Capitolo 33: Fatto il misfatto
Firenze, 1471
«Bene, bene, guarda un po' chi si rivede. Il nuovo amico di Leonardo... Perdonami, com'è che ti chiami?»
«Neri, mi chiamo Neri» rispose lui, colto alla sprovvista dall'incontro inaspettato.
Gli occhi d'ambra di Botticelli lo soppesarono attentamente, quasi fosse stata la prima volta che lo vedeva. Neri ebbe l'impressione che quell'esame servisse a valutarlo in qualche modo, a cercare in lui qualcosa. A giudicare dall'espressione soddisfatta che illuminò i lineamenti perfettamente scolpiti dell'uomo, egli aveva trovato quel qualcosa – qualunque cosa fosse.
Come la prima volta che lo aveva incontrato, Neri provò una strana sensazione, che solo in parte avrebbe definito di disagio. Trasudava arroganza e il modo diretto con cui gli rivolgeva il suo sguardo acuto e penetrante lo disturbava, ma allo stesso tempo ne era incuriosito.
Ebbe l'impressione che lui potesse leggere tutto questo sul suo volto con la facilità con cui avrebbe letto l'insegna d'una taverna, e distolse lo sguardo, voltandosi verso la lizza dove la gara era appena iniziata.
«Maestro Botticelli, è un piacere rivedervi» si sforzò di dire dopo aver deglutito a vuoto.
«Il piacere è tutto mio, credimi. E chiamami pure Sandro, gli amici di Leonardo sono anche miei amici.»
Neri avrebbe voluto fargli notare che il ragazzo non provava altrettanta stima nei suoi confronti, ma si limitò a sorridere educatamente.
«Non voglio importunavi oltre» disse, cercando di defilarsi. «Vi lascio assistere allo spettacolo in pace.» E fece per andarsene.
«Un momento» lo fermò l'altro, trattenendolo per un braccio. «Non così in fretta. Rimani a farmi compagnia... a meno che tu non abbia di meglio da fare.» L'uomo lo fissava con un'evidente aria di sfida.
Neri non sapeva esattamente perché, ma l'istinto gli suggeriva di non contraddirlo. «Niente, in verità» rispose con grande compiacimento di Botticelli.
Rimasero per qualche minuto in silenzio a guardare la giostra.
«A proposito, dov'è Leonardo? Non è venuto con te?» gli domandò a un certo punto l'uomo con malcelata curiosità.
Leonardo! Se ci vedesse ora andrebbe su tutte le furie, pensò lui con una segreta punta di soddisfazione. Cosa non avrebbe dato in quel momento perché il giovane mostrasse un po' di quell'impeto che lo aveva mosso quando Botticelli lo aveva avvicinato per la prima volta, quando Leonardo l'aveva rivendicato gelosamente come suo.
Cercando di allontanare quei pensieri, Neri colpì con stizza la palizzata e mentì: «No, sono da solo.»
L'altro fece un'espressione saputa, ma non aggiunse altro al riguardo.
«Comunque, la mia offerta è sempre valida.» Sandro gli rivolse un sorriso enigmatico, che poteva voler dire tutto o niente. Era bravo a leggere nell'animo altrui, ma altrettanto bravo nel celare i propri intenti. «Passa a trovarmi uno di questi giorni, ti assicuro che non te ne pentirai.» Così, alla fine, si decise a lasciarlo andare senza troppe storie con la promessa di una visita.
Neri adocchiò Piera e Gittato dall'altro lato della piazza e si gettò nella mischia per raggiungerli. «Fin qui tutto liscio come l'olio» sospirò. «Ora attendiamo il ritorno di Leonardo. Venite togliamoci di qua.»
Si sistemarono in un angolino tranquillo di una via laterale, lontano dal baccano che proveniva dal cuore dei festeggiamenti. Dovettero attendere un bel pezzo, ma alla fine Leonardo andò loro incontro nel punto prestabilito. Aveva le guance leggermente arrossate e delle piccole gocce di sudore brillavano sulla sua fronte come rugiada alle prime luci dell'alba. Il sorriso che gli si allargava sulla faccia da orecchio a orecchio parlava da sé riguardo all'esito della sua missione.
«Ci sei riuscito vero?» domandò Neri, non stando più nella pelle.
«Avevi dubbi per caso?» ribatté l'altro con una risata argentina, passandogli il braccio intorno alle spalle. «Se solo aveste visto la sua faccia... C'è cascato come un baccalà.»
«Vacci piano, è tutto merito mio» s'intromise Gittato, dandosi delle arie. «Se non avessi interpretato la mia parte così bene Domenico di Giovanni non si sarebbe mai mosso da lì. Avete visto che corsa ha fatto non è vero? Gli è preso un accidente quando gli ho detto che casa sua stava per essere divorata dalle fiamme.» Il ragazzo scoppiò in una risata fragorosa che fece voltare più d'un passante.
«Ah sì? E io allora? Senza di me il piano non avrebbe mai funzionato!» esclamò allora Piera, sentendosi punta sul vivo.
Come sempre, Neri si ritrovò a fare da pacificatore. «Va bene, state buoni! Avete tutti fatto la vostra parte in modo egregio. Ognuno di voi è stato fondamentale per la riuscita del piano. I miei complimenti a tutti» disse inchinandosi con fare ironico. «Ora rimaniamo concentrati però. Leonardo, sei sicuro che Bandini non sospetti nulla?»
Il giovane annuì senza esitazione e spiegò come fosse stato facile far scivolare per terra il biglietto che Neri aveva scritto, falsificando la grafia di Domenico di Giovanni, e di come poi lo avesse raccolto, attirando l'attenzione di Bandini e facendogli credere che fosse stato proprio il suo amico ad averlo perso, mentre correva via di fretta.
Neri aveva scelto accuratamente il tipo di carta da usare, abbastanza sottile da risultare praticamente trasparente, leggibile persino quando il foglio era piegato in due. Si era poi assicurato di marcare alcune parole, ripassandole con l'inchiostro perché attirassero lo sguardo e la curiosità di Bandini.
Egli era sospettoso per indole e il trucco aveva funzionato alla perfezione. Non appena Leonardo gli aveva mostrato il biglietto, i suoi occhi lo avevano scandagliato, guardinghi, e l'uomo per poco non glielo aveva strappato di mano intuendo la natura del pericoloso messaggio al suo interno.
«E Domenico di Giovanni?» chiese Neri.
«Poco prima che Gittato lo allontanasse sono riuscito a sussurrargli qualche parola all'orecchio senza che Bandini se ne accorgesse, il necessario per persuaderlo a presentarsi all'appuntamento» rispose l'amico con un ghigno di trionfo. «Credimi, ci sarà.»
«Bene» mormorò allora Neri, complimentandosi mentalmente con se stesso per essere riuscito a partorire quel piano tanto geniale quanto folle. Frequentare Leonardo doveva decisamente avergli mandato qualche rotella fuori posto. «Stiamo a vedere dunque. E che Dio ce la mandi buona.»
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