▪capitolo 11▪

Come sempre all'ora di pranzo, insieme al resto degli stundenti cammino tra i corridoi della scuola pieni di armadietti tutti dello stesso colore, il blu, fino alla mensa, dove al nostro solito tavolo sono già seduti i miei amici ed Ethan.
Sedendomi gli schiocco un bacio sulla guancia, faccio un alzata di testa per Celine, Jeson e Hardin, il nuovo quasi ragazzo di Celine.

"Cosa c'è oggi sul menù?"

"Non lo sappiamo, aspettavamo te per scoprirlo"
Rimanendo un po' spiazzata e sorpresa da questa loro decisione mi alzo di nuovo.

"Allora andiamo"
Dico sentendo un nuovo brontolio nello stomaco.
Mi seguono senza esitare per andare a fare la fila, già lunga.
Una volta che ognuno di noi ha preso il suo hamburger con patatine e pepsi spacciata per coca-cola passiamo in mezzo alla stanza, osservati dal resto degli studenti che ridacchiano e parlano uno all'orecchio dell'altro, una volta superati raggiungiamo il tavolo e tra un boccone e un altro, battuttine e chiacchere varie ci accorgiamo che il tempo a nostra disposizione é già terminato, io, Celine e Jason tra qualche minuto abbiamo lezione di economia.

"Ti accompagno io Ash"
Mi prende lo zaino, i vassoi di tutti e si alza per buttare le cartacce e riportarli sorridente al bancone delle donne addette a sfamarci.

"Sai domani potresti tornare da me se ti va"
Dice uscendo dalla porta di metallo freddo e tenendola aperta qualche secondo in più per lasciar passare anche me.
Prima di andare davanti la mia classe facciamo due passi, lasciando il resto del gruppo in mensa.

"Sai benissimo che vorrei, ma non posso il giorno dopo ho un compito"

"Così mi fai soffrire"
Sembra un bambino che si lamenta.
Patetico, ma adorabile allo stesso tempo.
Alzo gli occhi al cielo, sposto poi lo sguardo verso di lui, che mi guarda fissa negli occhi.
Mi tira a sé e poggia la mano sulla mia spalla mentre mi racconta di un sogno che ha fatto la notte scorsa, dove io ero la protagonista: eravamo sulla riva di un fiume abbracciati su di un asciugamano, mentre il nostro gruppo faceva il bagno nell'acqua un po' torba.
Ad un tratto la nostra serenità si interrompe per colpa di ragazzo che si era messo a cavalcioni sulla mia schiena e a quel punto lui è scappato per tuffarsi in acqua.
Mi metto a ridere e a fare varie battutine per stuzzicare la sua pazienza.
Passeggiamo per i corridoi, pieni di ragazzi, ma intorno a noi si sentiva solo il silenzio, fino ad arrivare sul nostro piano.

Giunta l'ora di andare in classe lo saluto con un lungo bacio, mi mette a sedere su di un muretto e continua a baciarmi, cerco di staccarmi ma fra lui che mi tiene incollata al suo petto e la mia voglia di passare del tempo con lui, non ci riesco.
Il battito aumenta, sempre di più e sembra che il mio cuore sta per esplodere o che stia per prendere il volo e uscire da me, e dei brividi si fanno strada nella mia schiena.

"Ethan..."
Dico sottovoce al suo orecchio.
"Devo andare"

"Passa da me oggi piccola"
Mi fa un occhiolino accompagnato da un sorriso malizioso.
Alzo gli occhi al cielo per la sua esagerata sfacciataggine.

"Ci vediamo bello"
Mi da una pacca sul sedere mentre mi alzo per entrare, mi volto per vedere la sua espressione, noto che fissa il mio fondo schiena sempre con quel suo sorrisetto che mi fa letteralmente impazzire.

"Buongiorno prof"
Diciamo tutti in coro al suo arrivo e dopo esserci alzati ci ricomponiamo ai nostri posti.

"Buongiorno ragazzi, facciamo l'appello e iniziamo"
Così fece, legge velocemente tutti i nostri nomi e ci ordina di tirare fuori i libri per iniziare la sua emozionante lezione.

"Signorina Anderson legga lei"
Si dev'essere accorto che con la testa sono immersa nei miei pensieri e per quanto possa essere presente fisicamente, non lo sono mentalmente ad ascoltarlo, stavo pensando ad Ethan mi danneggia la mente sapere che non posso stare con lui, vorrei prendere e uscire adesso.
Inizia così uno della mia serie di film mentali: io e lui a scambiarci sguardi e risatine come facevo da piccola, io e lui che ci avviciniamo e che ci incastriamo in un tossico abbraccio, iniziando a far ballare le lingue dentro le nostre bocche.

"Signorina Anderson!"
Mi risveglia dal mio mondo e mi riporta a quello reale, lo sto maledicendo in cento lingue, nessuno lo sta ascoltando proprio me doveva pescare.
Usciamo finalmente da quell'aula dalle mura fredde illuminate dalle luci anch'esse fredde come il marmo.
Mi dirigo all'uscita pensando già a cosa potrei fare a casa: disegnare, nah non mi va, studiare non ci penso neanche, pulire la mia stanza neanche, andare in spiaggia no troppo vento, sembra che sprecheró un pomeriggio, accartocciandolo e buttandolo nel cestino come un fogliaccio.
Inizia a rimbombare nella mia testa il suo nome. Si potrei passare del tempo con lui.
'non è quello che volevi Ashlie?'
Si per una volta ascolto la mia stupida vocina, è quello che vorrei, senza neanche pensarci una seconda volta prendo tra le mani il telefono e compongo il suo numero con la tastiera e faccio partire la chiamata.
Aspetto, quasi con ansia, che mi risponda, pensando a che parole usare per raccontargli qualche mio desiderio.

"Sapevo che mi avresti chiamato"
Dice con il suo solito tono da coglione? Si da coglione.
Quando fa così mi fa salire il nervoso, ma come sempre lo ignoro ed inizio a spiegare le mie intenzioni.

"Che ne dici?"

"Dico che ti passo a prendere alle quattro in punto"
Faccio un sorriso e mi mordo il labbro inferiore ripensando a questa mattina.

"Era quello che volevo sentire"
Ci salutiamo e butto giù, interrotta da Jason, che mi viene incontro con un sorrisetto da impiccione.

"Era Ethan vero?"
Non so perché gli importi tanto con chi stessi parlando, ma so anche meno il motivo per cui mi hanno infastidito queste sue parole.

"Si che era Ethan, perché?"

"Non c'è un motivo preciso per cui te l'ho chiesto in realtà"
Lo guardo un po' perplessa.

"Sembravi felice di parlare con lui, anzi più che felice eccitata"
In effetti si, ha ragione e allora? Non posso?

"Si... Lunga storia"

"Ashlie ho già capito, ma stai attenta con lui"
No aspetta cosa? Perché?

"Mi spieghi perché continui a dirmi così? Non mi piace restare sul filo del rasoio"

"Ashlie vorrei dirtelo, ma non posso ho fatto uno strano patto e non posso ignorarlo"

"No adesso tu mi dai delle risposte"

"Non capiresti"
Dice cupo, abbassa lo sguardo per evitare il mio che permette di far vedere quanto io sia innervosita dal suo comportamento.

"Senti se non vuoi fare un discorso serio e normale ci si vede domani in classe"
Rispondo inviperita, non ho tempo da perdere con questi stupidi avvertimenti, non mi portano da nessuna parte.

"È serio"
Mi rinfaccia lui, tirandomi per la mano e costringendo il corpo a stare lì, le mie orecchie a sentire le sue parole inutili e la mia mente a preoccuparsi ancora di più.
La rabbia riempie tutto il mio corpo scorrendo nelle vene.

"Allora parla mi fai preoccupare Jason" lo prendo per le spalle e lo strattono con la poca forza che ho nelle braccia.

"Te ne parlerò in un altro momento, adesso devo andare"
Se ne va lasciandomi qui da sola con la mia rabbia, lui sembra intimorito da qualcosa o da qualcuno, da me! No è impossibile, mi volto per cercarlo con gli occhi ma l'unico corpo umano che riesco a vedere è quello di un uomo vestito tutto in nero e con il cappuccio che gli copre metà del suo viso, forse Jason è scappato per lui.
Anche io mi allontanò da lì il più velocemente possibile, mi mette ansia quello strano tipo.
Vado alla fermata del bus, indicata con un palo alto e grigio lucente, mentre le nuvole scorrono lente assieme alle auto sfreccianti.
aspetto di salire, mentre altre persone scendono sorridenti da esso, mi siedo e i miei pensieri tornano a tormentarmi.
E se ti usa?
E se fosse tutt'altro di ciò che credi?
E cosa intendeva Jason quel giorno?
Cosa voleva dirmi poco fa?
Perché poi me ne sarei resa conto da sola?
Perché dovrei stare attenta con lui?
Mi ha mentito?
Mi tradisce?
Sono solo alcune delle domande che la mia mente continua a far scorrere nelle mia testa.
Sento che sto per esplodere.
Mi riprendo vedendo da lontano la mia casa, quindi suono il campanello rosso sul soffitto del bus, per far capire all'autista di fermarsi alla prima fermata ed attendo.
Entro in casa e trovo i miei abbracciati sul divano di fronte ad un telegiornale, neanche si voltano a guardarmi, né un saluto, niente.
Anche se ci dovrei essere abituata a questa loro indifferenza nei miei confronti, mi fa male dentro, è come se il mio cuore perdesse un altro piccolo pezzo, che si stacca e si disperde nel mio corpo per poi uscirne dopo poco.
Salgo in camera mia e cerco qualcosa di più carino di un semplice paio di leggins ed un maglione largo.
Rovistando in tutto l'armadio trovo una maglia bianca aderente ed un gins skinni azzurro e a vita alta, li prendo alla svelta e mi infilo in bagno per darmi una piccola sistemata al trucco e ai capelli.
È tardi, molto tardi e non me ne ero resa conto fino ad ora, sarà già di sotto ad aspettarmi imbronciato, per averlo fatto aspettare quindici minuti al freddo.
Corro giù per le scale attirando per un attimo l'attenzione della mia premurosa mamma.

"Ashlie Angelina Anderson dove stai andando"
La sua voce mi fa bloccare innervosita nel bel mezzo del salotto, non tanto perché mi abbia chiesto dove io stia andando ma per pronunciato quel nome.
Io personalmente lo odio con tutta me stessa, il resto del mondo afferma che sia un bello o comunque accettabile, ma non per me, per me è a dir poco orribile.
E adesso che mi ha ricordato di averlo la odio ancor di più.
Le rivolgo un sorriso falso, falso come la sua faccia.

"Vado dove mi va"
Non riesco a trattenermi, non più.
Pronuncia di nuovo il mio nome accompagnato da quella spazzatura, sa benissimo quanto odio essere chiamata così e lei puntualmente me lo rinfaccia, così solo per infastidirmi.
La ignoro ed esco sbattendo la porta di legno alle mie spalle.
Mi dirigo a passo svelto verso la sua moto, con il volto impassibile al suo sorriso che gli spunta appena mi vede.
Non riesco a smettere di pensare alle parole di Jason, cosa dovrei fare adesso? Ignorare tutto ciò o fare domande a lui?

"Ehi, che hai? Ti vedo strana, distaccata"
Si sono distaccata.
Non so cosa dirgli, mi sento presa in giro da tutti: Jason, Ethan, mia mamma chi altro si vuole aggiungere?

"Nulla, sto bene"
Gli do un bacio a stampo per rassicurarlo, reagisce con uno dei suoi sorrisi migliori, facendo sorridere anche me.
Ho scelto l'indifferenza alla fine, prima di fare scenate voglio arrivare a fondo di questa cosa e indagare.
Salgo anche io sulla sua Harley limpida e pulita reggiendomi, come sempre, a lui, ai suoi fianchi che solo io posso toccare.
Sento il suo profumo che si propraga nelle mie narici, arrivando al cervello mandandolo in tilt e poi al cuore facendolo battere all'impazzata, mentre il freddo vento d'inverno mi muove i capelli, come se facessero una strana danza tutti insieme, o che giocassero ad acchiapparella come i bambini, come facevo sempre con mio fratello.
Tutto a un tratto il profumo di Ethan sembra ricordarmi quello di mio fratello maggiore Matthew.
Una lacrima mi scende dall'occhio fino alla bocca, sento la sua delicatezza, i suoi abbracci, la sua voce, lo sento è qui con me, c'è sempre stato, lo so ne sono certa.

"Ashlie"
Sento questa voce provenire dalla mia testa forse, poi...
Lo vedo, è lui, si è voltato verso di me, mi sta chiamando, mi sta parlando.

"Matthew"
Mi sento in paradiso.

"Ashlie ma che dici?"
Una voce conosciuta, ma che adesso non riesco a riconoscere e a collegare a qualcuno, mi riporta con i piedi per terra, questa volta più che immersa nei miei pensieri, ero immersa in un sogno dal quale non riesco a svegliarmi.

"Ashlie!"
La voce prende a gridare più forte, ma continuo ad ignorarla. Adesso il mio obiettivo è quello di ritrovare lo sguardo felice di Matthew, ma invano, sento in lontananza la sua voce che mi chiama disperata, mi volto e lo vedo tra le mani di un uomo vestito in nero che lo porta via da me, scendendo per delle scale, anch'esse nere. Mi guardo intorno spaventata e urlando il suo nome, provo a corrergli dietro ma una volta arrivata nel punto in cui l'ho visto per l'ultima volta, le scale sono sparite, così nel nulla e lui con loro.
Sento di nuovo il mio nome in bocca di qualcuno, scuoto di nuovo la testa per riprendermi del tutto.

"Ashlie ci sei?!"
Dice Ethan con tono duro e impaziente.

"Dimmi"
Gli rispondi involontariamente con non chalanche.
Rimane confuso e un po' innervosito dalla mia risposta minuta e debole, come lo è la mia mente in questo momento. Mi gira la testa come se fossi appena scesa dalle montagne russe più pericolose al mondo.

"Ti ho chiesto che cosa hai detto, chi è Matthew?"
Adesso che sento di nuovo quel nome passare dai miei orecchi, lo analizzo un po' stordita, ricordandomi qualche particolare, qualche ricordo di quando giocavamo con i cuscini a circa 12 anni.

"Nulla sta tranquillo, lascia perdere"
Dico fissando un punto fisso di fronte a me. Ignoro lui e i suoi discorsi, non so, è come se la mia mente fosse stata rapita e qualcuno si stia divertendo a farla soffrire.
Annuisce confuso e mi trascina dentro casa sua, tenendomi tra le sue forti e calde braccia.

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