CAPITOLO 16 - FORT MONROE
Fort Monroe
16
Bianca si svegliò con un gran mal di testa. Aprì gli occhi cercando di capire dove si trovasse, ma si rese ben presto conto che la vista era troppo annebbiata. Poi un rumore catturò la sua attenzione. Sembrava una specie di fruscio, quasi un raschio. Tentò di mettere a fuoco e quando intravide, nella nebbia che pareva avvolgere i suoi occhi, delle grosse sagome marroni muoversi rapidamente verso di lei, ebbe un sussulto. Con orrore si rese conto che si trattava di topi. Cercò di scalciare per allontanarli, ma non ne fu in grado. Era distesa a terra, su un fianco, avvolta da una grossa catena di ferro che le partiva dalle caviglie e le arrivava fin quasi alla vita bloccandole gran parte dei movimenti. Le braccia invece erano libere, ma prive di forze, distese lungo i fianchi.
I topi avanzarono ancora, annusando tutto intorno, attratti dall'odore, sempre più spavaldi. Bianca stavolta udì distintamente i loro squittii e il ritmico graffiare sul pavimento di lamiera dei loro unghielli.
Doveva fare qualcosa.
Con uno sforzo enorme portò la mano destra in alto per afferrare una parte della catena e così facendo cercò di smuoverla alzando contemporaneamente anche il bacino. Il rumore metallico prodotto all'improvviso da quei piccoli movimenti disturbò i roditori che sgattaiolarono lontano, impauriti.
Bianca tirò un sospiro di sollievo, poggiando la testa a terra, il respiro affannoso.
Si sentiva spossata.
Ma che diavolo era successo?
La mente era ancora ovattata e più tentava di ricordare più la nebbia s'infittiva. Non riusciva a mettere a fuoco i dettagli. Intravedeva solo una serie confusa di immagini che si accavallavano le une sulle altre. Il quadro complessivo però le sfuggiva.
Doveva essere stata drogata, e questa per il momento era l'unica certezza.
«Thiago?» cercò di gridare, ma le uscì solo un rauco mormorio. Aveva la bocca impastata e la lingua gonfia.
Nessuna risposta.
Strinse i denti per la rabbia.
Dove si trovava?
Non ne aveva idea. Di fronte a lei si estendeva solo un enorme ambiente semioscuro e silenzioso. Non c'era traccia di altri uomini e quella calma rendeva la sua situazione ancora più inquietante.
Chiuse gli occhi nel tentativo di ritrovare la lucidità.
«Bianca?» una voce roca le giunse a un tratto da dietro riscuotendola. «Ci sei?»
«Thiago!» gli rispose lei cercandolo con gli occhi. «Sono qua. Stai bene?»
«Sono legato con una catena e non riesco a muovermi. E ho un gran mal di testa, ma per il resto okay. Tu?»
«Stessa cosa. Riesci a ricordare?»
«Molto poco. Immagini confuse. Dobbiamo uscire da qui, Bianca.»
«Ci sto provando.»
«Credi che sia stato Payton?»
«Non vedo chi altri. A proposito di quell'uomo» aggiunse poi «dalla tua parte riesci per caso a vedere se c'è ancora lo zaino?»
«Non distinguo quasi nulla. È tutto scuro e la vista annebbiata. E poi sono in una posizione decisamente scomoda. Stai pensando al disco?»
«Sì. Abbiamo fatto bene a darlo a Grace.»
«Dovremo avvertirli una volta usciti di qua. A proposito, forse riesco a muovere un braccio. Se mi sforzo un po' posso liberarmi della catena.»
«Allora datti da fare prima che tornino i topi.»
«Topi?»
«Già, e belli grossi anche.»
«Odio quegli animali. Dovevi proprio dirmelo?»
«Almeno adesso abbiamo un motivo in più per darci una mossa» gli rispose cercando al contempo di allentare anche la presa sulla sua catena.
Venti minuti più tardi sentì Thiago strisciare sul pavimento e sgusciare verso di lei. «Ci sono!»
«Io ho allentato il più possibile, ma non riesco ancora a liberarmi.»
Lui si mise in piedi e barcollando le si avvicinò. «Lascia che ti dia una mano io.»
Poco dopo erano tutti e due liberi, a sedere, con la schiena appoggiata a un grosso bidone arrugginito. Avevano il fiatone e la fronte imperlata di sudore.
«Non ho mai durato tanta fatica in vita mia» commentò Thiago guardandosi intorno. «Che razza di posto è questo secondo te?»
«Sembra una specie di magazzino in disuso, da qual che riesco a capire. Mi chiedo come abbia fatto Payton a trascinarci fin qui. Non ricordo proprio nulla.»
«Nemmeno io. Il narcotico che ha usato doveva essere molto forte. Mi scoppia la testa.»
«Ce la fai ad alzarti? Dobbiamo uscire fuori, alla svelta. Magari l'aria fresca ci schiarirà le idee.»
Thiago annuì. Si fece forza e spingendosi sul pavimento si dette lo slancio e si alzò. Poi le tese la mano.
Lei l'afferrò e si lasciò tirare su. «L'uscita sembra essere da quella parte» fece poi indicando un punto a qualche decina di metri da loro da cui filtrava una falce di luce.
«Non ci resta che scoprirlo.»
Avanzarono lentamente in quella direzione fino a quando non si trovarono di fronte a una porta di lamiera. Era socchiusa. La spinsero e sbucarono sulla strada.
L'aria fredda fu un toccasana.
Di fronte, oltre i giardini, si vedevano le mura del forte.
Bianca si volto a destra e a sinistra poi toccò la spalla di Thiago. «Laggiù, il parcheggio.»
Lui annuì e insieme s'incamminarono dove avevano lasciato la macchina.
«E' tutto fin troppo semplice» commentò Bianca scuotendo la testa.
Piano piano le stava tornando la memoria.
Rivide se stessa mentre stava per raggiungere l'auto, poi un uomo con dei baffi e degli occhiali piuttosto vistosi e ricordò un dolore al fianco simile a una scarica elettrica, poi il buio.
«Un Taser!» esclamò voltandosi verso Thiago. «Payton ha usato un Taser per metterci fuori gioco.»
Lui si toccò istintivamente il lato sinistro del corpo e percepì un leggero formicolio.
«Fa male anche a te?»
«Giusto un po', ma non come la testa.»
Giunsero nel parcheggio.
Oltre alla loro auto ce ne erano soltanto altre due, parcheggiate lontano.
«Figlio di puttana!» esclamò Thiago muovendosi verso la macchina. «Ha tagliato le gomme!» Dette un pugno sul cofano per sfogare la sua rabbia poi si appoggiò con la schiena alla portiera. «Adesso ci toccherà noleggiarne un'altra.» Si voltò verso Bianca. «Ehi, che stai facendo?»
Lei era china a terra e pareva che stesse cercando qualcosa sotto l'auto.
«Guarda qui» si rialzò e mostrò a Thiago una piccola spilla. «Era là sotto.»
«Tu sei sicuro di non ricordare proprio nulla?» gli domandò ancora una volta.
Lui la prese e se la rigirò fra le mani fissandola con aria interrogativa sforzandosi di riportare alla memoria gli avvenimenti di poco prima. Poi gli sovvenne.
«Abbiamo lottato» disse rialzando lo sguardo su Bianca. «Rammento un uomo con dei baffi e degli strani occhiali. Ci stava aspettando alla macchina. È accaduto tutto molto in fretta però sono sicuro di averlo afferrato per la giacca poco prima di sentire il dolore al fianco e perdere i sensi.»
Bianca annuì.
«Doveva essere sua» fece riprendendo la spilla. «Deve essergli caduta quando lo hai afferrato.»
«Sai di cosa si tratta?»
«Sì, ho già visto quel simbolo, Thiago. Tanto tempo fa, in un libro.»
Lui sorrise. «Adoro la tua memoria.»
«Già, in certi casi può tornare utile.»
«Allora?»
«Due cerchi concentrici che racchiudono una croce confederata. È il simbolo dei Cavalieri del Cerchio d'Oro.»
«Quei fanatici che durante la guerra di secessione lavoravano in segreto per preparare la strada all'annessione degli Stati del Sud del Messico, dell'America Centrale e dei Caraibi?»
«Proprio loro. Secondo la storia avevano come obiettivo quello di creare un immenso stato schiavista che avrebbe coperto un'area di circa 2400 miglia quadrate, chiamato appunto Cerchio d'oro.»
«Credevo che non esistessero più da almeno duecento anni.»
«Anche io, ma a quanto pare ci siamo sbagliati.»
«Sarà meglio parlare con Manuel prima di ogni altra cosa» commentò Thiago mettendo le mani in tasca per prendere il cellulare.
Poi si fermò con un'espressione di rabbia dipinta sul volto. «Mi sa che abbiamo un altro problema» disse poi rivolto a Bianca. «Payton ha preso il mio telefono.»
Lei cercò il suo, ma non lo trovò. «Anche il mio» fece scuotendo la testa.
«Un lavoro da professionista» commentò Thiago.
«Già, ed ecco spiegato perché siamo ancora vivi. Gli interessava solo il disco. Due cadaveri avrebbero attirato troppa attenzione soprattutto se vuole continuare la ricerca.»
«Fortuna che non abbiamo mai salvato documenti o file importanti nella memoria degli smartphone.»
«Hai ragione. Anche sul fatto che dobbiamo avvertire subito mio fratello e Grace. Payton è pericoloso e imprevedibile.»
«Comincia sul serio a darmi sui nervi, sai. Suggerimenti?»
Bianca si mosse verso la strada. «Dobbiamo tornare al museo. Chiameremo da lì per una nuova auto. Poi alla prima occasione acquisteremo un telefono usa e getta. Non mi fido più di nessuno a questo punto.»
«D'accordo, diamoci una mossa.»
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