L' inizio
Ludovico stava seduto al tavolo nella caverna sotto il locale, le mani poggiate ai lati del grande libro chiuso rilegato in pelle rossa: squamosa come quella di un rettile, dalle intricate incisioni marchiate a fuoco. Tamburellava nervoso con le dita, non volevano avvicinarsi al tomo, come se sapessero che una volta aperto tornare indietro sarebbe stato impossibile.
Fosse stato per lui, sarebbe partito senza neanche i bagagli, avere a che fare con demoni e affini per il resto della sua vita non gli sembrava così entusiasmante, come li avrebbe gestiti? Sarebbe stato solo una sorta di poliziotto di frontiera o c'era molto di più dietro, di pericoloso?
La visione fornita da Angelo gli aveva impresso nella mente sprazzi di passato dei vari custodi, che costituivano per lo più suggerimenti su cosa non fare. Era stato quasi un corso accelerato, che gli aveva lasciato una sensazione sgradevole, come di sentirsi in trappola verso destino contorto.
Tuttavia una vocina nel suo cervello, continuava a ripetergli di lasciar stare e lo sconforto, la paura, che era tanta e l'indecisione, se fossero continuati a martellarlo a quel modo, lo avrebbero portato all'esaurimento. Doveva darsi una calmata, come? Di sicuro non bevendo più la robaccia propinata da Angelo. Tirò un lungo, lento respiro e alzò lo sguardo.
Angelo stava seduto tranquillo di fronte a lui, c'era passato talmente tante volte che ormai aveva fatto il callo.
«So come ti senti».
«Ne dubito».
«In fondo voi uomini siete tutti uguali. Ora sei confuso, vorresti essere da tutt'altra parte, a continuare a vivere la tua monotona vita da geometra».
«Ragioniere».
«Fa lo stesso, ciò che devi capire è che puoi solo rassegnarti, accettare il tuo compito» si grattò la barba grigia ben curata :«Provare a scappare, cercare di fare qualcosa di diverso dalle tue mansioni, rompere il patto fatto dal primo custode insomma, porterebbe solo guai».
Tirò fuori il suo cellulare di tasca e iniziò a scollare, mettendosi poi a scrivere un messaggio, intanto che lo faceva, sorrideva.
«Tra l'altro se vuoi scoprire cosa sia accaduto a Taddeo è l'unica opzione possibile, giacché sembrano esserci invischiati i demoni».
Aveva ragione e lo sapeva bene. Fare il detective non gli sembrava così allettante, sì voleva capire, ma morire per mano di un demone non gli sembrava tanto bello.
«Se è così che deve andare».
Aprì il libro, nella sua mente s'immaginava che aprendolo sarebbero saltati fuori demoni, fiamme e chissà quale altra stranezza demoniaca, tanto che subito si coprì il volto con le mani, ma non accadde nulla di tutto ciò. Capì di aver fatto la figura dell'idiota quando sentì la risata di Angelo.
«Non preoccuparti, il libro contiene soltanto il nome dei demoni che transitano».
«E da dove passano?».
«Alzati».
Ludovico ubbidì.
«Devi metterti di fronte quella parete» gli disse indicando quella di fondo, questa invece delle altre non era in tufo, ma costituita da una roccia nera, traslucida. La osservò attentamente, intravedendo il suo riflesso, più si concentrava e maggiori particolari risaltavano ai suoi occhi. Qualcosa fluttuava in essa, una cortina di fumo e scintille, gli parve anche di intravedere sagome di creature dalle forme più strane, un fremito, lo scosse tutto, ebbe paura e indietreggiò.
«Tranquillo, quelli sono innocui, si può dire che siate colleghi» bussò alla parete e una grossa figura si avvicinò, i suoi occhi brillarono :«Loro tengono a bada i demoni dall'altra parte che vogliono passare senza permesso, anche se a volte qualcuno sfugge anche a loro» spiegò poggiandosi con la schiena contro la parete «Dai apri il varco».
«Come?».
«Lo sai, cerca nei tuoi ricordi, questa è una delle informazioni che ti ho passato».
Ludovico si concentrò, e un immagine apparve nitida, sapeva cosa fare e dire, gli sembrò come se quella cosa l'avesse fatta già atre migliaia di volte.
Le parole fluirono dalle sue labbra nitide, i suoi occhi divennero rossi, traslucidi e le vene si gonfiarono.
Angelo, nel vederlo si preoccupò, fortunatamente il portale si aprì, Ludovico interruppe l'incantesimo e ritornò come prima.
Un vortice di fumo e fiamme si contorceva su se stesso lentamente, talvolta piccole saette lo percorrevano oppure sottili ombre simili a serpenti.
Ludovico ne era affascinato, fece per avvicinarsi, ma subito divenne tutto nero e al posto del fumo vi era l'imbocco di una buia galleria, alcune torce si accesero una dopo l'altra e riuscì a distinguere finalmente in modo chiaro il demone che in precedenza si era avvicinato alla parete.
«Tu saresti quello nuovo» disse osservandolo dall'alto dei suoi due metri e rotti.
Ludovico alzò lo sguardo, non era troppo demoniaco nell'aspetto, a parte le corna e la pelle grigia gli ricordava più un lottatore di sumo.
«Salve, sì, Ludovico ... Piacere?».
Il demone rise di gusto poi, rivolgendosi a Angelo disse :«Con lui ci divertiremo un sacco».
«Non immagini quanto» disse quasi in un sussurro.
Tan, nella sua forma demoniaca, dalla cima della rupe su cui si trovava, osservava lo scenario sottostante. Un groviglio di corpi martoriati dalle loro pene, si lamentavano incessanti creando un canto lugubre e costante, alcuni demoni si divertivano a tormentare le anime, altri vagavano senza una meta apparente. Vapori sulfurei intossicavano l'aria e demoni minori, piccoli e fastidiosi come zanzare, si divertivano a punzecchiare con le loro piccole lance chiunque incontrassero.
Massicce colonne di pietra e ossa reggevano la volta da cui pendevano viscidi bozzoli, L'aria era acre, secca e l'odore di zolfo si mescolava a quello del sangue e della paura.
Spiccò il volo, oltrepassando la distesa agonizzante, s'insinuò su per una galleria più stretta, schivando i demoni che incrociava, ignorando le anime penitenti.
Si fermò a un crocevia, era da tanto che mancava da lì sotto, fece mente locale e imboccò un tunnel che, a causa delle sue ridotte dimensioni, fu costretta a percorrere a piedi.
Le anime agglomerate nelle pareti sussurravano parole incomprensibili, frasi senza alcun senso, contorcendo il capo, cercando di allungare verso di lei una qualsiasi parte del proprio corpo. Lei stanca della loro presenza, sbuffo fiamme dalle narici facendole zittire.
Una volta giunta nel luogo in cui lui si rifugiava, si accomodò su di una roccia e attese la sua comparsa, ovunque si trovasse in quel dedalo di cunicoli, caverne e anfratti, sicuramente già sapeva della sua presenza.
«Tan, cosa ti porta così in profondità?»
Era dietro di lei, non si voltò a guardarlo :«Dovresti saperlo».
«Sì, ho saputo del povero Taddeo, davvero un gran peccato, ma io cosa c'entro?».
«Non far finta di nulla, ti sei lasciato dall'altra parte un bel casino» iniziava a irritarsi.
Iorica si mise di fronte a braccia conserte :«Non so di cosa parli» scandì lentamente le parole.
«Hai messo al mondo una chiave e vorresti farmi credere di non saperne nulla!».
Iorica sgranò gli occhi, il suo respiro divenne più veloce, come se soltanto adesso si rendesse conto di ciò che era accaduto. Si accomodò su di un'altra roccia, il volto teso, il fumo che cominciava a uscire dalle narici, i suoi occhi di catrame cominciarono a scintillare.
«Si è presa gioco di me» strinse i pugni «Come ha osato, una mortale, mi ha ingannato» disse quasi urlando.
«Così davvero non ne sapevi nulla?» No, non si sarebbe mai fidata di lui fino in fondo, ma doveva capire.
Iorica alzò gli occhi verso la volta tempestata di dannati, lasciò uscire l'aria, come a liberarsi da un peso.
«Mi avevano mandato in superficie per un compito ben preciso. Lei si trovava da Taddeo per trascorrerci l'estate. Lui non la voleva fra i piedi nel locale, lo riteneva poco sicuro per una ragazza. Io stavo sempre in giro con la mia moto, un giorno mi vide nella piazza di fronte il locale e per passare il tempo cominciò a darmi fastidio».
«Un fastidio piuttosto piacevole direi, per com'è andata a finire».
«Era giovane, voleva divertirsi e io capii di cosa avesse bisogno».
«Sesso? Ma che cosa scontata».
«No, cercava qualcuno che la ascoltasse, io l'ho fatto, ci siamo confidati tutto e sai com'è, da cosa nasce cosa».
«Più precisamente Ludovico».
«Io non ne sapevo nulla, siamo stati sempre attenti, poi il mio tempo sulla terra è scaduto e sono dovuto ritornare» si grattò il mento pensieroso «Sicura che sia mio?».
«Sicurissima, quindi lei sapeva della tua natura» si alzò e mettendo le mani giunte dietro la schiena cominciò a dire «Tu non ne sapevi nulla del bambino, ma Taddeo? Se lo avesse saputo, me l'avrebbe detto» Iniziò a provare dei dubbi sulla sincerità del suo amico, dopotutto si era messo a indagare per conto proprio «Forse aveva iniziato a sospettare qualcosa, per questo aveva segnato quei simboli sull'agenda».
Camminava lentamente avanti e indietro, a testa bassa, talvolta con un calcio allontanava qualche piccolo mostriciattolo che cercava di mordere le sue caviglie.
«La cosa importante adesso non è capire se lui o io sapevamo, ma chi oltre a noi ne era a conoscenza» le fece notare Iorica. «Io non ho intenzione di usarlo come chiave, ancora non è giunto il mio tempo, ma chi potrebbe trarne vantaggio dal fatto che ci sia lui come custode?».
«Chi potrebbe essere talmente sciocco da osare uscire e creare un casino contro gli ordini pattuiti?».
«Qualche umano deve essere riuscito a stringere un qualche patto per il suo tornaconto personale e adesso lui si trova in mezzo».
«Ludovico, il suo nome è Ludovico».
Iorica indurì lo sguardo, sì era suo figlio, ma non ne sapeva nulla fino a poco prima, non aveva alcun interesse a allacciare un qualsiasi rapporto con lui :«Ciò che ti conviene fare adesso è tornare dall'altra parte e cercare le tracce residue di un qualche patto».
«Vuoi che ti tenga informato?».
«No, non sono cose che mi riguardano».
Tan sbruffò e lo lasciò nella sua solitudine che, a quanto sembrava, gli piaceva davvero tanto.
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