cielo si addossa di nubi. Un fulmine che riecheggia sulla terra. L'Orgoglio che ricade inerme nella presa brutale di mani destinate a violarla.
Scegli. Scegli. Scegli.
Cado in ginocchio, svuotato di me, di loro; soltanto un uomo sporcato di sangue, spogliato di se stesso al punto di non saper più riconoscere il suono della propria voce.
Scegli. Scegli. Scegli.
Ti prego, non farmelo fare! Ti prego! Io...
Capitano, moriremo. E una lacrima piove nella cenere.
Lo so.
Respiro pesantemente, indicando Perimede a terra, senza più controllo. Mi tremano le dita, la testa sul punto di esplodere, senza saperne neanche il motivo.
– Ho una missione, Elpenore – gli dico, la voce sfinita spenta in un boccheggio instabile. Mi stringo freddamente nel mantello, nel tentativo vano di far cessare i tremiti improvvisi – Non scendo a compromessi.
Penelope? Penelope, guardami.
Lo giuro, amore.
Sono sempre io.
Elpenore mi guarda, gli occhi spalancati inondati di turbamento. Mi guarda come se stessi per andare in mille pezzi, e un odio verso me stesso mi sgorga da dentro tanto violento da farmi male. Lentamente, il soldato stende una mano verso di me.
– Capitano...?
– Lo so! – lo grido, traendomi con rabbia dal suo tocco e stringendomi rigidamente le mani sulle orecchie.
Moriremo, capitano.
Il tuo Orgoglio sarà la loro fine, re di Itaca.
Vuoi assaggiare un po' di magia?
Sono il tuo momento più buio, ricordati di me.
Ricordati di loro.
Odisseo...
Odisseo, guardami...
Sicuro di essere ancora tu?
– Capitano? – la voce di Elpenore è attutita, come se stessi sprofondando in acqua sempre più torbida e lui mi richiamasse dalla superficie remota – Sei sicuro di...?
– Non toccarmi! – sputo addosso a Elpenore, e quasi inciampo nel sottrarmi all'invito delle sue dita tese.
Mi sembra di stare impazzendo.
Strizzo gli occhi. Scaccio le voci con tutta la forza che ho.
Perché sta succedendo?
È Parimede?, mi domando tra i respiri, frastagliati e graffianti come pezzi di ghiaccio scagliati dentro il cranio, la sua volontà che sovrasta la mia?
Il sole sta calando cautamente dietro le colline in lontananza, e l'oro della sua luce incendia il campo di loto, spazzato dal vento profumato di sale.
Sento come in un sogno Polite avvicinarsi a noi, in piccoli passi attenti, inseguito dai mangiatori di loto cinguettanti, che gli si aggrappano giocosi alle caviglie.
– Odisseo, ascoltami, dobbiamo lasciarlo andare – sussurra con dolcezza, a un soffio da me, mentre io mi sforzo per respirare – È quello che vuole.
– Io... io non scendo a compromessi – lo ripeto senza guardarlo, ma il mio tono è di pietra. La stretta fredda di Atena mi serra la gola – Fatevene una ragione.
Penso a Perimede affacciato alla prua, a setacciare il mare con gli occhi stanchi, in cerca di qualcosa che non è mai esistito. Immagino il sapore di un fiore che scalda il ventre e riaccende il battito di un cuore sedato; risate sincere scivolargli via dalle labbra, improvvise, vere, come niente sembrava poter essere più.
Penso alla città che crolla.
Penso alla felicità che ci attende oltre il confine del mare.
Penso che voglio morire provando a raggiungerla, e che non permetterò ai fiori di diventare catene per chi ho giurato di salvare.
Quando un uomo diventa un mostro?
Non lo so. Telemaco, anche tu, per favore, lasciami in pace.
– Se non volete farlo voi chiamerò Euriloco per trascinare Perimede fino alle navi – mi tiro duramente il cappuccio del mantello sulla testa e volto loro le spalle, nella direzione opposta rispetto alla luce del sole morente – La discussione è chiusa.
E inizio a camminare, senza curarmi di calpestare i fiori, come teste fragili di bambini che cadono nel vuoto.
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Cover credits: @ / elianzis_art su ig
NdA:
Il fatto che scrivere il PoV Odisseo mi piaccia così tanto è una sorpresa anche per me, non credevo sarei arrivata a buttare giù un'intera shot su una cut song del 2020 soltanto per giocare con i suoi traumi aiuto.
L'Odisseo di EPIC è diverso da quello omerico, ed entrambi si discostano leggermente da quello dentro la mia testa, quindi è sempre difficile mettere insieme tutto senza snaturarlo, ma spero che qualcosa, di questa shot stesa in un pomeriggio afoso con il ventilatore sparato in faccia, sia passato qwq
Vi lascio qui sotto l'immagine ufficiale, dalla wiki di EPIC, di uno winion <3
Grazie infinite a chi è passat* di qui.
Voti e commenti (con domande e insulti sulle inesattezze mitologiche, anche!) sono accolti con amore <3
Coss
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