Il colore del mare - VI

La voce attese con impazienza. Un giorno, una settimana, un mese, un anno. Gli anni si sommarono fino a diventare undici... La voce si disse che, se non fosse venuta, avrebbe potuto indossare ancora una volta la forma di un uomo e cercarla per rinnovarle le promesse. Tale era l'intensità del suo sentire e dei suoi desideri che lo spirito tornò ad aleggiare sulle acque.

«Non voglio essere liberato, voglio vivere come uomo accanto alla dama dagli occhi viola.»

«Quando la donna perfetta pronuncerà in un solo respiro i vostri nomi, stai attento a che pronunci il tuo al contrario e potrai vivere come uomo accanto a lei.»

Non appena lo spirito svanì, comparve un'anziana cieca dai capelli canuti e vestita con un abito bianco tempestato di pietre preziose.

«Vecchia, perché indossi quel vestito?»

«Non sai riconoscere un'amica che confeziona l'abito più prezioso da tutta la vita?»

La voce ricordò la meraviglia di quando l'aveva vista la prima volta e si rammaricò della cattiveria del tempo che aveva corrotto la sua bellezza.

«Per quale occasione lo indossi?»

«Per liberare te e i tuoi compagni.»

L'anziana respirò il Mare Nero e iniziò con pazienza a pronunciare i nomi. I suoni scivolavano leggeri fino all'acqua che liberava, una dopo l'altra, le anime maledette.

«Fermati! Vattene!» urlò la voce che non aveva alcuna intenzione né di svanire né di vivere accanto a quella vecchia.

La donna continuò a pronunciare i nomi per liberare le anime che, prima di dissolversi, le accarezzavano il corpo restituendole ciò che il tempo aveva sottratto.

«Non puoi essere tu a liberarmi» urlò ancora la voce, disperando di non poter rivedere la dama dagli occhi viola.

Trentatré anime erano libere, lei sembrava di nuovo la matrona che confezionava l'abito. 

Quarantaquattro, la donna che tesseva. 

Cinquantacinque, la giovinetta che filava all'arcolaio. 

Sessantasei, la bambina che bolliva la seta.

La voce vide che aveva le fattezze della dama dagli occhi viola, tranne proprio per gli occhi che, privi di pupilla, si perdevano oltre l'orizzonte.

«Pronuncia il mio nome al contrario» disse suadente perché la paura di svanire era diventata più forte di qualsiasi promessa.

Settanta.

L'espressione della bambina non cambiò e la voce non si perse d'animo perché, d'altronde, si trattava solo di una bambina.

«Pronuncia il mio nome al contrario e ti coprirò d'oro.»
Settantuno.

La bambina aveva un debole per lui, le avrebbe fatto fare qualsiasi cosa.
«Pronuncia il mio nome al contrario e quando sarai grande ti sposerò.»
Settantadue.

La bambina arrossì per lo sforzo e lui pensò che fosse innamorata.
«Pronuncia il mio nome al contrario e ti amerò per sempre.»
La osservò trattenere il fiato e alzare la mano a cercare di afferrare la vibrazione sonora. La voce capì di averla vinta e meditò che, non appena avesse indossato la forma di un uomo, l'avrebbe uccisa per andare a cercare la bellezza incontrata alla Festa del Tempo Perduto.
Quando la bambina pronunciò il settantatreesimo nome, dalla prima all'ultima lettera, le sue pupille si animarono di vita. Con esse vide la voce dissolversi nell'aria e il mare diventare della stessa sfumatura dei suoi occhi, poi si incamminò verso la Città dei Sogni per ballare alla Festa dei Nuovi Nomi.

Ai giorni nostri nessuno ricorda più che il Mare Viola, una volta, aveva un altro nome, un nomignolo in verità, dato dopo che uno spirito vi aveva imprigionato un uomo e i suoi settantadue seguaci.

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