Crisantemi

"Cosa? Non è possibile! No, no, no... Dimmi che non è vero! Dimmi che è un sogno." I miei piedi si incollarono alla strada. Sbattei le palpebre. "Com'è possibile?"

Feci cadere lo zaino e lo lasciai sdraiato sull'asfalto. Rimasi a fissare l'immagine davanti a me, ma non poteva essere reale: Burald era lì, di fronte al mio cancello, e reggeva un enorme mazzo di crisantemi. Erano di un color sangue che scorreva in un'infinità di petali e mi schizzava addosso.

Il contrasto con la tinta purpurea evidenziava ancora di più il pallore di Burald: il suo sguardo era vitreo come sempre, ma sulla sua bocca era stampato un sorriso. Era strano vedere uscire da una persona così cupa qualcosa di luminoso, di tenero e... di vivo!

"Solo un'altra persona prima di questo momento mi ha regalato dei fiori, e ora... Aiuto... Non devo essere pessimista. Certo che, con tutti i tipi di pianta che esistono al mondo, proprio questo doveva regalarmi?"

-Ma lo sai che sono crisantemi, vero?!

Raccolsi lo zaino senza smettere di fissarlo.

- Sì. - Le sue labbra scesero di nuovo in un'espressione seria. - C'è qualcosa che non va?

Le sfumature spente di alcune case si mischiarono al cielo opaco, il tono pastello di altre abitazioni si amalgamò al verde dei pini e si trasformò in una cornice sfocata. C'eravamo noi, al centro del quadro. Noi e solo noi.

- Sono perfetti. Però... Sono i fiori che si portano al cimitero nel giorno in cui si festeggiano i morti.

Inarcò le sopracciglia. -E allora?

Le braccia incrociate sul petto mi caddero penzoloni. - Niente. Solo che è un regalo insolito e.... Non me l'aspettavo.- Mi sistemai lo zaino sulle spalle e mi aggrappai alle spalline. - Perché li hai portati?

Iniziò a tamburellarsi le dita sul mento. Attraversò quei pochi metri che ci dividevano. - Mmmm... - Si bloccò a un metro esatto da me. - Perché ho visto le occhiatacce che mi lanciavi stamattina. E non solo a me... anche a quella del banco vicino. Sembrava volessi fulminarla.

Girai il viso di scatto e diventai tutta rossa: dovevo scomparire, dovevo scomparire...

-Così ho capito. - Prese il mazzo di fiori anche con l'altra mano, visto che lo teneva solo con quella destra, e finse di studiare i petali dei crisantemi. - Insomma, hai frainteso: non era lei la persona che dovevo incontrare in bagno ieri...

Mi sbirciò di sottecchi e accarezzò una foglia con il pollice. - Sai... - Abbassò lo sguardo di nuovo. - Eri tu.

Aprii la bocca, ma mi si mozzò il fiato in gola. - Ah.

-Scusa se sono stato troppo freddo. - Si passò una mano tra i capelli. Lasciò scivolare lo sguardo lontano da me.

Rimanemmo in silenzio alcuni istanti, durante i quali respirai l'aria a grandi boccate. Un enorme pino componeva una tettoia sopra le nostre teste e ogni tanto ci innaffiava con una pioggerella di aghi. Guardai l'asfalto punteggiato da quelle foglie affilate, dondolandomi impacciata e tenendo le braccia incollate ai fianchi.

-Uno: come fai a sapere che ti osservavo? Fissavi davanti a te! Due: non m'importa chi stavi aspettando ieri e non mi è mai importato!

Mi ero fermata all'improvviso e gesticolavo, ma lui si limitò a inarcare le sopracciglia. Se non altro, almeno non si concentrava su ciò che non andava in me. Non mi sentivo giudicata, e non avrei avuto paura di prendermi la treccia e chiudere gli occhi in quel preciso momento.

- Bene, siccome il regalo non è stato gradito e a quanto pare c'è stata un'incomprensione... Tolgo il disturbo.

Fece per andarsene, con i fiori in mano e il viso serio. "Mio Dio, quanto mi innervosisce quando si comporta così... Come un fantasma impossibile da colpire, che si lascia oltrepassare da ciò che dovrebbe ferirlo."

-Aspetta!

Lo presi per un braccio. Lui si voltò e io mi coprii il naso con una mano per starnutire. Stavo per scusarmi, quando scoppiò a ridere. -Che c'è?

-Uno: non puoi andartene con i crisantemi, che non sono stati affatto sgraditi. Due: scusa.

Sollevò le labbra: il suo sorriso era sghembo e irradiava una luce debole. -Tutto qui?

-Tre: dove li hai presi?

-Al cimitero. La signora a cui appartenevano non si è offesa: ha detto che a me sarebbero stati più utili e me li ha ceduti volentieri.

Scoppiai a ridere, e lui con me. Era chiaro che con quella battuta volesse ricordarmi la conversazione imbarazzante del giorno prima. Ma i suoi scherzi erano sempre nello stesso stile... Iniziavano a diventare un po' macabri.

Adesso eravamo vicinissimi, sia col corpo che col cuore. Chinai la testa sui fiori e dalle sue mani passarono alle mie, con un lieve contatto tra le nostre pelli: la sua fredda e ruvida, la mia calda e morbida.

Alzai lo sguardo, ma lo inchiodai nel suo e per qualche istante i suoi occhi si riempirono di un Burald presente e attento. Fu come assistere a uno spettacolo unico in un posto esclusivo. Fu come se ora la sua anima non riempisse più solo i suoi occhi, ma anche i miei.

Lui tornò al suo normale stato spettrale. Si incamminò fra le auto parcheggiate e le case dai giardini spogli, con le mani in tasca e i passi leggeri.

Mi strinsi forte nelle spalle, per non sentire più la voragine, l'aria vuota tra le mie costole, la mia mano tesa per acchiappare quel momento speciale, che invece si era ormai dissolto nel vento. La sua figura allampanata sparì, inghiottita dal chiarore fioco del cielo. Le case riemersero dallo sfondo offuscato e tornarono a essere nitide, anche se comunque invisibili a chi, come me, le vedeva ogni giorno.

Lessi il nome della mia via scritto su un cartello bianco in fondo alla strada, allora caddi dalla nuvola soffice su cui ero rimasta già troppo a lungo. La mia sicurezza, la mia privacy... Burald si stava facendo largo troppo in fretta dentro di me. E anche nelle mie informazioni personali.

"Come può sapere dove abito? E come ha scoperto in quale classe sono? Perché gli interessa, poi?"

Essere inspiegabile come gli atti che compieva era l'emblema della sua natura.

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