CAPITOLO 8 - TENNESSEE

Elm Spring House

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Dal «The Tennessee Tribune»

Morto il governatore della Virginia Wallace Walker

«Nella tarda serata di ieri, sotto il ponte di cemento all'altezza della Berea Church of Christ, è stata rinvenuta una berlina grigio antracite precipitata nel sottostante canale Bear Creek. Alcuni fedeli, raggruppati in preghiera nella vicina chiesa, hanno sentito un terribile schianto e sono accorsi fuori. Hanno così potuto vedere il muso della macchina completamente accartocciato sotto l'arcata del ponte che collega il piazzale alla statale US Highway 412 verso Nashville. A niente sono serviti i soccorsi perché l'unico occupante del veicolo era già morto quando i medici lo hanno estratto dalla macchina. Wallace Walker, settantadue anni, governatore della Virginia, era stato invitato a una cena presso la sede dei Sons of Confederate Veterens a Elm Spring House. Non abbiamo ancora notizie precise, ma sembra probabile che, mentre guidava verso Nashville, sia stato colto da un malore e sia uscito di strada, sbandando sullo sterrato e finendo dentro il Bear Creek. La macchina, colpendo uno dei basamenti di cemento del ponte, si è accartocciata uccidendo sul colpo il Governatore. La polizia sta lavorando per accertare le cause dell'incidente e ricostruire l'accaduto, ma l'ipotesi per ora più plausibile sembra essere quella di una fatalità. Comunque sia andata, si tratta di una enorme tragedia per tutta la sua famiglia e di una grande perdita per il mondo della politica...»

Il trillo del telefono distrasse Alexander dalla lettura dell'articolo sullo smartphone. Contrariato, diede uno sguardo al display, poi però, riconosciuto il numero, si mise comodo sulla poltrona.

«Buongiorno Eminenza» rispose a bassa voce usando l'appellativo con cui era solito rivolgersi al Gran Maestro. «A Roma dovrebbero essere circa le tre del mattino. Ma lei non dorme proprio mai?»

«In Vaticano non esistono orari, Senatore, soprattutto quando in ballo ci sono i destini di molte persone.»

Lee si versò un po' di caffè dal bollitore e aprì la finestra della camera. «Dunque? A cosa debbo il piacere?» domandò puntando lo sguardo verso i giardini sottostanti e le sagome degli alberi ancora quasi del tutto avviluppate dalla foschia.

«Si tratta di alcuni sviluppi importanti e non potevo attendere oltre. Lei ha sempre presente il nostro accordo?»

«Come non potrei.»

«Allora credo che sia giunto il momento di entrare in azione. Immagino che abbia saputo del ritrovamento della nave confederata, no?»

«Una fortuita coincidenza, sì, da parte di una delle mie navi da trivellazione.»

«Quindi non è necessario che le ricordi quali sono le conseguenze di una simile scoperta.»

«Lo sappiamo bene entrambi. Venga al punto, Eminenza.»

«Il Vaticano ha mandato una persona sul posto per indagare. È convinto che a bordo della corazzata si trovi il Protocollo Virginia e vuole entrarne in possesso evitando così che si crei uno scandalo di proporzioni inimmaginabili. Pare che siano abbastanza preoccupati dalla questione e vorrebbero insabbiare la vicenda prima che sia troppo tardi.»

«Naturale» richiuse la finestra rabbrividendo per l'umidità e finì di bere il caffè. «Gli accordi segreti tra Jeff Davis e Pio IX sono stati per lungo tempo una spina nel fianco della Chiesa» scosse la testa «almeno fino a quando la corazzata non è affondata nella baia di Galveston eliminando così ogni velleità in merito. Una bella fortuna per Voi.»

«Già. Solo che adesso la storia, a quanto pare, si ripete. E se quei documenti fossero davvero ancora là dentro. Ci ha mai pensato?»

«Molte volte a dire la verità, ma fino ad ora nessuno si è mai preoccupato più di tanto della cosa, visto che la corazzata era introvabile. Oltretutto non è mai stato rinvenuto nulla da nessun'altra parte e così la fiamma si è lentamente esaurita.»

«Eppure, la sua famiglia dovrebbe sapere qualcosa. Lei è sicuro che il Generale Lee non abbia lasciato un indizio nascosto?»

«Non che io sappia o che ricordi. E poi se devo essere sincero non mi è mai interessato gran che l'argomento. Ciò che mi preme invece è ritrovare l'oro della Confederazione e lei sa anche il perché. Se cerca il Protocollo, Eminenza, sta parlando con la persona sbagliata.»

«Io non credo. Gli unici che erano a conoscenza di quell'accordo, a parte il diplomatico Dudley Mann, erano Jefferson Davis e il suo antenato. Sono convinto che la chiave si celi da qualche parte nella vita del Generale.»

Alexander sorrise. «Dunque, è questo che mi sta chiedendo. Vuole che io lo cerchi al posto suo.»

«Esattamente. A lei interessano l'oro, come ha giustamente accennato poco fa, e portare avanti la sua battaglia per una nuova secessione, a me, il Protocollo. Mi aiuti a trovarlo e io le garantirò l'appoggio indiscusso del Vaticano alla sua causa. Mi pare un accordo ragionevole, no?»

«Come quello di Pio IX? Le ricordo che nessuno allora mantenne la parola data.»

«L'affondamento della nave venne visto come un segno del destino, e la mancanza dell'oro un incentivo piuttosto grosso a non esporsi come previsto. Ma oggi i tempi sono assai diversi. Può fidarsi.»

Ci fu un momento di silenzio durante il quale Alexander rifletté attentamente su quelle parole. Alla fine, prese la sua decisione. In fondo non aveva molto da perdere, ma, forse, qualcosa da guadagnare.

«Senatore?»

«Affare fatto» gli rispose Lee senza esitazione. «Avrà la mia collaborazione, ma non le assicuro nulla, almeno per il momento.»

«Sarà sufficiente. Mi tenga aggiornato sugli sviluppi e io farò altrettanto. Buona giornata.»

Alexander riattaccò, mettendosi a sedere, abbastanza soddisfatto di quell'inatteso quanto gradito contrattempo. Diede di nuovo uno sguardo all'orologio, ma aveva ancora tempo. L'aereo non sarebbe partito da Nashville prima delle undici quindi poteva prendersela comoda.

Finì di vestirsi e scese nella sala dove la sera prima aveva intrattenuto la discussione con Wallace Walker, adesso imbandita per una ricca colazione a buffet. Non c'era ancora nessun'altro ospite di quelli che erano rimasti per la notte, per cui ne approfittò per gustarsi in tutta tranquillità un paio di deliziosi cornetti alla crema e per sorseggiare un secondo caffè, la mente avvolta da un sacco di pensieri. Finito di mangiare risalì un attimo in camera, prese la valigia e poi scese di nuovo nella hall, salutando, questa volta, il portiere e lasciando detto che chiunque avesse voluto parlare con lui lo avrebbe trovato libero a partire dal primo pomeriggio.

Dieci minuti più tardi stava già guidando sulla statale diretto all'aeroporto, impegnato in una fitta discussione con Jim Fairfaix, suo vecchio amico nonché futuro Governatore della Virginia.

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