10. Gita al supermercato 🚘
<<Suz... Suzette.>>
<<Sì! Che c'è Draghetto?>>
<<Po... potresti rallentare un po'. Mi vien da vomitare...>>
<<Ma non sto andando veloce! Saranno le curve.>>
<<Suzette...>>
<<Che c'è ancora?>>
<<L'u... l'ultima curva l'abbiamo passata... da un chilometro.>>
<<Cavolo! Hai ragione...>>
A questo punto alzo gli occhi allo specchietto retrovisore e il volto bianco e sudato di Draghetto spicca come la cera fra il nero della tappezzeria.
<<Dobbiamo cambiare seggiolino. L'ovetto è scomodo. Dovrei comprarti l'altro. Sai quello a poltroncina? Quello che...>>
<<Suzette... devi solo... rallentare un po'.>>
La sua mano ora è davanti alla bocca, dove a farle da cornice sono guance gonfie e due cerchi violacei sotto gli occhi.
<<Oddio! Sì, d'accordo. Scusami... scusami.>>
Decellero immediatamente e decido di fermare la vettura accostandomi al lato della strada.
Scendo di corsa; l'unica soluzione che mi viene in mente per alleviare il suo malessere è quella di farlo calare e fargli prendere un po' d'aria.
Faccio il giro dell'auto, apro lo sportello e dopo aver slacciato le cinture di sicurezza lo sollevo fra le mie braccia e lo tiro via dal suo tormento.
<<Come stai? Eh? Va meglio?>>
<<Sì. Ora sì.>> Ispira profondamente l'aria fresca, mentre il colorito alle guance comincia a far capolino di nuovo.
Con una salvietta umidificata gli rinfresco il volto sudato e lui sembra bearsi di tutte queste attenzioni... o forse è solo per il beneficio dell'aria fresca?
<<Ih! Che meraviglia! Continua, continua...>>
<<D'accordo.>>
Continuo a tamoponargli il volto e i suoi occhi si chiudono esprimendo un godimento nel quale si sollazza.
<<Più dietro? Ah... sì. Ecco. Proprio lì. Oh, che meraviglia.>>
<<Ehm... Draghetto?>>
<<Sì... Suzette?>> Risponde assente.
<<Draghetto... dobbiamo andare!>>
Sobbalza fra le mie braccia tornando alla realtà. I suoi occhi si voltano al cielo seguiti dal volto papaverino.
<<S-sì, scusami.>>
Sorrido, la sua dolcezza infinita mi sovrasta il cuore.
<<Vuoi che torniamo indietro?>>
<<Oh! No! No, no. Figurati>>, risponde imbarazzato, <<sto benissimo ora.>>
<<D'accordo. Però passerai avanti. Quando si soffre di mal d'auto il lato passeggero è da preferire a quelli posteriori.>>
<<Ma non è necessario... forse basterebbe solo che...>>
<<Non voglio storie>> affermo risoluta. <<Verrai avanti con me. E non pensare che tu mi dia fastidio. Ok?>>
<<Veramente io volevo dire...>>
<<Shh! Niente se e niente ma. Sono io a dovermi preoccupare per te, e non viceversa.>>
<<Appunto...>> Biascica grattandosi la testa.
<<Quindi ora farai quel che ti dico io.>>
<<D'accordo Madame.>>
Ho come la sensazione di essermi persa qualcosa fra le sue parole.
Cosa c'è che non ho afferrato?
Sembra quasi che non voglia venire avanti con me. Forse è il caso che rallenti davvero, altrimenti me lo perdo fra i sedili.
Dopo la mia riflessione silente, una carezza e un bacio sulla sua guancia tornata al giusto pigmento, decidiamo di ripartire verso la meta ormai non molto lontana.
Il breve tragitto rimasto lo percorro con moderazione ricordandomi di quanto accaduto pochi istanti fa, e osservando il suo volto ora sereno.
Presto, davanti ai nostri occhi, la destinazione si erige mastodontica.
<<Wooow.>> Spalanca la bocca Draghetto. <<Ne è valsa la pena rischiare di lasciare lo stomaco sul marciapiede. È meraviglioso Suzette!>>
Sghignazzo osservando la sua faccia esterrefatta: <<Credo tu sia il primo uomo al mondo al quale piace andare in un centro commerciale a far la spesa.>>
<<Centro cosa?>>
<<Centro Commerciale. Si chiama così perché lì dentro ci sono tantissimi negozi dove le persone possono trovare ciò di cui hanno bisogno;
dall'ago all'elefante dicono.>>
<<Anche... gli... elefanti?>> Domanda dubbioso.
<<Ma no! È un modo di dire!>> Rido di gusto. <<L'unica cosa che si fatica a trovare se sbagli ora d'arrivo o il giorno, è il parcheggio.>>
Ora è lui a sogghignare mentre io all'undicesimo giro di pista riesco a trovare un posto prima che sia il mio stomaco a svuotarsi, e sul serio.
<<Facciamo veloci>>, impartisco a Draghetto, <<odio sto posto!>>
<<Sì Madame.>>
Presto detto mi allaccio il marsupio porta enfant e ci calo il mio Draghetto all'interno. Recupero un carrello dalla lunga fila incatenata e m'avvio verso le porte.
<<Su... zette?>>
<<Shh! Non parlare!>> Soffoco le parole. <<Devi sembrare poco più di un neonato!>>
Lo guardo: il suo volto sta per esplodere.
<<Cosa c'è?!>>
<<Potresti andare più piano...>>
<<Ohé! Draghetto, ma allora è un vizio! Siamo a piedi ora!>>
Il nervoso mi formicola potente sotto pelle. Odio sto posto e non vedo l'ora di volare via come arrivata.
<<Suzette, è che... la mia testa arriva prorio lì. Lì... vedi?>> Mi indica col dito qualcosa addosso ma io non comprendo.
<<Lì!>> Sfiora col dito le mie gobbe prominenti all'altezza della sua bocca per poi ritirarlo immediatamente assumendo i colori dell'arcobaleno in volto.
<<Ah! Dici le tette?>>
Sgrana gli occhi senza rispondere.
<<Non aver paura di urtarle mentre cammino. Sono morbide! Puoi usarle come cuscino se vuoi.>>
Io rido, mentre lui sta per svenire.
I suoi occhi voltati all'insù non sono di buon auspicio.
<<Draghetto!>> Strozzo di nuovo la voce. <<Draghetto, che fai! Stavo scherzando!>>
<<Oh... ah... sì>>, farfuglia distratto, <<tu cammina, io terrò la testa a posto.>>
Con il capo ciondoloni all'indietro Draghetto spicca dal porta enfant rigido come un ceppo di legno.
E meno male che non dovevamo farci notare, mi dico nella testa, ma quel che conta ora è che io mi sbrighi e volti le terga a sto posto.
Entrati nel supermercato la spesa con Draghetto è un vero spasso.
È lui a tenere la lista in mano e a comandarmi non appena gli occhi della gente non sono puntati su di lui.
<<Non quella Suzette! Non vedi che è vecchia di almeno tre giorni!>>
Mi rimprovera, mentre io resto con un cespo di insalata in mano.
<<Prendi l'altra!>>
<<D'accordo. Ma fai silenzio! È un po' strano che un neonato parli della spesa sai?>>
<<E tu fai attenzione! E ricordati la mozzarella, altrimenti a Gufetto chi lo sopporta poi... senza la sua pizza margherita.>>
Alzo gli occhi al cielo e sbuffando continuo a imbustare l'insalata consigliata dal mio cuoco intenditore.
Mentre sono intenta nel mio impegno d'improvviso sento la faccia di Draghetto affondare nel mio petto.
Sto quasi per parlare, quando una femmina di razza umana sopraggiunge alla nostra destra.
Un rapido sguardo nella sua interezza mi fa notare come la donna sia di gran classe.
Un leggins succinto strizza dei dossi di cellulite che stanno per esplodere nel tessuto e una maglia che arriva sì e no all'ombelico -difficile da trovare- fa sbordare un salvagente degno di salvare Jack Dawson nell'Oceano Atlantico e dalla rovinosa fine che ha fatto col Titanic.
Senza dire nulla continua a far smorfie guardando il mio bambino nel marsupio.
Balbetta un po', e poi malauguratamente la sua voce da cornacchia, in netto contrasto con la mole, esce fastidiosa come le campane della chiesa alle sei di domenica mattina.
<<Ma... ma che malattia ha?>>
Draghetto spinge ancor di più il volto sul mio costato. Il suo disagio mi arriva dritto come un pugnale al centro del petto.
Mi volto fulminandola con lo sguardo, sperando che basti a tacerla... ma così non è.
<<È caduto da piccolo o è nato così?!>> Urla attirando l'attenzione di tutta la gente intorno. <<Ha una testa così grande!>>
L'ira ormai mi è arrivata al cervello, che in assenza d'ossigeno non è per niente ragionevole.
<<La stessa malattia che ha il Suo culo signora. Solo che nella testa di mio figlio c'è un cervello e invece nel Suo culo sono depositati i chili di porcherie che ingurgita, signora.>>
La bocca scioccata della donna si spalanca e io ne approfitto per infierire ancora.
<<Le consiglio un abbigliamento decoroso quando va in giro, potrebbe spaventare i bambini. Vede il mio come s'è voltato? Spero non abbia incubi stanotte.>>
<<Ma... ma come si permette! Chi Le dà il diritto di...>>
<<È lo stesso diritto che si è arrogata un istante fa nei miei confronti. Anzi, Le dò un consiglio. Si faccia controllare la Sua di testa, perché non sta un granché bene eh! No, no. Per niente!>>
Applausi e gridolini vari sulle mie parole si levano tutt'intorno, mentre Draghetto è lì fra le mie tette a ridere.
Spero rida per l'accaduto e non perché è fra le mie tette; dopo glielo chiedo.
Mi volto ignorando quella faccia da ebete e dopo aver completato la lista e aver preso anche i pastelli per i miei disegni, m'avvio alla cassa.
Ora posso tornare a casa...
★★★
→_→
Tze! Ma figuratevi un po' che faccia tosta la Signora MICHELIN (è così che si scrive? -.- Vabbè, in caso contrario, avete capito lo stesso).
Offendere me e il mio Draghetto? Non se ne parla proprio!
Spero di non essere stata troppo scortese. O forse troppo poco dovrei dire (^∇^)
Comunque...
La spesa è stata fatta e finalmente si mangia la pizza.
Gnam! Non vedo l'ora!
Se non accade altro... -.-
E finalmente ho comprato i pastelli per disegnare ste benedette scarpe a Sorcia. \(☆o☆)/
Bene miei Sorcini,
prima di lasciarvi e andare a raccoglierli tutti per pasteggiare, vi chiedo venia per il capitolo "di passaggio", e spero l'abbiate gradito lo stesso.
In fondo da qualche parte dovevo pur prenderli sti colori no? ('*‿*')
A presto miei adorati  ̄ 3 ̄
E grazie!💗
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