Ops: difficoltà in vista!

Burald era di fronte al cancello, sotto a un grande pino, e teneva lo sguardo puntato sui suoi piedi. Il ritmo dei miei passi rallentò fino a fermarsi. Le braccia mi caddero lungo i fianchi: sarei potuta scappare, approfittando del fatto che non mi avesse ancora scoperta, invece sollevò lo sguardo prima che riuscissi a farlo. I rami creavano ombre sottili e taglienti sul suo volto, e riproducevano sulla sua pelle la forma aguzza degli aghi. Gli occhi sfuggivano alla pennellata scura dell'albero e catturavano la luce.

-Ma... - Le frasi mi sfuggivano dalla bocca prima di essere pronunciate, come fossero scivolose. -Come facevi a sapere che sarei venuta qui?

-Lo sapevo e basta, Cassandra. -Si incrociò le braccia sul petto. - Immaginavo che non mi avresti ascoltato.

La sua voce uscì aspra come se, dopo avergli graffiato la gola, portasse il sapore del sangue. Però non avevo tradito la sua fiducia, visto che non me l'aveva mai data, visto che mi seguiva ovunque, visto che cercava di pilotare le mie azioni come preferiva. Sapeva che non gli avrei ubbidito, e allora aveva pensato di impedirmi lo stesso di fare ciò che volevo.

Diamond gli aveva chiesto di sostenermi, non di opprimermi. E no, non avevo proprio intenzione di spiegargli i miei piani, perché li avrebbe mandati a rotoli!

Strinsi i pugni talmente forte che un formicolio mi salì dalla mano. -Ero stanca di aspettare che tu mi confessassi i tuoi segreti!

Sollevò un sopracciglio e stese le labbra come lame di coltelli. -Cosa intendi?

- Non puoi pretendere che io rimanga all'oscuro di tutto, senza reagire e soprattutto senza chiedermi come mai tu mi voglia tenere lontana da ogni cosa!

Gesticolavo con tutta la mia energia, per liberarmi da quell'elettricità che scorreva nelle mie vene, ma invece di prosciugarsi si moltiplicò.

-Perché non mi vuoi far entrare lì dentro? - gridai. - Non me lo hai voluto dire, così io sono venuta a scoprirlo da sola!

-Non ero pronto a dirti la verità. - Rese evidenti i muscoli tesi nelle braccia. - Sai, non impazzisco dalla voglia di parlare delle mie questioni personali.

La sua voce era amara, amara come un liquore troppo forte che stordisce una bambina non abituata a berlo, amara come era mai stata prima. Amara come era mai stata per me. Se lui aveva il diritto di tenermi lontana dai suoi fatti intimi, perché io non l'avevo mai avuto? Perché me l'ero trovato di fronte a casa il giorno dopo averlo conosciuto, e conosceva già il mio taglio più profondo?

-Ma io non sono una persona qualunque. O almeno, non dovrei esserla per te. Tu sai ogni cosa di me, anche quello che non ti ho mai detto, e così non mi sembra giusto, così non mi sembra equo. Se cerchi di addomesticarmi come un gatto o di controllarmi... - Sbuffai. - Almeno spiegami il motivo!

Respiravo a fatica. Un bruciore acuto mi stringeva lo stomaco in una morsa.

Sospirò e si sfiorò le tempie con le dita: il suo sguardo era rovente e ribolliva, ribolliva... Sembrava una piastra. Non potevo appoggiarci il mio, se volevo evitare delle brutte scottature. Le vene erano sempre più spesse e pulsavano. Anche le vene di un cimiteriale potevano pulsare? Anche se il suo cuore non batteva?

- Io sapevo già tutto perchè sono un cimiteriale: è diverso.

Iniziai a camminare in tondo. -Ti senti privilegiato per questo? Credi che aprirti con me non sia richiesto dal tuo lavoro? - Mi osservò, senza negare. -Ecco, ti sbagli di grosso! Non mi renderai mai felice così.

Mi prese un braccio, per fermarmi, ma io puntai i miei occhi nei suoi. - Un rapporto non andare in una sola direzione, nemmeno se dall'altra parte c'è un cimiteriale. Non lo capisci questo? Devi farmi sentire al sicuro, non in trappola.

-Oh, Cassandra, non farne una tragedia! Magari te ne avrei parlato fra un po', ma non mi hai lasciato nemmeno il tempo e non ci hai pensato due volte prima di fare di testa tua.

Finsi di osservare il panorama, voltandogli le spalle, e incrociai le braccia. - Ovvio! Non sono il burattino di nessuno. E non so se posso crederti, visto che mi hai già raccontato un sacco di frottole.

Mi appoggiò una mano sulla spalla, ma diventò pesante, calda come la lava... La scrollai via. -Cassandra, girati.

Feci cenno di no con la testa. -Cassandra, non sei per niente educata.

-Chissenefrega.

- Cassie, io... - Si posizionò di fronte a me. -Quella bugia era una sciocchezza. Non dovevi prendertela.

-Ah sì? Una sciocchezza? Hai fatto finta di essere il cimiteriale modello, fiero della sua natura, quando in realtà non era affatto così. Mi hai descritto il tuo mondo come magnifico e generoso, quando non era affatto così. Forse sarebbe stato più grave se tu fossi davvero convinto di ciò che hai detto, ma che bisogno c'era di mentirmi?

Indietreggiò, come se a quel punto lo avessi colpito nel petto. Dischiuse le labbra ma, prima di parlare, esitò a lungo. -Non volevo toccare argomenti dolorosi.

-Tanto alla fine sei stato costretto a farlo comunque.

Cercai di rilassare i muscoli, altrimenti sarebbero esplosi dalla tensione, ma non ci riuscii e non riuscii nemmeno a fare un bel respiro. Ero troppo impegnata a fissarlo con aria truce e a detestare il modo in cui giocherellava con un bottone della giacca per non guardarmi. Teneva il sopracciglio alzato. Si era piazzato lì per vedere la mia faccia mentre gli parlavo e ora invece fissava solo il suo nuovo antistress: che incoerente!

-Burald, io odio queste fiamme viola, odio questo posto, perché ha rapito Diamond per sempre prima che potesse sfuggirgli. Se sopporto ogni giorno questo odio è per te e perché non voglio complicarti le cose, non voglio renderti difficile il lavoro e farti fare la sua fine. Ma se tu vai avanti così, allora... - Sospirai. -Per favore, io pensavo e voglio continuare a pensare che qui esista qualcosa di buono, che qui esista qualcuno di buono. Non farmene pentire.

Mi guardò attraverso la fessura che separava due ombre. I suoi occhi, fino a poco prima furenti, luccicavano con una nota dolce. Forse... Forse dovevo calmarmi. Ma se lui fosse stato troppo poco umano per capirmi?

Un silenzio spettrale calò su di noi, fino a quando un rumore di suole osò interromperlo: le scarpe di Graveyard, Darkness e Alice si spostavano sul terreno per allontanarsi alla svelta. I miei complici si dileguarono.

- Ti calmeresti, se ti dicessi qual è il motivo per cui ti ho proibito di venire qui?

- Certo che devi farlo! - Serrai le labbra. - Ma ormai è troppo tardi per calmarmi.

Sospirò. - Non riesco a entrare, Cassie, non ce la faccio. - Alzò su di me i suoi occhi lucidi. - Lì dentro c'è mio padre. È morto un anno fa.

-Perché proprio in casa mia?

- "Dove abiti nell'ultimo periodo prima della tua morte, resterai per sempre". - recitò, con la solita aria distante di quando ripeteva parole non sue. - Questa regola non si può infrangere. Mio padre si stava occupando di un'anima in quella casa, quando... Quando...

Lasciò cadere la frase nel vuoto.

Quindi i cimiteriali non trascorrevano l'eternità in un luogo affettivo importante per loro, ma solo in un posto qualunque, un ambiente di lavoro. Avrei dovuto dirgli che mi dispiaceva per suo padre, ma non lo feci.

-I cimiteriali non hanno un alloggio fisso?

Mi fece cenno di no con la testa.

-Vuol dire che siete costretti a rimanere in un'abitazione che non è veramente la vostra casa?

Alzò le spalle e sorrise, ma con un sorriso malinconico, che nelle mie orecchie aveva il suono di artigli che stridono contro il marmo di una lapide, di un vaso di fiori che si rovescia, lasciando sdraiare le rose appassite su un letto di acqua sporca. Anche quel sorriso era una bugia. L'ennesima bugia. -Anche se non lo è, dopo la diventa.

Quando mi osservava così, con le labbra inclinate e gli occhi lucidi, il suo volto pareva sfregiato dalla frustrazione. Si stava rivelando per ciò che era davvero, e vedevo il suo cuore immobile con i raggi x, ma tutto questo emergeva solo perché gli stava sfuggendo di mano, e non perché lui voleva mostrarmelo sul serio.

-Perchè non ti fidi mai? - La mia voce era un mormorio debole. - Perchè hai paura di esporti, con me? Perchè mi metti dei divieti solo per non dovermi raccontare qualcosa? Potevi lasciarmi andare da sola o con un altro cimiteriale: non vedo dove fosse il problema.

-Non volevo mandarti da sola. - Si sfregò il dorso della mano. - Non sono sicuro di fare il mio dovere quando non sei sotto la mia protezione.

-Esagerato.

-Ma non lo sono affatto... Qualcuno potrebbe farti del male.

-Esagerato.

- Invece non lo sono...

Feci un respiro profondo e mi preparai a parlare con fermezza. -Burald, ho paura che i nostri modi di vedere le cose siano troppo diversi tra loro. Tu sei un cimiteriale, io sono un'umana... E mi sembra che non ci capiamo.

Lo sguardo di Burald diventò brusco. Iniziò ad andare avanti e indietro, facendo respiri secchi, come scatti veloci, che sembravano graffiargli il petto: aveva la mandibola contratta, i muscoli tesi. -Certo, Cassandra, non puoi pretendere che mi lasci andare così facilmente! I cimiteriali non provano i vostri sentimenti così forti, sono abituati a soffocarli, e non hanno rapporti come quelli tra voi umani. Non puoi presentarti qui e dirmi che ho sbagliato tutto, che sulla Terra non si fa così, che non ci capiamo, che non... Non puoi. Non mi hai dato tempo, Cassandra: sei partita subito a centoallora.

Feci per rispondere, ma lui mi bloccò. - È una ripicca, questa? Sei venuta qui per ripicca?

La sua voce era tagliente. -Ti stai comportando come una bambina. Non vuoi che ti aiuti, non sei disposta ad aspettare... Non è colpa mia se sono nato cimiteriale. E sto anche provando a lasciarmi andare, per te, ma se perdo troppo il controllo potremmo finire nei guai. Tutto questo, tra noi, non è legale.

Il mio battito continuava ad accelerare. -Cosa vuoi dire?

-Che ho paura per te e ho paura per noi. - Stropicciò tra le mani la stoffa della sua giaccia. - Non mi perdonerei, se ti succedesse qualcosa. Devi essere più responsabile, se vuoi stare con me.

Serrai i pugni. - Io non sono una bambina. Sei tu che mi tratti come se la fossi.

-E io non sono un pezzo di ghiaccio.

Strinsi le labbra e lo fissai dritto negli occhi. Mi avvicinai di un passo. -Dimostramelo.

Anche lui avanzò verso di me, fino a sfiorarmi il mento con le dita. -Te lo dimostrerò, ma tu, tu... Devi sapermi scaldare e... Devi aspettare il momento giusto. - Ma non ebbi bisogno di altro: i suoi occhi cominciavano già a sciogliersi. - Per favore. Sono e resto un cimiteriale, e sì, sono troppo freddo, ma...

-Ma?

Inclinò di qualche grado, per non separarsi dal mio sguardo. Solo in quel momento mi resi conto di quanto stesse tremando, anche se forse lo faceva da quando ero arrivata. Una lacrima gli scese sulla guancia. - Se vai troppo forte, mi spezzi.

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