CAPITOLO 6 - TENNESSEE

Elm Spring House

Tennessee

6

Il Senatore Lee parcheggiò la sontuosa Jeep verde scuro sul vialetto sterrato che circondava i giardini di Elm Spring House. Spense il motore e scese dall'auto. Si stirò la schiena indolenzita dal lungo viaggio e lasciò per un momento che l'aria fresca della campagna del Tennessee gli scompigliasse i folti capelli neri, poi si avviò a passo lento verso l'ingresso ragionando sulla strana storia di quello storico edificio che lui sapeva essere indissolubilmente connessa con le vicende della guerra di secessione. Qui, infatti, intorno alle metà dell'800, era vissuto un importante avvocato della contea di Maury, senatore dello Stato nonché valoroso soldato sudista, Abraham M. Looney, il cui enorme prestigio era stato la principale causa della sopravvivenza della stessa Elm Spring House. Sorrise dell'ironia della storia, quando, osservando la bellissima facciata in stile revival greco, gli tornarono alla mente i tormentosi mesi della fine del 1862. Era stato proprio durante quel periodo che le truppe unioniste guidate da John M. Scholfield si erano ritirate dal Tennessee lasciandosi dietro solo una lunga scia di fumo e devastazione. Molti degli edifici prebellici posti sulla linea di fuga erano stati dati alle fiamme nel tentativo di fare terra bruciata e la stessa drammatica sorte sarebbe toccata anche a quella costruzione se il generale confederato Frank C. Armstrong, pressato dalle continue richieste degli abitanti della Contea, non avesse inviato una squadra di fanteria proprio per salvare la proprietà del loro più illustre concittadino.

Scosse la testa, tornando al presente. Si abbottonò la giacca e diede una rapida occhiata all'orologio. Le otto di sera. Era in perfetto orario. La cena non sarebbe iniziata prima di quindici minuti, quindi aveva ancora un po' di tempo. Finì di attraversare il giardino passeggiando per i vialetti ben tenuti e le aiuole separate da siepi rigogliose puntando lo sguardo sulle quattro colonne bianche poste a sorreggere l'architrave dell'ingresso. La mente vagò di nuovo libera e lui si trovò inebriato ancora una volta dall'eco lontana di tempi passati mentre il leggero frusciare del vento fra le chiome degli alberi gli parve quasi il sussurro del suo più famoso antenato.

All'improvviso però il fastidioso rumore delle ruote di una macchina sullo sterrato lo riportò bruscamente alla realtà e al reale motivo per cui era giunto in quella splendida dimora ricca di storia. Si voltò indietro indispettito cercando di capire chi potesse essere l'ospite appena arrivato, poi però alzò le spalle. In fin dei conti lo avrebbe scoperto tra non molto. Salì il gradino di pietra e si portò sotto il loggiato bianco che conferiva all'intero edifico un aspetto vagamente coloniale. Si passò una mano fra i capelli pettinandoli all'indietro poi entrò, muovendosi sicuro attraverso il corridoio e verso destra fino all'enorme salone in cui si sarebbe tenuta la cena.

Salutò i presenti e prese posto accanto a Lloyd M. Spence uno dei membri più anziani della Camera dei Rappresentanti della Carolina del Sud nonché comandante in capo dei Sons of Confederate Veterans, di cui Elm Spring House era la sede ufficiale ormai da molti anni.

Una volta seduto osservò con attenzione gli altri commensali suddivisi fra i sei tavoli. Erano presenti tutti e venticinque i membri del consiglio, tranne uno. La sedia accanto al suo vecchio amico, il senatore del Tennessee, Stanley Swank, era infatti vuota. Colui che mancava all'appello, era dunque l'uomo che aveva visto arrivare con la macchina poco prima, l'anziano governatore della Virginia, Wallace Walker.

Il suo obiettivo.

***

«E così lei starebbe preparando il terreno per una nuova secessione?» esordì Walker senza mascherare un sorriso beffardo.

«A quanto pare le voci circolano in fretta» fece Lee senza dar peso al sarcasmo con cui Wallace gli si era rivolto.

«Allora è vero!» Addentò una coscia di pollo staccandone un pezzo con voracità, poi riprese. «Dal tono della sua voce, però, mi pare d'intuire che non abbia pensato a ciò che potrebbe accadere in seguito alle sue insensate proposte. O forse mi sbaglio?»

«E lei invece?» gli rispose Alexander con un'altra domanda afferrando il bicchiere con il vino. «Non ha riflettuto sulle conseguenze delle sue scelte politiche?»

Wallace, da consumato volpone qual era, non abboccò all'amo. «Le mie scelte politiche non credo che la riguardano, senatore.»

«Se interferiscono con ciò che intendo proporre al Congresso, direi proprio di sì.»

«E che cos'è che vuole presentare? Una seconda guerra civile?» sorrise squadrandolo in volto e pulendosi al contempo la bocca con il tovagliolo. «Suvvia Lee, mi ha forse preso per uno sciocco?»

«Assolutamente, solo che ritengo la sua visione, se me lo concede, un tantino limitata. Guerra?» proseguì poi con aria quasi disgustata «no, non intendo certo proporre un nuovo conflitto. A chi gioverebbe, del resto?»

«Allora cosa vuole esattamente da me? Non vorrà farmi credere che l'invito di stasera sia stata una pura e semplice cortesia.»

«Direi di no, Governatore. Sarei un'ipocrita se le dicessi il contrario.»

«Apprezzo la sua franchezza.»

«Bene, e allora sincerità per sincerità, risponderò alla sua domanda in modo diretto.»

«L'ascolto.»

Alexander bevve un altro sorso di vino gettando uno sguardo agli altri commensali che fino a quel momento erano rimasti politicamente in silenzio in attesa della schermaglia. «Sarebbe opportuno» riprese poi con voce più calma tornando a fissare Wallace «che per una volta lei appoggiasse le mie idee riguardo le energie rinnovabili e le nuove tecnologie e che mi seguisse nella marcia che sto intraprendendo verso l'emancipazione del Sud dall'egemonia del Nord.»

Wallace rise. «Proprio come immaginavo. E lei è davvero convinto che, dopo aver passato tutta la vita a difendere idee liberali, a combattere per preservare il concetto dell'Unità del paese, io possa lasciarmi alle spalle tutti quegli ideali solo per aderire a una non meglio specificata forma di ribellione a sostegno di una non meglio precisata causa che potrebbe scatenare un terribile sconvolgimento politico? Devo dire, senatore, che ha davvero un bel coraggio» prese un pezzetto di pane e si appoggiò allo schienale della sedia «ma, come le dicevo prima, apprezzo la sua franchezza.»

Alexander represse a stento la sua frustrazione. Era arrivato tanto così dal raggiungere il suo obiettivo, non poteva rischiare di mandare tutto a monte solo per colpa di un vecchio residuo politico ancorato a principi ormai obsoleti. La commissione per l'energia era praticamente dalla sua parte, tutti gli stati che nel febbraio del 1861, tramite i loro rappresentanti, si erano riuniti a Montgomery per costituire la nuova Repubblica erano con lui e lo stesso valeva per la Carolina del Nord, l'Arkansas e il Tennessee. All'appello mancava solo la Virginia e poi avrebbe potuto consegnare la proposta di legge al Congresso contando su un elettorato che non poteva essere ignorato.

Cercò di calmarsi. «Suvvia, Walker» riprese cambiando tattica e sfoggiando uno dei suoi sorrisi «non sarà certo una serata tra amici che potrà mettere a repentaglio le sue idee. Che ne dice se facciamo quattro chiacchiere, così, tra uomini di politica che si divertono a fare ipotesi sul corso della storia?»

Walker finì di addentare un altro pezzo di pollo e si versò del vino. «Perché no?» disse poi fissando il Senatore in volto. «Sentiamo cosa ha da offrire. In fondo potrebbe anche essere divertente.»

«La ringrazio» fece Lee, quindi rivolse di nuovo il suo sguardo ai commensali annuendo agli sguardi d'intesa che ricevette, infine tornò a fissare Wallace. «Ipotizziamo per un secondo» esordì «che gli stati del Sud siano propensi ad accettare una nuova idea di separazione, basata su principi liberali e sul diritto a una economia proprietaria. Lei lo crederebbe fattibile?»

«Direi proprio di no.» Scosse la testa. «Dunque, si tratta di questo. Sono parole molti forti, Senatore. È davvero ciò che va predicando nelle aule del congresso?»

«In realtà si.»

«Ed è sicuro delle sue intenzioni?»

«Più che sicuro. Vede nell'ultimo discorso che ho tenuto in Commissione ho solo dipinto un quadro quanto più reale possibile della situazione economica esistente. I dati sono pubblici, non mi sono inventato niente. Il problema è che molti non sanno interpretarli nel modo corretto. Non è forse vero Greg?» fece rivolto al suo amico seduto di fronte a lui.

Il senatore Perry annuì. «Assolutamente» gli rispose parlando per la prima volta da quando era iniziata la discussione. «E devo dire che è stato anche un gran bel discorso» aggiunse poi posando il bicchiere che aveva in mano. «Avrebbe dovuto essere presente» fece rivolto a Wallace.

«Signori, per favore, mi credete davvero così stolto? Pensate che basti qualche bella parola pronunciata con la giusta enfasi per farmi cambiare idea? Ho passato quasi tutta la mia vita in politica, districandomi tra bellimbusti come voi che si credono i padroni del mondo. Potete anche incantare i vostri elettori o i membri della commissione, ma non me. La vostra idea non può funzionare, Senatore. Non lo ha fatto ai tempi di Jeff Davis e non lo farà oggi.»

«Il mondo è cambiato, Governatore» ribatté con calma Lee.

«Lei dice? La guerra non è mai piaciuta a nessuno. Chiunque vada predicando un ritorno alle epoche buie, finisce per essere destituito, prima o poi.»

«Questo è opinabile. Lasci che le faccia un paio di domande, d'accordo?»

«Si accomodi.»

«Quali sono, secondo lei, gli Stati che negli ultimi anni hanno fatto i maggiori investimenti in tecnologia ed energie? E quali, sempre secondo lei, stanno trainando l'economia del paese?»

Wallace fece per rispondere ma Lee lo bloccò. «Lo farò io per lei, Senatore, se non le dispiace. Gli Stati del Sud» disse con enfasi «compresa la vostra amata Virginia.» Fece una leggera pausa per far assimilare quel concetto poi continuò. «Questo non lo può negare.»

«Ebbene, si, glielo concedo.»

«E, ditemi,» riprese Alexander sull'onda di quella prima vittoria «vi siete mai chiesto cosa pensano realmente i vostri elettori in merito a questa situazione? Voglio dire, sono favorevoli a essere uno degli stati trainanti dell'economia del Paese, ma senza il giusto riconoscimento?» Ancora una volta rispose al posto suo. «Io penso proprio di no. Non credo proprio che siano così indifferenti alla questione. Semplicemente nessuno li ha mai posti di fronte alla realtà dei fatti.»

Wallace stava per replicare, ma le parole gli morirono in gola. Non disse niente e Lee ne approfittò per incunearsi sempre di più nella breccia appena aperta. «Governatore, io sono convinto che lei conosca molto bene le potenzialità dello stato che rappresenta, giusto?»

Walker annuì.

«Bene. Quindi non sbaglio se affermo che la Virginia si trova ancora al terzo posto in termini di fondi federali stanziati per la ricerca e lo sviluppo, corretto?»

«Esatto.»

«E sono sempre nel giusto» continuò «se sostengo che è anche uno degli stati con il più alto tasso di redditività, con un PIL in crescita anno su anno.»

«Sono dati pubblici.»

«Appunto. Inoltre, se non ricordo male,» sorrise «nel territorio risiedono attualmente più di venticinquemila imprese, suddivise nei comparti hi-tech, manifatturiero, energetico, militare e aerospaziale, con un fatturato più che ragguardevole e grazie alle quali il suo Stato» calcò apposta su quel suo «si è reso alquanto attrattivo per gli investimenti esteri. Circa settecento imprese internazionali, provenienti da oltre quaranta paesi, stando all'ultimo rapporto, stanno investendo nel territorio proprio in questi mesi. Sono cifre importanti, Governatore, non le pare?»

Wallace annuì per la seconda volta, non potendo negare i fatti. «E va bene Lee» disse dopo un attimo con voce carica di tensione. «Venga al punto.»

«Il punto è che se nel 1861 la Virginia decise di rinunciare all'appartenenza agli Stati Uniti per passare alla neo nata Confederazione, perché oggi, che il clima politico ed economico è decisamente più favorevole, non dovrebbe fare altrettanto?»

Walker dovette versarsi un bel po' di vino prima di rispondere a quella domanda cercando un modo per prendere tempo. Lo scolò tutto d'un fiato, nel tentativo di riordinare i suoi pensieri, ma la voce di Lee lo fece desistere.

«Le faccio un'altra domanda» insistette Alexander deciso a concludere la conversazione finché era ancora in vantaggio. «Ha mai letto la costituzione originale degli stati Confederati?»

Wallace fece un leggero cenno di no con la testa.

«Immaginavo. Dovrebbe invece, lo sa? Ci sono un sacco d'idee sensate che mi piacerebbe portare al Congresso: divieto di dazi protezionistici, tanto per citarne una, autonomia degli stati, nessun condono di debiti e ultimo, ma non meno importante, diritto di veto parziale. Credo che troverebbe la lettura molto interessante. Mi dica, non pensa che potrebbero essere apprezzate anche dagli elettori di oggi?»

Walker non sapeva davvero cosa rispondere e ancora una volta rimase in un silenzio carico di tensione.

«Wallace» intervenne allora Stanley Swank che fino a quel momento aveva preferito rimanere neutrale. «Noi ci conosciamo da molti anni, e da altrettanti siamo buoni amici. Non ti direi mai una cosa per un'altra e tu lo sai bene.»

Wallace annuì.

«Alexander è senza dubbio molto più giovane di noi» ridacchiò toccandosi i capelli ancora folti, ma bianchi «e pieno di impeto e ardore politico. Un po' come eravamo noi alla sua età. Ricordi i nostri primi anni in politica? Non eravamo forse desiderosi di lasciare un'impronta e di realizzare qualcosa di importante per cui essere ricordati?»

Wallace lo guardò con aria stanca, stranamente svuotato della solita aria canzonatoria. «Rammento molto bene quei tempi» gli rispose «prima che la politica ci trascinasse nel gorgo, troppo spesso soffocando le nostre scintille. Ma non vedo il collegamento con le idee rivoluzionarie del senatore Lee, Stranley.»

«Forse perché sei offuscato da tutto questo immobilismo. Non mi fraintendere, ma quello che sto cercando di dirti è che forse tutti noi abbiamo davvero bisogno di un cambiamento radicale, di qualcosa che dimostri una volta per tutte quanto valgono le popolazioni del Sud, che renda visibile lo sforzo e la determinazione della nostra gente. Glielo dobbiamo, Wallace.» Fece una pausa fissando il suo vecchio amico negli occhi. «Io sono stanco di stare nell'ombra, Wal. Tu no?»

Ancora una volta il Governatore della Virginia non seppe cosa rispondere e Alexander decise di approfittare di quel momento per la stoccata finale, ma il bip del telefono lo fece desistere. Diede un'occhiata al messaggio e quando vide che era di Russel decise di soprassedere.

Con una scusa si alzò dal tavolo e si allontanò rapido dalla sala.

***

«Avevi ragione» esordì l'uomo all'altro capo della linea. «Si tratta proprio di lei, della Neptune. L'equipe di sommozzatori ha rilevato le lettere sulla fiancata. Un vero colpo di fortuna.»

Alexander strinse il cellulare, il cuore che batteva all'impazzata. «Tu sai cosa significa, vero?»

«Che devo tenere gli occhi ben aperti.»

«Non solo» si guardò un attimo intorno, ma non vide nessuno. Abbassò comunque il tono di voce «Quella nave conserva un segreto, Russel, e noi dobbiamo impadronircene. Il disco di bronzo che il Generale Lee consegnò all'ammiraglio Buchanan deve essere ancora là sotto, fra quelle pareti corazzate e tu devi fare in modo di recuperarlo.»

«Non sarà così tanto facile. La nave pullula di scienziati, studiosi e ingegneri, al momento tutti impegnati nello studio delle operazioni di recupero. Darei nell'occhio se chiedessi informazioni e anche dopo non credo che mi lascino avvicinare senza un valido motivo.»

«Non ti pago per le cose semplici. Troverai il modo, ne sono sicuro.»

«Ci vorrà del tempo però, Alexander. Dalle voci che ho captato a bordo della Blue Sky si parla di almeno quindici, venti giorni prima di poter riportare in superficie la corazzata. Sempre che non ci siano intoppi nel mezzo.»

«Non ho fretta, Russel, ci sono molte altre cose che devo sistemare nel frattempo. Parlerò comunque con il comandante della nave per cercare di accelerare le operazioni. Sai chi si occuperà della faccenda?»

«No, ci sono un paio di grosse società in ballo, ma ancora non hanno definito tutti i dettagli, quindi non so chi si aggiudicherà l'appalto. In ogni caso sembra che la corsa al recupero dell'Ironcled stia creando un certo fermento nella comunità. Non mi stupirei se all'ultimo minuto saltasse fuori qualcuno disposto a fare il lavoro nella metà del tempo.»

«Il sentimento patriottico è molto forte qua nel Sud, anche se sono in molti a non volerlo ammettere. Cercherò di sfruttare la notizia a nostro favore. Tienimi aggiornato su ogni sviluppo.»

Riattaccò, se possibile ancora più soddisfatto di quando aveva annientato la velleità di Walker sull'argomento della secessione. Le cose stavano procedendo a meraviglia e il ritrovamento di quella nave capitava proprio nel momento più adatto.

Rimise il cellulare in tasca e tornò nella sala, convinto di avere ormai la vittoria a portata di mano, ma quando si avvicinò al tavolo fu accolto da un'amara sorpresa.

«Da quanto tempo si sono allontanati?» domandò a Greg con aria preoccupata sedendosi al suo posto.

«Direi più o meno dieci minuti. Si sono alzati poco dopo che sei uscito tu.»

«Non mi piace, per niente. Hanno per caso detto qualcosa in proposito?»

Greg scosse la testa. «No, nulla. Ma la tensione sul volto di Walker era palpabile.»

Lee non rispose limitandosi a voltare la testa nella direzione in cui si trovavano i due politici, pervaso da una brutta sensazione. I due non erano molto distanti, ma dalla sua posizione non era comunque in grado di sentire una parola. E non sapeva leggere il labiale. Cercò in ogni caso di farsi un'idea di cosa stava succedendo, ma il brusio della sala non lo aiutava. Osservando con attenzione però si rese conto che la discussione sembrava piuttosto animata. A un tratto vide anche Wallace iniziare a gesticolare agitando le mani in aria, poi lo notò muoversi avanti e indietro come se volesse sfidare l'amico a una specie di duello. Qualche minuto dopo la schermaglia sembrò esaurirsi e Alexander seguì con lo sguardo il senatore del Tennessee fare ritorno verso di loro con aria dimessa e Wallace mettersi la giacca e uscire dalla sala a passo deciso.

Qualcosa non era andato per il verso giusto e quando Stanley Swank fece ritorno al tavolo le sue parole confermarono ciò che aveva appena intuito. «Non cederà. Mi spiace, Alexander, ma non credo che cambierà mai idea.» Il senatore del Tennessee si mise a sedere come svuotato di ogni energia. «Ho tentato di tutto, ma sapevo che era un'impresa disperata. Wallace è sempre stato un testardo idealista. Credimi, sarebbe molto più facile attraversare il deserto a piedi senza acqua piuttosto che farlo rinunciare alle proprie convinzioni.»

«Capisco» gli rispose Lee con un mesto sorriso, «ma grazie lo stesso, vecchio mio» poi si rivolse al senatore Perry. «Greg» lo fissò negli occhi con sguardo profondo «credo che il governatore stasera abbia bevuto un po' troppo. Forse sarebbe opportuno accompagnarlo a casa, giusto per assicurarsi che non abbia problemi. Te ne puoi occupare tu?»

Gregory annui, si alzò dalla tavola scusandosi con i commensali e uscì in tutta fretta dalla sala.

«Bene signori» fece Lee tornato sereno. «Propongo un brindisi.» Si riempì il bicchiere e lo alzò. «Al nostro futuro» disse «e alla libertà degli Stati del Sud» poi scolò d'un fiato tutto il vino.

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