Scrivi! - Revisione e... Pubblicazione!



Signore e signori, siamo giunti al dunque. Questo percorso, iniziato mesi fa, è arrivato al termine... Siamo approdati al succo del discorso: che fare ora che la nostra storia è lì, tutta nero su bianco e in attesa sul nostro bel pc?

Anche in questa occasione ci vengono incontro due capitoli di "Lezioni di scrittura creativa" del Gotham Writers' Workshop, ovvero "Revisione: scrivere è riscrivere" di Peter Selgin e "Il Santo Graal della pubblicazione" di Corene Lemaitre.

Come prima cosa ci viene detto che la revisione non è una scelta, è un obbligo. Anche le opere progettate meglio e dagli scrittori più attenti necessitano di revisione, perché solo avendo il quadro completo davanti agli occhi è possibile trovarne i difetti. La prima stesura, infatti, viene fatta con il cuore, mentre la revisione richiede una buona dose di cervello. Che gioia, vero? Abbiamo appena finito di sgobbare per riuscire a portare a termine la nostra storia e ci tocca ricominciare a lavorarci dall'inizio. Rimbocchiamoci le mani, dunque, e immergiamoci in questa nuova impresa. Non è un problema se la prima stesura è pessima, ciò che conta è che sia completa; scrivendo non è necessario fare editing, anzi, è importante seguire l'istinto fino all'ultimo punto fermo, in modo da avere un testo completo su cui lavorare in seguito.

Prima della revisione, però, è opportuno lasciar sedimentare il testo per qualche tempo; non bisogna revisionare quando si è sotto l'influsso dell'estasi creativa o quando si è stanchi, depressi o dubbiosi. Revisionare richiede tutta l'oggettività di cui siamo capaci ed è necessario, per fare un buon lavoro, riuscire a prendere una certa distanza emotiva dal proprio testo. Non so voi ma io amo i miei personaggi come figli (anche se considerando come li tratto non si direbbe, ma questo è un altro discorso) e il concetto di distanza emotiva mi pare quanto di più assurdo sia mai stato concepito; di recente, però, ho riletto una mia vecchia storia e devo ammettere che a mente fredda mi è stato molto più facile riconoscere i pezzi davvero buoni da quelli che avrebbero avuto bisogno di una bella aggiustatina. Probabilmente non arriverò mai a sezionare i miei scritti con l'oggettività con cui analizzo quelli altrui ma ehi, da qualche parte devo pur cominciare.

Anche in questo caso viene consigliato di procedere con una lettura ad alta voce (a quanto pare panacea di tutti i mali) per accorgersi di eventuali mancanze di ritmo o di connessioni logiche, ma anche dell'utilizzo di un linguaggio troppo pretenzioso, della presenza di luoghi comuni, di digressioni inutili... Fatto ciò, sarebbe ottimo trovare qualcuno che legga ad alta voce a voi (e qui molti di voi, come me, staranno strillando manco morto!) o, in alternativa, registrarsi e riascoltarsi.

Un ultimo suggerimento, tanto semplice quanto efficace, è quello di stampare la storia in un font leggibile ma insolito: il nuovo carattere e la nuova impaginazione che ne consegue ci permetteranno di leggere la storia con nuova attenzione.

Passiamo ora alla revisione vera e propria. Innanzitutto Peter Selgin ci tiene a ricordarci che è un processo creativo tanto quanto lo scrivere, cosa su cui la sottoscritta ha serissimi dubbi. La revisione viene vista come una re-invenzione e, in effetti, come una riscrittura. In poche parole, scordatevi che vi basti rileggere il testo alla ricerca di accenti mancati e virgole ballerine per considerare il vostro testo revisionato (e sì, potete piangere all'idea... Non vi giudicherò). Il suggerimento è di concentrarsi in ogni rilettura/riscrittura (sì, ne sono previste svariate) su un diverso aspetto specifico perché, cito testualmente, prima di correggere le piccole cose bisogna essere sicuri che il Grande Disegno sia a posto.

Ecco quindi le macro categorie da considerare:

· Personaggi. A quanto pare, meno sono e meglio è. La prima cosa da fare è domandarsi se tutti i nostri personaggi sono fondamentali per il procedere della storia o se questa potrebbe funzionare ugualmente, se non meglio, riducendone il numero. Mi spiego meglio: mi è successo di leggere storie in cui il protagonista ha un fratello che però viene tirato in ballo in una certa occasione e poi mai più, oppure in cui vengono nominati un sacco di amici ma ne vengono davvero approfonditi o sfruttati solo un paio. Troppi personaggi, specialmente se non fondamentali e poco strutturati, tendono a generare confusione, e personalmente trovo che poche cose siano fastidiose come chiedersi "e tu chi sei?" mentre si legge un libro. Una volta stabilito il numero ideale di personaggi si può proseguire valutando se sono sufficientemente approfonditi, se agiscono in modo coerente, se sono troppo prevedibili (e questo è un classicone...) e soprattutto se sono sufficientemente motivati (e quindi niente domande del tipo "ma...perché sta facendo quello che sta facendo?").

· Trama. L'inizio è fondamentale per prendere il lettore per la gola e invogliarlo a proseguire; non vi sto ovviamente dicendo che dovete iniziare catapultando il lettore nel vivo dell'azione, ma aprire un libro con pagine e pagine di nulla introduttivo/descrittivo non è mai una buona idea. Il suggerimento che viene dato, in questo caso, è di tagliare tutta la parte introduttiva della prima stesura, chiedendosi qual è la prima cosa interessante che avviene nella storia? e ricominciando da lì, cercando di arrivare agli avvenimenti interessanti nel modo più conciso possibile. Quanto alla conclusione il consiglio è quello di avere in mente dove si vuole andare a parare ma di non programmarla in modo troppo preciso: gli eventi dovrebbero svolgersi in modo spontaneo, lasciando che il finale sorprenda tanto il lettore quanto lo scrittore; concentrarsi troppo sull'obiettivo da raggiungere rischia di renderlo ovvio anche per il lettore. La giusta conclusione deve essere al tempo stesso sorprendente e inevitabile, perché la giusta conclusione è sempre il risultato di quello che è accaduto prima.

· Punto di vista. Le domande da farsi sono: il punto di vista scelto mi permette di raccontare tutto ciò che devo raccontare? Il narratore è plausibilmente a conoscenza di tutti i fatti che racconta? Ci sono forzature evidenti nella narrazione?

· Descrizioni. E qui cito testualmente il manuale: quando scrivete una descrizione, il lettore deve ascoltare, vedere, odorare, gustare e sentire ciò che i personaggi ascoltano, vedono, odorano, gustano e sentono. Anche se le parole astratte come "bello" o "misterioso" sembrano possedere qualità universali, il più delle volte annoiano il lettore. (Gotham Writers' Workshop, Lezioni di scrittura creativa, p.143). In una buona descrizione il particolare deve prevalere sul generale e il concreto sull'astratto; tramite le descrizioni si trasmettono informazioni ma anche sensazioni e impressioni di chi descrive, possono essere utilizzate non solo per parlare di un oggetto o paesaggio ma anche per veicolare il pensiero dell'io narrante o del personaggio osservatore. Particolare attenzione va posta agli aggettivi, che è meglio usare con parsimonia e scegliere con cura in modo che mettano in evidenza i particolari più significativi.

· Dialoghi. È importante essere concisi: meno parole si utilizzano e meglio è; quello che importa davvero è non è ciò che i personaggi dicono per davvero ma quello che intendono dire. Un buon dialogo deve essere verosimile ma non deve essere la trasposizione di una conversazione reale: deve essere ripulito da ripetizioni, incertezze, sospensioni, ehm, cioè, tipo e intercalari di sorta (a meno che siano funzionali al parlare di un determinato personaggio in una qualche specifica occasione, ovviamente); si parla di dialogo letterario, che deve essere recitabile ad alta voce senza suonare troppo impostato, premeditato o altisonante, ma che deve anche essere piacevole da leggere.

· Voce e stile. Di voce abbiamo abbondantemente parlato nelle scorse edizioni di questa rubrica quindi non mi ripeterò, mi limiterò a ricordare l'importanza della coerenza: bisogna dare alla nostra storia una voce caratterizzante e unitaria. La giusta voce e il giusto stile conferiscono alla narrazione quella piacevolezza di lettura che terrà il pubblico incollato alle pagine e che lo invoglierà a leggere altre vostre opere.

Una volta conclusa la revisione di queste macro categorie si può passare a rifinire i dettagli:

· Grammatica e punteggiatura. Da nazigrammar quale sono ci tengo a manifestare la mia perplessità nel ritrovare questa categoria nel gruppo delle secondarie; per quanto mi riguarda senza una buona grammatica non si va da nessuna parte ma ehi, chi sono io per giudicare? In ogni caso il manuale mette in luce soprattutto l'importanza di usare una punteggiatura varia e appropriata al contesto (e quindi attenzione ai puntini di sospensione o ai punti esclamativi utilizzati come se piovessero): una semplice virgola, messa nel punto sbagliato, può rovinare una frase. Mi è capitato spesso di sentire discorsi su quanto però la punteggiatura possa considerarsi soggettiva, soprattutto in determinati stili di scrittura e per certi autori, ma anche in questo caso cito il manuale: prima di rompere le convenzioni bisogna conoscerle bene. Solo chi ha grande esperienza sa come infrangerle con efficacia. Altrimenti i lettori potrebbero pensare che siete ignoranti. (Gotham Writers' Workshop, Lezioni di scrittura creativa, p.147)

· Metafore. Preferite sempre le metafore alle similitudini, quando potete. Perché dire cosa sembra una cosa, se si può dire cosa è? Il lettore non è stupido (si spera) e sa cos'è un'immagine figurata, perciò tanto vale sfruttare la potenza immaginifica della metafora invece di semplificare tutto con una similitudine.

· Cliché. Un cliché non è altro che una figura retorica o un'immagine che una volta ha avuto il suo momento di gloria e ora invece suona trita e ritrita. Espressioni come "bianco come il latte", "essere un libro aperto", "un cuore di pietra" sono ormai entrate nel parlato comune e, se possibile, andrebbero evitate in quanto troppo banali. Allo stesso modo bisognerebbe evitare tutte quelle scene ormai viste e riviste (il classico incipit con la sveglia che suona e la ragazza in ritardo per il primo giorno di scuola, per citarne uno su tutti come esempio).

· Frasi di attribuzione. Ovvero tutte quelle parole che introducono o chiudono un dialogo. "Disse" è la più classica delle frasi di attribuzione, nonché la più efficace: breve, discreta, funzionale ma praticamente invisibile agli occhi del lettore. "Disse", esattamente come i nomi dei personaggi, viene visto dall'occhio che legge più come un simbolo che come una vera parola e spesso tentare di sostituirla è controproducente. "Singhiozzò", "blaterò", "sospirò", "gemette" ecc, se utilizzati fuori da uno specifico contesto, risultano spesso più ridicoli che realmente utili: talvolta arricchiscono il racconto e davvero migliorano la scena, ma piuttosto che sembrare ridicoli è decisamente meglio sfruttare il caro vecchio "disse".

· Semplificare. I termini troppo pretenziosi, i pensieri presuntuosi, il lessico esageratamente forbito (sempre fuori contesto, s'intende) rischiano di rovinare il piacere della lettura. Nel dubbio, semplificate. Cancellate le parole inutili, le frasi superflue, tutto ciò che può essere lasciato implicito, dedotto o immaginato.

E ora che la revisione è conclusa?

Signore e signori, siamo pronti per pubblicare!

È adesso che il gioco si fa duro, perché anche l'opera più curata deve essere presentata nel modo giusto alle persone giuste per poter diventare un libro vero e proprio e guadagnarsi un posticino sullo scaffale delle migliori librerie.

Prima di tutto, selezionate con cura le case editrici a cui inviare il vostro manoscritto: inutile inviare un romanzo d'amore a chi pubblica principalmente horror, non credete? Valutate le varie linee editoriali, le collane e stabilite in che target rientra davvero la vostra opera: a chi potrebbe interessare? A quale esigenza risponde?

Chiarito questo vi serve una buona lettera di presentazione che metta bene in luce le potenzialità del vostro romanzo. Una tipica lettera di presentazione contiene un paio di righe introduttive per introdurre il romanzo e per spiegare perché lo si ritiene adatto alle esigenze di un determinato editore. Segue poi il pitch, ovvero un riassunto molto breve che attiri l'attenzione e funga da slogan. Poi, qualche informazione su di voi, sulle vostre esperienze nel campo e su eventuali altre pubblicazioni che avete alle spalle. Questo, ci tengo a sottolinearlo, è quel che suggerisce Corene Lemaitre nel manuale, ma non vi garantisco che in Italia valgano le stesse regole.

Potete anche pensare di rivolgervi a un agente letterario, ovvero a qualcuno che vi aiuti a vendere la vostra opera a un editore in cambio di una commissione. Anche se non è obbligatorio rivolgersi a loro gli agenti letterari sono spesso fondamentali perché sono le uniche persone in grado di avvicinare davvero la domanda e l'offerta: soprattutto quando si è esordienti un buon agente può proporre il nostro testo a una opportuna casa editrice seguendo corsie preferenziali. Nella grande palude dei manoscritti può essere utile un aiuto per emergere.

Infine, potete sempre pensare di optare per l'auto pubblicazione. Io, personalmente, non la consiglio: c'è troppo lavoro dietro la pubblicazione di un buon libro perché un esordiente possa pensare di farsi interamente carico della faccenda senza correre il rischio di ottenere un risultato mediocre. Tuttavia di recente sempre più case editrici si trovano nella condizione di dover fare economia e pubblicano a loro volta opere imperfette (su le mani se almeno una volta avete sospettato che l'editor del libro che avevate tra le mani stesse dormendo al posto di lavorare), perciò non mi sento nemmeno di condannare chi si affida al caro vecchio chi fa da se fa per tre. Valutate voi e scegliete la vostra strada... L'autopubblicazione è una strada impervia che può dare grandi soddisfazioni.

E con queste ultime pillole di editoria si conclude il manuale "Lezioni di scrittura creativa" che ci ha accompagnati per tanti mesi. Grazie a tutti voi che avete compiuto con me tutto il viaggio, spero davvero che abbiate colto qualche spunto utile e che siate ora un passo più vicini a realizzare il vostro sogno di pubblicazione.

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