La mamma di Cassie

Entrai in casa sbattendo la porta: se la mamma fosse accorsa per sgridarmi, avrei potuto rimproverarla a mia volta. Invece non si accorse nemmeno del mio arrivo e continuò a canticchiare sul suo balconcino e a mettere il concime ai fiori. Ripetei l'azione, questa volta più forte, per farmi sentire.

Niente, lei non notò nulla e non venne da me. Una scossa mi attraversò il braccio destro: strinsi la mano a tal punto che disintegrai il fiorellino giallo che avevo raccolto in giardino. Tutti i suoi petali caddero sul pavimento e lo stelo spruzzò fuori la sua linfa, come un limone spremuto.

Lasciai precipitare sulle mattonelle il suo scheletro verdastro e mi accovacciai giù anch'io. Le lacrime iniziarono a scaldarmi il volto, ma non spensero il rogo che tenevo dentro.

Avevo già visto tanti fiori in passato cadere distrutti a causa del mio dolore e della mia poca delicatezza: ogni volta mi ricordavano quanto fossi pericolosa per la vita degli altri. Burald, Diamond... Molti cimiteriali temevano di non essere capaci di aiutare le anime dei defunti perché troppo egoisti, ma loro erano un oceano di bontà in confronto a me, a me, così sbagliata, così dannosa, così...

Avrei dovuto fare qualcosa per aiutare Diamond, per tornare indietro nel tempo e tenerlo lontano dal pericolo, per salvarlo dalla morte, dalla vendetta spietata del suo Dio, o per lo meno per non diventare la colpevole della sua tragica fine.

Lo aveva ucciso, ucciso! Non potevo accettare che qualche altra creatura, umana o divina che fosse, avesse deciso che lui doveva morire. Nessuno poteva fare una cosa del genere, nessuno ne aveva il diritto! Lui era speciale, giovane, meritava di vivere, non importa in quale dimensione...

-No, no, no, non è giusto. - Singhiozzai. -Non è giusto, non è giusto!

A furia di agitare il capo e rannicchiarmi su me stessa, tornai piccola piccola, al giorno della sua morte, e mi sembrò di rivivere dall'inizio quei momenti di disperazione. Accoccolarmi su me stessa mi rendeva più discreta, quasi invisibile, e pensavo che così avrei potuto sfogarmi senza essere vista: da piccola era diventato il mio gesto di rito, prima di mettermi a piangere, in modo che la mamma non si accorgesse di nulla.

-Cassie, cos'è successo?

La sua corsetta goffa e il rumore delle ciabatte mi costrinsero ad alzare il viso. Cumuli di fumo e materiale incandescente mi ammontarono dentro: avrei dovuto calmarmi, ma non ci riuscivo.

-L'ha ucciso lui, mamma, l'ha ucciso lui. Perché non me l'hai detto?

-Lui chi? Cosa stai dicendo? Per favore, non farmi preoccupare.

Mi aiutò a rialzarmi, ma appena fui in piedi iniziai a girare in salone con passi svelti. -Sai benissimo cosa sto dicendo. Diamond era un cimiteriale, e tu lo sapevi. Diamond non era mio fratello, e tu lo sapevi. È venuto da te perché voleva vivere come un umano, e tu lo sapevi. La vecchietta che abitava qui sotto era una spia, e tu lo sapevi. E poi lo ha ucciso lui, il Dio dei cimiteriali, per punirlo, e tu lo sapevi. - Presi fiato. -Sai qualcos'altro che io non so, per caso?

Il suo volto si riempì di rughe, che assomigliavano a ferite prosciugate dal sangue, scanalature sottili e profonde che riproducevano codici indecifrabili: fu come se emergessero decine e decine di segreti, fu come se tutto ciò di cui mi aveva tenuto all'oscuro si ribellasse marchiandole la pelle.

-Come potevo dirtelo? Eri piccola, destabilizzata per la perdita, sarebbe stata una scoperta troppo difficile per te... L'ho saputo solo dopo la sua morte: non era proprio il momento giusto.

- Anche adesso ero troppo piccola?

-Beh, fino a pochi giorni fa non mi sembravi ancora pronta... Forse si stava avvicinando il momento, ma poi lo hai scoperto. Oh, Cassie, non volevo lo venissi a sapere così! A proposito, come hai fatto a...?

-Non cambiare argomento! Adesso devi dirmi tutto quello che sai e come lo hai saputo. E non voglio sentire altre bugie.

Lei mi fece cenno di seguirla in salone. Ci sedemmo sul divano, tuttavia lo sforzo di rimanere lì ferma era troppo grande: mi sfregavo le mani sudaticce contro i pantaloni e spostavo lo sguardo avanti e indietro per la stanza. Attorno a me tutto era offuscato. La mamma mi guardava con occhi lucidi e le sopracciglia abbassate, la bocca tesa come una ferita.

-Devi sapere che, prima di avere te, io credevo di essere sterile. Io e tuo padre volevamo un figlio, ma non riuscivo a rimanere incinta. Però c'era sempre un bambino dolce e simpatico che girava nel quartiere e che giocava con un cagnolino randagio... Un giorno ho deciso di parlargli, di chiedergli come mai fosse sempre da solo, perché mi sembrava strano che non fosse accompagnato dai genitori. Era così piccolo...

Sospirò. - Abbiamo iniziato a parlare più spesso, e alla fine abbiamo costruito un bel rapporto. I servizi sociali lo hanno trovato e lo hanno portato in casa famiglia, ma ho deciso subito di adottarlo. Che male c'era? Io non potevo avere figli, lui era un bambino adorabile... Non sapevo che fosse un cimiteriale. Poi ho scoperto di non essere davvero sterile e sei nata tu: vi ho tenuti entrambi, e finalmente avevo due bambini meravigliosi. Non avrei mai potuto essere più felice.

Lei si accarezzava le ginocchia e si puliva le mani ancora un po' sporche di terra nel grembiule. Io non riuscivo più a guardarla in faccia e tanto meno a dimenticare che mi aveva mentito. -Ma poi è precipitato tutto. - mormorai, con voce amara.

La mamma annuì. -Anche la signora del piano di sotto negli ultimi tempi aveva legato molto con Diamond. Dopo la sua perdita, lei soffriva tantissimo, sembrava impazzita: continuava a darti la colpa per la sua morte...

-Questo me lo ricordo anche troppo bene. - sibilai, stringendo i denti.

- Sì, ma non devi giudicarla per questo... Lei si sentiva in colpa perché era stata mandata come spia a controllare Diamond, ed era anche colpa sua se era stato catturato. Aveva bisogno di accusare qualcun altro, di trovare una scusa per liberarsi di almeno una parte del peso che la schiacciava. Non doveva essere affatto facile. D'altronde nemmeno lei aveva scelto di nascere cimiteriale, ma poi aveva scoperto come si vive sulla Terra e voleva fare come Diamond e ribellarsi al suo Dio.

Mi alzai in piedi, perché la pelle mi scottava come una piastra e i miei muscoli fremevano di tensione. -Come puoi giustificarla per quello che ha fatto? Se lei non avesse lavorato per i capi cimiteriali, Diamond sarebbe ancora qui...

Trattenni le lacrime prima che iniziassero a scorrermi sulle guance. La mamma venne di fronte a me e fece per prendermi il viso tra le mani e accarezzarlo, però io la scansai.

-Si, ma... Cassie, anche lei sarebbe stata punita se non avesse fatto il suo lavoro. All'inizio ero arrabbiata, come te, ma ho avuto tanti anni per rifletterci. Fare la scelta giusta non è sempre così semplice.

Agitai la testa. Non m'importava, non m'importava. Almeno sarebbe stata uccisa per salvare qualcun altro: sarebbe stato un gesto nobile, sempre meglio di contribuire a un assassinio.

-E anche dare tutta la colpa a una povera bambina è stato un errore. Cassie, ho fatto di tutto per proteggerti, per tenerla lontano, per non farti soffrire di più.

Mi sfuggì una risatina isterica. -Certo, ma se lo avessi fatto meno adesso te ne sarei grata. Se per te proteggere vuol dire raccontare un mucchio di menzogne...

Lei sospirò. -Lasciami finire. Quello che voglio dire è che quella donna ha sbagliato tante volte, ma che non era cattiva. Era solo disperata, proprio come te o come me. Il giorno prima che anche lei scomparisse ero andata a parlarle: volevo che la smettesse di accusarti ingiustamente. Ma quello che ho trovato è stata una creatura a pezzi, che piangeva, che si sentiva in colpa, che voleva solo sprofondare nella Terra e non tornare mai più. Mi ha detto tutti i suoi segreti e mi ha raccontato dei cimiteriali.

-E tu le hai creduto? Dici che ormai era diventata folle, ma le hai creduto?

-Non subito, però poi, ripensandoci... Avevo notato delle stranezze in Diamond. Cioè, era perfettamente come gli altri bambini, eppure non so, c'era qualcosa in lui che non riuscivo a spiegarmi. E il pensiero che adesso ci fosse qualcuno a realizzare i suoi desideri mi faceva stare un po' meglio. Mi consolava nei momenti peggiori.

Tornai sul divano: ora ero prosciugata, come se tutte quelle rivelazioni mi avessero strappato via le forze dal corpo. Ma l'incendio dentro di me non si era ancora spento: continuava a bruciare e a bruciare, ma non avrebbe mai cancellato le mie ferite. Una bugia è una bugia, non si dimentica, nemmeno quando è stata detta a fin di bene. E una ferita è una ferita, lascia una cicatrice anche quando guarisce.

- Non hai mai pensato che avrebbe fatto stare meglio anche me?

-Non sapevo come l'avresti presa, e la maggior parte delle scoperte erano state spaventose. Anche la scomparsa di quella donna è stato un duro colpo... Era la prova che ciò che mi aveva spiegato era vero. Credo che il Dio dei cimiteriali non l'abbia punita solo perchè era diventata una ribelle, ma anche perché non gliene importava più niente di nascondere il segreto. Alla fine mi aveva anche chiesto scusa per averti incolpata, lo sai?

La sua voce tremava. Aveva gli occhi gonfi di lacrime. Le sue iridi assomigliavano a degli specchi e riflettevano il mio dolore. Alla fine tra noi cadde il silenzio, e rimanemmo l'una di fianco all'altra con le spalle che si sfioravano, senza più parlarci. Ognuna era immersa nella sua bolla di pensieri. - E papà? Quand'è che vi siete separati?

-Non gli ho mai raccontato niente. Ma lui sentiva che c'era un segreto tra noi, qualcosa che non andava. Se glielo avessi detto però avrebbe pensato che ero pazza e ci saremmo separati comunque.

Le lacrime le scivolarono fuori dalle palpebre e iniziarono a disegnare ruscelli sul suo viso: seguivano percorsi contorti, pieni di curve, come quelli che aveva intrapreso lei per evitare tutti gli ostacoli. Cos'avrei fatto io, se fossi rimasta da sola a dover riempire le crepe di una figlia così piccola e già spezzata in mille frammenti? Cos'avrei fatto? Ma soprattutto, ci sarei riuscita senza crollare?

Strinsi i pugni. Almeno io sarei stata sincera, almeno io non avrei raccontato a mia figlia menzogne su menzogne, non l'avrei riempita di illusioni per poi farla precipitare, schiacciata giù dal peso della verità.

La mamma non era stata onesta. Nemmeno Burald lo era stato. Mi allontanai da lei, e poi mi abbracciai le ginocchia e mi strinsi forte il petto contro le gambe. Ero un sassolino minuscolo che cadeva in una voragine, e presto sarebbe stato divorato dall'immensità di quell'aria vuota.

Il rumore del campanello mi fece sussultare. 

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