Capitolo 45: Non è un addio, solo un arrivederci
Firenze, 1471
Il sole era infine tornato a splendere su Firenze. Il grigiore deprimente dei giorni precedenti e il sentore di pioggia imminente ormai cancellati. L'unico ricordo del temporale era una nota aspra di foglie umide e decomposizione nell'aria.
Neri trovava quella bella giornata luminosa un insulto.
Come poteva il sole essere tanto benevolo in un'occasione così triste? Se avesse potuto nasconderlo con un pugno di polvere, l'avrebbe fatto. Ma, a pensarci bene, poco importava che il tempo non rispecchiasse il suo umore, perché era la giornata perfetta per mettersi in viaggio. Soprattutto uno lungo come quello che lui stava per intraprendere.
«È dunque giunto il momento dei saluti» disse Gittato andandogli incontro con aria seria. Poi, con una strizzatina d'occhio, aggiunse: «Quando tornerai dal tuo viaggio ricco come un nababbo spero che ti ricorderai dei tuoi vecchi amici.»
Neri lo afferrò inaspettatamente per il colletto e lo attirò a sé, battendogli delle pacche sulla schiena. «Non temere, amico mio. Non temere. Promettimi una cosa però,» assottigliò la voce quasi fino a un sussurro, «tieni d'occhio Leonardo da parte mia. D'accordo?»
Gittato gli strinse la nuca scompigliandogli i capelli già disordinati. «Vorrei farlo, credimi, ma ho altri progetti.» Sciolse il loro abbraccio per dire: «Sai, Neri, il tuo esempio mi ha ispirato. Anch'io voglio fare qualcosa di buono nella mia vita. Andrò a Pisa. Ho sentito che ci sono buone opportunità là; magari potrei imbarcarmi su qualche mercantile e far fortuna nelle Indie.»
Neri sospettava che a spingerlo così improvvisamente sulla retta via non fosse stato il suo esempio, tanto quanto una certa ragazza dal caratterino ribelle che aveva conosciuto di recente. Il pensiero di Gittato che cercava d'ingraziarsi Piera lo fece sorridere, ma non disse nulla, soltanto: «Beh, è abbastanza grande da potersela cavare da solo, comunque. Ti auguro di trovare la tua strada e di diventare persino più ricco di me, se ne sei capace!»
L'altro ragazzo lo colpì scherzosamente nelle costole con un'espressione offesa. «Ma sentilo! Sono molto più capace di te, te lo farò vedere!»
Neri rise insieme a lui, e rispose: «Lo spero proprio. Così sarai tu a offrirmi da bere finalmente! Da quando t'ho incontrato ho sempre le tasche vuote.»
«Ah, sarebbe colpa mia quindi?» ribatté prontamente Gittato. «Le tasche te le svuoti benissimo da solo nello stomaco. La tua gola ha il buco stretto, ma ci passa la casa e il tetto!»
Il loro piccolo battibecco venne interrotto dall'arrivo di Leonardo. Rimase in disparte, concedendogli un po' d'intimità mentre si salutavano, ma era chiaramente impaziente che arrivasse il suo turno; continuava a lanciare occhiate nervose ai due uomini a cavallo che sostavano poco più avanti sulla strada, in attesa che Neri si unisse a loro per il viaggio. Mancava poco ormai, e anche lui voleva avere più tempo possibile con Leonardo prima di doversi separare.
Salutò un'ultima volta Gittato e tornò sui suoi passi. «Allora...»
«Allora...» lo imitò Leonardo.
«Detesto questo momento» sospirò amaramente Neri.
«Mai più di me, credimi. Tieni, ho una cosa per te» disse l'altro porgendogli un fagottino di carta stropicciata. «Volevo che avessi qualcosa di mio, da stringere tra le dita quando sarai troppo lontano per stringere la mia mano.»
Neri aveva già scartato il regalo, e se lo stava rigirando davanti agli occhi con meraviglia e gratitudine. Si trattava di un pezzetto di legno – quercia forse – intagliato a forma di una lettera con mano abile e meticolosa e attraversato da un cordino di cuoio: la elle di Leonardo.
Il ragazzo la prese dalle sue mani tremanti e gliela mise al collo dicendo: «Così non importerà se sarai all'altro capo del mondo, circondato da una folla di estranei in un luogo sconosciuto – mi avrai sempre accanto al tuo cuore.»
«È bellissima, grazie. Ma io non ho niente per te» rispose Neri sentendo una mano gelida afferrargli il petto.
«Non è necessario. Ho i tuoi ritratti.»
«Ah quelli!» Emise una risata strozzata al pensiero di quelle orrende caricature in cui aveva la testa grande come un cocomero.
«E ricorda, non è per sempre; un giorno ci rivedremo. Promettilo. Prometti che questo non è un addio, solo un arrivederci.» I begli occhi di Leonardo si erano trasformati in pozze scure e profonde, la loro superficie lucida e scintillante nella luce abbagliante di quel sole beffardo e traditore.
«Lo avevo già fatto, ricordi?» rispose lui, lottando con ogni fibra del proprio essere per non cedere alle lacrime.
Leonardo scosse la testa. «Prometti di nuovo.»
«Va bene, lo prometto.»
«Non dimenticarti di me, Neri.»
Lui non riuscì a trattenere un sorriso. «Non potrei nemmeno se lo volessi, Leonardo da Vinci.» Pronunciò il suo nome con dolcezza e con coraggio, senza il minimo timore che potesse essere l'ultima volta che lo faceva. No, era certo che l'avrebbe rivisto. Anche a costo di prosciugare l'Arno a sorsi per raggiungerlo o di scalare la cupola del duomo per urlare il suo nome sopra i tetti e trovarlo tra le migliaia di anime a Firenze.
Non lo abbracciò, né tantomeno osò baciarlo un'ultima volta. Non perché suo padre e fratello Donato lo stavano osservando, non gli importava di quel che pensavano i due uomini; ma perché sapeva che se l'avesse fatto gli sarebbe rimasto avvinghiato come una cozza allo scoglio, senza più trovare la forza di staccarsi da lui. Si voltò, stringendo il prezioso dono di Leonardo fino a sentire i contorni smussati del piccolo oggetto incidergli dei solchi nella pelle intorpidita dal gelo e dalla malinconia, e si allontanò.
Quando finalmente ebbe montato in sella, affiancando suo padre, cercò di scacciare dalla mente ogni dubbio, concentrandosi sulla nuova avventura che aveva davanti. «Allora, adesso vuoi dirmi qual è questa misteriosa missione che tu e fratello Donato dovete portare a termine?»
La risposta dell'uomo, semplice quanto diretta, fu: «Recuperare una preziosa reliquia appartenente alla Santa Chiesa che è stata rubata.»
Che ironia, pensò Neri, che un ladro come lui dovesse aiutare a ritrovare un oggetto rubato.
«Quale reliquia?» chiese incuriosito.
Suo padre gli rivolse un blando sorriso, spronando il cavallo al galoppo. «La Sindone.»
FINE
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