CAPITOLO 17

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La strada scorreva veloce.

Erano in macchina già da due ore e la giornata stava ormai volgendo al termine. Biloxi distava ancora più cento chilometri per cui avrebbero dovuto trovare una nuova sistemazione per quella notte. Il posto ideale non poteva che essere un qualche hotel lungo la spiaggia purché fosse abbastanza anonimo da non destare sospetti e il più vicino possibile alla Jefferson Davis Presidential Library.

«Cosa pensi che dirà il Vaticano per spiegare le casse con l'oro?» domandò a un tratto Grace mentre schiacciava il piede sull'acceleratore procedendo spedita sulla Highway 65. «Intendo una volta che l'Ironcled verrà riportata a galla.»

«La solita storia» le rispose Manuel con un sorriso ironico fisando l'asfalto della strada. «Insabbierà la vicenda e lascerà che la bufera mediatica passi senza fare commenti. Sono maestri in questo.» Si voltò verso Grace. «Il vero problema però è un altro. Il Protocollo Virginia è ciò che mi preoccupa.»

«Credi che esista ancora?»

«Non ne ho idea, ma quell'accordo, se per qualche ragione dovesse essere rivelato prima che lo troviamo noi, sarebbe molto più difficile da spiegare.»

«Non riesco a credere che il Papa abbia in qualche maniera avallato la causa secessionista. Certo il periodo storico era alquanto instabile in quel periodo anche in Italia, eppure...»

In quel momento il cellulare di Manuel prese a squillare troncando la discussione.

«Numero sconosciuto» fece lui osservando il display.

«Non rispondere.»

Annuì e schiacciò il tasto rosso chiudendo la comunicazione.

«Meglio essere prudenti» concluse la dottoressa.

«Già.»

Il cellulare però emise una vibrazione.

Manuel tornò a guardare Grace. «Un messaggio.» Aveva un'espressione perplessa.

«Va bene, vedi di chi si tratta.»

Lo aprì.

Manuel sono Bianca. Sto usando un cellulare usa e getta. Rispondimi, la linea è sicura.

Un attimo dopo il telefono squillò di nuovo.

«E' Bianca» le spiegò. «Mi ha appena scritto che sta usando un nuovo telefono.»

«Era ora. Dai metti il vivavoce così ascolto anche io.»

Rispose.

«Ottima scelta quella di non accettare chiamate sconosciute» esordì lei. Aveva la voce tesa. «State bene?»

«Noi sì. Voi invece?»

«Anche noi, adesso.»

«Che vuoi dire? Cosa è successo?»

«Abbiamo avuto un imprevisto poco piacevole, ma che per fortuna si è concluso senza troppe conseguenze» e brevemente spiegò ciò che era accaduto a Fort Monroe dopo che lei e Thiago avevano lasciato la struttura museale all'interno del forte.

«Cercava il disco» commentò Grace con rabbia riferendosi a Payton. «Proprio come sulla nave» scosse la testa. «La faccenda si sta facendo pericolosa, Bianca. Forse dovremmo lasciar perdere e chiamare la polizia.»

«E raccontare cosa? Non sappiamo nemmeno chi sia realmente quell'uomo. No, non credo che sia la soluzione. E poi tutta questa storia è bene che rimanga sottotraccia il più possibile, almeno fino a quando non avremo scoperto qualcosa di più. Ti rendi conto di cosa succederebbe se la storia dell'oro della confederazione venisse sbandierata ai quattro venti?»

«Lo so che hai ragione, ma ...»

«Dove siete?» l'interruppe Manuel cambiando argomento. Sapeva che Bianca non avrebbe resistito e pure lui aveva una missione da compiere. Chiamare la polizia era fuori discussione.

«Stiamo andando ad Arlington House» fece sua sorella. «Magari nella residenza del Generale Lee troveremo qualche riferimento alla chiave per decifrare il disco di bronzo.»

«E di Payton non avete traccia?»

«No. Per questo vi abbiamo chiamato. Quell'uomo è pericoloso, e imprevedibile. Guardatevi le spalle. Non penso che sappia dove siete, per fortuna, ma tenete gli occhi sempre bene aperti. E non fidatevi di nessuno.»

«Lo faremo. Dimmi, avete almeno scoperto qualcosa di utile a Fort Monroe?»

«Sì. Davis ha ricevuto la visita di Lee nel settembre del 1866 come ipotizzavamo. È scritto nei registri. Ovviamente non è riportato cosa si sono detti, ma alla luce di ciò che abbiamo scoperto fino ad ora mi pare plausibile che il Presidente si sia confidato con il Generale. La guerra era ormai persa e lui prigioniero dei nordisti. Se ci fosse stato qualcuno che poteva anche solo pensare a una sorta di riscatto per la Confederazione quello non avrebbe potuto che essere Lee.»

«Lo credo anche io» fece Grace. «I due condividevano gli stessi interessi e ideali. Mi pare naturale che Davis abbia cercato il suo aiuto. Arlington House è la scelta più sensata se vogliamo avere un'opportunità di trovare un indizio concreto.»

«E voi invece? Gita fruttuosa a Montgomery?»

«No,» le rispose Manuel. «Buco nell'acqua. A parte una bellissima visita alla Casa Bianca e ai suoi arredi originali non c'era nient'altro d'interessante. I registri, gli atti e i documenti dell'epoca di Davis sono stati tutti spostati in un sito storico in Mississippi circa un anno fa. La Jefferson Davis Presidential Library. È lì che stiamo andando.»

«Va bene. Teniamoci aggiornati sugli sviluppi. Se avete bisogno potete contattarci a questo numero. E mi raccomando, state attenti.»

Manuel chiuse la comunicazione, poi si voltò verso Grace con una certa apprensione. Notò che anche lei aveva il volto tirato, proprio come il suo. Era silenziosa e sembrava assorta. Decise di non disturbarla. Del resto, ogni altra parola sembrava alquanto superflua. Le notizie appena ricevute non erano certo delle migliori, e lui temeva che questo fosse solo l'inizio.

Cos'altro avrebbe mai potuto aggiungere?

Poggiò quindi la schiena al sedile e si chiuse in un silenzio carico di aspettative, la mente offuscata da un sacco di pensieri e molti timori.

Il sole era quasi del tutto calato e il crepuscolo stava avvolgendo il paesaggio di una cupa atmosfera mentre la strada scorreva rapida verso Biloxi.

Gettando uno sguardo indifferente oltre il finestrino si domandò per l'ennesima volta cosa avrebbe riservato loro l'indomani.

***

La macchina grigio scuro procedeva a velocità costante a circa una cinquantina di metri di distanza. Gli uomini a bordo, in silenzio, osservavano senza distrazioni il movimento di quei fari posteriori come falene attratte dalla luce.

Del resto, gli ordini erano stati chiari.

Non potevano e non dovevano perdere di vista il prete e la donna, per nessun motivo. E così avevano fatto fin da quando quei due avevano lasciato la nave ancorata nella baia di Galveston.

Gonzaga aveva anche ordinato loro di non intervenire in modo diretto almeno fino a quando non fosse stato localizzato e trovato il Protocollo Virginia ed era per tale motivo che fino a quel momento si erano comportati come due ombre nella notte.

Padre Delgado era stato dipinto come un uomo risoluto e testardo, uno di cui non ci si poteva fidare fino in fondo. Se avesse avuto tra le mani il documento in questione non era escluso che potesse decidere di non divulgarlo, per cui era essenziale che gli venisse sottratto il prima possibile.

L'ordine del Toson d'Oro contava sulla loro abilità per portare a termine l'operazione e niente doveva essere lasciato al caso.

«Credo di sapere dove sono diretti» disse a un tratto l'uomo seduto al posto del passeggero scrutando davanti a sé.

«Biloxi» gli fece eco l'altro stringendo il volante. «Manda un messaggio al Maestro. Sarà felice di sapere che la prossima tappa non può che essere la Jefferson Davis Presidential Library. Forse stavolta ci siamo davvero.»

L'uomo annuì e si mise a digitare sul cellulare mentre il silenzio tornava a regnare nell'abitacolo della berlina.

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