La Dimostrazione

Mi giravo da un fianco all'altro, tirando le coperte, che aderivano al mio corpo come un bozzolo caldo, lo circondavano, lo abbracciavano, ma a tratti lo soffocavano e lo schiacciavano troppo, davvero troppo. Le lenzuola ormai erano stropicciate, a furia di essere sbattute qua e là. Qualche panno era scivolato giù e adesso se ne stava rovesciato sul pavimento. Passavo da una estremità all'altra del letto: era un miracolo che non cadessi ma, appena mi sporgevo troppo da una parte, una nuova turbolenza mi faceva girare da quella opposta e me lo impediva.

Ero tutta sudata. Ma era come se non ci fosse nemmeno il materasso sotto di me, era come se la stabilità fosse una mano tesa che però non riuscivo ad afferrare nemmeno quando mi sbracciavo nel tentativo di acchiapparla. "Affondo nel nulla! Aiuto, aiuto!" Aprii la bocca per gridare, ma non uscì nient'altro che qualche suono incomprensibile. Il mio battito schizzò alle stelle. Afferrai il cuscino e solo allora ripresi a dormire tranquilla.

Il mio respiro regolare mi cullò fino a quando ricominciai a sognare. Era tutto così forte e vicino... L'impronta che la sua voce fragile aveva lasciato su di me, come una carezza. Il riflesso dei suoi movimenti che mi entravano nell'anima come raggi di sole, anzi, di un pianeta luminoso che solo lui conosceva.

Il volto chiaro e gli occhi limpidi di Diamond erano rivolti a quelli di Burald. La chioma scura di uno si specchiava in quella sbiadita dell'altro. Si osservavano con un sorriso sincero: quello delicato di Diamond gli scavava due minuscole fossette nelle guance, mentre quello di Burald abbagliava anche con un solo accenno.

Erano simili, talmente simili da riuscire a convivere nel mio cuore, ma anche diversi, dall'aspetto agli abissi dell'anima. Il mio cuore era diviso in due, e loro appartenevano a due sezioni separate.

-Mi fido di te.

Diamond, immerso nella luce, strinse la mano a Burald: il chiarore passò dal corpo di uno a quello dell'altro, come un testimone, come un passaparola. Diamond si spense, ma continuò a sorridere e quindi, forse, a brillare dentro di me.

Nascosi la testa sotto le coperte per sottrarmi ai primi raggi dell'alba che si erano infilati in camera. Mi portai le mani alle guance: erano umide. Le asciugai con i polpastrelli. "Vorrei sparire sotto la trapunta per sempre, piuttosto che andare a scuola e fare i conti con la mia vita. Senza di lui non faccio nulla." Ripresi a singhiozzare. "È stata colpa mia!"

Eppure mi alzai e feci colazione, con una montagna di fazzoletti che mi guardava dalla sua posizione vicino alla scatola di biscotti. Mi intrecciai i capelli, mi vestii e andai a scuola. Avevo pensato a lungo a quel bambino del passato, senza mai dimenticarlo, ma non gli avrei permesso di rubare nemmeno una goccia dell'attenzione che dedicavo a Burald.

Erano due cose distinte. Non li avrei mescolati come cenere e carbone, non avrei mischiato il fuoco al fumo o il verde all'azzurro, non mi sarei distratta da Burald. Nulla mi impediva di concentrarmi sul presente. Il tempo trascorso doveva rimanere lì dov'era, anche perché bruciava ancora e quel crepitio era più vivo che mai.

❤❤❤

La voce del professore creava un brusio confuso, ma non dominava i rumori del temporale. Gesticolava alla cattedra e ogni tanto sbirciava il libro di storia dell'arte da sotto gli occhialini rettangolari.

Un altro tuono scagliò la sua furia nel cielo, con un lampo che illuminò la stanza per una frazione di secondo. Alice si stava rifinendo il trucco guardandosi in un piccolo specchio portatile, ma sobbalzò. L'applicatore le scivolò e il mascara finì intorno all'occhio.

Il rumore del suo sbuffo venne coperto dalle risatine di Massimo e Alessandro, che si scambiavano gomitate e battutine sussurrate, quasi impercettibili, tipiche della loro comunicazione silenziosa, intuitiva e a volte... telepatica. Sembravano cloni, entrambi con il ciuffo scuro calato sugli occhi, il naso schiacciato e il fisico magro sotto i jeans strappati e la felpa oversize, ma non erano i classici gemelli in eterno conflitto: a loro bastava uno sguardo per comprendersi.

- Alice, lo sai vero che non è ancora arrivato Halloween?

- Sì, molto simpatico Massi, ma tanto è fra qualche settimana. - Gli rivolse uno sguardo truce. -A differenza tua, io sono sempre avanti.

A quanto pare il veleno di Alice non schizzò subito in faccia al ragazzo, che rimase interdetto e guardò il fratello con la fronte corrugata. - Bro, in pratica ti sta dicendo che sei rimasto indietro.

- Esatto, quei pantaloni sono passati di moda da ben tre mesi!

Il professore sbatté le mani sulla cattedra per richiamare il silenzio e lasciò Alice con gli occhi sgranati per quello che, per lei, era un errore gravissimo. Dopo alcuni istanti i bisbigli vagavano di nuovo tra i banchi. Serena si sporse verso di me. -Ehi, Cassie... Alice mi ha detto di chiederti se sai qualcosa di Burald. Dove diamine è finito? Perché non è a scuola?

Feci una smorfia infastidita. -Dille che non lo so. Dovrebbe essere lei quella informata, visto che lo importuna durante tutte le lezioni.

-Quindi mai. Non c'ho sbatti di ricordare l'ultima volta che è venuto... Se fosse un po' più simpa potremmo saltare la scuola insieme. - Alessandro appoggiò il braccio alla spalla del gemello, che sbadigliò e si coprì la testa col cappuccio della felpa. -Che poi non so cosa ci trovate in quello lì. Soprattutto tu, Alice: le braghe, la camicia e la giacca neri erano vecchi pure nel milleottocento.

-Non ho mai detto di trovarci qualcosa...

Il prof si alzò in piedi, si mise gli occhiali sulla punta del naso e additò il gruppetto di studenti. -Adesso basta. Vi volete decidere ad ascoltare la mia lezione? Se non vi mettete subito in riga vi sbatto dal preside!

Alice, Alessandro, Massimo e Serena inarcarono le sopracciglia e finsero di leggere sul libro di storia; Ginevra invece, appena tornò il silenzio, sorrise compiaciuta insieme al prof. Io però non riuscivo a non pensare a Burald e, quindi, a mordicchiarmi le unghie. -Prof, posso andare in bagno?

Alice mi rivolse un sorriso malizioso e intervenne prima che il prof avesse tempo di fiatare: - Cassandra, stai male per caso? Posso esserti d'aiuto? Ultimamente quando vai in bagno ci resti molto e poi ci sei andata l'ultima volta solo quindici minuti fa, prima del cambio dell'ora...

-No, no, è tutto okay!

Mi affrettai a dirigermi verso l'uscita, prima che qualcun altro potesse obiettare. Cosa voleva quella ragazza da me? Sperava che il prof non mi lasciasse andare? Aveva scoperto il mio luogo d'incontro con Burald?

Ero a un passo dalla porta, ma inciampai proprio nel suo zaino. -Sicura che sia tutto a posto? Magari tutto quello che sai e non mi vuoi dire ti ha fatto diventare un po' distratta...

-Non so di cosa parli.

Uscii, scuotendo la testa. Stavo correndo dei rischi e stavo mettendo in pericolo il segreto, ma non rinunciai a cercare Burald.

❤❤❤

Una volta arrivata nell'atrio, svoltai a destra e mi immersi in un ambiente buio, con le pareti ricoperte da mattonelle azzurre. Mi feci largo verso la finestra, ma qualcosa di tiepido si scontrò con il mio corpo. -Burald? - mormorai.

Alzai lo sguardo e fui subito abbagliata dalla luce raggruppata intorno al suo ciuffo, che in quel momento gli ricadde sulla fronte.

-Sono io.

-Perché vieni sempre nel bagno delle ragazze?

- Mmmm... - Si toccò la coda del sopracciglio. -Perché è l'unico posto dove possiamo parlare da soli, forse?

Corrugai la fronte. -Basterebbe darmi appuntamento in qualche normalissimo posto... Non c'è bisogno di intrufolarsi nel bagno delle ragazze!

-Ma io volevo parlare con te stamattina. - Si strinse nelle spalle e le tenne alzate in una posizione rigida. Abbassò lo sguardo sul dorso della mano destra, che si stava sfregando da quando ero entrata. - Non so se salteresti la scuola...

-E se invece non venissi in bagno?

-Impossibile. - disse tutto d'un fiato. - Voglio dire... Ci vieni sempre. Specialmente quando ti annoi. E ti annoi molto spesso qui a scuola.

- E allora la marinerei molto volentieri, non credi?

Si diede due colpetti sul mento. - Giusto.

Si passò una mano tra i capelli che, nonostante fosse entrato dalla finestra e fuori ci fosse un acquazzone tremendo, erano asciutti. Agitai la testa. -Non sei bagnato. Incredibile.

-Oggi mi sono ricordato l'ombrello.

Il sorriso che si aprì sulle sue labbra gli inondò gli occhi di una luce di miele. Scoppiai a ridere e continuai a fingere di ridacchiare anche mentre lo prendevo per un braccio, lo trascinavo vicino al termosifone e rimanevo incollata a lui.

-Volevo chiederti come stai, dopo ieri... - mormorò. - Non ho avuto il tempo di sentire la tua opinione perché era molto tardi. Insomma, vorrei sapere almeno cosa ne pensi.

I nostri sguardi si amalgamarono, ma abbassai subito il mio per impedire che dalla mia espressione riuscisse a captare la confusione dei miei pensieri. Mi sfuggì un sospiro.

- Ti ho spaventata?

Le sue labbra si distesero in una linea tagliente, rosse come ferite. S'irrigidì in modo appena percettibile.

-Beh, sì, un po' ma... - Gli sfiorai la spalla. -È solo che devo ancora focalizzare il tutto: è molto più difficile di quanto tu possa immaginare. Non è che nella vita di tutti i giorni mi chiudo in una bara e finisco in un altro mondo!

Rilassò i muscoli piano piano, ma continuò a tenere lo sguardo basso e sbirciarmi di sottecchi con aria colpevole.

-Più che altro ho un gran caos in testa. Insomma... Come posso essere sicura che tutto quello che mi hai raccontato sia vero? Magari mi stai ingannando. Magari è tutto frutto della mia immaginazione.

Mi gettai la treccia dietro le spalle.

-Cos'è più strano, secondo te?

-Beh, è tutto molto strano! Però le cose che mi convincono meno sono due: quella degli abiti scuri e quella delle voci. Come fai a sapere che le voci vengono davvero dalle anime dei morti? E come fa una pelle chiara come la tua a far diventare neri i vestiti?

-Per quanto riguarda le voci non posso dimostrarti nulla, invece per l'abbigliamento sì. - La sua voce si trasformò in un mormorio. - Non ti racconto frottole, Cassie.

Si tolse la giacca e me la posò sulle spalle: ogni muscolo del mio corpo s'irrigidì e mi afferrai i capelli, agghiacciata, soprattutto quando nel giro di un istante apparve una macchiolina bianca sulla stoffa, come la luna nella notte, che propagò la sua tonalità in tutto il tailleur. Avvenne con estrema velocità.

-Wow! - Sbattei le palpebre. -Non avrei mai immaginato che...

-È tutto a posto. Nessuno mi avrebbe creduto.

Posai la mia guancia sulla sua e cominciarono a vibrare: l'equilibrio venne alterato da un'energia misteriosa ed elettrica, come se ci fossimo dati la scossa a vicenda, e solo quando le nostre guance si staccarono le pelli tornarono alla quiete originaria, fredde, come se mancasse loro l'adrenalina di poco prima.

-Ci vediamo alle 16.30 al cimitero. - sussurrò. Nel dirlo chinò il suo viso sul mio, così vicino che il suo fiato mi sfiorò la pelle. Fu come un lapillo che mi accese il cuore e poi lo lasciò divorare dalle fiamme: le mie guance avvamparono, cospargendomi il corpo di una lava piacevole e ustionante allo stesso tempo. Non potevo andarmene così.

Mi sporsi verso di lui, per abbracciarlo, ma Burald rimase immobile come una statua. Durò una frazione di secondo che però mi sembrò un'eternità. Solo alla fine mi avvolse a sua volta, e ci stringemmo in un abbraccio freddo e rovente allo stesso tempo: in reazione al contatto dei nostri mondi si crearono scintille e luci scoppiettanti, che volarono e rimbalzarono intorno a noi come fuochi d'artificio. Sulla giacca, intorno alla mano posata sulla mia schiena, si formò una macchia nera in continua espansione, simile a una chiazza d'inchiostro su un foglio bianco. I nostri corpi si allontanarono e la pozzanghera nera scomparve. Mi voltai e uscii in corridoio per tornare in aula, ma non smisi di stringere forte la sua giacca, candida oppure oscura a seconda dei punti di vista.

-E così non sai nulla, eh?! - La voce acuta mi fece sobbalzare. Mi paralizzai, indecisa se andarmene a gambe levate o diventare invisibile. -Cassandra, mi hai preso per scema?

-No, no... è che... - Deglutii, senza voltarmi: sbirciare la sua sagoma con la coda dell'occhio mi fu sufficiente per notare i pugni stretti lungo i fianchi, la schiena dritta, come sorretta da un paletto, e il colore fucsia della pelle. -Aspetta Alice, di cosa stai parlando?

-Non fare la finta tonta. - Si gettò i capelli dietro le spalle con un movimento energico, per non parlare delle labbra, che erano così tese da far apparire le fossette anche senza sorridere. -E non sentirti superiore solo perché hai scoperto il nascondiglio di Burald prima di me...

"Probabilmente non ha capito niente del regno dei cimiteriali... Forza Cassie, stai calma e non tradirti."

-Ah, sì? Quale nascondiglio?

Sfoderai un sorriso impacciato. Fece mezza smorfia, poi rilassò i muscoli e assunse una posa più naturale. -Non importa. Probabilmente mi stava aspettando, vengo sempre a truccarmi alla stessa ora...

Mi sfuggì una risatina. -Oh, davvero? Invece a me sembra che sia stata tu a cercare lui... Ma capisco, non è facile accettare di non essere al centro dell'universo.

Stavo per girarmi un'ultima volta verso quella smorfiosa, per mostrarle con la mano un salutino di bentornata sulla Terra e tornare in classe, quando Burald uscì in corridoio e appoggiò una spalla alla parete. -Va tutto bene qui?

Alice si affrettò a sistemare il maglioncino in modo che non apparisse spiegazzato e si ravvivò i capelli. -Sì, grazie. Come sei gentile a preoccuparti!

Mi trovai sul punto di roteare gli occhi. "Oddio... Spero di non diventare mai una civettuola come lei!"

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