Orecchiedoro - III
Un giorno la voce echeggiò cristallina.
L'uomo stava approdando al porto per cercare la sposa che avrebbe regnato insieme a lui a Nefilim, il regno degli Uomini Straordinari.
Uno Scricciolo Arcobaleno si posò sulla finestra e cinguettò:
«Il Principe vuole conoscere la ragazza dalle orecchie d'oro per vedere se è come dicono.»
La giovane si sorprese nel sapere che la voce era quella di un principe e che, per di più, volesse conoscerla.
Desiderò uscire.
Batté i pugni contro la porta, ma non riuscì a scardinarla.
Lo Scricciolo cinguettò:
«Di' ciò che desideri.»
«Voglio la chiave»
e l'Aquila la depose sulla finestra.
Aprì la porta, scese le scale e si trovò a fronteggiare il roseto che l'aveva imprigionata in quegli anni.
Con le mani forzò le spine e si avventurò nell'intrico fino a ritrovarsi completamente pungolata da aculei affilatissimi.
Più si muoveva e più le spine le affondavano nella carne procurandole ferite profonde.
Si fermò, crocefissa in quell'oceano profumato.
Lo Scricciolo cinguettò:
«Di' ciò che desideri.»
«Voglio vedere il Principe».
Il roseto si animò di voci che non aveva mai udito.
Le spine sostenevano che i suoi genitori l'avrebbero uccisa;
i rami, che si sarebbe dovuta nascondere;
le rose appassite, che avrebbe dovuto essere grata di essere viva;
i boccioli la incitarono a vedere coi propri occhi l'uomo della voce sincera.
«Voglio passare»
e i rami formarono una galleria, le spine caddero ed i boccioli sanarono le ferite.
Incamminandosi verso il castello, si domandò come avrebbero reagito i suoi genitori.
Non sarebbero stati contenti di rivederla e, forse, avrebbero riprovato a ucciderla.
«Voglio un mantello per nascondermi»
e l'Aquila le gettò sulle spalle un manto fatato che non avrebbe permesso a nessuno di riconoscerla.
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