14
Nei giorni che seguirono nessuno parlò di quello che era successo quella sera. Eppure io mi chiedevo di chi fosse, la vita che aveva preso. Mi domandavo se l'avrebbe fatto nuovamente, se Shigaraki Tomura sarebbe tornato e Tenko dimenticato ancora in un angolo.
Avevamo trovato una specie di strano equilibrio, dove io mi prendevo cura di loro e i due idioti facevano finta di non essermene grati. Ma qualcosa era cambiato quella sera, ed era chiaro come il sole, ai miei occhi. Tenko dopo qualche mia attenzione nei suoi confronti, come mettergli della crema sui graffi che si procurava, faceva sempre un accenno di sorriso, per poi voltare il viso credendo che non me ne accorgessi. E Touya aveva cominciato ad accarezzarmi i capelli, ogni tanto, nascondendo tutto sotto una faccia annoiata, come se quel gesto per lui non significasse nulla. Ma io sapevo che erano attenzioni che non avevano mai dato, né ricevuto.
Stranamente di notte sembravano anche più aperti nei miei confronti, come se l'oscurità li calmasse, li facesse sentire al sicuro. Per questo non mi scomposi più di tanto, sentendo i loro passi nel corridoio, mentre io ero seduta al pianoforte e toccavo i piccoli tasti neri, durante una notte preda di un terribile temporale.
Mi venne in mente una vecchia canzone, così cominciai a intonare la melodia a modo mio, senza uno spartito. L'avevo cantata, qualche volta, nella stanza di Jiro, con lei che suonava la chitarra.
Le mie dita erano sicure, mi lasciai trasportare dalla musica, che in quel momento dava tanto conforto alla mia anima triste. Presi un sorso di liquore dal bicchiere che avevo preparato sul piano, per darmi coraggio.
You shout it out
La mia voce rimbombava in quelle pareti silenziose, solo la piccola luce sotto la cappa della cucina illuminava quell'ambiente.
But I can't hear a word you say, I'm talking loud, not saying much.
Chiusi gli occhi, immaginandomi con i miei amici più cari, in un mondo dove non ci sarebbe stato bisogno di noi.
I'm criticized, but all your bullets ricochet
E per quanto mi sforzassi, quella canzone mi era sottopelle in quel momento, esprimeva tutti i miei sentimenti di quei giorni, tutta la frustrazione e la voglia di non cadere, di essere forte, ancora e ancora. Per loro.
You shoot me down, but I won't fall, I am titanium
La mia voce divenne quasi un sussurro, le emozioni nel mio cuore esplosero come mille fuochi d'artificio. Ero in pace, per un istante.
Sticks and stones may break my bones, talking loud, not saying much.
I'm bulletproof, nothing to lose, fire away, fire away...
Mi chiesi se quei due sarebbero mai riusciti a capire che anche io avevo un tormento, un dolore che mi impediva, certe notti, di chiudere gli occhi. Mi domandai se fossero ancora lì ad ascoltare o se fossero tornati nelle loro camere, ma non mi voltai, questa canzone era per me. La mia voce divenne più forte, più sicura, mentre le emozioni mi facevano tremare le dita.
You shoot me down, but I won't fall,
I am titanium
I am titanium
I am titanium
Ormai urlavo, le lacrime uscirono indisturbate fuori dai miei occhi, ma le lasciai scivolare sul mio viso, me ne presi cura. Quando smisi di cantare mi alzai dal piano, la piccola sedia cadde a terra con un tonfo e io indietreggiai fino alla parete alla mie spalle, sbattendoci contro. Era come se mi fossi scottata, come se quei tasti fossero diventati troppo incandescenti, come se, le emozioni che avevo frenato per tanti anni, mi avessero investita come un treno.
Li vidi alla mia sinistra, Touya appoggiato alla parete a braccia conserte, Tenko che mi guardava come se fossi impazzita. -sono emozioni Tenko, non avere paura-
Mi staccai dal muro e mi strinsi contro il petto di Touya, sapevo che toccare l'altro ragazzo, in quel momento, l'avrebbe sconvolto. Il mio petto si alzava e abbassava velocemente, come se invece di cantare avessi corso senza sosta.
"Hai una bella voce" Si complimentò Touya, slacciando finalmente le braccia che aveva ancora conserte e stringendomi, attivando leggermente il suo quirk per farmi sentire il suo calore. -e tu saresti quello senza sentimenti, eh?-
Gli sorrisi contro il petto, guardandolo dal basso, visto che era molto più alto di me. I suoi occhi blu si piantarono nei miei e mi fece cenno verso Tenko. Nel voltarmi lo vidi tentennare, era esposto emotivamente fino all'osso, in quel momento. Feci la prima cosa che mi venne in mente, poggiando il mio palmo sulla sua faccia, facendolo sussultare. Mi guardò con i suoi piccoli occhi rossi, attraverso le mie dita affusolate e sentii come un sorriso contro il palmo. Non volevo parlare, in quel momento qualsiasi cosa avessi detto avrebbe spezzato tutto, facendoli rinchiudere di nuovo nella loro bolla di dolore. -come posso salvarvi?- Era la domanda muta che Tenko colse, perché si schiacciò contro la mia mano, beandosi per una volta che la sua faccia provasse calore a quel contatto, e non il freddo della morte. Se solo mi avessero lasciato usare il mio quirk avrei potuto trovare più facilmente la via giusta, senza ferirli, ma probabilmente non saremmo mai arrivati a quel livello di fiducia.
***
"Cosa? Giran, che cazzo, parla più lentamente!" Un pomeriggio, di qualche giorno dopo, Touya urlava a telefono con qualcuno che non conoscevo. Si passava nervosamente le dita bruciate tra i capelli bianchi e sospirava. Dopo poco chiuse la chiamata, facendo innervosire Tenko, che odiava la gente che alzava la voce.
"Dobbiamo andarcene" Disse semplicemente. I miei sensi scattarono e un bruttissimo presentimento si affacciò nella mia testa. Ormai avevo anche recuperato il mio quirk, ma non mi avevano fatto altre punture per bloccarlo. Cercavo spesso di trattenermi da usare la mia seconda unicità su di loro, non l'avrei fatto senza il loro consenso.
"Dicci cosa succede e smettila di urlare, mi stai facendo innervosire" Tenko cominciò a grattarsi il collo, ma lo fermai prima che si rompesse la pelle a sangue.
"Stai calmo. Succede anche a me, sai? Anche io ho quella sensazione, solo che a me formicolano le dita quando succede. Smettila di grattarti!" Lo fermai al primo rivolo di sangue e presi una pezza intrisa di disinfettante dal mobiletto dei medicinali. Gli tamponai la piccola ferita e gli misi un cerotto.
"Gli hero non hanno smesso di cercarti" Proruppe Touya, dal nulla. Ero furiosa, avrebbero mandato tutti i miei sforzi a puttane. Sapevo che non poteva essere stato Izuku, lui si fidava di me. Tenko scattò dalla sedia sulla quale era appoggiato e prese Touya per la maglia.
"Sei un fottuto idiota, si doveva fare a modo mio!" E in qualche modo, quelle parole mi ferirono. Entrambi se ne accorsero ma gli diedi le spalle prima di farli parlare. Mi asciugai gli occhi e con un sospiro più forte mi girai con un nuovo piano nella testa.
"Dammi il telefono, Touya" Ero determinata, non avrei permesso a nessuno di toccarli, non ora che stavo scavando sotto la scorza dura di quei due deficienti, che ora mi guardavano scocciati.
"Ci hai già provato, non è servito a un cazzo" La logica di Touya mi mandò a puttane il cervello e cominciai a urlare per la frustrazione. Che avrei potuto fare? Mi sentivo in trappola, divisa a metà, come se fossi un ponte tra i villain e gli eroi.
"Non urlare!" Tenko mi venne incontro e mi mise tutte e cinque le dita sul collo.
"Dovrei ucciderti, così la finiremmo con tutta questa storia" Stavolta non riuscii a frenare le lacrime, la cattiveria che aveva usato non era di Tenko, era Shigaraki che non riusciva a trovare una soluzione, che ancora una volta non riusciva a gestire le emozioni.
"Lasciala, non è colpa sua" Touya lo strattonò mentre io cercavo di riprendere fiato, Tenko guardò il mio collo pieno di sangue e toccò il cerotto che gli avevo messo poco prima. I suoi occhi sembravano... dispiaciuti.
"Non importa Tenko" Dissi semplicemente, ripetendo la stessa operazione di poco prima curando la mia ferita.
"Sapete, siete due idioti. Avete passato tutta la vita a odiare voi stessi, a martoriarvi il fisico e la mente per qualcuno che non vi merita e non vi meriterà mai. Non avete avuto la minima pietà verso i bambini che eravate, così come hanno fatto le persone che vi hanno ferito. Ma quei bambini sono ancora lì, io li ho visti. Stanno ancora aspettando che una mano si tenda nella loro direzione e se non lo farete voi, lo farò io al posto vostro" La mia voce era calma, mentre continuavo a disinfettarmi le ferite e applicare una garza.
"Io, beh, io l'ho presa per mano la bambina spaventata che ero, ci ho fatto pace" Presi una pausa, perché il peso che portavo addosso mi stava schiacciando.
"Pensate che io non sappia come vi sentite? Anche io ho ucciso, anche io ho ferito le persone, anche io sono stata ferita" Le ultime parole furono un sussurro, ma mi scossero nel profondo. Sapevo che c'era un solo modo per farmi capire davvero, ed era aprire quello scrigno che avevo chiuso dentro me stessa per quasi vent'anni.
"Mio padre, lui beh, non era un padre. La prima volta che venne in camera mia avevo solo quattro anni. Riesco ancora a sentire la puzza del suo sigaro, le sue mani piene di calli. Veniva ogni notte nella mia camera, usando poi il suo quirk per modificarmi i ricordi. Per qualche tempo ci riuscì anche, ma poi per la sua sfortuna e la mia, avevo ereditato la sua stessa maledizione e non riuscì più a modificare niente" I due ragazzi mi guardavano con attenzione, non parlavano, come sempre quando discutevamo di qualcosa di doloroso.
"Quando smise di toccarmi avevo sei anni. Manifestai il quirk di mia madre, le fruste" Ripensai allo sgomento di quel giorno, quando due piccoli fasci neri mi uscirono dai polsi per la prima volta. Era come se mia madre mi avesse mandato un messaggio dall'alto, come se avesse voluto aiutarmi, in quel momento tanto orrendo della mia vita.
"La prima volta che usai questo quirk, fu per ammazzarlo. Ricordo ancora la sensazione che provai, mentre sentivo il suo collo cedere e spezzarsi sotto le mie piccole fruste. Provai un profondo senso di pace, mi contorcevo per terra per il piacere, nel salone della nostra casa, guardandolo crollare a terra con gli occhi vitrei. Era la sensazione più vicina alla felicità che avessi mai provato. Per questo ti capisco, per questo capisco entrambi. Ogni volta che mi formicolano le mani sento di nuovo quella voglia di spezzare una vita, quel demone non mi abbandonerà mai. Ma io ho il dovere di proteggere quella piccola bambina disperata, di darle il futuro che quel bastardo ha cercato di spezzare"
Stavano piangendo. Piangevano per me. Sorrisi a entrambi, perché per la prima volta in vita mia mi sentivo grata per la vita che avevo scelto. Quelle lacrime trasparenti e quelle lacrime rosse scarlatto mi stavano dando tutto quello per cui avevo combattuto in quegli anni, mi stavano ricucendo le ferite che quella bambina di sei anni non riusciva a far rimarginare.
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