Sensi di colpa
Eravamo di nuovo nella cappella della mia famiglia: il buio del cimitero era spezzato solo dai lumini elettrici e da una falce di luna che entrava con timidezza e ci sfiorava con i suoi raggi delicati. Il freddo mi congelava il sangue nelle vene, mentre il mio fiato produceva nuvole di vapore che salivano in aria e poi si dissolvevano nel vento.
Burald mi accolse con una carezza, ma mi sfiorò la pelle con il dorso della mano e le nocche ancora sbucciate, facendomi rabbrividire. I nostri respiri si scontrarono e si mozzarono a vicenda.
Mi guardò negli occhi, come se aspettasse il mio consenso per procedere, e io annuii.
Si sbottonò la camicia e scoprì le clavicole, poi mi fece cenno di guardarle. La sua pelle era bianca come la pagina di un libro ancora da scrivere: non c'era traccia dei tatuaggi che avevo visto su Darkness e Graveyard. "Com'è possibile?"
Inarcai le sopracciglia. -Perché non hai i tre corvi neri?
Gli angoli della sua bocca ebbero uno scatto involontario e si piegarono in un'espressione di amarezza. -Perchè sono un simbolo: rappresentano la colpevolezza, la crudeltà e la vendetta. - Abbassò lo sguardo. - Compaiono sotto al collo di chi esegue gli ordini di un morto che vuole vendicarsi, facendo del male a persone ancora in vita per esaudire il suo desiderio.
La mia bocca si dischiuse. "Non tutti i cimiteriali sono buoni come immaginavo. E tra quelli... ci sono anche i miei amici!"
-Serve a punirli, perché lo stilo magico del nostro Dio ha molto più controllo su di lui che sui normali tatuaggi dei cimiteriali. - Si accarezzò la pelle candida sulle clavicole, ma finì per stringerla e graffiarla. - Non può attirare solo il fuoco, ma anche fare male in altri modi. Può creare lividi, ferite... Tanti piccoli avvertimenti che ti dicono che stai sbagliando. Se poi non la smetti, c'è la punizione finale.
Deglutì a fatica. - Ma serve anche a distinguerli dagli altri: è stato grazie a lui se ho scoperto che Gravey sta tramando contro di me. - Per poco la voce non gli rimase bloccata in gola. -E per ordine di mio padre.
I suoi occhi scintillavano come un bicchiere d'argento quando sta per scoppiare in mille frammenti. Abbassò il viso sui miei capelli e iniziò a giocarci per sfogare la tensione. Era come se volesse respirare la forza della nuova me, quella che lui stesso mi aveva aiutato a costruire. Ma aveva tutti i muscoli tesi.
-È tutta la mattina che mi urla nella testa e mi ricorda che sono stato tradito... Non lo sopporto più. Ma non ho alcun diritto di avercela con lui, dopo quello che gli ho fatto. - Fece un respiro profondo. -Quando era ancora vivo, ha tentato di coinvolgermi in una vendetta. Senza il mio aiuto non sarebbe mai riuscito a portarla a termine, eppure ho rifiutato, eppure gli ho mostrato di preferire la mia vita a lui, eppure... Ha il diritto di detestarmi!
Mi lasciò ricadere i capelli lungo le spalle e indietreggiò fino a sbattere la schiena contro la parete. Si morse le pellicole delle nocche sbucciate.
-Burald...
- Quando si ha già il marchio si è già sul plotone di esecuzione. Un altro crimine ed è la fine, un altro crimine e si viene condannati a morte! - Ansimò. -Ma lui ...
Iniziò ad agitare la testa, a ripetizione. - Non è riuscito a trovarsi un lavoro giusto.
Mi avvicinai con passi prudenti. - Ma perché no?
-Nessuna anima si affiderebbe a un cimiteriale con il marchio. Un cimiteriale con il marchio è inaffidabile, è disgustoso, è di scarsi principi morali... Uno schifo. - Gli sfuggì una risatina nervosa. - Certo, per loro è così facile giudicare! Ma senza un lavoro si diventa dei senza tetto, e i senza tetto vengono giustiziati tutti, Cassie, tutti.
Gemette e si nascose la testa tra le braccia. Teneva i pugni serrati, come se volesse creare una barriera tra sé e il mondo esterno. Il suo petto era mosso da singhiozzi secchi. - Mio padre ci ha riprovato, ma al secondo richiamo è finita. Se solo lo avessi aiutato, se solo avessi fatto qualcosa...
Si sforzò di respirare, ma gemette di nuovo. - Qualsiasi cosa!
Iniziò ad andare avanti e indietro nella stanza, all'inizio sfiorando appena il pavimento e senza emettere alcun rumore, poi toccandolo con passi energici, pesanti. L'avrebbe solcato, se avesse continuato così.
-Ma non avrebbe dovuto reincarnarsi e nascere di nuovo cimiteriale?
Burald era pallido come un lenzuolo. Si teneva le mani alle tempie, e ogni tanto divideva le sue ciocche di capelli con le dita. -Un cimiteriale del genere non era più adatto a quel mestiere.
Fece una smorfia disgustata. -Il nostro Dio crede che sia inutile avere creature simili nel suo mondo.
-Ma allora perchè dargli la possibilità di esprimere dei desideri?
-Come punizione sia mio padre che Diamond non possono salire sulla Terra il giorno dei morti. - Addossò la schiena alla parete e si lasciò scivolare giù, fino a trovarsi seduto sul pavimento. Si strizzò i ricci, con le mani tra i capelli. - Ma avevano già qualcosa di umano, dentro. È per questo che adesso stanno insieme alle anime umane.
Sgranai gli occhi. -Cosa intendi?
-Diamond aveva fatto un rito, prima di salire sulla Terra, che rendesse il suo corpo come il vostro e gli permettesse di provare sentimenti così come li provate voi. Per questo è riuscito a darvi un amore così grande.
Mi si strinse il cuore. Lo sguardo di Burald scivolava di qua e di là, smarrito. -Anche mio padre aveva fatto quel rito, dopo aver conosciuto mia madre, così che il loro rapporto potesse funzionare meglio. Anche lei gli aveva detto ciò che mi hai detto tu, Cassie. Che doveva essere più umano.
Le lacrime iniziarono a rigargli il viso, come graffi che lo sfregiavano e gli davano un'espressione così ferita... Rimasi paralizzata, graffiata da mille artigli invisibili.
-Poi è tornato nel nostro mondo e ha continuato a fare il suo lavoro. - mormorò. - Nessuno se n'è accorto.
Mi inginocchiai davanti a lui. Gli presi le mani e le tenni rinchiuse nelle mie. - È stato per questo che eri così in difficoltà, vero? Mi dispiace di aver risollevato dei brutti ricordi. Non volevo, io... Non lo sapevo.
Le sue dita tremavano come in preda a scosse elettriche. Non riusciva a tenerle ferme nemmeno tra le mie. -Non devi scusarti, avevi ragione. Proprio come aveva ragione mia madre.
Burald si allontanò e riprese a disegnare il suo solito percorso circolare nella cappella. Si bloccò e strinse i pugni. Teneva lo sguardo fisso sulla porta. L'argento liquido che gli scorreva nelle iridi si raggruppò e divenne una lama solida, che era già proiettata sul bersaglio: stava per scagliarsi contro l'ingresso di vetro, che a sua volta lo chiamava con il canto di una sirenetta. Le sue braccia erano attraversate da scosse violente.
Le mie labbra si mossero per chiamare il suo nome, ma non ci riuscii.
Abbassò le palpebre e si sforzò di respirare: fu come se il pugnale, sul punto di uscire, si fosse conficcato dentro di lui. Lacrime copiose gli scivolarono giù lungo le guance, ma anche quelle sembravano taglienti, anche quelle erano dritte e affilate come coltelli.
Non prendeva a pugni la parete solo per non farmi preoccupare. "Come avrebbe reagito, se qui non ci fossi stata io?"
Si inginocchiò sul pavimento di marmo e si coprì il viso con le mani. -Mi faccio schifo.
Mi chinai e feci per accarezzargli il braccio. -Non devi...
-Cosa me ne faccio io del dovere? Tutta la mia vita ruota intorno al dovere, ma non lo porto a termine mai. Dovevo migliorare l'esistenza delle persone, invece ho mandato in rovina mio padre. Dovevo darti sicurezza, e guarda come sono ridotto. Sta succedendo il contrario!
Mi sedetti vicino a lui.
-Sono un fallimento. - mormorò.
-Ricordi quello che ti ho detto prima di Halloween? Che non poteva funzionare tra noi perché ti comportavi troppo da cimiteriale e il nostro rapporto non era equilibrato?
Annuì.
-Ecco, pensaci bene. Tu non sei un cimiteriale come un altro: sei metà umano, e in questo momento la tua parte terrestre sta prevalendo. Io voglio calore, voglio che ti lasci andare, voglio che tu sia semplicemente te stesso. Stai esaudendo il mio, di desiderio. E alla fine è anche quello che ha chiesto Diamond.
Un tempo ero io quella fragile: lui mi aveva aiutata a superare le mie difficoltà, aveva accarezzato con dolcezza il mio lutto e poi se l'era portato via. Mi aveva tenuta per mano nella diversità. Era diventato la mia forza. E non importava se ora sarei dovuta essere io la roccia: era questo lo scambio che volevo. Io mi ero fidata di Burald, e ora doveva essere lui a fidarsi di me. Doveva credermi.
-Stai facendo il tuo dovere, Burald. È questo il tuo dovere. E comunque non potevi salvare tuo padre...
Mi accovacciai tra le sue braccia e mi strinsi forte contro quella corazza che si era ammaccata a furia di proteggermi.
-Invece sì. - Il suo petto venne contratto da un singhiozzo o forse da una risata secca. - Quello che non riesco ad accettare è che Gravey sta facendo la cosa giusta, si sta comportando da figlio al posto mio.
-Da figlio? - mormorai.
-I cimiteriali che avrebbero dovuto occuparsi di Graveyard e di Darkness si sono rifiutati, e lui allora li ha cresciuti insieme a me. Graveyard gli voleva bene, non gli ha voltato le spalle neanche dopo la morte.
Strinse i pugni e le sue nocche ricominciarono a sanguinare. - È quello che avrei dovuto fare io, prima che fosse troppo tardi. Adesso lui sarebbe ancora vivo!
Ma allora, se non serbava così tanto rancore nei confronti di Graveyard, forse poteva riappacificarsi con lui e sarebbe andato tutto liscio. -Quindi non sei arrabbiato con lui?
-Certo che sono arrabbiato! Cosa crede di fare, adesso? Gravey è solo uno strumento per mio padre, lo sta usando: il suo vero obiettivo non è mai stato chiudermi nelle catacombe o farmi i dispetti, il suo vero obiettivo è farmi rimanere solo, farmi tradire da tutti i miei amici, farmi pentire di essere stato egoista. E sai cosa fa più male? - Sogghignò. - Che ha perfettamente ragione.
Burald mi toccò ancora i capelli, ma la sua disinvoltura venne spezzata da una rigidità brusca. Si alzò e ricominciò a vagare per la stanza. Il mio cuore si ghiacciò di nuovo: che stupida, certo che non avrebbero fatto pace, certo... Questo non era un semplice bisticcio!
-Gravey è uno scemo. - Sbatté i palmi contro la parete. - Come fa a non accorgersi che verrà punito? Papà lo sta mettendo in pericolo, ma non gli interessa. Una volta sapeva amare, e invece adesso... Vuole solo vendicarsi, dannazione, come una bestia assetata di sangue!
Mi alzai in piedi. Burald premette gli avambracci sul muro e si prese la testa tra le mani.
-Subito dopo la morte di mio padre avevo litigato con Graveyard e Darkness. - Appoggiò la fronte alla superficie fredda. - Loro sapevano che era stata colpa mia, e per un mese intero non mi hanno più rivolto la parola. Darkness mi ha distrutto il cuscino e il materasso del letto con un pugnale.
Rivolse il viso verso l'alto e gli sfuggì una risatina amara. Sussultai. -Darkness? Non pensavo fosse capace di...
-Oh sì, può arrivare a tanto. Ma è parte di lei, non controlla la rabbia.
-E allora hai dormito sul pavimento?
-Non sono sicuro di aver dormito.
Si girò, appoggiò la schiena alla parete e riprese a massaggiarsi le tempie.
-Ma poi avete fatto pace, giusto?
- Dopo un po' sono andato da Gravey: pensavo che si fosse calmato e fosse l'unico che potesse accettare le mie scuse. L'ha fatto. Ha detto che ero suo fratello, che dopo aver perso l'uomo che era praticamente suo padre non poteva perdere anche me. Il nostro rapporto è tornato come prima.
La sua voce trascinava un lungo sospiro.
-E Darkness?
-Le è servito più tempo, ma alla fine anche lei mi ha perdonato.
Calò il silenzio. Restava solo il rumore del vento che picchiava contro le pareti della cappella e il suono dei nostri respiri, che ora si sfioravano. Continuava a torturarsi le crosticine sulle mani e il suo sguardo fissava un punto nel buio. - Sono sicura che a Graveyard dispiace tantissimo, che vorrebbe fare altrimenti, ma ha paura di perdere il lavoro ed essere punito. È vero: la vostra amicizia dovrebbe essere al primo posto. Ma lo capirà, Burald, lo capirà presto.
Lui scosse la testa. -Non credo.
-E se tu provassi a parlargli? A dire quello che hai detto a me? Magari lo farebbe riflettere... Vale la pena fare un tentativo, no?
-No, Cassie, non credo... - Sospirò. - Spero che tu abbia ragione.
Mi avvicinai a lui. Mi mise le braccia attorno alla schiena e io lasciai che il mio cuore battesse contro il suo. I nostri profumi si cullavano a vicenda. Abbassai le palpebre, ma tutte le parole dette quella sera aleggiavano intorno a noi come demoni e ci controllavano con sguardi di brace: riuscivo a distinguere le loro sagome nel buio. Anche Burald chiuse gli occhi, forse sperando di dimenticare tutto o forse sperando che i mostri non lo seguissero anche in quella dimensione speciale che avevamo appena creato solo per noi, in quella dimensione speciale dove c'era spazio per il nostro amore e nient'altro.
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