Capitolo 28: Sul filo del rasoio

Firenze, 1471

«Leonardo, no! Ti prego non morire!»

Provò a scuoterlo. Il suo corpo diventava sempre più freddo e rigido, e Neri non sapeva cosa fare. Doveva cercare aiuto al più presto, ma non poteva lasciarlo lì svenuto da solo.

Non poteva permettere che finisse così. Che morisse per colpa sua.

«Aiuto!» urlò con quanto fiato aveva in gola. «Presto, aiutatemi!»

Non si era neppure accorto di stare piangendo, finché non riuscì più a distinguere l'espressione pacifica sul volto esangue di Leonardo per via delle lacrime che gli appannavano la vista. «Vi prego, salvatelo» continuava a mormorare.

Due mani dalle dita sottili comparvero all'improvviso davanti a lui e si poggiarono sul corpo inerme stretto tra le sue braccia. Quelle dita, svelte e sicure, tastarono il collo del ragazzo svenuto. «È ancora vivo. Ha bisogno di un medico.»

Poi lo sconosciuto corse via senza che Neri aggiungesse una sola parola. Dovettero passare solo pochi minuti, ma a lui parvero un'eternità; il soccorritore fece ritorno insieme ad altre tre persone, di cui una era una donna.

«Helen» disse il tizio che li aveva trovati per primo.

La donna, o meglio la ragazza, visto che sembrava essere molto giovane, non se lo fece ripetere due volte. Si chinò su Leonardo e iniziò a esaminarlo con attenzione alla luce di una candela: fece scorrere la fiamma avanti e indietro di fronte agli occhi del giovane, tenendogli le palpebre aperte tra indice e medio.

«Credo si tratti di avvelenamento» affermò con fare esperto e professionale. «Ha mangiato o bevuto qualcosa di insolito nell'ultima ora?»

Neri si accorse che tutti avevano lo sguardo puntato su di lui e capì che stavano aspettando una sua risposta. «Non so. No. Del sidro» sussurrò con tono colpevole. Ma forse solo lui poteva cogliere quella precisa sfumatura nella sua stessa voce.

«Non posso curarlo se non so cosa ha preso.»

La ragazza e il primo soccorritore iniziarono a parlare tra loro in tono concitato; Neri non riusciva a capire una parola di quello che dicevano, e gli ci volle un momento per realizzare che non era così perché era ancora sconvolto, ma perché parlavano in un'altra lingua.

La ragazza pronunciò una strana parola che suonava più o meno come cole. L'altro annuì e fece segno ai due uomini che li accompagnavano di sollevare Leonardo, poi sparì nuovamente all'interno dell'abitazione.

Neri li lasciò fare, seguendoli attraverso un'entrata secondaria che permise loro di non passare per il salone affollato. Sistemarono il giovane privo di conoscenza in una stanza al piano terra, su un divanetto di forma rettangolare privo di spalliera; poi la ragazza, Helen, fece allontanare tutti tranne lui, che non ne volle sapere di lasciare il fianco di Leonardo. Pochi secondi dopo li raggiunse l'altro soccorritore, quello che era corso via di fretta. Solo ora, alla luce dei candelabri, Neri si accorse che era anche lui un ragazzo molto giovane, forse della stessa età di Leonardo.

«Ho trovato questo, spero vada bene» disse, porgendo uno straccio macchiato di fuliggine alla ragazza.

«Lo spero anch'io» rispose lei con voce tesa.

Helen iniziò ad aprire lo straccio e ne versò il contenuto in una ciotola di legno, macinandolo con un pestello. Carbone. «Hai portato anche dell'acqua?»

Il ragazzo aveva già la brocca in mano, pronto a passarla.

I procedimenti successivi, però, cominciarono ad allarmarlo e Neri si mise in mezzo. «Un momento, cosa diavolo volete fargli con quello?» I due avevano inserito un imbuto nella bocca di Leonardo e si preparavano a versaci dentro la mistura nerastra di acqua e carbone.

«Volete ucciderlo per caso?» urlò.

«No, vogliamo salvarlo!» rispose Helen. «Morirà di certo se non proviamo così. Questa è la sua unica possibilità, quindi fatti da parte se tieni a lui!»

A quel punto Neri non poté fare altro che obbedire al tono imperioso della ragazza, e confidare nelle sue capacità.

L'intruglio scese giù nella gola di Leonardo, ancora e ancora, ma non accadde nulla e a un certo punto iniziò a riversarsi fuori dalle sue labbra e sul pavimento.

Lui avrebbe voluto urlare.

Avrebbe voluto uccidere quel bastardo di Bandini.

A proposito, dove si era cacciato? Uno dei suoi ospiti era in fin di vita e lui non fingeva nemmeno che gliene importasse qualcosa.

Poi si udirono dei colpi improvvisi alla porta. «Ehi, voi lì dentro! Fatemi entrare, sono un vero medico ed esigo di vedere il paziente!»

Neri rivolse uno sguardo preoccupato a Helen e all'altro giovane.

«Non temere, anche la mia amica è un vero medico» disse quest'ultimo. «E sa il fatto suo – nonostante sia una donna.» Rivolse un sorriso complice e provocatorio alla ragazza.

«Soprattutto perché sono una donna» rispose lei, rimanendo concentrata sull'operazione.

Adesso sì che Neri era davvero confuso. «Voglio solo che Leonardo viva» implorò.

«Allora vivrà» disse l'altro.

In quell'istante Leonardo incominciò a tossire come se stesse soffocando.

«Ci siamo, sta reagendo!» annunciò Helen visibilmente sollevata. «Aiutami Cris, dobbiamo metterlo su un fianco.»

Il ragazzo seguì le sue istruzioni e dopo pochi minuti – durante i quali Neri si maledisse per aver dato retta a quei due impostori, assistendo alla terribile scena dell'amico che vomitava anche l'anima – Leonardo si accasciò sfinito, ma con respiro regolare e ormai fuori pericolo.

Neri fu colto da un improvviso moto di euforia e corse ad abbracciare Helen, chiunque lei fosse. «Grazie» disse stringendola. «Sarò per sempre in debito.»

La ragazza si irrigidì, ma non lo allontanò. «Va bene, va bene. Può bastare così.»

«A Helen non vanno molto a genio le manifestazioni d'affetto. Se avessi fatto io una cosa del genere mi avrebbe staccato la testa a colpi di bisturi!» esclamò l'altro ragazzo ridendo.

Neri la lasciò andare, scusandosi per l'impeto. Poi chiese: «Ma chi siete voi due?»

«Oh, giusto. Scusa, ma con tutto quello che è successo non ci siamo nemmeno presentati» rispose il ragazzo, passandosi distrattamente una mano nei cortissimi capelli ramati come se non si fosse ancora abituato a quel taglio. «Lei è Helen Valls, chirurgo e medico di bordo della Polaris. Mentre io sono solo un umile sottufficiale. Il mio nome è Cristoforo Colombo.»

Lui sorrise con gratitudine a entrambi e rispose: «Il mio nome è Neri. È un piacere avervi incontrato.»

«A proposito» fece Cristoforo, «volevo chiedertelo già da un po', ma non mi pareva il caso col tuo amico in fin di vita. Come mai sei vestito da donna?»

Cazzo. Aveva completamente dimenticato il travestimento.

«Mmm, ecco, io...»

«Credo siano affari suoi, Cris. Non t'impicciare» disse inaspettatamente Helen. «Lasciamoli soli ora. Ricordati che il ragazzo deve bere il più possibile, capito?»

Neri annuì.

I due si diressero verso la porta, ma Cristoforo si voltò e aggiunse: «Tranquillo, nessun altro si è accorto del tuo travestimento. Il tuo piccolo segreto è al sicuro con noi.» Poi uscirono, tenendo a stento a bada la folla di curiosi radunata nel corridoio.

Neri prese uno sgabello e lo trascinò accanto al divanetto su cui giaceva Leonardo. Aveva il respiro pesante e quell'orrenda mistura ancora intorno agli angoli della bocca, e puzzava di vomito. Lui pescò un fazzoletto da una cassettiera lì accanto e iniziò a ripulirlo alla bell'e meglio. L'amico teneva gli occhi chiusi, ma non sembrava più sofferente. Neri scostò i suoi bei ricci scuri e madidi di sudore dalla fronte insolitamente pallida, accarezzandogli piano la testa come a un neonato a cui si teme di far male.

«Sei al sicuro adesso. Non permetterò che se la prendano anche con te» gli sussurrò dolcemente.

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