Storie della nostra infanzia - Terza parte

La Regina delle Nevi

Le fiabe, si sa, raccontano le storie e le avventure di personaggi straordinari: gatti con stivali magici, uomini che si arrampicano su piante di fagioli, ragazzine che non capiscono che forse fidarsi troppo non è davvero una scelta saggia. Eh, Cappuccè?
E così tutti noi diventiamo, almeno per quei pochi istanti, gli uomini e le donne coraggiosi che sconfiggono il cattivo di turno e riconquistano l'ammmore.

Tutte ca...volate, dico io.

Chi mi conosce, sa bene quanto io abbia un debole per i cattivi e quanto inutilmente speri un giorno di vederli vincere. Bah, i buoni sentimenti: ho sempre tifato per Scar (sì, sono una brutta persona... anche se ho pianto per Mufasa), ho sempre pensato che Ursula avesse ragione, ho sperato che Malefica potesse radere al suolo quei maledetti piccoli regni e festeggiare con marshmallow.

Quindi permettetemi di essere un tantino imbufalita quando ho visto per la prima volta Frozen, sapendo che fosse tratto dalla mia storia preferita in assoluto: La Regina delle Nevi.
"Daje, sì! Finalmente un adattamento Disney. Speriamo che sia figherrimo come quello passato alla Melevisione ormai tanti anni fa".

E invece mi hanno turlupinato. Mi hanno mentito. Mi hanno tradito.

Vaffan..., Disney! Non mi avrai mai.
Ed è per questo che, oggi, parleremo della vera storia de La Regina delle Nevi.
It's fairytale time, motherf... Scusate, mi sono lasciata trasportare.

Che poi sti stron... Ok, ok: cominciamo.

La Regina delle Nevi è una fiaba dello scrittore danese... Dai che lo sapete! Danese! Ebbene sì, Hans Christian "Mi ricorderanno solo per 'La Sirenetta'" Andersen.
Il titolo originale è una scatarrata del tipo Sneedronnigen ed è una delle favole più lunghe scritte dall'autore, tanto da avere come sottotitolo "Una fiaba in sette storie": essa è più un racconto corale, in cui, alla storia principale di Gerda e Kai, si allineano e si intrecciano quelle di tanti altri personaggi.

Nonostante la protagonista principale sia Gerda (perché è colei che vedremo affrontare il viaggio e il processo di crescita, quindi la situazione tipica del protagonista), il titolo è dedicato a lei, la Regina delle Nevi, poiché è il motivo, il motore che mette in azione continuamente la storia: è la causa e la fine del viaggio dell'eroina.

E io lo so che ora vi aspettate il riassunto della fiaba, ma ho promesso di essere più breve alle mie colleghe...

Oooh, tanto lo so che piace anche a loro. Andiamo!

In una terra lontana, nel magico regno della Norvegia, c'era un troll stron..., ehm cattivo cattivo. Talmente cattivo da creare uno specchio magico intriso di potere - guarda un po' - malvagio. Zan zan zaaaan. Il troll ruppe lo specchio e sparse i frammenti nel mondo. Un bellissimo giorno, un frammento entrò nell'occhio di un bambino di nome Kai, che da quel momento cominciò a comportarsi da vero e proprio stron... ehm, troll. Un altro bellissimo giorno, Kai pensò che fosse una fantastica idea attaccarsi con il proprio slittino a una gigantesca slitta di ghiaccio che, sapete com'è, lo trascinò via; sulla slitta c'era una donna fighissima, tutta impellicciata (sperando fosse ecologica), che con un potere fighissimo ghiacciò il cuore del piccolo scemo, facendogli dimenticare della sua migliore amica Gerda. Gerda è una bambina sua vicina di casa, con cui Kai condivideva un giardino di rose (ma le rose crescono in Norvegia?); la bambina decise di partire alla ricerca di quello scemo del suo amico (io l'avrei mandato a quel paese, ma vabbè) e nella sua avventura incontra personaggi ben più complessi e sfaccettati di un principe doppiogiochista, di un tagliaghiaccio disgustoso e di un pupazzo di neve senziente. Nel frattempo quella gran figa della Regina costringe Kai a costruire un muro con cubetti di ghiaccio, perché aveva paura che il Re della Notte sconfinasse ed essendo lei una di quelle super femministe, odiatrici di uomini, e temendo la concorrenza. Una volta che Gerda trova Kai... Bla, bla, bla. Sapete già che finisce bene, no?

Wow, sono stata breve. Quasi non ci credo.

La Regina delle Nevi è una fiaba in cui i protagonisti principali non sono adolescenti con sbalzi ormonali, ma bambini pre-adolescenti che si stanno approcciando al mondo e che da esso possono venirne fagocitati. E, quindi, tratta l'amore più nella dimensione dell'amicizia, della fratellanza e per una vita futura, che appare come nebulosa e difficile, frastagliata da impedimenti ma anche addolcita da opportunità.

Kai è così quella parte fanciullesca di noi (e, in alcuni casi, proprio quelle persone) che guarda al futuro cinicamente, con rabbia e delusione; non vorrebbe mai crescere, un po' per paura e un po' perché gli adulti, dimenticandosi di essere stati a loro volta bambini, non mostrano certo la loro parte migliore divorando avidamente ogni opportunità.
Gerda, invece, è la nostra parte più ottimista e fiduciosa, che spera sempre nel meglio, nella bontà del mondo; lei vede negli altri una speranza, un sostegno e non un avversario o un pericolo. Si butta quasi incoscientemente nel fuoco, sperando che questo non bruci troppo, solo per proteggere e salvare quella piccola scintilla che la rende ancora quella persona che è.

In questa fiaba, poi, emergono tanti elementi molto interessanti.

Primo fra tutti è quello dello specchio. Ritroviamo spesso il simbolo dello specchio all'interno dell'immaginario, della cultura e dell'iconografia occidentale; e se non è uno specchio, è sempre una superficie "riflettente", che rimanda un'immagine e su cui il soggetto può rivedere il proprio sé. Lo specchio può essere utile e pericoloso, amico e nemico, mostrare quello che vogliamo e desideriamo o quello che siamo veramente. È quindi un oggetto ambivalente, che può essere usato sia dall'eroe che dal cattivo: può mostrarti ciò che fa un tuo caro, come con Belle, o essere un pericoloso consigliere (di bellezza), come con la Regina Cattiva. Lo specchio poi, per entrare meglio nella dinamica di questa storia, mostra "l'altro sé", quello che non vediamo mai direttamente, che ci è invisibile fin quando non siamo messi di fronte a qualcosa (o qualcuno) che riflette, che ce lo mostra: lo specchio spesso mostra quello che vogliamo nasconderci, quello che forse non vogliamo far emergere, il nostro altro. E così, quando la scheggia dello specchio malvagio entra nell'occhio di Kai, il bambino diventa l'altro sé, ne rimane imprigionato.

Lo specchio malvagio impedisce a Kai di vedere il mondo per com'è, fornendogli solo una visione più cinica, cruda,... gelida. Beh, bisogna anche considerare che Andersen era un romanticone speranzoso e molto religioso, che nelle sue fiabe cercava sempre di mostrare che ci fosse del buono, anche nella tragedia: è ovvio che questo concetto, oggi, non risulta molto applicabile. Anzi, siamo molto più simili a Kai e vediamo il mondo con paura e disprezzo, cinismo e disillusione.

Un altro elemento affascinante è, come dicevo inizialmente, il viaggio. In quasi tutte le nostre favole, il protagonista compie un "viaggio", che sia breve o lungo, metaforico o fisico: la Sirenetta viaggia tra il suo mondo e quello degli uomini, Cappuccetto Rosso e Biancaneve viaggiano attraverso il bosco, Giacomino lungo una pianta di fagioli. Questo capita anche nei nostri fantasy più attuali, come ne Il Signore degli Anelli e in Harry Potter. E, se notate bene, in questi pochi titoli, il viaggio è accomunato da un fattore, quello della crescita del protagonista. Harry affronta due viaggi, quello verso il mondo magico (e verso l'adolescenza, quindi) e quello per gli Horcrux (casualmente a ridosso della sua entrata nel mondo degli adulti); Frodo si incammina con la Compagnia lasciando la sicurezza della sua casa e del suo villaggio; Jack vuole dimostrare alla madre di sapersela cavare; la Sirenetta ricerca il suo amore, Biancaneve scappa da una matrigna che la vede come rivale, Cappuccetto affronta un posto spaventoso e pericoloso. Eccetera, eccetera, eccetera.

Il viaggio, quindi, rappresenta la crescita.

E cosa c'è di meglio di un viaggio per rappresentare l'ingresso nel mondo degli adulti di Gerda e Kai? Entrambi ne affrontano uno, nonostante con modalità differenti: Kai ne viene "trascinato" dalla slitta della Regina, Gerda lo affronta con coraggio e convinzione. Essi rappresentano, così, i due modi principali in cui un soggetto affronta l'età adulta e, soprattutto, il futuro.

L'autore auspica che noi tutti siamo come Gerda, di saper ritrovare le qualità necessarie per affrontare il nostro viaggio: di ascoltare, come la bambina ha ascoltato i fiori e i loro racconti; di chiedere aiuto in caso di bisogno; di avere fiducia nel suo prossimo, per quanto sembri difficile e per quanto l'altro sembri non meritarla proprio. Come per Gerda, anche la nostra forza dovrebbe venire dall'amicizia, dall'amore generoso e disinteressato, dalla fede (in qualunque cosa, per me è nel paninozzo zozzo che un giorno mangerò).

Ma quanta melensità, Madame! Non è da te.

E lo so... Ma Andersen è così. E poi l'amicizia è un dono stupendo, che va coltivato come una delle rose di Gerda e Kai. Può essere lieve, può essere superficiale, o intensa e profonda: vale la pena coltivarla, però.

L'ultimo elemento di cui parlare è, però, la Regina delle Nevi, la fredda, algida, terribile sovrana di un mondo lontano e difficilmente raggiungibile. Ella rappresenta quell'inquietudine a cui spesso siamo sottoposti e la tentazione che essa può: come una tentazione, la Regina blandisce con le sue promesse, lusinga con baci che gelano l'anima e producono l'oblio, stordisce con la bellezza e l'illusione di potenza. Chi di noi non ha mai pensato di cedere a qualche lusinga della vita, a una scorciatoia: la Regina delle Nevi è la nostra scusa per non andare a lezione, saltare un esame, evitare di fare qualcosa con la speranza di cavarsela magari.

A differenza di altri "cattivi", lei è più un'antagonista: lei ammalia ed è il motivo per cui Gerda si mette in viaggio, affascina e in qualche modo impedisce che i due bambini si incontrino, ma... C'è un "ma", infatti: la Regina non rapisce le persone "propriamente" contro la loro volontà, ma solo quelle che si sono avvicinate abbastanza, plagia le menti che vogliono lasciarsi plagiare, annebbia le menti di chi già è in parte annebbiato. Per questo è una tentazione: la tentazione emerge quando si è già deboli in qualche modo; sta a noi cercare di non cedervi.

La Regina delle Nevi è una fiaba molto complessa.

Si parla anche di come bisogna capire la persona che si ha davanti e andare oltre all'apparenza: un fiore, per quanto bello e affascinante, o una dolce vecchina, per quanto possa sembrare innocente, possono essere più pericolosi di una bambina figlia di banditi, che magari può essere scorbutica ma sa anche essere di cuore e donare tutto ciò che ha.

Ed è per questo che mi sono davvero arrabbiata a vedere Frozen.

Adattare questa storia in particolare al "mondo Disney", in quello stile particolare... Non ha reso giustizia a un racconto davvero intenso, snaturandolo. In questo modo sono diventati due favole completamente diverse, con l'unico elemento in comune della neve. Forse.

Bello il concetto che la Regina fosse la sorella della protagonista, ma possiamo dire che Elsa sia davvero una donna di ghiaccio? Una Regina delle Nevi?

(Versione 1957 vs versione 2015... Capite la differenza?)

Sono più algida io... E le mie colleghe possono confermare che sono più simile a una nana paffuta e bonacciona. Con una lieve tendenza alle parolacce, ma giuro che sto controllando la situazione.

Elsa avrebbe dovuto essere rappresentazione della tentazione, della corruzione del mondo, di come la cattiveria può gelare il cuore; e sembrava che i presupposti ci fossero tutti (almeno nel teaser, nelle scene tagliate e in alcune espressioni dei volti), ma alla fine il tutto si perde nella stupida e sciocca morale del "non puoi sposarti con il primo che incontri" e "l'amore, quello vero, è solo quello dato dalla famigghia". Baggianate. E quelli che sono vessati dalla famiglia?
Ma questo non è il mio sfogo su un film orribile (anche se so che lo volete, vi piace vedermi versare bile... proprio come piace versare veleno a me).

Ovviamente, di questa fiaba abbiamo alcune versioni animate... oltre l'opinabile film Disney.
La migliore in assoluto è quella... ehm... russa (scusate, il tempismo è sbagliatissimo) del 1957 e che negli anni Novanta fu inserito nella raccolta Storie della nostra infanzia (sì, il titolo della rubrica viene da lì), la quale veniva trasmessa nel programma più bello di sempre: La Melevisione.
Non sto piangendo, mi è entrata solo una scheggia di specchio magico nell'occhio.

Anche questa versione è diversa dalla fiaba originale, ma non cambia molto e, soprattutto, non stravolge il senso della storia: semplicemente hanno reso la Regina più attiva e cattiva, mentre nella fiaba di Andersen era più un soggetto antagonista.
Vedete, antagonista e cattivo non sono proprio la stessa cosa: il cattivo compie azioni malvagie, l'antagonista si oppone al viaggio del protagonista a volte senza intenzioni cattive. Quindi non sempre coincidono.

Ok, questa è solo una piccola analisi.

Se non avete mai letto La Regina delle Nevi, promettetemi che lo leggerete. Promettete? Promettete?

La vostra gelida
madamepadfoot

Ps.  L'ho scoperto solo ora, ma c'è un'altra versione russa animata del 2012. Ho visto il trailer. Ho rivalutato Frozen. Solo un pochino però.

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