La notte degli angeli
Per più di un anno vissi nelle strade di Chi spendendo il denaro rubato a quello stronzo del mio patrigno in droga e solo una manciata di dollari alla settimana per panini, formaggio e acqua.
Di alcolici non ne toccai nemmeno mezzo, avevo già la mia buona dosa di follia e inoltre l'alcol riusciva sempre a mettermi su una voglia matta di muovermi, correre, bagnarmi nel mio sudore fino all'ultima goccia. Preferivo invece poter viaggiare tra i sogni che avevo abbandonato, vivere quel viaggio attraverso illusioni e allucinazioni con il sorriso sul volto e nulla che mi smuovesse da quello stato di calma assoluta.
Ma avevo bisogno sempre di più grana e nemmeno il poco che guadagnavo ad aiutare un vecchio di colore a vendere orologi e gioielli mi bastava. Avessi più tempo vi racconterei di quel bastardo d'un uomo che veniva sempre il sabato mattina a svegliarmi fischiettando qualche vecchia canzoni delle notti dimenticate d'America. Sapevo solo quello, che era bravissimo a fischiettare e quando lo faceva ci metteva sempre qualcosa di suo.
E cavoli se era bravo.
A volte partiva e ti riusciva a creare, con un po' di fiato e uno sguardo sognante che avrei dato tutto quello che mi rimaneva per sapere cosa vedeva, una melodia piena di alti e bassi. Un po' come la nostra vita va sempre così, a volte su nel cielo notturno e altre in fondo alla polvere dei nostri sbagli e della fatica che facciamo ogni istante per correggerli, perdonarli e poi tornare a farla perchè del resto cos'è questa esistenza se non la somma di tutto questo.
Credo mi volesse bene nonostante sapesse quanto rovinato dovessi essere e penso che anche lui c'era passato perchè a volte sembrava volermi dire di muovere il culo, di smetterla di rovinarmi la vita con quella merda che non smuoveva questa casino, ma lo aumentava ancora di più. E chissà, forse gli avrei dato retta.
Ma abbiamo troppa paura per chiedere e quindi lasciamo perdere, chiudiamo la bocca come faceva lui quando mi vedeva ficcarmi l'ago nel braccio con la roba che avevo comprato con quei soldi.
Credo però che ci rimase male quando gli dissi che non sarei più venuto.
" Tu hai in te qualcosa di speciale che manca da troppo tempo su questa terra. Tu sai vedere." mi disse nell'unico dialogo che avemmo, non risposi io... ero troppo sorpreso perchè cazzo qualcuno aveva capito chi ero e io rimanevo lì come un coglione a fissarlo muto e immobile.
E anche l'altro dovette pensarlo perchè mi guardò come se non dovesse mai più vedermi e forse era vero, almeno in parte.
Quella parte di me presto sarebbe morta per sempre.
Tagliata via anche l'ultima risorsa che avevo per comprare la merda, iniziai a fare qualche furtarello. Poca roba perché subito dopo mi sentivo in colpa in modo orribile, ma abbastanza per andare avanti.
Rimettendomi però sulla strada avevo dimenticato il passato da cui ero in fuga. Quelle mura continuavano a tormentarmi e dietro di me quel figlio di puttana che stava con mia madre mi seguiva, cercava di raggiungermi ovunque in quella cazzo di città.
E la verità mi piombò in faccia una mattina battezzata da un buco veloce e un portafoglio sfilato a un tipo ben vestito su cui avevo fatto finta di cadere. Contavo i dollari con la foga di un affamato che non vede l'ora di placare al più presto quel bisogno. E in un'alzata di occhi che forse fu più guidata dal destino oppure non so, magari ero io che cercavo ancora un angelo che apparisse da un momento all'altro come Dean con Sal mentre scrive il suo romanzo nella casa della zia e gli dice che vuole imparare cose intellettuali o Clarence Oddbody quando Dio lo manda dal povero George in quel vecchissima film " La vita è meravigliosa".
Fatto sta che, dall'altra parte della strada, si avvicinavano due ragazzi con giacche di pelle e jeans sbrindellati. Erano i figli della strada quelli bastardi che conoscevano solo il linguaggio delle botte e degli sputi. Incapaci di credere e di sognare tanto che ormai non cercavano più quella strada e lasciavano le domande senza risposta della loro esistenza in un limbo dimenticato.
Incontrarli in mezzo alla folla non era un problema, ma capii subito che quei due appartenevano all'uomo di mia madre e che se mi avessero visto sarebbe finito tutto.
Perciò scappai e in quei passi affannati, desideravo di riuscire a salvarmi, affidai quei sussurri a chiunque potesse ascoltarmi, che fosse Dio o chiunque altro.
Promisi che avrei ricominciato da capo e che quella merda non l'avrei manco più vista per sbaglio.
E ben presto ebbi la risposte a quelle mie promesse, non più vane parole, ma polvere lasciata alle spalle in questo cammino per la strada infinita.
Perché anche questo faceva parte della strada, del percorso solo che lo scoprivo solo in quel momento.
In quel corpicino fragile e perfetto con cui mi scontrai e nella voce lievemente infastidita e dolorante che mi disse : " Cavolo stai attento a dove vai". Io, disperato e confuso, eci per rialzarmi e continuare, invece mi voltai come attratto da un qualche inspiegabile richiamo.
Perché quando dei pezzi rotti ritrovano i loro gemelli subito si avvicinano e nemmeno la pietra più affilata sarà capace di separarli.
Come le stelle nel cielo o gli angeli dal paradiso.
In quello sguardo vidi infatti la risposta a tutto, il mio posto in quella vasta America che ruggiva e ruotava ai miei piedi.
E quel tutto era una ragazza che doveva avere la mia età e con l'aria di chi di solito è molto a disagio tra la folla.
In un istante rapido, i miei occhi andarono sui capelli spettinati che le cadevano in ciocche lunghe e disordinate su un viso gentile illuminato da due occhi verdi che ora mi squadravano con diffidenza e paura. Aveva una maglietta che le risaltava le forme del bacino e dei fianchi, ma niente roba da fighette figlie di modelli e ricchi imprenditori che se non hai un conto in banca e una macchina tua non ti guardano nemmeno.
Piuttosto di qualcuno che si sente in imbarazzo a mostrarsi all'occhio vigile e sempre pronto a spietati giudizi del mondo.
E quelli sono i più pericolosi perché sono capaci di fermare un cuore che vuole già correre al primo giro. Che vuole vivere, battere, amare e soffrire prima che giunga l'ultimo soffio di vita.
E mentre vedevo attraverso lei il miracolo perfetto di una stella che arde vicino a un buco senza spegnersi, rimasi fermo come uno scemo a fissarla mentre si rialzava dolorante. " Ti sei fatta male ?" chiesi con grande fatica, quasi come se fossi stato muto fino ad allora.
In effetti avrei voluto essere più spigliato, fare qualche battutina e scambiarci i numeri prima di andare per le nostre strade.
Ma non ero uno di quei bastardi che rimorchiavano solo per il gusto di farsi una botta. Certo qualche volta, in quelle prime notti di follia, mi era capitato di trovarmi tra le braccia
una a caso tra le tante in quella folla di sconosciuti vagabondi.
Ma con quella ragazza mi sentivo diverso, come se fosse particolare per me.
Come se fosse quel segno che aspettavo, rincorrevo da tanto tempo per riprendere il mio cammino, la mia strada verso il domani.
Non so come definirlo, se fosse il destino o Dio a dirmi che era lì, che non dovevo farmela sfuggire.
Intanto la ragazza aveva detto qualcosa, ma preso dalla solita follia della mia mente, non ero riuscito a sentire la risposta. " Ho detto che va tutto bene tranquillo, mi gira solo un po' la testa" ripeté fissandomi a lungo come se non si aspettasse che fossi ... insomma così. Del resto ero un figlio della strada adesso e, che fosse quell'angolo di via sporco di piscio o i gradini del Ritz-Carlton nella Chi dei ricchi da far schifo, rimanevo un mostro agli occhi di qualunque altro. Puzzavo, avevo i capelli incrostati e sporchi dall'ultima volta che li avevo puliti e i vestiti erano quelli presi da un mercato un paio di mesi prima.
" Mi dispiace ... io ..." dissi non sapendo come valutare quello sguardo che sembrava scoperchiare quella maschera di menefreghista bastardo drogato che ero e rivelare la parte innocente e libera che ancora rincorreva un sogno per le vie del selvaggio mondo. " Tranquillo" e quell'affermazione mi sembrò non solo una risposta all'incidente di poco prima, ma anche al mio aspetto, al mio voler nascondere chi fossi per evitare che il mondo facesse a pezzi la parte debole, umana di me. " Sono Mia a proposito" aggiunse poi con un lieve sorriso che spianò ogni nuvola dal mio cammino, le strinse la mano " William, ma puoi chiamarmi Will" risposi. " Vai alla UIC ?" domandai notando la felpa dell'University of Illinois e nel tentativo di trattenerla ancora un po' prima di tornare alla mia vita in fuga dal passato e dal presente alla ricerca di un illusionistico futuro.
Mia non sembrò scocciata come fanno tante quando ti rivolgono la parola solo per educazione visto che tu sei un barbone senza casa né un cazzo e loro santarelline che fanno tante le carine e tutto da poter far parte dell'Esercito della Salvezza. Ma appena si rendono conto di aver fatto la loro opera di bene quotidiana per stare apposto con la coscienza, inventano qualche scusa ben imbastita e ti lasciano solo.
" No, in realtà ho fatto domanda questo semestre e sto aspettando una risposta, ma mio padre è convinto che verrò presa quindi mi ha regalato la felpa." esclamò sorridendo imbarazzata, " E tu ?" chiese e improvvisamente mi vidi riflesso nei suoi occhi cristallini.
Un ragazzo alto e magro da far paura, con la fine scritta in faccia e i vestiti neri come la strada che andavo percorrendo.
E quella domanda, mi resi conto, era quella che mi facevo io tutte le volte.
Dove cazzo ero io ? Chi cazzo ero ?.
Ē stato un gioco di carte finito male che mi ha mandato qui togliendomi la possibilità di essere come Mia, una matricola fresca dell'ultimo anno del liceo e pronta ad affrontare il college ?
C'era davvero qualcosa di più dietro quella rincorsa di cui ricordavo più le cadute che le tappe ?.
" Nato e cresciuto nelle strade di Chi" risposi perchè non mi sentivo ancora pronto a rivelarmi, a mostrare i frammenti di quel sogno difeso con lacrime e sangue nella letale follia che mi andava consumando poco a poco.
Mia non sembrò felice della risposta, più che altro spiazzata, questo sicuro, ma anche delusa perché credo si aspettasse qualcosa in più.
Ma chi nasce come me o il vecchio Jack, impara a non fidarsi di nessuno perchè come cazzo fai a farlo quando tutto intorno a te è una voragine di dolore e odio ?.
Eppure non potevo lasciare che finisse così, perchè c'era una voce ed era la stessa che mi aveva ascoltato mentre abbracciavo il mondo con un sguardo e lo maledicevo subito dopo rivolto a un muro sordo di quei lamenti spezzati. Ebbene quella voce mi diceva che non potevo lasciare che diventasse solo una delle tante vite incrociate per questa strada.
" Dai mi faccio perdonare, ti offro un gelato ti va ?" domandai quindi, senza pensare alle parole, ma solo al suono della sua risposta. Era come cavalcare una stella. Sembra tutto stupendo fino a quando non cadi e ti sfracelli a terra con la potenza di un meteorite.
O resti sospeso in quell'immenso eterno e lucente.
Mi aspettavo che mi dicesse no, che ridesse, che se ne andasse portando con sé quella storia buffa di un ragazzo barbone che le aveva chiesto di uscire per raccontarla agli amici mentre buttavano giù un bicchierino e ridevano, ardenti di una felicità imperfetta che avrei voluto toccare anche io.
Invece la stella riuscì a prendermi prima che cadessi e tornai a volteggiare in quel magico tappeto di luci fuggenti e albe infinite.
" Non è mia abitudine accettare inviti da ragazzi che conosco da tipo cinque minuti, ma faccio un'eccezione perchè mi piaci" rispose sorridendo di nuovo, " E non è mia abitudine saltare addosso a ragazze che conosco da poco." ribattei e stavolta rise. E ognuno di quei suoni fu una melodia nuova per me.
Perché era un frammento di paradiso in quell'inferno nel quale stavo affondando.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top