Capitolo 22: Finalmente, la verità
Firenze, 1471
Il volto rugoso dell'anziana Priora si illuminò con un sorriso nel veder arrivare Gittato. Gli andò incontro a gran velocità, sebbene la gamba malconcia rendesse la sua andatura zoppicante, e li accolse tutti con fare materno.
Neri poté notare che, nonostante gli anni trascorsi da quando Gittato aveva lasciato lo Spedale degli Innocenti, l'affetto della donna per il trovatello non pareva affatto mutato. Anche il ragazzo era molto contento di vederla.
Monna Agata li fece accomodare in una stanzetta un po' più appartata adiacente alla mensa comune e ascoltò con espressione seria il loro racconto. Alla fine annuì, avvicinandosi a Piera per prenderle la mano, e disse con un marcato accento siciliano: «È una giovane in buona salute, e mi sembra anche sveglia. Non sarà difficile trovarle un posto. Molte delle balie che lavorano per me la prenderebbero volentieri come aiutante, alcune di loro sono anche levatrici e possono insegnarle il mestiere se è portata. Vi manderò a chiamare non appena avrò novità.»
Leonardo tirò un sospiro di sollievo alla notizia che qualcuno come la Priora fosse disposto ad aiutare la sorella. Per fortuna, Gittato aveva mantenuto i contatti con l'anziana direttrice dai tempi del suo soggiorno al brefotrofio.
In realtà la carica più alta era quella dello Spedalingo, responsabile dell'intero Spedale e della sezione maschile, ma la Priora dirigeva la comunità delle donne in modo autonomo. Data la sua autorità e la sua disposizione benevola verso Gittato, Neri non dubitava del buon esito della faccenda. Per di più, non avevano più avuto notizie del padre di Piera. Così anche lui si concesse finalmente un sorriso e si avviò verso l'uscita con Leonardo, mentre Gittato e la ragazza si attardavano per ringraziare Monna Agata.
Prima di raggiungere la piazza che si apriva oltre le logge dello Spedale, Neri passò accanto alla ruota di legno dove i neonati potevano essere depositati anonimamente all'interno di una cavità.
Al loro arrivo Gittato aveva distolto lo sguardo, rigirandosi tra le dita la medaglia di bronzo spezzata a metà che lo aveva accompagnato la notte del suo arrivo allo Spedale e che portava sempre con sé da allora, l'unico legame con la sua vera famiglia. Purtroppo nessuno si era mai presentato con l'altra metà.
Neri si avvicinò a Leonardo, che fissava imbambolato il quieto via vai di fronte alla basilica della Santissima Annunziata. «Ehi» gli disse.
«Ehi» rispose con voce debole il giovane. Con la rapidità con cui il nevischio si scioglie al sole, la sua contentezza si era trasformata nuovamente in quello stato cupo e meditabondo che proprio non si addiceva al suo carattere effervescente. Batté le folte ciglia brune contro il chiarore insolito del cielo, e senza guardarlo disse: «Grazie Neri. Davvero, per tutto.»
Neri gli rimase accanto in silenzio, cercando le parole giuste. Ma non ce n'erano. Così si limitò a urtare leggermente la sua spalla con la propria.
Leonardo colse al volo l'esortazione nel suo gesto di conforto e sospirò: «Mi vergogno così tanto.»
«Con chi credi di parlare? Non sono mica un santo io. Qualunque cosa tu abbia fatto non può essere più grave delle mie malefatte.»
Il ragazzo gli rivolse un debole sorriso che gli sollevò solo un angolo della bocca. «Immagino di non poter più rimandare. Ora che Piera è sistemata, tocca a me vuotare il sacco.»
«Già.»
Leonardo però esitava ancora, guardandosi intorno nervosamente.
«Avanti! Che sarà mai?» lo incitò Neri.
«Io... io non volevo essere una così grande delusione. Ma non sapevo che altro fare.» La sua voce era sottile come un filo di lana, sembrava sull'orlo delle lacrime.
In quell'istante Neri realizzò che era passato molto tempo dall'ultima volta in cui lui stesso aveva pianto, anni. Strinse la spalla di Leonardo. «Su di me puoi contare sempre. Anche se hai commesso uno sbaglio, per quanto madornale, questo non ti rende una cattiva persona. E credimi, ne ho incontrate tante di quelle per non riconoscere la differenza tra te e loro.»
«Tu sei proprio strano.»
Neri lo fissò senza capire da dove fosse uscito quel commento.
«Sei un criminale, senza offesa, ma hai il cuore più grande del duomo di Firenze. Sei pronto ad aiutare gli altri quando ne hanno bisogno – persino un perfetto sconosciuto. Tu non mi devi niente, eppure ti preoccupi per me, hai fiducia in me. E onestamente non ne capisco il motivo! Sei l'unico a vedere qualcosa di buono in questo fallimento che sono diventato.»
«Se tu sei un fallimento, allora cosa sono io?» sbottò Neri.
«Tu sei forte, coraggioso, giusto e leale. Se i nostri ruoli fossero stati invertiti, se tu fossi nato in una famiglia come la mia, avresti reso i tuoi genitori orgogliosi. Non come me...»
«Ma che sciocchezze vai dicendo Leonardo? Non puoi credere veramente alle parole che stai vomitando a caso!»
Il giovane serrò i pugni con un tale impeto che Neri temette potesse farsi male.
«Ora basta!» urlò afferrandolo per le spalle e costringendolo a guardarlo negli occhi. La gente nella piazza si voltò verso di loro, incuriosita dalla scena, ma lui ignorò tutti e tutto. «La mia pazienza si sta esaurendo Leonardo» sussurrò con un fremito minaccioso nella voce che sorprese persino lui. «Dimmi qual è il problema e falla finita.»
L'altro rispose al suo sguardo furente con rassegnazione: «Il problema, Neri, è che sono un debole, un codardo. Ho lasciato che il mio orgoglio e il timore di perdere anche quell'ultimo briciolo di rispetto che mio padre ha nei miei confronti mi trasformassero in un essere vile e indegno di fiducia. Sono settimane ormai che trafugo i bozzetti del maestro Verrocchio per consegnarli a uno sconosciuto che ci fa Dio solo sa cosa. Lui ha accettato di essere il mio mentore, non mi ha mostrato altro che gentilezza e stima, riponendo le sue aspettative in me e nel mio talento, e io l'ho pugnalato alle spalle.» Leonardo emise un respiro irregolare, come se gli mancasse improvvisamente l'aria.
Neri non distolse gli occhi dai suoi per paura di interrompere quel legame che era finalmente riuscito a creare. «Perché lo hai fatto?» chiese senza dargli tregua.
«Perché... sono stato costretto. Qualcuno mi ricatta.»
Stavolta fu il suo turno di annaspare senz'aria. «Cosa? Ma perché...» E all'improvviso Neri intuì quello che l'amico stava tentando di dirgli e, almeno in parte, come si erano svolti i fatti. «L'Uomo nero» sussurrò.
Leonardo annuì, chiudendo le palpebre. «Qualcuno, non so chi, minaccia di rivelare alle autorità fiorentine il mio coinvolgimento negli esperimenti di Bruno D'Azzi se non gli consegno i modelli preparatori del David di Verrocchio. Sono uno dei pochi a cui permette di aiutarlo e che ha accesso alla sua nuova opera, quindi vogliono che ne disegni ogni particolare su pergamena.»
«A quale scopo?» chiese lui, sempre più confuso.
«Non ne ho idea, Neri. Posso solo pensare che un altro artista voglia rubargli l'idea. Credimi, odio me stesso per la parte del traditore che sto giocando e preferirei affrontare il giudizio della legge, ma allo stesso tempo non voglio esporre mio padre e il resto della mia famiglia alla pubblica umiliazione, provocandone la rovina.»
Lui non aveva mai avuto una famiglia, ma in un certo senso poteva capire l'amico.
«Leonardo» disse determinato, «non so proprio come farò, ma ti prometto che in un modo o nell'altro ti tirerò fuori da questo guaio.»
«E io lo aiuterò!» La voce acuta di Piera li sorprese entrambi. Non si erano affatto accorti del suo arrivo.
«Al diavolo!» esclamò allora Gittato, facendo un passo avanti per unirsi al terzetto. «Contate anche su di me, la mia assistenza vi farà comodo.»
Piera rivolse al ragazzo uno sguardo sorpreso, ma compiaciuto. «Bene, da che parte si inizia allora?»
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