▪Capitolo 5▪
Lunedì. Sveglia presto. Inizia un'altra giornataccia.
Un'altra settimana è passata portando via con se tristezza, rabbia, avventure e tutto ciò che ho provato e fatto durante essa.
Come è mio solito fare, mi alzo dalle coperte viola, calde e comode, vado al bagno, dai colori freddi, a prepararmi, prendo zaino nero e una merendina alla cioccolata dai bussolotti chiari e nuovi della cucina ancora vuota, esco e vado alla fermata del bus e aspetto il suo arrivo sul marciapiede di cemento grigio mentre osservo, per passare il tempo, le auto che mi passano veloci davanti lasciando dietro di loro una scia d'aria fresca e un po' di puzza.
Ogni mattina, di ogni settimana, di ogni mese é così, così fottutamente uguale.
Ho voglia di cambiamenti, di scappare, di viaggiare, di mollare tutto e di stare da sola.
Ho voglia di tutto, ma non posso niente.
E mi da fastidio.
Mi sento così piccola in questo mondo così grande. Ma è vero, sono piccola.
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Saluto i miei amici ed il professore, che ha già finito l'appello e ha già iniziato la lezione di economia, dopo una ramanzina mi costringe ad andare dal preside per farmi dare il permesso di entrare in classe.
I corridoi sono tutti vuoti, si vedono solo alcuni bidelli che girano senza meta.
Cammino lentamente fino ad arrivare davanti alla porta di legno chiaro, con un piccolo rettangolo di vetro al centro di essa, oscurato dall'interno da una piccola tendina bianca.
Dopo un rapido tocchettio delle mie nocche rosee sul legno, una voce che proviene dall'altra parte delle mura mi invita ad entrare.
Uno studio dai colori scuri, sul verde e bordeaux, poi due sedie di stoffa rivolte verso una grande scrivania di legno scuro con difronte il preside, che tiene gli occhi e gli occhiali fissi su di me, seduto su una sedia di pelle nera.
"signorina Anderson come mai da queste parti?"
"scusi per il disturbo signore"
"non si preoccupi, mi dica tutto"
Inizio a spiegare il mio problema mentre lui mi ascolta e giocherella con una matita passandola fra le dita.
"si... Io ho fatto un po' di ritardo per via degli autobus signore"
"mi dica, lo ha perso?"
"no, signore ha fatto ridarto il pullman stesso, e non avevo nessuno che potesse portarmi"
"capisco. Chi ti ha mandato?"
"il professor Scott"
Annuisce alle mie parole, mentre scriveva con una penna nera su di un foglio bianco.
"a che ore è arrivata in classe?"
"più o meno le 8:15"
Scrive anche questo, senza alzare lo sguardo dal pezzetto di carta.
"ecco a lei, questa volta è giustificata"
"la ringrazio signor preside"
"un'ultima cosa, a che ore aveva il pullman?"
"alle 7:35"
"d'accordo più tardi verificherò ciò che mi hai detto, buona giornata signorina"
"grazie ancora, buona giornata anche a lei signor preside"
Chiudo la porta alle mie spalle e faccio la stessa strada di prima, ma al contrario.
Mi fermo per un attimo al mio armadietto per prendere il libro giusto e mi avvio di nuovo alla classe.
"hey tu"
Mi volto in cerca di quella voce già sentita.
"hey"
Rispondo con tono di domanda.
"che ci fai qua fuori?"
"potrei chiedere la stessa cosa"
Sorrisi al suo sorriso unito a un mezzo ghigno.
"beh se lo vuoi sapere io sto andando al bagno"
Disse questo ragazzo con un sorriso che ne nascondeva uno malizioso.
"mh buono a sapersi"
Mi volto di nuovo, proseguendo per la mia strada.
"aspetta come ti chiami?"
"beh se vuoi saperlo, non sono affari tuoi"
Lo guardo l'ultima volta, ha sorriso a un rifiuto, forse il suo primo rifiuto.
Rientro in classe con il foglio e mi siedo al mio posto.
Cerco di non pensare a niente, né alla strigliata del professore, né a quel ragazzo, adesso l'unica cosa che voglio è dimenticarmi di lui e di ascoltare la lezione, senza grandi risultati, infatti i pensieri si insinuano nella mia testa dopo pochi minuti,
mi chiedo sempre se sono l'unica a stare così male o se sono l'unica ad avere una visione realista del mondo.
Mi accascio sul banco, appoggiando la testa sulle braccia, a pensare.
Altro mio difetto: penso troppo.
Ma probabilmente questo è un vizio della mia generazione.
Siamo quelli che crollano per un online, che vorremmo fosse un 'sta scrivendo' su Whatsapp.
Che crollano per un sms di ritorno non ricevuto.
Che crollano di notte, in silenzio nel nostro letto, dove nessuno può sentirci, dove nessuno può vedere le nostre lacrime.
Per poi svegliarsi la mattina e fingere un altro giorno felice.
"Hei ma che hai? Dormi?"
È Jason.
Sento che mi dà una piccola botta sulla testa, per attirare la mia attenzione.
Ma faccio finta di niente, sembreró stronza, ma oggi non è una buona giornata e per ora non ho voglia di parlare con nessuno.
"Che ha?"
"Boh"
Risponde Celine.
Ovvio. Non si è mica preoccupata di chiedermi il motivo per cui mi sono chiusa in me stessa per un'ora intera. Non che io pretenda tanto.
Ma io ci avrei pensato.
Sento qualcuno che mi abbraccia, da dietro, avvolgendomi i fianchi.
Mi devo alzare.
"Che c'è??"
Gli dico facendo finta di stiracchiarmi.
"Che hai?"
"Solo sonno"
Mi guarda un po' confuso, come se non mi credesse. Non so perché ma sembra che mi legga l'anima.
È forse l'unico che mi capisce.
Ogni tanto sento che sarebbe il ragazzo ideale: bello, spalle larghe, mascella scolpita, alto, educato, premuroso... Si insomma perfetto.
Ma sta 'lavorando' con una ragazza per mettersi insieme.
Ovvio no? Per una volta che trovo uno che mi può piacere... è occupato.
Se ne va senza farmi domande.
"Andiamo in corridoio?"
"No non ne ho voglia"
"Ok"
La guardo mentre esce insieme ad Angeline e mi rimetto nella mia comoda posizione, isolandomi di nuovo.
Passo altre due ore così, fino a che un prof mi costringe a leggere un testo.
Suona la campanella e finalmente è ora di pranzo, scendo i gradini lentamente fino giù in mensa, prendo il mio vassoio arancione e mi siedo ad un tavolo sul grigio in fondo alla grande stanza, colma di panche e tavoli tutti uguali.
Ogni gruppo ha il suo tavolo e quelli dei fighi della scuola non si può toccare.
Mi metto a mangiare le mie verdure, in silenzio, fissando il piatto.
"No Ash non mi convinci! Che hai?"
Jason si siede affianco a me, sul grande spazio libero e mi da un piccola spinta.
"Te l'ho detto no?"
"Si ma non ti credo"
Glielo direi anche ma è un discorso troppo lungo. E comunque non saprei bene che dirgli.
"Ci devi credere invece"
Mi guarda per qualche secondo, non fa a tempo a rispondermi, che un gruppetto di ragazzi si mette a ridere e scherzare con lui, mentre io ignoro tutti, continuando a mangiare le mie carotine.
Noto che il ragazzo, di qualche ora fa, mi sta fissando, non mi ero neanche accorta della sua presenza, incrociamo gli sguardi per qualche secondo.
"Me ne dai una?"
"No. Ce ne sono altre là"
"Dove? Mi ci puoi portare?"
"No."
"Poi non ti do più noia"
Sarebbe bello. Ma so che non manterrà la parola. Ci sono già cascata troppe volte.
"Si e aspetta che ti credo!"
Finisco tutto il mio piatto in pochi secondi e lo guardo un po' scherzosa.
"Ops"
Lui fa una smorfia e inizia a parlare con me, da soli, di cose normali di tutti i giorni, apparte Jason e a volte Celine, nessun altro lo fa con me.
"Dai vieni con me!"
"Uffaaa e va bene"
Altrimenti mi avrebbe portata allo sfinimento.
Oltrepassa il grande bancone della mensa e le donne che ci servono quello che è il menù del giorno, e prosegue a passo svelto verso la porta.
"Ma non dovevi prendere le carote?"
Lui si fa una risata e mi prende per mano.
Si mette a correre nei lunghi corridoi e per le scale, scendiamo di due o più piano, fino ad arrivare in un altro corridoio vuoto con solo una grande porta di legno tutta rovinata e qualche poster anch'essi rovinati.
"Oh"
Un brivido mi percorre tutta la schiena al suo tocco con la mano dei miei fianchi.
Io provo a togliere la mano dalla sua, ma ovviamente non ci riesco.
Si ferma e mi mette il suo indice davanti la bocca.
"Ora non urlare per favore eh"
Dice sussurando.
"Ma perché? Dove mi stai portando?"
"Shhh zitta!"
Mi riprende la mano e mi trascina dentro ad una biblioteca mezza abbandonata.
Ci sono tanti, infiniti scaffali colmi di libri di tutti i colori e dimensioni.
I tavolini, con massimo quattro posti ciascuno sono posti alla destra della stanza polverosa.
Tolgo la mano dalla sua e mi guardo intorno.
"Perché siamo qui?"
"Ti piace?"
"Si"
"Lo sapevo"
"Ma non é questo il punto!"
"E quale sarebbe?"
Mi dice con aria seducente, avvicinandosi al mio volto fino a sfiorarmi l'orecchio con il labbro inferiore.
Un brivido di piacere si fa largo nel mio corpo.
No, non ci casco.
No, non ci casco.
No, non ci casco.
Lo ripeto più volte nella mia testa.
"Sarebbe che voglio sapere perché mi hai portata qui"
"Shh"
Mi riprende per mano e mi porta davanti ad uno scaffale, prende un libro e lo poggia su un tavolo, come se volesse prendere tempo, sul quale mi ci appoggio anche io, aspettando che mi dia una ragione di ciò.
"Il motivo é questo"
Si avvicina di nuovo a me e mi da un bacio a stampo.
"Ma sei pazzo??"
"Si"
"Ah bene"
"Di te."
Lo guardo arrossando un po'.
Perfetto... Altro caso umano.
"Pss certo"
Dico alzando gli occhi al cielo.
Lui si avvicina di nuovo a me e mi bacia... alla francese.
Bene ci sono cascata anche sta volta.
Mi scosto dopo poco, devo pensare a me, non posso andare oltre. Non posso.
"Che succede?"
"Che cosa ti ho fatto?"
"Mi hai fatto innamorare. Ecco cosa hai fatto.
Dal primo giorno che ti ho vista, nel bosco."
Non so davvero come rispondergli, è la prima che mi capita una cosa del genere.
Rimango quindi in silenzio a fissarlo, sentendo il mio volto sempre più caldo.
"Non sappiamo neanche i nostri nomi, non dire fesserie."
"Io so come ti chiami"
"Come no"
"Ashlie."
Dice con il suo sguardo seducente.
Lo guardo innervosita e un po' stupita. Ma non lo sono neanche poi più di tanto, alla fine glielo avrà detto Jason.
"Io mi chiamo Ethan"
"Ok"
Sentiamo il rimbombo del suono lontano della campanella che ci fa capire che dobbiamo tornare in classe.
"Devo andare"
"Allora ciao"
Io lo ignoro e me ne vado, lasciandolo lì da solo.
Torno in classe, correndo, dove Celine mi aspettava curiosa.
"Dove eri Ash?"
"Ora non te lo posso dire, dopo quando siamo sole ti racconto tutto"
A fine lezione, come facciamo ogni volta, usciamo fuori nel corridoio, a chiacchierare con delle nostre amiche, mentre aspettiamo l'arrivo del professore.
"Hey ASHLIE"
Dice il mio nome così lentamente da farmi venire il nervoso.
"Hey Ethan"
Io dico il suo in modo piuttosto veloce.
Appena se ne va le ragazze non hanno aspettato un secondo per fare pettegolezzi.
"Ashlie! Lo conosci?? Beata te, é così carino"
Dicono tutte in coro e emettendo delle leggere risatine.
Ma che cazzo di problemi hanno queste?
Solo a vederlo mi sale il nervoso.
Non so bene il motivo, non mi ha fatto nulla, anzi è stato carino e gentile.
"Sará anche carino ma io non lo sopporto"
"Ma come??"
Alzo le spalle e con nonchalance torno in classe con Celine che mi segue.
Apro il libro dell'ora successiva provando a ignorare il suo sguardo, fisso su di me, pieno di domande.
"Insomma ma prima dov'eri? Con lui?"
"Si"
"Racconta!!"
Le racconto, così, l'accaduto mentre lei mi guarda incredula, beh lo sono anche io... che ho 'subito' tutto.
Suona un'altra volta la campanella, quella che ci permette di uscire da qui, insomma è il suono più bello per noi studenti.
"Jason, mi puoi dare un passaggio?"
"Certo, peró c'è anche un mio amico"
"Non é un problema per te se ci sono anche io?"
"No no tranquilla"
"Allora grazie!"
Lo prendo per la felpa e gli dó un bacio sulla guancia.
"Jason eccomi!"
Mi volto per vedere da chi viene questa voce. Ethan, no no no.
Vorrei farmi tirare un pizzicotto per svelgiarmi da questo incubo.
"Lei é Ashlie"
"Si la conosco già"
Dice con un sorriso malizioso.
Ma cazzo vuole oh!
"Si, ciao Ethan"
Faccio un sorriso forzato, facendoglielo notare, poi ignoro i loro discorsi da ragazzi.
"Che fai oggi?"
"Oggi vado a lavoro con mio padre"
"E tu Ashlie?"
Vengo colta di sorpresa dalla sua domanda.
"Niente in particolare"
Avrei dovuto dirgli che ero impegnata.
"Ti va di uscire?"
"Non ci pensare neanche."
"Ma che sei offesa? Ahaha"
"No."
Apro la portiera dell'auto e scendo davanti casa mia, mettendo le vans sul marciapiede.
"Se lo dici tu"
Dice ridacchiando.
Lo ignoro.
"Grazie Jason, ciao ciao"
"Ciao Ash"
Passo per il piccolo giardino fuori casa e salgo in camera, dopo aver finito di studiare per l'indomani, mi metto ad ascoltare un po' di musica.
Ma il mio problema adesso è che non riesco a togliermi Ethan dalla testa.
'Dai però é carino'
No.
'Lo so che ti piace'
No stai zitta!
'Andiamo Ashlie confessalo'
Non è affatto vero, stupida vocina!
'Poi si vedrà'
Si certo.
Sto per impazzire.
Non mi sono mai sentita così scema e fuori luogo come adesso.
-Ethan
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