La mia vita è la tua
Mi portai la treccia vicino al naso e mi riempii le narici del profumo di gelsomino e mandorle: quella sera avevo lasciato i capelli morbidi e avevo infilato nell'acconciatura qualche crisantemo rossiccio. E se avessi chiuso gli occhi e mi fossi rifugiata in una bolla di ricordi? Quel momento era troppo intenso: avevo il battito che mi rimbalzava tra le costole e un mare di brividi che mi scorrevano sul corpo. Mi sembrava di esplodere. Ma non potevo fuggire al presente, come mio solito. Anche Burald avrebbe pensato che ero strana.
Cercai di regolarizzare il respiro e, per tranquillizzarmi, mi focalizzai sulle scoperte della serata. Ma l'anima di Burald esisteva da sempre, da sempre! Oh no, dovevo pensare alle rune. Quelle non mi avrebbero turbata. -Chi ti ha insegnato a leggerle?
-A leggere le rune con gli ideogrammi, intendi?
Annuii.
-Ce lo insegnano a scuola. L'insieme di leggi del nostro Dio, quello che noi chiamiamo Ordine dei cimiteriali , è scritto così. - Burald iniziò a torturarsi le mani. - E visto che studiamo proprio quello, è fondamentale saperlo tradurre. I nostri tatuaggi sono le frasi più importanti di quel libro.
-Ma quindi l'ultima frase... Quella che hai sul cuore... Cosa vuol dire?
Burald abbassò lo sguardo sul suo petto e sfiorò le rune con la punta delle dita. La sua bocca si piegò in una mezza smorfia disgustata, che si trasformò in un sorriso malinconico quando puntò gli occhi nei miei. - La nostra vita è dedicata a voi: è solo per voi che esistiamo, per permettervi di tornare sulla Terra anche una volta morti, attraverso di noi, per donarvi una seconda vita. - Si sfregò i palmi sui pantaloni. - Nasciamo in base al numero di umani che muoiono, in modo che ci siano abbastanza cimiteriali per occuparsi delle vostre richieste.
Trattenni il fiato. - In che senso? Non nascete dall'amore tra uomo e donna? Non funziona così?
Scosse la testa. - Alla luce della luna, al tempio del nostro Dio, l'anima di un cimiteriale morto si fa trovare in un nuovo corpo. Poi veniamo affidati a un uomo e una donna, che per il bambino diventano dei veri e propri genitori, lo educano, lo crescono... Ma non hanno nessun legame biologico con lui. Non è come succede a voi umani.
-E così non avete il vostro spazio, la vostra vita... Dipende tutto da noi e quello che vogliamo da voi. È terribile.
-Ma noi vogliamo aiutarvi. È una condivisione, più che altro... - Si abbracciò i gomiti, alzando le spalle. Strinse i denti. Il suo sguardo diventò più duro. - È giusto così.
-E che mi dici delle voci che hai costantemente nella testa?
Chinò il viso e finse di concentrarsi sulle foglioline secche sparse sul pavimento, cadute da un vasetto di fiori. Iniziò a spostarle con il piede sinistro. - Ci si abitua.
Ma io lo vedevo a scuola, quando era tormentato dal mal di testa, e non mi sembrava affatto abituato. Ci avvicinammo: i suoi lineamenti si confondevano nel buio della notte, ogni secondo più buia a causa dei ceri che si spegnevano a uno a uno. Abbassai lo sguardo. Graveyard aveva dato a Burald dell'egoista solo perché non faceva volontariato: si riferiva di sicuro anche a qualcos'altro di cui ero all'oscuro, ma ora, guardandolo accettare il suo destino ingiusto così, con rassegnazione, non potevo avere alcun sospetto su di lui.
Non dovevo farmi turbare dalle parole di Graveyard perché, qualunque cosa intendesse, non voleva infangare la reputazione dell'amico.
Burald mi sollevò il mento e mi costrinse a osservare i suoi occhi, come stelle sospese nel vuoto, che quando si richiudevano nel loro regno erano uniche ma, quando penetravano nelle mie, lasciavano fondere le nostre anime in un lago di cristallo.
Ci avvolgemmo in un abbraccio morbidissimo. Ebbi la sensazione di essere circondata da un bozzolo tiepido ma colpito da tutti i fulmini della galassia, bersagliato, pericoloso, che tremava di scosse di terremoto e bruciava in mille incendi. Ma mi sentii comunque a casa perché, nonostante le bugie che mi ero sempre raccontata per sentirmi meglio, non sempre casa è un posto sicuro.
"Perché i nostri corpi reagiscono così?" Evitai una scintilla prima che mi arrivasse in faccia e mi allontanai un po' col petto, chiedendomi se l'altro lato fosse meno carico di energia. "Siamo così goffi quando ci abbracciamo..."
I suoi muscoli erano tesi, ma le mie guance non erano mai state così rosse: forse era quello il suo modo di manifestare l'imbarazzo, e questo il mio. Ma che importava? Chiusi gli occhi. Il nostro amore era solo un bruco, ma stava per rinascere come una stupenda farfalla multicolore.
Posai la testa sulla sua clavicola e la accarezzai. "Perché non ha tatuati i tre corvi, come Darkness? I cimiteriali non hanno tutti le stesse frasi impresse sul corpo? Che strano."
- E quelle frasi? A cosa servono?
Cominciò a sfiorarmi i capelli, con movimenti rigidi, maldestri, e quando le sue dita passarono tra le mie ciocche castane, esse fremettero e mi fecero avvampare. Ci separammo.
-Servono a ricordarci qual è il nostro scopo. Ma sono anche lo strumento con cui il nostro Dio mantiene il comando su di noi: è attraverso di loro che ci punisce. Tanto tempo fa, quando aveva tracciato le rune sulla pelle dei primi cimiteriali, lo aveva fatto con uno stilo magico che conserva ancora oggi. La nostra pelle è immune alle fiamme del regno sotterraneo, ma le rune sono collegate allo stilo, e attraverso di esso lui può fare in modo che il fuoco inizi a bruciarci la pelle. Può farlo con piccole zone del corpo, se vuole, ma se invece decide di ucciderci è come se ci cospargesse di benzina...
Burald rabbrividì: un fremito di orrore gli percorse il corpo. Aveva gli occhi fissi e rigidi come roccia. Anch'io tremai, ma non riuscii a resistere: sfiorai le rune che aveva impresse sul braccio. Sembravano così indifese, e invece...
Lui si ritrasse, con un gemito simile a quello di un animale ferito. Indietreggiò fino a sbattere la schiena contro la parete. Il suo respiro era affannato, i suoi occhi sgranati e attraversati da lampi di terrore.
Mi si mozzò il fiato in gola. - Scusami, io...
Burald abbassò le palpebre un istante, deglutì e, quando le rialzò, si ricompose. - Scusami tu. Mi sono fatto prendere troppo dal racconto.
-Lo fa spesso?
Lui tornò vicino a me, ma aveva ancora le mani chiuse a pugno per la tensione. -Solo con i ribelli. Ma quei tatuaggi non sono solo questo. Sono il suo potere scritto sulla nostra pelle. Senza tatuaggi lui non potrebbe nemmeno toccarci, non potrebbe farci nulla. - Sospirò. - Senza tatuaggi saremmo liberi.
Una punta mi scese nello stomaco: il loro mondo era severo, ma anche crudele. Spietato. Dalle ultime parole di Burald iniziavo a pensare che Graveyard avesse ragione: non era davvero felice di essere un cimiteriale. Faceva di tutto per nasconderlo, ma il dolore usciva dalla sua voce.
-Cassie, possiamo non parlarne più, per favore? È stata una serata splendida, non vorrei mai rovinarla.
Annuii.
Lasciai scorrere di nuovo il mio sguardo sulle rune. Erano loro a indicargli il suo passato e il suo futuro, erano le frasi del suo destino, ma anche uno strumento di tortura. Però sprigionavano una magia misteriosa, alludevano a culture antiche e origini mistiche, erano affascinanti. Sulla sua pelle assomigliavano a cicatrici, e in effetti potevano essere il ricordo di vecchie ferite, o forse tagli ancora aperti e sanguinanti.
Allungò le dita e mi sfiorò la treccia, appoggiata sulla mia schiena, indugiando come se chiedesse il permesso di toccare quella parte fragile del mio cuore, di maneggiare le crepe che la morte di Diamond aveva aperto dentro di me. Restai ferma, anche se in profondità il pizzicore di una ferita mi avvisava che, se si fosse mosso di un centimetro, sarebbe scaturito un bruciore che non avrei più potuto domare. E sarei fuggita a nascondermi, come un cucciolo pugnalato.
I miei muscoli erano paralizzati. Trattenevo il respiro. Eppure quando i nostri profumi si incrociavano era il suo a dominare, a farmi assaporare l'aroma di legno pregiato, a scrollarmi via con decisione dai miei gigli e dai miei ricordi. In quei momenti la fragranza del balsamo e il mio modo di tenere stretta una persona ormai lontana si lasciava cullare, annullare con dolcezza. Era l'attrazione del presente quella più accesa: meritava di avermi tutta per sé.
Mi sciolse i capelli e i crisantemi caddero. Alcuni si sdraiarono orizzontali, allungando lo stelo, altri si posarono sulla corolla, con il gambo sollevato in aria, come se volessero imprimere un timbro morbido sul pavimento. Mi sciolsi come la cera. Le nuvole di petali rossi scivolarono giù dalla mia chioma, che ora era libera di fremere al contatto con le dita di Burald e di svolazzare nell'aria. L'essenza di Diamond era ancora impressa su di me, in ogni cellula, in ogni respiro, ma il mio corpo era diventato più leggero: il dolore ostinato stava svanendo, stava abbandonando i capelli castani dentro cui lo avevo tenuto imprigionato per molto tempo.
A quel punto, tra i ceri accesi di malinconia e romanticismo, di fronte alle tombe dei miei parenti, mi prese il volto tra le mani. Posò le sue labbra sulle mie e mi baciò. Tremavamo così forte da non sentire nulla, se non le bocche roventi e il desiderio di continuare.
"Se in questo momento stessimo facendo scoppiare una bomba, non me ne accorgerei." Intorno a noi esplose qualcosa, ma dentro, beh, esplose tutto.
❤️❤️❤️
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