Curiosità traditrice e amicizia fedele

Avanzavo sotto le chiome degli alberi che costeggiavano il viale, nel quale si potevano trovare sia zone soleggiate che angolini all'ombra: vicino alle piante erano costruite delle panchine di pietra dalla forma circolare, come piccoli divani ad angolo. Erano decorate, se così si può dire, da varie scritte in gesso bianco: capitava spesso che gruppi di ragazzi firmassero la panchina su cui si sedevano di solito, come per gridare al mondo che era di loro proprietà.

Oggi il parco giochi era molto affollato: si capiva dal cigolio dell'altalena, dal vociare dei bambini e dal rumore dei loro piedi che si muovevano sulla ghiaia.

Darkness gesticolava e scuoteva i suoi braccialetti. Oggi aveva anche una striscia di cuoio piena di punte di ferro arrugginite, che sembrava una versione antica di quei gioielli di pelle cosparsi di borchie che portava sempre. Gli altri erano formati da pezzi di catena e avevano croci e teschi penzolanti.

Mi scrollò per le spalle. -Ehi! Ma mi stai ascoltando, sore?

-Ehm... Sì, più o meno...

- Certo, come un bradipo con i tappi nelle orecchie! Mi hai presa per scema? - Per un attimo il suo sguardo fu davvero gelido, poi alzò gli occhi al cielo. -Qual'è il problema, questa volta?

Si sedette su una panchina di pietra e mi invitò a imitarla.

-Il fatto è che vorrei provare una cosa, ma Burald non vuole.

Lei sbuffò. -Una cosa... una cosa... Non girarci intorno! Qui non abbiamo tempo da perdere.

-Voglio visitare casa mia, nel regno dei cimiteriali. - spiegai, tutto d'un fiato. -Sono stanca di aspettare. Ho bisogno di conoscere le anime che convivono da sempre con me. Non so cos'abbia ancora Burald da nascondermi, ma...

Darkness fece una smorfia di disappunto. -Non hai ancora capito che è un gran noiosone, eh?

-Chissà cosa scoprirò... - Appoggiai i gomiti sulle ginocchia. - Forse sono troppo curiosa, ma devo sapere chi mi ha preceduta. Piuttosto vado da sola!

Beh, in realtà ci sarei andata per parlare con la signora che aveva spiato Diamond per tanto tempo e alla fine si era pentita. Era una donna crudele, insensibile, e non avrebbe mai dovuto aiutare i capi cimiteriali, ma dovevo chiarire con lei. Dopo che Burald mi aveva spiegato il segreto della morte di Diamond, lei era l'unica persona che non avevo ancora perdonato, e ancora mi pesava sul cuore, anche se l'avevo conosciuta appena. Ne avevo discusso con la mamma: era stata lei a farmi riflettere sul fatto che anche quella donna avesse sofferto molto, che alla fine si fosse pentita, e che forse una bella conversazione con me avrebbe alleggerito il suo dolore. Magari avrebbe anche posto fine al mio, una volta per tutte.

E poi, se solo avessi potuto sfiorare Diamond, la sua anima...

Non potevo spiegare tutto questo né a Burald né a Darkness o chiunque altro: li avrei fatti preoccupare. Burald poi... Negli ultimi tempi si rifiutava spesso di darmi spiegazioni riguardo al suo passato e mi teneva lontana da ciò che voleva, dicendo che era pericoloso o che non ero pronta. Ma chi era lui per dire che non ero pronta? Inoltre io avevo avevo aperto il mio cuore a Burald, gli avevo confidato tutti i miei sentimenti, ma lui non faceva lo stesso. Forse, non essendo un umano, era abituato a rapporti diversi. O forse stavo davvero diventando il suo lavoro.

Darkness inarcò le sopracciglia. -E dimmi sore, cosa credi di vedere a parte macchie deformi e mute? Come comunicherai? Toccando l'aria con i polpastrelli come la prima volta che le hai viste? Scendi dalla nuvoletta in cui vivi: ti serve un tramite, un cimiteriale!

-Oh... Hai ragione! Come ho fatto a non pensarci prima?

Lei sogghignò. -Vuoi proprio che te lo dica? Le tue rotelle non funzionano tanto bene quando si parla del nostro mondo.

-Darkness. - Accavallai la gamba e sfoderai un'espressione seria. -Senti, ormai sei una mia amica cara e...

- Ho già capito: vuoi che ti accompagni io, vero?

Era stravaccata, con le braccia incrociate e le gambe appoggiate alla panchina. La fronte aggrottata e il mento sollevato le donavano un'aria di superiorità, mentre mi guardava dall'alto sbattendo le lunghissime ciglia.

-Già.

Si accarezzò una ciocca di capelli castani. -Okay. Lo prenderò, diciamo... Come un giretto turistico. Però il nostro piano potrebbe fallire, se Graveyard non collabora.

-E perché mai dovrebbe esserci bisogno di lui?

Si lanciò di nuovo la ciocca dietro alla schiena. -Perché ogni cimiteriale per la maggior parte del tempo sta nella casa del morto di cui si occupa.

-Lo so. E questo cosa cambia?

-Questo cambia tutto. Graveyard si è trasferito da poco da te.

Balzai in piedi. -Fantastico! Magari lui riuscirà meglio a mettermi in contatto con i miei conviventi morti!

Darkness m'incenerì con lo sguardo. -Ehi tesoro, sgasati! Non è detto che decida di stare dalla nostra parte. Ricorda: è il migliore amico di Burald, non credo che voglia tradirlo.

- È vero.

Il mio sorriso si spense, mi sedetti di nuovo e sprofondai nel silenzio. Come potevo convincerlo?

La verità era che era così difficile da comprendere... I suoi comportamenti erano così difficili da interpretare...

Se ne andava sempre in giro fischiettando, con le mani dietro la schiena, ma il suo percorso si interrompeva ogni due o tre passi, perché inciampava nell'altro piede o in qualsiasi cosa gli capitasse vicino e, dopo aver lanciato un urlo, si trovava per terra a disfarsi dalle risate. Se qualcuno gli donava la compagnia, ridendo con lui, sembrava ancora più divertito.

Eppure non era sempre così. Non era sempre felice. Sì, sì, ogni volta che lo incontravo mi faceva l'occhiolino e prendeva in giro Burald, di sicuro rigido al mio fianco. Se ci stavamo abbracciando e con lui c'era Darkness, le tirava una gomitata e le faceva cenno di osservarci. Lei lo fulminava, però obbediva. Un secondo dopo erano entrambi spariti, per lasciarci la nostra intimità. Sì, però...

Anche quando le sue guance si arrossavano di un piacevole imbarazzo, i suoi occhi tradivano il resto del volto e rimanevano imperturbabili. Mi chiedevo ormai da tempo cosa potesse colmare la loro espressione vuota. Arricciava il nasino all'insù, creava smorfie, sorrideva con la bocca, ma mai con lo sguardo.

Eppure, forse, ciò che era in grado di riempire i suoi occhi era la chiave del suo cuore, quella con la quale avrei aperto la serratura per raggiungere il mio obiettivo. Sempre se non avesse potuto fargli del male. Alice! Ora che ci pensavo Alice gli faceva un certo effetto: la guardava sempre di nascosto e a volte si scordava di nascondere la sua espressione incantata, pronto in ogni occasione a proporle un appuntamento. Lei schivava con abilità ogni eventualità di rimanere sola con lui ma... Se per una volta non lo avesse fatto? Potevo sfruttare i miei attuali buoni rapporti con lei per convincerla.

- Adesso chiamo Graveyard e gli chiedo di incontrarci nel secondo cimitero di questo paese... -mormorò.

- Perché non nel solito?

-Secondo te? Burald è sempre lì, ci scoprirebbe subito. Dobbiamo scendere da un'altra bara...

"È sempre più astuta di me." La osservai mentre si lisciava i capelli. Accarezzò le sue doppie punte e mimò un conato di vomito.

-Credo sia il caso di prendere un appuntamento dalla parrucchiera. Secondo te come dovrei colorarli?

Scoppiai a ridere. -Fucsia dovrebbero andare bene. Adesso però devo fare una telefonata con Alice...

Ciocche disordinate di capelli gli frustavano la fronte al ritmo dei suoi passi e le punte color carota gli entravano negli occhi: se li sfregava in modo compulsivo e, quando li riapriva, erano attraversati da venature rosse. Andava avanti e indietro di continuo, bisbigliando e gesticolando. Teneva lo sguardo basso. Quando ci trovò davanti a lui, inciampò e si aggrappò al palo della luce per non sbatterci il naso. Darkness scosse il capo. -Graveyard...

Sollevò appena le labbra scarlatte, ma tornò subito serio. -Come mi volete parlare? Voi mi preoccupate.

-Fai bene a preoccuparti, tontarello. - Darkness si incrociò le braccia sul petto. - Cassandra vorrebbe visitare casa sua nel nostro regno.

-Qual è il problema?

-Burald le ha detto che non vuole.

S'immobilizzò e rimase a fissare un punto nel vuoto: la parte bianca dei suoi occhi era spezzata da lampi di sangue e l'incendio si propagava, come una macchia di inchiostro che, quando atterra sul foglio, si espande e viene assorbita dalla carta.

-A te la scelta, Graveyard. Io me ne lavo le mani!

Non aprì bocca, ma il rosso che gli colorava le guance rispose al posto suo: le lentiggini parvero moltiplicarsi e divennero più evidenti. Minuscole gocce di sudore iniziarono a percorrergli il volto.

Abbassai lo sguardo. "Sto costringendo Graveyard a scegliere a chi essere fedele tra me e Burald. Sono spregevole. Non lo farei mai, se non si trattasse di Diamond... Tra me e quella cimiteriale non può finire così: devo rimettermi in contatto con lei e chiarire le cose. Spero che capisca."

-Non so se posso mentirgli così.

La sua voce era flebile.

- Non sentirti costretto. - mormorai.

Darkness picchiettava il suolo col piede, imitando il ritmo regolare di un orologio.

Il cigolio del cancello ci fece voltare tutti: Alice stava arrivando da noi, e già ci salutava con la mano e un sorriso luminoso stampato in volto. Appena ci ebbe raggiunti, rivolse a Graveyard uno sguardo come la carta di zucchero e i confetti, dolce e implorante. -Forza Gravey, di' di sì, così dopo averle accompagnate andiamo insieme dalla mia povera gattina: è venuta a mancare l'anno scorso. Le pettinavo sempre il pelo, era così bianco, elegante e morbido... - Ci mostrò una boccetta di plastica che conteneva un liquido rosa, forse un balsamo o uno shampoo, e una spazzola con un grande fiocco di raso. - Devo portarle questi. Pensi che alla sua anima piaceranno? Vive nella versione sotterranea della sua cuccia, vero?

Lui ne approfittò per accarezzarle la schiena e sollevarla dall'aria afflitta che aveva assunto. -Sì, ma... Alice, in realtà le anime non hanno bisogno di oggetti fisici. Se però ti può fare contenta...

-Sì, per favore! Mi farebbe tanto piacere se potesse tenerli, anche solo come ricordo. Che aspetti? Dai il tuo consenso a Cassie, così non perdiamo tempo.

Il cimiteriale emise un lungo sospiro e si asciugò il volto con le mani, sbattendo la palpebra destra numerose volte: gli accadeva quando era sotto pressione. -Avete il mio permesso.

Mi fiondai su di lui e lo abbracciai. Reagì con un sorriso sforzato, tuttavia i suoi occhi si animarono un istante. "È la prima volta che succede, da quando lo conosco!"

-Scusa. - sussurrai. -Non volevo obbligarti a dire bugie. Fa soffrire anche me, davvero.

-Tranquilla. - mi diede un colpetto sulla schiena. -Non fa niente.

La palpebra destra gli scese e poi risalì con uno scatto.

-Ehi ma... Alice, come facevi a sapere ciò che mi avevano chiesto? Sei arrivata dopo.

-Oh, io so sempre tutto!

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