Il Grido della Civetta


IL GRIDO DELLA CIVETTA

Di Miryel
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   Tutto è iniziato il giorno in cui amici in comune li hanno invitati ad uscire per conoscere gente nuova, ma tutto è davvero iniziato quando, la stessa sera, si sono addormentati senza ritegno. Andy sulla sua spalla e Tadashi sulla sua testa, come due bambini, nel sedile posteriore dell'auto di GoGo – seduta accanto a lei c'era Honey Lemon, e Andy non osa immaginare cosa si siano dette, nel tragitto dal pub al dormitorio. O meglio... che cavolo di congetture abbiano mai tirato fuori, quelle due pettegole.

«Come se tu non lo fossi.» Riesce quasi a sentirla, la voce di GoGo, mentre glielo dice, e sprofonda più in basso, seduto sulla sua sedia, durante la lezione di nanotecnologia. Si sente andare letteralmente in fiamme.

Gli è capitato di pensare che, dopotutto, con Tadashi la serata è stata tranquilla. Hanno parlato un sacco, soprattutto di scienza ma, più di tutto, i fumetti. Una passione comune che li ha visti discutere animatamente di qualunque tomo sia passato loro tra le mani. Honey, GoGo, Fred e Wasabi sono semplicemente rimasti in disparte, a chiacchierare tra di loro e Andy ora se le ricorda – se le ricorda eccome, le occhiate che hanno lanciato loro, alludendo chissà a che cosa. Come se due persone che si prendono molto non potessero parlare così tanto come hanno fatto loro quella sera, con la sincera voglia di non smettere mai.

Poi si è fatto tardi, sono saliti in macchina e... nulla, è successo, si sono addormentati, esausti, nei sedili posteriori, senza ritegno, senza vergogna – no, forse quella un po' l'hanno provata, perché quando poi li hanno svegliati, le prese in giro si sono sprecate.

«Volete anche farvi le coccole?», ha commentato Wasabi, beccandosi una gomitata da GoGo che, però, non li ha di certo risparmiati.

«Siete un sacco carini, mi fate venire i conati di vomito.»

Insomma, una serata indimenticabile , sotto tutti i fronti, a dirla tutta. Vorrebbe sprofondare di più nella propria sedia, ma finirebbe a terra e dunque si risparmia quell'ulteriore figuraccia.

«Signor Davis, potrebbe sedersi in modo più decoroso, le dispiace?», chiede il professor Callaghan, passandogli accanto e, tra le risate generali, sente anche quella acuta di Honey Lemon.

«Mi scusi, mi ero... insomma...»

«Se è stanco può sempre fingere di seguire la lezione dietro un libro, come sta facendo il signor Kaine», continua l'uomo, superandolo e tirando giù il tomo di un compagno appena dietro di lui, rivelando al mondo che sta sonoramente ronfando con le braccia incrociate sul banco.

Andy sospira: l'attenzione si è spostata su Martin Kaine, e rimarrà lì per un bel po', così ne approfitta per ricomporsi e chiedere al compagno di banco a quale accidenti di pagina sono arrivati, mentre lui era troppo occupato a pensare a Tadas– no! Non stava pensando a Tadashi, stava pensando ad un contesto in cui c'era anche Tadashi, ma questo non significa che stesse pensando specificatamente a lui, no? No?

Dio, è nei guai! Da quando glielo hanno fatto conoscere non pensa ad altro. Non riesce a toglierselo dalla testa e per quanto non abbia mai davvero pensato a nessuno – né maschi, né femmine, Andy si ritrova a fantasticare su cose mai pensate prima, e l'idea che durante il pranzo di pausa si rivedranno perché ormai è consuetudine farlo con GoGo e gli altri, gli fa letteralmente rovesciare lo stomaco.

In senso positivo, in senso negativo, per l'emozione, per la paura, per un virus intestinale, Andy non lo sa, e forse non vuole nemmeno saperlo, a dirla tutta.


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Così l'ora di pranzo arriva e con lei anche il momento di rivedere Tadashi Hamada, che fa il suo ingresso in mensa con un sorriso che sa di estate e la leggerezza di un aquilone. Non pensa di aver mai nemmeno associato nessuno a delle similitudini simili, ma è quello che Tadashi gli trasmette e, quando individua il tavolo dove lui e Honey Lemon sono già seduti, alza una mano per salutarli, e il suo sorriso si espande sul suo viso. I suoi occhi a mandorla brillano di genuina felicità, e sono dannatamente contagiosi.

Si siede, con lui Wasabi e GoGo e, subito, si rivolge a lui. «Ho preso l'ultimo numero di Superior Iron Man! Dimmi che l'hai preso anche tu, ti prego! Wasabi è fermo a non so quale numero! Tu sei l'unico in pari!»

«N-no, non l'ho ancora preso. Contavo di recuperarlo questo pomeriggio in fumetteria e...»

«Ti accompagno!»

Accidenti! Ci ha quasi sperato che glielo dicesse e, a dirla tutta, forse lo ha detto per quello ad alta voce ma... no, non era pronto, nemmeno a una risposta così repentina. Tadashi è sempre così impulsivo, anche quando deve rispondere a una domanda scema come quella, che gli fa tenerezza e, allo stesso tempo, lo fa sentire con le spalle al muro.

«Va bene. Sì, okay, perché no, tanto ci sarei dovuto andare comunque.»

«Perfetto, allora dopo l'ultima lezione ci vediamo davanti l'istituto e andiamo. Volete unirvi?», chiede Tadashi agli altri, che si consultano immediatamente rivolgendosi delle occhiate machiavelliche che a Andy non piacciono affatto. GoGo nasconde un sorriso sornione dietro a una lunga sorsata dalla sua cannuccia e Honey Lemon li guarda con i gomiti poggiati sul tavolo e la testa tra le mani. È lei a parlare a nome di tutti e Andy sa benissimo quale sarà la risposta.

«No, non vi preoccupate, andate pure da soli», soppesa l'ultima parola con una specie di cinguettio quasi fastidioso e Tadashi non si scompone nemmeno un po'. Andy non sa se sia scemo o se stia fingendo di non aver capito che quei quattro li stanno... shippando? Dio, sta iniziando a ragionare come una fangirl. Deve smetterla di frequentare i social network.

«Come volete, noi ci diamo all'acquisto compulsivo! Vero Andrew?»

Lo ha davvero chiamato col suo nome completo? Non ha davvero mai pronunciato il suo nomignolo che, a volte, persino il professor Callaghan usa, senza pensare, quando lo incontra per i corridoi. Fa finta di niente e annuisce entusiasta, prima di affondare la testa nella sua insalata e sentirsi un deficiente cronico.

«Andrew», ripete Wasabi, atono, e Andy fa in tempo a vedere con la coda dell'occhio che Tadashi ha alzato un sopracciglio.

«È il suo nome!»

«Nemmeno i suoi giocattoli lo chiamerebbero Andrew, se potessero parlare», commenta GoGo, e Honey Lemon ride.

«Vi conoscete da un mese e ancora lo chiami così?»

«Ragazzi, non importa. Può chiamarmi come vuole e... non è un mese, sono poco più di quattro settimane, tipo», risponde Andy, e fa cenno a Tadashi che va bene così.

«Oh, hai contato i giorni da quando vi siete conosciuti? Che carino, Andy!», esclama Honey Lemon e la voglia di sprofondare, stavolta, è fortissima, tanto che vorrebbe raggiungere le fiamme più calde dell'inferno, se potesse.

«Io... non so, non mi hai mai dato l'autorizzazione a chiamarti col diminutivo!»

«È che non c'è mai stato bisogno di autorizzare nessuno. Se ti va mi puoi chiamare anche Andrew, non importa!»

«Invece sembra che sia importante.»

«Sono loro che la fanno davvero troppo tragica!», bofonchia Andy, e torna a infilzare la sua insalata con una certa cattiveria, cercando di non far vedere che, dopotutto sì, ci era rimasto male.

«Ti si leggeva in faccia che c'eri rimasto male!», controbatte GoGo e Andy non vuole discutere ulteriormente, ma a quanto pare la cosa ha molto più spessore di quanto credesse.

«Non è vero! Ero stupito. Mi fa sempre strano quando qualcuno mi chiama con il mio nome completo, e penso sia lo stesso per la metà di voi. A parte Tadashi, chi è che qui usa un nome vero?»

«Non sono affari tuoi!», esclama Wasabi, che tra tutti è quello che ha il soprannome più assurdo, secondo Andy che, non seguendo i suoi stessi corsi, non sa nemmeno il suo nome vero.

Tutti ridono, a quel tono indignato, e anche lui si concede una risata, poi gli altri iniziano una conversazione tra loro. Lui e Tadashi restano silenziosi, a mangiare il loro pranzo, finché l'altro ragazzo non gli si rivolge.

«Mi dispiace, ho solo creduto che per te non ci fosse una confidenza tale ma, credimi, l'istinto di chiamarti Andy c'è sempre stato. Dopotutto ti chiamano tutti così.»

«Tadashi, smettila di preoccuparti, davvero! Mi puoi chiamare come ti pare, come ti senti. Puoi anche inventare un soprannome di sana pianta e chiamarmi così per sempre, tipo, che ne so... lattuga . Se ti va di chiamarmi così, chiamami così.»

«Beh, non sarebbe più assurdo di wasabi , effettivamente», osserva Tadashi e, dopo qualche secondo dove si guardano spaesati, scoppiano a ridere. Andy vede chiaramente gli altri tirargli un'occhiata baldanzosa, ma fa finta di niente. Poi la campanella suona e, prima di congedarsi, Tadashi gli si rivolge, mentre recupera la borsa da sotto al tavolo.

«Allora ci vediamo dopo, okay? Ti aspetto.» Gli fa l'occhiolino e Andy riesce solo ad alzare un pollice e accennare un sorriso, mentre rimane fermo immobile a vederlo andare via, senza sapere realmente cosa pensare, se non che è cotto e non può più nasconderlo a se stesso.


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Tadashi non tarda ad arrivare, di fronte scuola, e Andy è sempre felice quando le persone non lo fanno aspettare troppo; i ritardatari non gli sono mai andati a genio. Appena l'altro lo intercetta, alza un braccio per salutarlo e lui ricambia, sistemandosi gli occhiali da vista che gli sono caduti sulla punta del naso, con la stessa mano.

«Andy!», esclama Tadashi e lui sbuffa divertito.

«Finalmente hai trovato il coraggio di chiamarmi così.»

«Ci ho rimuginato a lungo e credo di potermelo permettere, arrivati a questo punto», sorride Tadashi, e lui gli dà una gomitata amichevole, poi iniziano a camminare diretti verso la fumetteria, che non si trova troppo lontana dalla SFIT e mentre Tadashi gli parla di quanti altri fumetti dovrebbe recuperare, ma che il suo lavoro part time gli permette delle spese in fumetteria solo una volta al mese, Andy lo osserva, conscio che quel chiacchierone non si accorgerà mai di avere i suoi occhi addosso, siccome è troppo preso – e a volte troppo tonto, per accorgersi di qualunque cosa.

Tadashi è alto, altissimo, molto più di lui. Ha lunghe gambe snelle, infilate sempre in jeans aderenti con il risvoltino e converse spesso di colori assurdi. Le sue preferite, ovvero quelle che mette di più, sembrano essere quelle verde fosforescente. Le ha addosso anche ora. Porta poi una maglietta con un robot disegnato sopra; a dire il vero somiglia un sacco a quello del suo progetto (quello per su cui sta lavorando da mesi e di cui per ora parla poco, un po' perché a quanto pare non sta facendo molti progressi e un po' perché forse non vuole portarsi sfiga da solo raccontandolo alle persone) che Andy ha avuto modo di vedere quando sono andati a prenderlo la prima volta che sono usciti. Sopra la maglietta ha un cardigan marrone che fa a pugni con tutti gli altri colori, eccetto il marron scuro dei suoi occhi a mandorla e i suoi capelli nerissimi, coperti spesso da un cappellino da baseball che, però, stavolta Tadashi non indossa. Ha le ciocche al vento, e quando gli si scopre per un attimo la frangetta e rivela di più di quel viso orientale, il cuore di Andy fa una giravolta, e un sorriso gli balena in faccia, e non può proprio trattenersi.

«...e quindi solo mio fratello mi ha dato un soprannome, ma ci tiene che venga usato solo da lui.»

«Hai un fratello?», chiede Andy, e non vuole ammettere che sia l'unica cosa che gli è arrivata alle orecchie quando perché ha ricominciato solo ora a prestare attenzione.

«Sì, sì. Ho un fratellino molto più piccolo di me, ma è un genio, sai? Avrai modo di conoscerlo, farà una presentazione tra qualche giorno da noi allo SFIT per entrare e... nulla.»

«Nulla? Devi essere molto orgoglioso di lui.»

«Ovviamente lo sono, ma anche un po' invidioso. Una volta ero io, il genio della famiglia. Vicino a lui sembro un idiota», risponde Tadashi, mettendo il broncio e Andy non riesce a fare a meno di mettersi a ridere. «E tu? Hai fratelli e sorelle?»

«Una sorella. Si chiama Molly. Per ora il suo unico pensiero è scegliere un percorso di studi. Ci passiamo otto anni, quindi non abbiamo mai avuto così tanto da condividere, complice anche il fatto che non abbiamo mai avuto grandi cose in comune.»

«No? Anche io e Hiro abbiamo le nostre differenze, ma ammetto che in molte cose siamo uguali. Tua sorella che cos'ha di diverso, da te?»

Andy alza le spalle e ride. «Tutto. Io ho sempre amato l'azione. I miei giocattoli preferiti, da bambino, erano due ranger: uno spaziale e un cowboy. L'avventura mi ha sempre elettrizzato, poi è arrivata la scienza. Non sono mai riuscito a passare queste mie passioni a Molly. Lei è più una romanticona. Le dico sempre che, secondo me, da grande scriverà romanzi rosa. Dice che non è una brutta prospettiva.»

Tadashi spalanca la bocca in una risata che gli libera la dentatura bianca e perfetta e poi, improvvisamente, si fa malinconico. Abbassa lo sguardo e si guarda le scarpe.

Continuano a camminare, e Andy non sa neppure più se hanno superato la fumetteria. Hanno proseguito quel tragitto senza mai guardarsi attorno, troppo concentrati a raccontarsi qualunque cosa.

«Sai, penso che l'influenza di Hiro da parte mia sia in parte colpa del fatto che ho dovuto crescerlo, più o meno. I miei genitori sono morti quando lui era piccolissimo, e ci ha tirati su mia zia, la sorella di mia mamma. Siccome ci passiamo anche noi un bel po' d'anni, mi sono ritrovato a fargli da fratello, da padre ma soprattutto da amico. Hiro non ha mai avuto molti amici. Tende a scansarli, dato che comunque lo hanno sempre preso in giro, a scuola e solo perché è più intelligente degli altri.»

«Perché ho la sensazione che tu ne sappia qualcosa?», azzarda Andy e Tadashi non nega, ma sorride. Come se effettivamente non potesse dire di no ma che, comunque, vuole dimostrargli che ha superato quella fase. «Mi dispiace per i tuoi genitori. Se ti può consolare, mia madre ha cresciuto me e Molly da sola. Mio padre se n'è andato con una ragazza di vent'anni meno di lui. Non l'ho più visto dopo il mio sesto compleanno. Me lo ricordo appena, e mamma non ha mai avuto il piacere di esporre sue foto in casa. La capisco, avrei fatto lo stesso se fosse capitato a me.» Si rende conto di aver lasciato andare a briglia sciolta tutte quelle parole che, da una parte, sono servite a rassicurare Tadashi ma, dall'altra, hanno aperto dentro di lui dei ricordi che non aveva più raccontato a nessuno. Non parla mai di suo padre, non lo fa nemmeno con Molly. Non è mai capitato, è come se non fosse mai esistito e, effettivamente, sua sorella non se lo ricorda proprio. E nemmeno le interessa.

«Beh, allora è vero che gli sfigati finiscono tutti allo SFIT.» Il commento di Tadashi arriva nel momento giusto e, per fortuna, rompe quella bolla di tristezza che si è creata, poi si ferma e Andy lo imita.

«Abbiamo superato la fumetteria da un pezzo.»

«Perché ho pensato sin dal principio che sarebbe finita così?»

«Non lo so, sensi di ragno?» , commenta Tadashi, citando il suo supereroe preferito e Andy sghignazza. «Magari è un po' tardi per tornare indietro. Ti va di prendere un gelato?»

Andy sta per rispondere. Gli occhi azzurri per un attimo affogano in quelli nocciola di Tadashi e, per un secondo, non sente nemmeno il terreno sotto i piedi. Poi, però, sente da lontano un suono che non gli è familiare, ma che per qualche ragione gli fa venire i brividi.

È il canto di una civetta – no, è il suo grido. Perché sì, quello che ha udito non è affatto armonico, è stato chiaramente un urlo e lo ha pietrificato.

«Andy?», lo chiama Tadashi, preoccupato, e lui si rende conto di aver spento il suo sorriso, che si affretta a rimettere su.

«Sì, sì! Certo, andiamo! La fumetteria può aspettare.» E, insieme, si dirigono verso la gelateria, per quello che, nella testa di Andy, è il loro primo appuntamento.

E lo è davvero. Passano un pomeriggio intero a parlare, chiacchiera di qualunque cosa, dalle stupidaggini meno importanti fino ai lati più oscuri, al dolore, alla nostalgia di casa; perché sì, hanno nostalgia di casa entrambi, ma i loro sogni li riporteranno lì, una volta che li avranno coronati.

Passano ore intere a raccontarsi aneddoti del passato, di come sia nata l'idea di creare un Robot infermiere – per Tadashi e di come uno Space Ranger di nome Buzz Lightyear lo abbia convinto ad abbracciare la carriera della fisica aerospaziale.

Infine si ritrovano sulla strada di casa – o meglio, quella del dormitorio della SFIT e, prima di darsi la buonanotte (alla fine hanno passato tutta la sera insieme e cenato da Nando's con del pollo piccante), si guardano. Andy sa di aver incatenato in qualche modo lo sguardo in quello dell'altro e, siccome Tadashi non glielo restituisce più, lo lascia lì dov'è.

Non si salutano nemmeno, si baciano e basta. Non è servito a niente nascondersi dietro a una amicizia che sboccia, ma dopo quasi un mese in cui si rincorrono e dove, a dirla tutta, Tadashi non finge così tanto che Andy gli piaccia, sembra quasi ovvio che sia finita così.

Andy si avvinghia a lui, gli stringe le braccia intorno al collo, mentre Tadashi gli cinge la vita con le mani e, con un gesto veloce, tira fuori la scheda magnetica che apre la porta della sua stanza, ed entrano dentro, senza mai staccarsi l'uno dall'altro.

Va bene così, non servono parole, forse non sono nemmeno capaci a pronunciarle e, l'ultima cosa che Andy ricorda, prima di sprofondare nel letto insieme all'altro, è un calore dentro e, tetro, un nuovo grido della civetta.


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Andy ha paura. Il grido della civetta è una leggenda che ha sentito tantissimo tempo fa, da sua nonna. Gli ha raccontato che, quando era piccola, aveva udito tre volte quel suono e che, subito dopo, suo fratello era morto annegato in un fiume, mentre tentava di recuperare un pallone col quale stava giocando con alcuni amici.

Non sta vivendo male quella relazione con Tadashi, sono felice e, la cosa più bella, è che possono viverla alla luce del sole – dopotutto GoGo, Wasabi, Honey Lemon e Fred sembravano sapere che sarebbe finita così. Solo che, quel ricordo, lo perseguita. Sua nonna era un'anziana che veniva da un piccolo paesino dell'Ohio e, come gli diceva sempre sua madre, lì le leggende correvano più dei ragazzini in bicicletta e bastava una coincidenza perché qualcosa divenisse una maledizione. Avevano troppo tempo per pensare, gli aveva detto, stancamente, e lui fino a quel momento non si era mai nemmeno posto il problema ma, con quelle due volte in cui ha sentito l'grido della civetta, ha paura che accada una terza volta e che gli porti via qualcosa di caro.

Chiama sua madre tutti i giorni per sapere come sta, da quando è successo. Messaggia Molly, la cui chat, fino a pochi giorni fa, era praticamente piena di "sì" e "no" detti per qualcosa che serviva in casa, magari scritti da una stanza all'altra.

«Stai bene? Tu che mi scrivi?», gli ha scritto sua sorella e lui, semplicemente, le ha risposto che è lontano da casa ed è normale che si preoccupi. Lei gli ha mandato un'emoji che ride, e ha le corna da diavolo.

Sospira, stancamente, preoccupatissimo.

«Stai ancora pensando alla civetta?», chiede Tadashi e, per quanto non lo abbia giudicato e non lo stia prendendo in giro, Andy ha paura invece che sia così.

«No», mente, poi appoggia la testa sulla spalla del compagno, mentre sono seduti in camera sua a tentare di studiare un po'. Tadashi gli bacia la fronte.

«Invece secondo me ci stai pensando!»

«Forse un po'. Ma è solo suggestione, giuro. Me la faccio passare; vedrai che dopo l'esame mi dimentico di questa storia. Sono sicuro che sto cercando di spostare l'attenzione su altro per non farmi prendere dal panico.»

«Non è male come metodo, se non fosse che catalizzi tutta la tua concentrazione su un'ipotetica catastrofe. Non potresti pensare tipo che, dopo l'esame, abbiamo un'intera settimana libera e che ce ne andremo al mare insieme soli soletti?» Come sempre Tadashi è quello che cerca, in ogni modo, di vedere qualcosa di buono in tutto. E, sorprendentemente, è sempre in grado di riuscirci. Andy si concede un sorriso. Gli bacia le labbra leggermente e poi torna sui libri.

«Tu sai come comprarmi, giovanotto!», esclama, e l'altro sghignazza.

«Oh, dimenticavo. Stasera mio fratello farà la presentazione del suo progetto. Non vedo l'ora di fartelo conoscere, ti adorerà!»

«GoGo dice che probabilmente mi ucciderà perché odia tutti gli esseri umani che ti girano attorno, figurati il tuo ragazzo.»

«Come al solito GoGo e la gentilezza viaggiano su due rette parallele che non si incontrano mai.»

«In realtà si incontrano.»

«No, ti prego, non vorrai di nuovo convincermi di quella cosa che lo fanno all'infinito?»

«Si incontrano all'infinito!»

«Andy, dipende che disciplina stai studiando. Sei forse un architetto, tu?»

«No, ma riuscirei anche in quello!»

«Di questo ne sono certo, ma qui le rette non si incontrano.»

«Ti farò cambiare idea, Tadashi Hamada!», esclama Andy, e ci mettono meno di cinque secondi a dimenticare i libri e a dedicarsi, infine, l'uno all'altro, scambiandosi un bacio che sa quasi di sfida.


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È la sera in cui Hiro, il fratello di Tadashi, fa la presentazione allo SFIT, che Andy sente il grido della civetta, il terzo canto, e non riesce a smettere di pensare ad altro, anche quando si presenta col piccolo Hamada, che è nervosissimo, sembra ancora più piccolo di quanto dovrebbe. Gli stringe la mano, e guarda altrove. Andy ringrazia il cielo che non gli stia leggendo negli occhi la paura che ha. Cerca di sostenere Tadashi e il suo entusiasmo, ma ha una dannatissima paura di ciò che potrà portare quell'orribile urlo che ha sentito prima di mettere piede nei laboratori.

Hiro si esibisce, e tutti lo acclamano. Sembrava non potesse tirar fuori tutta quella grinta, invece quando prende il via dà inizio ad uno spettacolo quasi pirotecnico che, per qualche secondo, lascia che la mente di Andy torni a dedicarsi solo ed esclusivamente a quel momento, mentre Tadashi gli stringe la mano, emozionatissimo e sorride verso suo fratello, orgoglioso, convinto che ce la farà e che stupirà tutti e lo vorranno con loro. Sarebbe bellissimo averlo lì, che gironzola intorno ad entrambi, e Andy spera proprio di piacergli.

Solo che, quel momento, si spezza in un momento, e tutto ciò che resta di quella serata che sembrava aver dato inizio a una nuova vita, a un nuovo scenario e a nuovo destino, crolla giù.

Il laboratorio va a fuoco, nessuno sa perché ma, l'unica cosa certa, è che Tadashi non lo ha fermato un'anima. Ha deciso di rientrare, di salvare una vita, perché la priorità di Tadashi non è mai stato se stesso, ma sempre gli altri.

Andy lo ha visto con Hiro, dove si è annullato totalmente per renderlo felice, rimanendo più vicino a casa possibile per esserci sempre. Come ha cercato di non pesare sulle spalle di sua zia, vincendo sempre borse di studio per non farle tirare fuori nemmeno un dollaro. Per come si è dedicato a lui, tirando fuori i loro sentimenti per entrambi, dandogli sempre una buona parola, e regalandogli ogni volta un'occasione per non crollare mai, per non demordere sui suoi sogni e, infine, ha deciso di donare se stesso per salvare il professor Callaghan e non è riuscito a farlo, e dunque non è tornato.

Lo hanno visto entrare, come se avesse in mano il potere di cambiare le cose, di spegnere quell'incendio e tornare vivo, magari a pezzi, distrutto, bruciato, ma vivo.

Invece il grido della civetta non sbaglia. Ha colpito tre volte e alla fine ha annunciato la sua tragedia, che ora Andy butta via con una lacrima che, da sola, porta il peso di tutto il dolore che prova, a veder esplodere l'edificio con dentro il ragazzo che ama, e che non rivedrà mai più.

Il grido della civetta ha deciso per lui, che deve restare solo. Non riuscirà più a uscire fuori da quella gabbia fatta di fuoco e fiamme, dove Tadashi è rinchiuso, ma da dove non può uscire mai più. Un fantasma prigioniero della propria bontà, che non ha preso in considerazione, nemmeno per un secondo, l'idea che quell'azione potesse essere letale e che lui, alla fine, non è il supereroe che crede di essere.

Che credeva di essere.

Era solo un ragazzo buono, meraviglioso, un angelo, perfetto. L'unico che lo abbia mai capito davvero, che sapeva di lui cose che nessun altro conosceva e che, Andy lo sa, non racconterà più a nessuno. Cose troppo loro che rimarranno lì, bruceranno per sempre in un edificio in fiamme, e animeranno un ricordo che farà sempre troppo male, quando riaffiorerà nella mente.

Fine

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NOTE AUTORE:

Niente, scusate per l'angst, ma il tema era "finale cattivo" e dunque eccoci qua.

Ah, credo di essere l'unica persona al mondo che shippa Andy e Tadashi, e forse è un problema, ma purtroppo a me questo non interessa affatto ♥

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