Capitolo 30
Stava immobile, a poca distanza da lei. Fermo come una statua di cera. Sembrava inanimato, un tronco di pelle pallida. Riusciva a concentrarsi solo sui suoi occhi, le altre caratteristiche del suo aspetto erano indefinite.
Le si avvicinò calmo e la accarezzò come fosse qualcosa di indifeso. Le dita fredde, il tocco appena accennato sulle guance già umide di lacrime.
Sapeva perché fossero lì. La consapevolezza che lo avrebbe perso era qualcosa che le squarciava il cuore.
«In qualche modo mi importa di te» disse. «Lo sai, vero?»
Aileen annuì, osservandolo.
«Sai di essere l'unica a suscitarmi questo. Ma siamo venuti qui perché abbiamo una cosa da fare. Non possiamo tirarci indietro» la sua voce razionale abitò l'aria e fu melodia.
Si specchiò nei suoi occhi blu; il volto provato le si illuminò. Succedeva sempre, quando era vicino a lui. «Lo so», disse poi. «Sono contenta di averti conosciuto» la voce le si incrinò, dondolò incerta sulle corde vocali.
«Anche io. Ecco perché sto facendo questo» sussurrò lui. «È la cosa migliore.»
Lo sapeva che era la cosa migliore – lo sapeva che aveva ragione, dopo quello che era successo. Lei avrebbe sofferto troppo la sua mancanza. Non potevano rimanere divisi, non poteva andare avanti sapendo di essere di nuovo costretta a nascondersi, a fingere.
Lui si sfilò qualcosa dalla tasca dei pantaloni; Aileen riuscì a vedere distintamente la canna scura della pistola che le stava puntando alla fronte. Rabbrividì solo un attimo, poi tornò in sé. Si sentiva così fragile nel suo corpo che la reggeva a stento, con il freddo che le lambiva la pelle candida. Lui aveva guidato tanto, quella mattina. Si era infilata nella macchina senza fare domande – perché era tutto programmato, si erano organizzati. Avevano premeditato ogni cosa, e adesso erano in quel bosco di aceri a tre ore da dov'erano partiti.
Dove nessuno sarebbe venuto a cercarli.
Le ciglia di Aileen sfarfallarono – per il vento, per la paura, non riusciva davvero a capirlo.
Ma in fondo, la paura la provava veramente? Sembrava un'emozione che andava a intermittenza, adesso, come se lei stessa fosse oscillante fra la condizione umana e quella di una cosa fatta di niente.
«Tu non lo farai mai da sola. Non potresti.»
Scosse la testa. «No. Hai ragione» rispose solo. Aveva causato troppa sofferenza. Doveva andarsene, e doveva lasciare a lui il compito.
Per la prima volta vide una lacrima attraversare il suo volto. In un modo del tutto inaspettato la abbracciò, stringendola forte e posandole un bacio sul collo. «Ti sto facendo un favore. Lo sai» le disse con amore, e lei iniziò a piangere, stringendolo di rimando.
Quelle lacrime erano come fuoco sulla sua pelle, come coltelli che la aggredivano. Non le lasciavano scampo. La smembravano e non poteva fare nulla per fermarli.
Anche lui piangeva. Stava piangendo per lei, stava piangendo perché non l'avrebbe più vista – perché lui mi ama mi ama davvero sì.
Ed era così bello che veramente voleva essere come lui.
Aileen chiuse gli occhi, ascoltando il rumore scricchiolante del suo pollice che premeva sul grilletto.
«Prometto che non ti farà male.»
Il colpo della pistola non risuonò mai in mezzo al bosco di aceri. Il suono sottile del pollice di Konrad sul grilletto era il fantasma di qualcosa che prima o poi si sarebbe avverato, lei lo sentiva.
Lo capì quando si svegliò quella mattina in un turbine di occhi sbarrati e calore sulla pelle. L'emicrania pulsava anche se aveva dormito e avrebbe dovuto sentirsi riposata.
Riusciva ancora a sentire il sussurrare delle foglie nel bosco di aceri. Riusciva a vedere gli alberi rossi fare da cornice a quello scenario che esisteva solo dentro di lei.
Almeno, per il momento.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top