Capitolo 33
Chissà che rumore faceva il cuore del gattino bianco che vedeva quando andava a Central Park con la mamma.
Aileen se lo chiedeva sempre quando ci andavano. La mamma voleva assaporare le prime ore mattutine, le diceva, così andava a fare una passeggiata che ancora a New York non era scattata l'ora di punta. E lei la seguiva perché detestava l'idea di essere lasciata a letto mentre la mamma andava a vivere avventure interessanti. Così qualche volta – non sempre – si alzava, si preparava in silenzio e camminava accanto alla mamma una volta scesa dalla macchina. Si guardava intorno mentre le vie si riempivano pian piano di persone e il ritmo della città sembrava placarsi anche se per poco – giusto il tempo di tornare alla solita, abituale frenesia. Nel giro di quelle ore, un gattino bianco la seguiva. La mamma percorreva le vie di Central Park posando lo sguardo sugli scoiattoli che volteggiavano fra i tronchi degli alberi e si nascondevano in mezzo alle fronde. Lei si fermava ad accarezzare il gattino, che la guardava da sotto le sue palpebre socchiudendo gli occhietti azzurri.
Una volta la mamma era distratta. Si era allontanata e sembrava persa dentro sé stessa.
La sentiva dire spesso che camminare a Central Park la faceva distogliere dagli orrori che era costretta a vedere ogni giorno al lavoro.
Lei si chiedeva cosa volesse dire, con quella frase. Si era chiesta più volte il significato del concetto di orrore.
Subito dopo guardava il gattino e lo immaginava spento. Lo immaginava coperto di rosso. Lo immaginava vuoto. Si immaginava mentre prendeva i piccoli organi dal suo addome e li disponeva ordinati uno accanto all'altro. Si era sempre chiesta come fossero gli organi degli animali.
Ogni volta che la mamma diceva di voler evadere dall'orrore, Aileen si chiedeva se quella sua voglia ossessiva ci rientrasse, in quella parola.
Orrore.
Se la pronunciava sottovoce si srotolava sulla sua lingua in modo delizioso.
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