Avversarie simili

Feci un respiro profondo, appoggiando la schiena al muro: ero tornata nel mio ambiente naturale, per fortuna. Mi rilassai, rigenerata dall'aria fresca, pulita, le costruzioni solide e senza fiamme. Avevo i polmoni più leggeri e la pelle asciugata dal sudore, il cuore stanco ma soddisfatto.

Burald era lì, in piedi, e sembrava fluttuare come uno spirito sul prato di croci. Il vento gli spettinava il ciuffo davanti agli occhi, mentre i piedi erano posati sull'erba con una tale leggerezza che sembravano non calpestarla. Il colore dei suoi abiti era vivido, ma la sua figura era sul punto di sparire, come uno spettro o una visione.

Dovevo salutarlo e tornare a casa, perché cominciava a farsi tardi. Mi drizzai e feci due passi verso di lui.

- Oh, ciao Burald! - Alice si materializzò di fronte a noi all'improvviso. Ma nella sua vocina stridula c'era meno entusiasmo del solito. Iniziò a spostare il suo sguardo da lui a me e da me a lui, di continuo, con occhi come fessure.

Serrai i pugni. "Non so come riesca sempre a mettersi in mezzo. Ha un talento innato!"

-Ah, Cassandra, ci sei anche tu?

Annuii, mentre uno strano prurito che mi saliva dalle mani. Alice incrociò le braccia con aria severa e tornò a squadrarci. - Si può sapere perché siete in un cimitero? Vi sembra normale?

Inghiottii la mia saliva, ma un secondo dopo il mio palato diventò secco come il deserto: quella insolente aveva origliato, in bagno, e aveva capito orario e luogo del nostro incontro. -E tu invece? Perché sei qui? Che razza di idea ti è venuta, caspiterina?!

Burald abbassò il dito che stavo agitando in aria e mi rivolse uno sguardo di rimprovero. Si voltò verso di lei. -Sai, l'arte è molto affascinante in questi luoghi di culto. Rappresentano la nostra cultura, esprimono diversi aspetti della nostra umanità...

L'espressione di Alice si ammorbidì un po'. Trasferì il peso da una gamba all'altra, per prepararsi a una lunga spiegazione, mentre il petto si drizzò leggermente per mostrare interesse. Tuttavia l'avevo già vista incantata prima di quel momento, e ora non c'era quel tipo di ammirazione nel suo viso: annuiva ma non sorrideva. La sua fronte rimaneva sempre corrugata. Doveva essere molto sospettosa.

-Quale luogo, se non un cimitero, può aiutarci a comprendere meglio... - Si schiarì la voce e indugiò, indeciso su come continuare quel monologo insensato. - Noi stessi! Noi stessi e la nostra religione. Sì, insomma, anche la morte fa parte della vita.

-Complimenti Burald, molto teatrale e riflessivo... - Graveyard si fiondò con un salto appena dietro di noi, con il ciuffo color carota ancora spettinato dopo il viaggio. Era una sorpresa che avesse intenzione di seguirci sulla Terra ma, anche se lo conoscevo da poche ore, avevo intuito quanto potesse essere imprevedibile. -Adesso però passiamo alle faccende più concrete: chi è questa bella fanciulla?

Lei però, nel frattempo, era diventata bianca come un lenzuolo. Puntò l'indice verso il porticato, dove una cassa di legno era spalancata alla luce fioca del tardo pomeriggio. Così, scoperto, vuoto, misterioso e in risalto, il feretro produsse un lampo di terrore nel viso di tutti noi: Alice guardava da una parte all'altra del cimitero, percorrendo ogni angolo come se cercasse una qualsiasi via d'uscita, e ripeteva spesso l'azione, come convinta che potesse aprirsene una nuova da un momento all'altro.
Alle sue spalle, una quindicina di metri più in là, si trovava l'uscita, ma lei nel panico sembrava essersene dimenticata.

Le sue braccia erano abbandonate lungo i fianchi.

-Cos cos'è quella? - Indicò Graveyard. -T tu... tu... sei uscito da lì? Ti ho visto, sei appena uscito dalla bara. Perché sei uscito dalla bara?

La sua voce usciva solo con singhiozzi. Noi continuammo a fissarla con occhi terrorizzati quanto i suoi, perché eravamo nei pasticci. Altroché se eravamo nei pasticci!

-Cassie, sapevo che eri una specie di streghetta, ma non pensavo frequentassi gente del genere! - I capelli ondulati si agitavano allo stesso ritmo della testa, scossa ripetutamente. -Oh, non mi crederà nessuno... Ma io sono sicura di quello che ho visto. Quella tomba è uscita dal muro, e poi è spuntato fuori lui!

Indicò di nuovo Graveyard e scoppiò in un pianto sonoro. Aveva un velo di sudore sulla fronte. Dov'era finita? Con quali persone strane e inaffidabili? Chi sarebbe venuta a salvarla da questo incubo?

Forse stava maledicendo il colpo di fulmine avuto per Burald, proprio come avevo fatto io il giorno precedente. Forse non aveva più nemmeno la certezza che il suolo si trovasse sotto i suoi piedi e la sorreggesse, forse voleva fuggire, ma la paura controllava ciò che lei non riusciva più a comandare. Forse si sentiva precipitare ed esplodere il torace: le pulsazioni violente e rapide del suo cuore si notavano anche dall'esterno.

Forse, la capivo. A distanza di un solo giorno avevamo vissuto la stessa identica esperienza. Misi da parte il ricordo della sua voce prepotente, delle parole velenose, il modo di sbattere le ciglia con sensualità e avvicinarsi a Burald. Misi da parte tutto, e venni invasa dal desiderio di consolarla. Avrei dovuto preoccuparmi del segreto dei cimiteriali e della bugia detta a mia madre, ma in quel momento vidi solo una ragazza che piangeva, paralizzata.

E quella ragazza, spavalda, impettita, perfetta o impacciata che fosse, ero io. Avevamo in comune più di quanto credessi.

-Alice... mi dispiace, noi... Stai tranquilla, ora ti spieghiamo tutto.

Burald mi guardò perplesso. -Cosa?

- Ora le spieghiamo tutto. Vero Graveyard?

Mi fece l'occhiolino. -Ai tuoi ordini, Cassie.

Burald però scosse ancora la testa e si piazzò proprio tra me e Graveyard. -Assolutamente no! Non se ne parla nemmeno.

Si avvicinò di più all'amico e, dando le spalle ad Alice, iniziò a bisbigliare tra i denti parole che solo Graveyard poteva comprendere per via della scarsa distanza tra loro. Li raggiunsi: non potevano escludermi dalla conversazione!

-Lo sai che è una trasgressione... Ci puniranno.

Graveyard lanciò un'occhiata alla ragazza che, rimasta sola poco più avanti, non la smetteva di fissarci con aria incredula. -Troppo tardi. Andrà in giro a raccontare quello che ha visto. Se invece le diciamo la verità, forse si metterà dalla nostra parte.

Burald si passò una mano tra i capelli. Deglutì a fatica, come se inghiottisse un macigno. -Non so se c'è da fidarsi...

-E Cassie allora? Lei sa tutto.

-Si, ma lei ormai era finita nel regno dei cimiteriali. Con Alice abbiamo ancora un'alternativa.

Burald emesse un lungo sospiro e l'amico, prendendolo per un sì, si sedette sulle mattonelle del suolo, vicino ad Alice, sfruttando il piccolo gradino che separava il porticato dal prato. Le fece cenno di accomodarsi al suo fianco, ma lei era troppo rigida e spaventata per obbedire. Così rimasero in quella posizione e Graveyard iniziò a raccontare del suo mondo e della sua vita: spesso s'inceppava nel discorso, si bloccava a causa delle mille domande di Alice e non sapeva più da dove ricominciare. Burald camminava avanti e indietro, con la testa tra le mani e le dita affondate nei ricci. I suoi muscoli erano contratti come elastici tirati e tirati, sul punto di strapparsi. Il modo in cui stringeva i denti rendeva ancora più spigoloso il suo mento.

Graveyard spiegò tutto in modo molto più chiaro e approfondito di come avesse fatto Burald il giorno prima. Ma, soprattutto, con molta più disinvoltura e tranquillità. Illustrò, per esempio, che il regno dei morti si trovava a metà tra lo stato fisico e quello spirituale. Il gigantesco incendio viola era infatti formato da tanti fuochi fatui, dovuti alla combustione del metano e alla decomposizione di corpi umani, da cui poi usciva l'anima che, con un'ulteriore separazione, si distingueva dalle fiamme.

Se questo processo avveniva sulla Terra però, significava che il defunto aveva scelto di non andare nell'oltretomba e, quindi, di spegnersi in modo definitivo. In tal caso lo spirito non si sarebbe diviso e sarebbe bruciato insieme al cadavere.

Inoltre a regolare l'esistenza di queste creature era un insieme di leggi chiamato "ordine dei cimiteriali", che veniva insegnato nelle scuole, divise in gradi come le nostre. Queste regole erano state scritte in rune antiche dal loro Dio: non si trattava di un cimiteriale, ma dell'anima del primo morto della storia che, una volta precipitato in questo regno sotterraneo in cui viveva un popolo normale e tranquillo, lo aveva sottomesso al suo potere. Dopo aver ucciso il re, aveva preso il suo posto e minacciato di fare lo stesso con chiunque osasse ribellarsi. D'altronde lui non correva rischi: era già morto, cos'altro potevano fargli di male? Aveva disegnato le rune fondamentali dell'Ordine Dei Cimiteriali sulla pelle di ognuno di loro e aveva iniziato a comandare.

All'inizio dovevano esaudire solo i suoi desideri, ma poi, man mano che scendevano altri morti, dovevano impegnarsi a soddisfare anche le loro richieste. Adesso il Dio supremo era sempre lui, ma erano nati anche Consigli e Assemblee minori che rispettavano la sua volontà e le sue decisioni.

A quel punto delle spiegazioni, Burald smise di girare in tondo. Si fermò di fianco a noi e il suo respiro diventò irregolare. Teneva le mani in tasca, forse per nascondere il tremore, come aveva fatto il giorno precedente.

-Quindi non potete decidere proprio niente?

Diamine, Alice non pronunciava una singola parola che non mi ricordasse la mia reazione del giorno precedente! Forse, di fronte a una scoperta del genere, noi umane eravamo tutte uguali.

-Beh, in realtà, una cosa la possiamo scegliere...

-Cioè?

Graveyard finse di giocherellare con le perline ingiallite di un rosario: di sicuro non lo aveva strappato dalle mani di un defunto, quindi doveva averlo trovato da qualche parte nel campo santo. - Possiamo decidere di fare volontariato: c'è bisogno di sistemare il cimitero degli animali, perché gli uomini non se ne occupano con abbastanza serietà e li seppelliscono dove capita, sempre se lo fanno, e poi bisogna distribuire degli ossi da mordicchiare ai cani morti e croccantini ai gatti. Anche le palline e i gomitoli di lana per giocare sono molto richiesti.

-Ma è un'ingiustizia: anche questo dovrebbe diventare un lavoro obbligatorio! - mi drizzai di colpo dalla colonna a cui ero appoggiata.

Graveyard annuì, con il volto cupo. - Io partecipo già. Sto cercando di convincere anche Burald, ma ha un debole per sé stesso e il tempo libero.

Cosa? Burald era molto altruista, a tal punto da non lamentarsi nemmeno per la vita dura e difficile che doveva condurre, perciò il suo amico si sbagliava, di sicuro. Burald egocentrico? Mai. Un cimiteriale non poteva esserlo. Graveyard era troppo severo.

Burald si passò la mano nel ciuffo. -Voglio molto bene agli animali, ma i miei compiti mi tengono troppo impegnato.

Annuii. Spostai la mia attenzione su Alice, che sbottò in una risata isterica. -E se vi dicessi che non credo a niente di tutto ciò? È assurdo!

-Beh, se vuoi ti accompagno di sotto...

Graveyard si alzò e le porse la mano, per iniziare a guidarla, tuttavia lei si affrettò a indietreggiare. -Non se ne parla proprio! Dovrei farmi accompagnare da un pazzo appena uscito da una bara?

Diventò tutto rosso e si allontanò di qualche passo, a testa bassa. -Beh, in effetti...

-Burald, accompagnala tu per favore! Io devo correre a casa, altrimenti mia mamma si preoccuperà.

In qualsiasi giornata normale non avrei mai permesso che rimanessero insieme da soli, ma Alice era troppo sconvolta per concentrarsi su di lui e quella scoperta così improvvisa, quelle spiegazioni così inquietanti... Io ero stata al suo fianco e un supporto morale mi era stato molto d'aiuto.

Un istante dopo però mi arrivò l'aria al cervello e sussultai per ciò che avevo appena detto: ora Alice conosceva il segreto, quel segreto che mi teneva legata a Burald, aveva distolto l'attenzione da me, mi aveva privata della mia esclusiva conoscenza della natura del ragazzo. Se prima non aveva chance con il cimiteriale, ora ci trovavamo in una situazione di parità e non potevo perdere punti! Dovevo assolutamente rimanere l'unica a godere di una tale vicinanza a Burald! Alice ne avrebbe approfittato per conquistarlo e farlo suo.

-Oh, no... inizia a fare buio, potresti accompagnarmi a casa? - Incrociai le dita perché la mia scusa funzionasse.

Lui sfoderò un sorrisetto e si avvicinò a lei, per condurla verso la cassa magica. Mi sbirciò stringere i pugni tutto il tempo, con la coda dell'occhio, esaltando l'accenno divertito nella sua espressione, e solo alla fine si voltò verso di me. -Cassie, non puoi cambiare idea ogni due secondi. Troppo tardi.

Guardai Alice, ancora tremante, con il volto rigato da cascate di mascara, che sussultava ogni volta che lui la urtava anche solo per sbaglio. Sembrava aver cambiato del tutto opinione sul suo compagno di banco. Con un sospiro, forse di rassegnazione o forse di sollievo, mi diressi verso casa.

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