CAPITOLO 25 - BILOXI
Biloxi
Mississippi
25
Manuel aveva appena poggiato la valigia nella stanza d'hotel, che il telefono prese a squillare. Riconosciuto il numero si mise a sedere sul letto con lo sguardo rivolto alla finestra che dava sul mare e rispose.
Dieci minuti dopo riattaccò, pensieroso.
Bianca gli aveva fatto un resoconto piuttosto dettagliato di ciò che lei e Thiago avevano scoperto ad Arlington House aggiungendo anche che l'indomani si sarebbero recati in visita alla Harry Gray House per scoprire se la loro intuizione sull'indizio del disco fosse stata corretta.
Un altro passo nella lunga via per districare quella matassa.
Ma non era quello che l'aveva innervosito, quanto ciò che sua sorella gli aveva riferito poco prima di concludere la chiamata.
Payton.
Lei lo aveva messo per l'ennesima volta in guardia sui pericoli legati a quell'uomo aggiungendo anche la possibilità che ci fossero altre persone coinvolte in quella storia.
I Cavalieri del Cerchio d'oro.
Si alzò, portandosi a ridosso della finestra, gli occhi fissi su un punto lontano, la mente in subbuglio ripensando per un momento a quello che sapeva su quell'antica Organizzazione.
Secondo gli atti ufficiali, l'Ordine era nato in America nel luglio 1854 a seguito di una riunione tenutasi a Lexington, Kentucky, voluta e organizzata da George Bickley, un medico esperto di pratiche magiche. Era stato però durante la guerra civile che aveva raggiunto il suo apice, arrivando addirittura a contare più di cinquantamila agenti sparsi per tutto il Paese, infiltrati nei governi locali, negli arsenali, nei cantieri navali e persino nelle postazioni militari.
L'Ordine, il cui obiettivo inziale era stato quello di realizzare un immenso stato schiavista tra il sud degli Stati Uniti e il Messico, aveva però ben presto cambiato pelle divenendo alla fine più una specie di associazione sovversiva di stampo criminale che una vera e propria società segreta.
Strinse i pugni.
Rammentava molto bene che durante il conflitto i Cavalieri avevano approfittato della situazione per darsi a vere e proprie razzie, rapine alle diligenze, ai treni e persino alle banche. Avevano organizzato omicidi, boicottato i rifornimenti nei porti e nelle stazioni, preso possesso delle redazioni dei giornali, razziato cavalli, fatto incetta di armi, munizioni, uniformi e vettovaglie, fomentato insurrezioni e guerriglie, il tutto nel tentativo di guidare la vittoria del Sud contro le forze Unioniste.
Una follia.
Per fortuna non ci erano riusciti, ma le loro azioni avevano comunque avuto delle importanti ripercussioni sulla politica di un Paese già devastato dalla guerra oltre ad aver permesso ai Cavalieri, durante i quattro anni del conflitto, di accumulare una quantità enorme di lingotti d'oro e di denaro contante.
Una piccola parte lui sapeva, dai documenti rimasti, essere stata depositata nelle banche della confederazione e investita in settori emergenti come quello navale e minerario, ma il grosso non era mai stato ritrovato. Sparito per sempre, probabilmente occultato in attesa di una nuova rivoluzione.
Come quella che sembrava essere in atto in quel momento.
Si riscosse.
L'Ordine, per quanto ne sapeva, risultava sciolto ormai da tempo, ma alla resa dei conti nessuno poteva essere veramente sicuro di che fine avessero fatto i Cavalieri o quanto ramificati potessero essere diventati agendo per anni nell'ombra.
Lui aveva letto diversi trattati sull'argomento, e in nessuno aveva mai trovato riferimenti a costole rimaste operative dopo la fine della guerra civile, nel 1865.
Ma a volte dei libri non ci si poteva fidare.
Cosa cercavano in realtà? Solo l'oro, oppure avevano uno scopo ben più nascosto?
Lui era quasi propenso a credere alla seconda.
Aprì la finestra.
Aveva bisogno di aria fresca e di schiarirsi le idee. La brezza marina lo rinvigorì e per un attimo si lasciò cullare dall'immensità del mare che si estendeva a perdita d'occhio davanti ai suoi occhi, ma fu solo per un breve istante, poi i dubbi lo assalirono di nuovo.
Ancora ordini segreti.
Scosse la testa, quasi disgustato.
Dopo la vicenda di Giovanna d'Arco e del tesoro del Tempio, cominciava davvero a non sopportare più tutta quella masnada di persone legate da vincoli oscuri che cospiravano nell'ombra per il raggiungimento dei loro scopi.
Immerso in quelle riflessioni si domandò anche se chiamare Gonzaga per metterlo al corrente degli sviluppi, poi però desistette. A Roma era ormai notte fonda, non era proprio il caso di svegliarlo.
Magari l'indomani.
Stette ancora a fissare la distesa scura del mare cercando conforto in quell'immensità, ma non ci riuscì. Chiuse allora la finestra e tornò a sedersi sul letto, ragionando su un'altra questione collegata a Raffaele.
Quanto era realmente coinvolto il Vaticano nella faccenda della Ironcled Confederata?
Da una parte c'era la faccenda delle casse con l'oro e dall'altra l'enigma del Protocollo Virginia, ma lui aveva l'impressione che sotto ci fosse molto di più.
Gonzaga stesso lo aveva messo in guardia dall'Ordine del Toson d'Oro, ma fino a quel momento nessuno si era fatto vivo. Che stesse fingendo? O lo aveva fatto solo per spaventarlo e non fargli abbassare la guardia?
Scosse la testa.
Quella storia era fin troppo complicata e ogni minuti che passava si andava ingarbugliando sempre di più.
Adesso era comparsa pure una nuova pedina sulla scacchiera: il senatore Lee. Era coinvolto anche lui fino in fondo? Aveva a che fare con i Cavalieri? Se sì, in che modo e perché?
Fece un bel respiro come per scacciare quei fastidiosi pensieri.
Meglio lasciar perdere, si disse, tanto non avrebbe trovato le risposte a tutte quelle domande, almeno per il momento.
Si spostò quindi in bagno per darsi una sciacquata al viso, poi si cambiò e scese per la cena, raggiungendo Grace nella grande sala che dava sul cortile interno dell'hotel. Un'invitante piscina, illuminata quasi a giorno da una serie di led sparsi lungo tutto il perimetro, s'intravedeva dalle tende poste alle grandi vetrate.
«Dopotutto non è male questo posto» commentò lei con un sorriso non appena Manuel preso posto a tavola.
«In effetti poteva andarci peggio. Hai già ordinato?»
«No, ti stavo aspettando. Hai parlato con Bianca?»
Lui annuì.
«Ha chiamato anche me. Mi ha aggiornato sugli sviluppi e poi voleva sapere come procedevano i lavori per il recupero della nave.»
«E tu che le hai detto?»
«Avevo appena parlato con Nora. Poche novità, in effetti. Il capitano e la sua squadra stanno ancora valutando le procedure necessarie per riportare l'Ironcled in superficie senza danneggiarla. E non hanno ancora assegnato il lavoro a nessuna società. Temo che si vada per lunghe.»
«E per l'oro?» le sussurrò lui preoccupato di una repentina fuga di notizie.
«Silenzio stampa, per ora. La notizia è circoscritta, ma non ho idea di quanto potrà durare.»
Manuel fece un sospiro poggiando la schiena alla sedia.
«Stai pensando a Payton, vero?»
Lui annuì. «Bianca mi ha di nuovo messo in guardia. Quell'uomo vuole il disco, a tutti i costi. Credo che tu abbia ragione nel ritenere che sia l'unica via per arrivare al tesoro della Confederazione. T'immagini cosa accadrebbe se si sapesse in giro? Saremmo assaliti da una folla di fanatici in cerca di ricchezze.»
«Non solo. Considerando che la linea politica del Paese è al momento destabilizzata dalle idee assurde di Alexander Lee sulla secessione molti approfitterebbero della situazione per gettarsi nella ricerca di ciò che ritengono appartenga loro di diritto.»
«Lee» mormorò Manuel. «Secondo te quell'uomo potrebbe avere la chiave per decifrare il disco?»
«Non lo so. Ma è una possibilità. Dopotutto è un discendente del Generale... Non possiamo rischiare di lasciargli prendere quell'oggetto, Manuel, per nessun motivo.» Grace poggiò i gomiti sul tavolo e si avvicinò a lui. «Per questo ho pensato di nasconderlo qui, in una cassetta di sicurezza in attesa di recuperarlo al momento opportuno. Soprattutto dopo aver saputo ciò che è successo a Bianca.»
Manuel annuì. «Hai fatto bene, Grace. Fino a quando mia sorella non avrà sbrogliato la matassa, credo proprio che sia la mossa più saggia.»
«Sapevo che avresti apprezzato» sorrise e si rilassò. «Adesso però vogliamo ordinare?» riprese. «Sto letteralmente morendo di fame.»
«Allora siamo in due.»
Chiamarono il cameriere e scelsero un menù a base di pesce.
La cena fu squisita e un'ora più tardi erano già fuori dell'hotel, a ridosso della strada che costeggiava la spiaggia.
La serata era magnifica e il mare appariva come un'immensa tavola piatta grigio argento, illuminata dai raggi di una luna quasi piena.
Niente vento e poche persone.
Decisero di fare una camminata sul lungomare, arrivando, venti minuti dopo, proprio di fronte alla Jefferson Davis Presidential Library situata a circa mezzo miglio dal loro Hotel, il Quality Inn Beach.
Grace si voltò allora verso Manuel e gli strizzò l'occhio.
Lui afferrò al volo. «Va bene, ma solo un'occhiata veloce»
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